Un faro: la Parola che si fa testimonianza

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LITURGIA DELLA PAROLA   (clicca qui)

Prima lettura: Es 32,7-14

Salmo: 105 (106)

Vangelo: Gv 5,31-47

 

Nel Vangelo di oggi, troviamo molto forte l’invito di Gesù a credere, perché da esso proviene la vita. Una vita capace di affrontare il quotidiano, le proprie fatiche, con la consapevolezza di non essere soli e soprattutto con un faro: la Parola, capace di illuminare il buio del profondo mare dell’esistenza.

Gesù ha a cuore per noi un cammino di verità e non è solo distinguere bene o male, ma una conoscenza di Lui che parta dall’origine, ovvero: dal Padre, proprio per questo Egli dirà: “E anche il Padre, che mi ha mandato, ha dato testimonianza di me”. Gesù ci fa conoscere il Padre e allo stesso tempo, il Padre ci testimonia il Figlio, attraverso una Parola che prepara il cuore alla Sua venuta. L’essere creati da Dio, non è solo averci dato l’esistenza, è scriverci nel cuore quelle Parole, il cui ascolto si riflette in noi e diventano vita.

Siamo il popolo di Dio, dove quel “di”, ha proprio il significato dell’appartenenza, del fare parte di Lui e quindi di una storia di salvezza.

La fede deve diventare fiducia, il credere concretezza ed è un’esigenza del cuore, poiché da lì, la Parola trova il suo luogo di ascolto, capace di riconoscere il volto del Padre, la mano del Figlio e attraverso lo Spirito, abitare in quest’amore, così da essere a nostra volta un faro di testimonianza.

 

 

Creati, uniti, amati

 

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Prima lettura: Is 49,8-15

Salmo: 144 (145)

Vangelo: Gv 5,17-30

 

Il Vangelo della liturgia odierna, ci parla insistentemente di un’unità tra Gesù e il Padre. È un legame forte, tanto che Egli afferma: “Il Padre mio agisce anche ora e anch’io agisco”. La bellezza di questa relazione è che non rimane ferma tra i due, ma si estende così da arrivare fino a noi. Siamo fatti partecipi di questa unione.

Se nella vita abbiamo fatto esperienza di relazioni, incontri, che a volte volgono al termine, il legame con Gesù e quindi con il Padre, è stabile nel tempo. Questo vuol dire, che la consolazione di Dio, il Suo perdono, il Suo amore sono per sempre, può capitare di non accorgersene e temiamo di essere dimenticati, ma non è così, le promesse di Dio sono eterne. Per rassicurare il cuore, Gesù ci invita ad ascoltare e credere in Colui che lo ha mandato, poiché sono i punti di forza su cui basare il nostro cammino.

La Sua Parola è vita, perché proviene dal datore della vita, ed è in grado di dare vita a tutte quelle parti di noi buie, “morte”, che dai nostri sepolcri gridano pietà. Non dobbiamo scoraggiarci e non dobbiamo mollare, Il Padre e il Figlio si uniscono a noi per donarci quella forza in grado di camminare e non sentirci come se non avessimo la terra sotto i piedi.

Il conforto del Padre, l’amore del Figlio, siano una certezza per la nostra vita a volte segnata da una storia difficile, tanto da credere impossibile tutto questo. Eppure è così: siamo creati dal Padre, uniti dal Figlio, amati per mezzo dello Spirito, che conduce il nostro cuore nelle strade verso Dio e i fratelli, e far germogliare in noi, novità di vita e di salvezza.

 

 

Se fosse anche solo una Parola a donarci la forza

 

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Prima lettura: Ez 47,1-9.12

Salmo: Sal 45 (46)

Vangelo: Gv 5,1-16

 

Il Vangelo di oggi apre il cuore a commozione, e ci afferma che Gesù conosce le nostre sofferenze. Sembra così scontato, a volte non ci pensiamo, ma quella sofferenza che stiamo vivendo è nel cuore di Dio.

Anche noi, possiamo aver sperimentato il desiderio di voler guarire come l’uomo narrato nel testo e sentire di non aver nessuno, oppure di fronte a una situazione di difficoltà, pensare a quell’unica soluzione possibile e non riuscire ad attuarla. Il Signore desidera farci capire, che al di là di tutto Egli c’è come una speranza forte, che ci permette di affrontare la vita e dice: “alzati prendi la tua barella e cammina”. Dio e ogni uomo si incontrano attraverso le pieghe della storia: in quell’istante è possibile trovare la forza, da quella Parola che diventa concretezza.

Se leggiamo attentamente il brano, solo successivamente Gesù dirà: “ecco sei guarito”, ovvero, dopo che quell’uomo ha camminato, parlato e andato nel tempio. C’è il tempo di una Parola, che dall’istante iniziale diventa consapevolezza.

Qual’era la malattia dell’uomo che giaceva con un grande numero di infermi, ciechi, zoppi e paralitici? Non lo sappiamo! Lo sanno però, lui e Gesù. Quell’ incontro è diventato un vincolo tra i due, ed è così anche per noi; non tutti sanno quello che stiamo vivendo, ma il Signore lo conosce, non siamo soli nelle sofferenze che non riusciamo a spiegare e ci fanno giacere nella vita, ma sono nel cuore di Dio.

Possiamo non essere guariti dai nostri mali, ma non dobbiamo mai smettere di credere che Lui é presente e soffre con noi, ci è accanto con amore, per darci una forza più forte di quel dolore, affinché sia essa, quel vincolo che ci unisce a Lui. Se fosse anche solo una Parola a donarci la forza, ripetiamola nel cuore, teniamola in mente, non stanchiamoci di credere in Lui e se dovesse capitare di cedere perché la fatica è troppo forte, ricordiamoci che Egli non ci abbandonerà mai, perché questa è la Sua promessa.

 

 

Ogni storia è un segno

 

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Prima lettura: Is 65,17-21

Salmo: Sal 29 (30)

Vangelo: Gv 4,43-54

 

Il Vangelo di Giovanni non ci parla di miracoli, ma di segni che il Signore lascia lungo il cammino. Oggi è proposto il secondo segno compiuto da Gesù in Galilea, sottolineato per ben due volte, come a collegarlo con il precedente. Nel primo, alle nozze di Cana, Gesù aveva tramutato l’acqua in vino. Nel secondo, la guarigione del figlio del funzionario del re. È Lui stesso che li accomuna.

Dal primo al secondo segno, c’è stato un passaggio per il quale coloro che ascoltano e vedono Gesù, non sono più come all’inizio del percorso. L’invito è proprio questo: fare un cammino in profondità. I Galilei che accolgono Gesù, erano testimoni di tutto quello che aveva fatto durante la festa. La fiducia nel Signore, non è più quella degli inizi. Come loro, così anche noi, se prima il credere era per sentito dire, ora è perché Lui ci ha lasciato un segno.

Nel testo troviamo che: “Quell’uomo credette alla parola che Gesù gli aveva detto e si mise in cammino.” Poi al termine del brano: “credette lui con tutta la sua famiglia”. Per quel funzionario e per noi, il suggerimento è di fare un passaggio: dalla logica del segno fine a se stesso, al diventare significativo nella nostra vita.

Dio può anche entrare nel nostro vissuto non con eventi eclatanti, ma la Sua promessa è che Lui ci sarà sempre. Il primo segno, è Egli stesso: si tratta di riconoscerlo nella nostra quotidianità, come quel segno che dà senso alla vita, il pane sarà sempre pane, ma se celebrato, benedetto e ringraziato, è capace di nutrire una fame più profonda.

Lasciamo entrare Gesù nel quotidiano, celebriamolo nei nostri giorni, così da fare della vita un segno ripetuto della Sua presenza, tanto da dare forza a noi e a chi ci sta accanto. Ogni storia è un segno perché amata, voluta, toccata da Dio, siamo luogo dove Lui non passa, ma resta e dà vita a tutte quelle parti di noi che ancora attendono un segno.

 

 

Un nuovo spazio

 

Carissimi, continua il nostro cammino verso la Pasqua. Oggi vi proponiamo una preghiera da meditare in questa quarta settimana di Quaresima

 

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“Ti guardo, e non ci siamo altro che noi.

Io e te. Signore, mi senti?

Sono immobile affianco a Te e ho freddo.

La mia vita tu la sai, cosa devo aggiungere?

Oggi sono a contemplare la Tua. 

Ti vedo soffrire e il dolore mi gela, mi paralizza,

sono inchiodato anch’io.

Perché Signore, era necessario?

Si, perché avessi un amore capace di scaldarmi il cuore.

Perdonami Signore, perdonami!

Soffro, qui c’è solo solitudine e silenzio.

Non c’è più spazio per la rabbia, la paura e lo sconforto.

Perdonami, ora ho capito:

la Tua croce ha spazzato il dolore e ha donato amore,

ha preso un Volto, 

e il tempo non si è fermato, 

ha incontrato un nuovo spazio, il Tuo,

dove essere amato, capito e perdonato.”

(Shekinaheart Eremo del Cuore)

 

 

In attesa del ritorno

 

in attesa del ritorno

 

 

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Prima lettura: Gs 5,9a.10-12

Salmo: Sal 33 (34)

Seconda lettura: 2Cor 5,17-21

Vangelo: Lc 15,1-3.11-32

 

Il Vangelo di questa domenica in Laetare, è la parabola del Padre e dei suoi figli. Oggi questo brano, ci viene incontro aiutandoci a comprendere, che possiamo sbagliare allontanandoci o addirittura rimanendo a casa, ed in entrambi i casi, abbiamo un Dio padre, che aspetta il nostro ritorno. Quello che accomuna i due fratelli e noi, è proprio Lui: un Dio la cui paternità, permette di uscire dal timore di essere visti per i nostri sbagli, e percepire come siamo guardati realmente: da figli!

L’amore di Dio rimane intatto nonostante il nostro sbaglio, l’errore non spezza il Suo essere in comunione con noi, quello che si rompe è la nostra capacità di riconoscerlo. Il padre di questo racconto, non ha smesso di amare i suoi figli, anzi, li ama con tutto se stesso, aspettandoli fuori, correndogli incontro.

Dio ci ama tanto e desidera che il Suo amore e la Sua Misericordia, siano un punto di partenza, e dove il peccato ha lasciato una frattura, un distacco, Egli la risana dal di dentro, affinché possiamo riconoscerci amati in maniera esponenziale.

Il perdono però non si ferma solo all’aver ristabilito un contatto con Dio, interpella il fratello, ci chiama al di fuori. Il Signore ci invita guardare gli altri con il Suo sguardo, che non è di condanna, la cui conseguenza è la morte, ovvero, non permettere all’altro di risalire da quell’errore etichettandolo, ma è uno sguardo di perdono per la vita!

“Era morto ed è tornato in vita” è la storia di tutti noi salvati, perduti e ritrovati da Dio, è il cammino di chi ha riconosciuto in sé una vita di Grazia, per cui davvero è possibile fare festa.

 

Sorge la vita

 

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Prima lettura: Os 6,1-6

Salmo: Sal 50 (51)

Vangelo: Lc 18,9-14

 

Una preghiera quella del pubblicano, che non parte da una richiesta o un ringraziamento, ma comincia chiedendo perdono. Si inizia da una relazione che riguarda entrambi: Dio e l’uomo. Essi comunicano, l’uno il proprio amore che supera l’errore e l’altro le proprie mancanze con un’attesa di speranza. La preghiera li unisce.

L’invito che il Signore ci fa oggi, è di vivere la preghiera proprio come un ritrovarsi con Lui, e per ritrovarsi, a volte bisogna battersi il petto e riconoscere i propri errori, così da scoprire una relazione stabile nel tempo, che supera le distanze e le distrazioni consequenziali al peccato.

Al Signore sta a cuore farci fare esperienza del Suo amore, che supera la nostra fragilità e considerarci una casa stabile, non per noi stessi, ma per volere di Colui che ci ha creato. Quell’uomo non dice molte parole, semplicemente: “O Dio, abbi pietà di me peccatore”. Riconosce a Dio quella pietà che non è pena, ma Amore e Misericordia scaturiti nonostante il peccato, l’errore, o l’offesa, che solo Dio in quanto Dio, può dare; e noi attraverso la preghiera possiamo riconoscere e rafforzarci in essa.

Il pubblicano fa di quel “pietà di me” il tutto della sua vita, perché è da quel tutto di Dio, che sorge la vita.

 

Per noi

 

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Maria, nella gioia della festa dell’Annunciazione, risuonano ancora più forti queste parole:

 

“Per noi ella vede morire                             

il dolce suo Figlio,                                    

solo, nell’ultima ora.” 

(Dallo: Stabat Mater liturgico)       

 

Per noi.

Tuo Figlio è sulla croce, solo, ha preso su di sé tutti i peccati e perdona.

Maria, quanto è grande il peso del tuo dolore.

Tu lo sapevi, e nel silenzio aspettavi, tacevi e lo accompagnavi, ed ora eccoci qui. Ci sono anch’ io sotto la croce, perché ha perdonato anche me.

Sono qui a contemplare in quel “per noi”, il mio nome.

Maria, vorrei toglierti questo dolore, non vorrei vederti soffrire e mi viene da gridarti con le lacrime agli occhi: ti prego perdonami!

Ed è proprio in quell’istante, che capisco perché siamo qui: per me, per noi, per toglierci quel dolore, che con tutte le mie forze io avrei voluto togliere a Te.

E mi sento guardato con amore da Te.

 

Per visualizzare il POST IT di Quaresima precedente: clicca qui

 

 

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Il Signore è con te

 

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LITURGIA DELLA PAROLA   (clicca qui)

Prima lettura: Is 7,10-14; 8,10c

Salmo: Sal 39 (40)

Seconda lettura: Eb 10,4-10

Vangelo: Lc 1,26-38

 

Le parole dell’Angelo a Maria, ci aprono la strada nel comprendere tutta la storia di salvezza: “Il Signore è con te”.

Il Vangelo dell’Annunciazione è tra i più conosciuti, ma la bellezza della Parola di Dio, è che ha sempre qualcosa da dirci, personalmente, ogni giorno.

“Il Signore è con te”, è un annuncio di speranza, una promessa ed è un augurio che sentiamo giornalmente nella Celebrazione Eucaristica: “il Signore sia con voi”.

A volte non è semplice credere nella Sua presenza, quando ci troviamo di fronte alle difficoltà, nelle croci quotidiane, tendiamo a dimenticarcene. Il Signore viene in nostro aiuto, donandoci in questi giorni di preparazione alla Pasqua, un testo che preannuncia la nascita di Gesù: l’Annunciazione. Egli ci invita a pensare all’inizio, al principio, a ritornare a quella Speranza così impressa nei testi di natale, affinché guardando a quel Dio Bambino possiamo lasciarsi commuovere il cuore a tenerezza. Lui desidera farci ritrovare nella Sua nascita la nostra rinascita, nel Suo Amore il nostro essere perdonati, nel Suo sguardo il nostro coraggio, per ricominciare da qui.

“Il Signore sia con te”, con noi, sempre. Ecco il dono che oggi ci fa: la consapevolezza di questa presenza che rafforza la speranza.

 

Unire, rafforzare per affrontare

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Prima lettura: Ger 7,23-28

Salmo: Sal 94 (95)

Vangelo: Lc 11,14-23

 

Il Signore oggi desidera farci capire che è venuto per unificare, desidera per noi una vita integra. Si presenta come Colui che dà solidità. Una stabilità che non è data dall’assenza di difficoltà, ma le supera stando in equilibrio. Gesù guarisce il muto, sicuramente per quell’uomo era importante guarire da ciò che creava una divisione tra lui e gli altri, anche per noi Egli desidera unire tutte le parti ancora disgregate, ferite, per ritrovare quell’armonia in grado di affrontare tutto il resto. Si tratta proprio di questo: unire, rafforzare per affrontare.

Il Vangelo della liturgia odierna, non si ferma alla guarigione del muto, anzi è un inizio, e proseguendo nel testo, vediamo come questo miracolo dà adito a discussioni, si formano delle disgregazioni, e non si parla più del muto. Quell’uomo però era lì, ascoltava, ma era diverso: ora poteva farlo con la forza di Dio.

Il Signore è venuto per darci quella forza capace di affrontare le difficoltà, le incomprensioni, affinché tutto quello che una volta avrebbe potuto dividerci, non possa più farlo, perché la Sua forza è diventata la nostra, ciò che era diviso ora è unito. Non siamo più dei dispersi dentro e fuori di noi, il Suo amore ci raccoglie, ci ha fatto il dono di una fermezza che non è rigidità, ma è la sicurezza di un amore che non crolla dinanzi alle difficoltà, anzi le supera e rende più forti.