Il “Made in Italy” globalizzato.

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Quante aziende italiane hanno delocalizzato la produzione all’estero in nome della globalizzazione e continuano a vendere con il marchio “Made in Italy”?
Il “Made in Italy” non è di proprietà delle aziende, ma del nostro Paese.
Chi lo usa deve produrre in Italia.
Se emigra utilizzi per i vestiti, le auto, i caschi per le moto, le caffettiere, i marchi “Made in China” o “Made in Romania” e vediamo chi comprerà i suoi prodotti.
La delocalizzazione ha regalato profitti giganteschi alla Confindustria e la disoccupazione agli italiani.
In alcuni casi questo è avvenuto, come per la Romania, attraverso incentivi alle aziende provenienti dai contributi versati dall’Italia alla UE, i famosi “fondi europei”.
Ci siamo pagati la delocalizzazione con le nostre tasse…
Aziende create da generazioni di tecnici, operai, ingegneri, designer italiani non si possono spostare come un pacco postale in un qualunque luogo della Terra perché “costa meno”. In posti dove spesso non esistono controlli, garanzie, leggi, norme di tutela ambientale.
E’ necessaria subito, per bloccare l’emorragia, una legge che tolga il diritto dell’uso del “Made in Italy” alle aziende che non ne hanno diritto. Oltre al danno della disoccupazione non possiamo subire anche la beffa del marchio abusivo.

Il “Made in Italy” globalizzato.ultima modifica: 2017-10-19T15:43:57+02:00da lacky.procino
  1. Ho visto personalmente giacche di CORNELIANI arrivare dalla Cina ma sinceramente non ricordo se all’interno portava la dicitura made in Italy. Troppe volte ho sentito dire cavolate sul made in Italy da persone che non vivono la realtà manifatturiera Italiana.

  2. Numerose aziende che affidano la loro produzione ai cinesi qui in Italia, poi usano il made in Italy. La domanda è veramente Made in Italy o no? Non sono un’economista quindi non posso fare altro che farmi domande e sperare che qualcuno più esperto di me mi dia una risposta.

  3. Il problema del Made in Italy è un punto dolente da troppo tempo, vorrei inoltre ricordare che anche capi che si confezionano in Italia non sono fatti da mano d’opera Italiana bensì da cinesi. Questi qui, dove spendono i soldi guadagnati in Italia? Li depositano in Cina o nelle nostre banche? Fanno girare la nostra economia o la loro? a Milano ho visto la prima Bank of China, il che la dice lunga su come ci stiano rivoltando come un calzino a favore loro.

  4. Il lavoro e l’ingegno, sia di chi investe, sia di chi offre la sua prestazione in Italia deve essere tutelato, dicendo semplicemente la verità sull’origine del prodotto realizzato. Sarà il cittadino ( nella Ue i soggetti di diritto sono i consumatori e lo diventi solo se acquisti!! ) che deciderà se o cosa acquistare e a quale prezzo.

  5. Il falso Made in Italy ne è uno degli strumenti. Questo è un tema rilevante che dovrebbe essere portato in evidenza da questo blog in maniera sistematica e trovare consenso quotidiano e continuo.

  6. Questo è il risultato della globalizzazione e del libero mercato. Essi tolgono diritti e dignità a coloro che l’avevano e sfrutta coloro che non l’avranno mai, in mezzo quelli che ci speculano.

  7. Bisognerebbe chiederlo a quella moltitudine di deficenti che ogni giorno guardano i telegiornali o leggono i giornali manipolati, e che poi vanno a votare, come purtroppo sappiamo…Buone, a tutti

  8. Sono d’accordo che se un prodotto sia fabbricato in un determinato luogo debba essere chiaramente riportato sulle etichette, ma quello che non condivido è: perché i prodotti che non sono italiani devono essere considerati per forza di qualità inferiore? Penso che se una cosa è di qualità lo è a prescindere dalle coordinate geografiche.

  9. Concordo al 100%, non pensavo si potesse arrivare a tanto anche perchè recentemente da Coin ho visto giacconi della Luca d’Altieri o piumini della Gas con indicazione “made in China” e con prezzi non certo popolari, quindi nel limite del possibile andrebbe boicottato abbigliamento o scarpe che recano solo il marchio di ditte Italiane ma sono fabbricate in altri paesi.

  10. Non è giusto che tutti i vantaggi
    della delocalizzazione vadano ai profitti,
    e nulla ai consumatori.
    Inoltre, chi delocalizza deve perdere immediatamente la cittadinanza italiana,
    e la possibilità di godere di qualsiasi vantaggio che la legislazione italiana possa accordare
    alla sua impresa.
    Insomma chi se ne vuole andare se ne vada,
    ma che se ne vada davvero,
    nel bene e nel male.

  11. Come non essere d’accordo con questo post?
    Giusto, giustissimo,
    togliere la dicitura “made in Italy”
    se si delocalizza,
    anzi, secondo me,
    si dovrebbe anche proibire
    di vendere in Italia,
    quei prodotti allo stesso prezzo
    di quando erano fabbricati qui.

  12. Gli americani hanno un potere economico immenso e per colonizzare non hanno bisogno solo di delocalizzare, ma si comprano le aziende. Ho lavorato anch’io per una multinazionale americana che ha deciso di impossessarsi del know-how italiano e l’ha fatto a suon di miliardi. Tra i tanti un esempio importante è dato dalla Nuovo Pignone di Firenze che disponeva di una tecnologia unica al mondo per l’azionamento delle turbine a gas nelle centrali: la General Electric voleva il monopolio in questo settore e se le comprata.
    Ahimè, quanti errori che pagheremo nel tempo ……. !!

  13. La Globalizzazione, la Privatizzazione, La Comunita’ Europea senza una Costituzione Vigente sono tutte emerite fregature per confermare il dominio dei potenti su poveracci, e siccome i cittadini non influiscono piu’ di tanto,nemmeno sulla politica hanno una sola via da seguire: “SUBIRE SEMPRE E COMUNQUE”

  14. Il mezzo straniero ha reso i nostri bambini praticamente stranieri nella propria terra. E’ la più grande tragedia del sistema esistente. Il mezzo straniero ha impedito lo sviluppo dei nostri vernacoli

  15. L’obbligo dell’inglese ha reso l’educazione innecessariamente costosa. Se si insisterà ancora con questo sistema, la nazione correrà il rischio di restare depredata della propria anima. Prima l’India si libererà dell’ipnotica malia del mezzo straniero, meglio sarà per lei e per il suo popolo

  16. L’nglese oggi viene studiato per via del suo valore commerciale e del suo cosiddetto valore politico. Centinaia di giovani credono che senza una conoscenza dell’inglese, la libertà per l’India sia praticamente impossibile. Tale cancro ha reso la società al punto che, in molti casi, il solo significato di educazione è quello di conoscenza dell’inglese. Tutti questi, per me, sono segnali della nostra schiavitù e degredazione. Non sopporto che i dialetti vengano schiacciati e lasciati languire come è accaduto

  17. Buongiorno… Prima di tutto mi scuso per scriverti qui ma ho letto solo ora il tuo messaggio perchè non entravo da tempo ma quando ho cercato di inviarti la mia risposta mi dice che hai scelto l’opzione di ricevere messaggi solo dagli amici. Buona giornata.

  18. E’ mia ponderata opinione che l’educazione all’inglese, nella maniera in cui è stata impartita, ha svirilizzato gli indiani educati all’inglese e ci ha trasformati in imitatori Nessun paese può diventare una nazione, se produce una razza di imitatori

  19. Solo noi, popolo educato all’inglese, non riusciamo a valutare la grande perdita che questo fattore ha provocato. L’educazione attraverso il mezzo di una lingua estranea spezza l’armonia che dovrebbe esistere. Coloro che infrangono tale rapporto sono nemici del popolo, anche se mossi dalle più oneste motivazioni. Offrirsi come vittime volontarie di questo sistema educativo non è meno ignobile che tradire il nostro dovere verso le nostre madri

  20. Sono anni che cerco una lista delle imprese produttici in Italia perché ogni volta che faccio acquisti non voglio creare povertà nel mio Paese.
    Ricordo che se la politica è in mano all’economia, l’economia la facciamo anche noi con i nostri quotidiani consumi … cambiamoli subito!

  21. Altra azienda italiana che produce in cina ma vende in Italia,(materiale per la pulizia anche a marchio COOP), a chiuso o venduto stabilimenti in Italia con esuberi e cassa integrazione per i dipendenti.
    Il propietario è pure cavagliere del lavoro!!!

  22. Ottima idea. In altri paesi (leggi Australia) la certificazione MADE IN AUSTRALIA è motivo di orgoglio per le aziende e per gli australiani. Il BOICOTTAGGIO può fare più di ogni altra cosa.

  23. Scappate dalle città! Bisogna riorganizzarsi, il lavoro dipendente nelle fabbriche per produrre beni di consumo è una fregatura! Torniamo a coltivare i campi, uniamoci in nuclei di sopravvivenza, che poi senza essere sfruttati da chi vorrebbe arricchirsi sulla nostra pelle, diventerebbe vita piena di dignità,senza inutili prodotti da consumare e gettare, come se fossimo tante scimmie ammaestrate. Coltiviamo il nostro cibo ed aiutiamoci a vicenda. Preferisco lavorare tutto il giorno per coltivare il mio cibo, farmi la legna, produre da sola il sapone e cucirmi i vestiti NECESSARI, piuttosto che essere umiliata tutti i giorni da chi mi dà un calcio nel culo quando non gli servo più.

  24. Sono un operaio di un’azienda di calzature. Facciamo tutto in ditta, vero made in Italy QUELLO CHE ANCORA TIRA.
    I proprietari investono in ricerca per avere prodotti sempre innovativi DA POTER VENDERE. ALTRO CHE INTERVENTI DEL GOVERNO CHE INVECE SPILLA UN MARE DI DENARO A NOI OPERAI ED ALLA DITTA. ABBIAMO LA VISITA QUASI ANNUALE DI FINANZA O DELL’ ISPETTORATO DEL LAVORO( FORSE E’ PROPRIO VERO CHE SONO RIMASTE POCHE AZIENDE IN ITALIA).

  25. Per questo motivo è sempre più necessario per la nostra sopravvivenza spendere consapevolmente, cioè conoscere una lista di imprese corrette sulle quali investire il nostro consumo quotidiano.

  26. Io lavoro per una multinazionale americana che produce, ovviamente, qua in italia ed anche in tutto il resto del mondo.
    Quando aprite una bottiglia di Coca Cola da 1.5 o 2 litri girate il tappo e guardateci dentro: troverete il nome dell’azienda per cui lavoro. e non e’ la Coca-Cola… Questo vi fara’ pensare che la colonizzazione globale puo’ avvenire soprattutto da cio’ che mangiamo e beviamo.O SIAMO CIO’ CHE MANGIAMO, O LO DIVENTEREMO!
    FORSE UN GIORNO CAPIREMO CHE GLI AMERICANI HANNO UN’ARMA DI COLONIZZAZIONE DI MASSA PIU’POTENTE DI QUALSIASI ALTRA: LA COCA-COLA!
    quindi potrei concludere con un inalienabile principio: DELOCALIZZARE PER COLONIZZARE! “Dubitate, gente, dubitate…”

    • Gli americani hanno un potere economico immenso e per colonizzare non hanno bisogno solo di delocalizzare, ma si comprano le aziende. Ho lavorato anch’io per una multinazionale americana che ha deciso di impossessarsi del know-how italiano e l’ha fatto a suon di miliardi. Tra i tanti un esempio importante è dato dalla Nuovo Pignone di Firenze che disponeva di una tecnologia unica al mondo per l’azionamento delle turbine a gas nelle centrali: la General Electric voleva il monopolio in questo settore e se le comprata.
      Ahimè, quanti errori che pagheremo nel tempo ……. !!

  27. Basta poca cognizione della storia, quindi dovrebbe essere palese alla massa, che le guerre di colonizzazione oggi si combattono con le armi raffinate ed incruente dell’economia. Il territorio si conquista prima impoverendolo poi schiavizzando il nemico.

  28. Del resto l’Amministrazione Pubblica dovrebbe esistere per assicurare il capillare rispetto delle normative (cioè sia i diritti che i doveri) a partire dalla Costituzione. Utilizziamo bene le ultime Leggi e gli ultimi strumenti che sono rimasti a favore del cittadino.
    Ma, le associazioni dei consumatori cosa fanno?

  29. Le sedi di una fabbrica sono dati verificabili nel Registro Imprese, mentre l’Ispettorato del Lavoro potrebbe rendere noti i nomi delle imprese che non violano le norme sui lavoratori. Infine, con una verifica anche al Ministero delle Finanze sul pagamento delle tasse, finalmente si potrebbe avere un elenco pubblico di imprese oneste.

  30. In Australia molti prodotti hanno il marchio AUSBUY, ovvero fatto in Australia e di proprietà di aziende australiane. Gli aussie cercano il più possibile di comprare prodotti con questo marchio. Loro hanno capito come funziona il discorso… E noi?