Come tutte le favole che iniziano con “C’era una volta…..”, anche in questo caso, comincio con:
“C’era una volta una specie nomade, Homo sapiens che intorno a circa 10.000 anni fa cominciò a sviluppare la tendenza a una vita a dimora permanente in un determinato luogo. La grande glaciazione aveva avuto termine, il clima era generalmente più favorevole e le risorse a disposizione si erano moltiplicate. Nascono strutture sociali sempre più avanzate e organizzate, e anche alla domesticazione di certe specie animali. Insomma, l’uomo passa da cacciatore-raccoglitore ad agricoltore.
Siamo nel 9000 a.C.; minuto più minuto meno quando in Mesopotamia e in Persia, vengono addomesticati i primi bovini. Finora non c’è stato modo conoscere quando la peste bovina abbia fatto la sua comparsa.
Le prime testimonianze della sua esistenza sono piuttosto recenti: risalgono ai tempi dei Romani. La prima descrizione chiara della peste bovina la dobbiamo allo scrittore e oratore romano Severo Santo Endelechio gra l’altro testimone dell’epidemia che colpì i bovini a partire del 376 d.C. Conosciamo, invece, e molto bene i suoi gravissimi sintomi per averli potuto osservare fino a pochi anni fa: lesioni erosive in bocca, febbre alta, ulcere, diarrea, secrezioni nasali e dagli occhi. In breve, nel giro di poche settimane questo virus Rinderpest morbillivirus era in grado di decimare una intera mandria di bovini.
Passata la fase acuta, continuava a serpeggiare- si cronicizzava, per così dire -e falcidiava bovini ancora per molto tempo. Non mi soffermo oltre e passo direttamente all’esito finale, che vide la sua eradicazione totale. La seconda, dopo il vaiolo a scomparire.
Faccio un salto indietro, adesso. Lungo questa storia millenaria che parte una ventina di secoli fa, a un certo punto succede una cosa che cambierà i destini dell’umanità. Quando ancora il Rinderpest morbillivirus; ovvero il virus che causa la peste bovina, circolava indisturbato tra i capi di bestiame, una sua Variante ha trovato il modo di infettare la specie, Homo sapiens.
Addomesticando il bovino, l’uomo aveva sì migliorato le proprie condizioni( erano fonti di benessere e di ricchezza ), ma anche moltiplicato le eventualità di prendersi qualche infezione. Per allevare i bovini, infatti, bisognava stargli vicino fisicamente, molto vicino. E non si può dimenticare che ai tempi ci si cibava di latte e della carne di vacca crudi, spesso ancora caldi. Ed ecco che attraverso i secreti ed escreti e il sangue, fu un gioco da ragazzi il salto di specie che divenne realtà. Vale la pena ricordare brevemente che i virus sono parassiti obbligati, cioè, che sono “costretti” a sfruttare i meccanismi di sintesi delle cellule per replicarsi; come dire, che fuori dalle cellule morirebbero. per i Virus, le cellule degli ospiti sono macchine di vita. Per la stragrande maggioranza delle volte i Virus generano particelle identiche a loro stessi, ma può capitare che durante il processo di replicazione si modificano, magari a causa di una mutazione. Per loro una mutazione è un inciampo, un balbettare nel meccanismo di replicazione virale che genera una imperfezione. Se questo è sconveniente, il virus stesso che la porta scompare; se è conveniente perchè dà un vantaggio selettivo, allora prende il soprarvvento, generando nuove varianti, nuovi rami di discendenza. E così, il Rinderpest morbillivirus, a forza di replicarsi, e replicarsi e replicarsi, si è modificato tanto quanto basta per generare variante capace di infettare l’uomo.
Nel tempo, questa variante ha dato origine al Leasles morbillivirus; Virus del tutto nuovo, che causava una malattia altrettanto nuova: IL MORBILLO.
Il Morbillo è meno grave e ababstanza diverso dalla Peste bovina, ma è comunque una malattia che, in assenza di “Vaccinazione” può dare sintomi molto gravi. Oggi ha un tasso di letalità che si aggira intorno allo 0,1% ma in epoca pre-vaccinale provocava ogni anno la morte di milioni di bambini.