Figli

 

 

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LITURGIA DELLA PAROLA   (clicca qui)

Prima lettura: Gn 49,2.8-10

Salmo: Sal 71 (72)

Vangelo: Mt 1,1-17

 

Aprendo la pagina del Vangelo di oggi troviamo un elenco di nomi, una genealogia che da Abramo arriva a Gesù. Una lunga lista in cui l’attenzione si concentra su un dettaglio comune: sono tutti figli. Gesù con la sua vita ci dice che siamo Figli di Dio, inserisce anche noi in questa genealogia. Ci immette nella storia dei figli di Dio, una storia fatti di errori, sbagli, ma anche di fede e di speranza e non solo, con Gesù “l’ultimo della lista”, il Dio dei nostri avi ha un volto: Gesù stesso.

Noi, la nuova generazione, siamo la generazione del Volto, siamo coloro che possono testimoniare che Dio ha un volto umano, possiamo dire che ci è vicino. A pochi giorni dal Natale, sentiamoci parte di questo grande giorno che segna anche la nostra storia e la riempie di una promessa. Per quanto la nostra storia sia fatta di fatiche e di sbagli, come di gioie e soddisfazioni, abbiamo alle nostre spalle una promessa che prende vita: sarai mio Figlio per sempre.

Ecco, oggi guarda alla tua storia e sentila riprendere vita, senti ciò che non avevi mai sentito ma che è da sempre: sei Figlio di Dio. I tuoi errori e sbagli sono perdonati, le tue paure e angosce hanno finalmente un volto in cui confidare. Dio che è tuo Padre, ha mandato suo Figlio affinché tu non ti sentissi abbandonato, ti ha donato un’eredità, affinché i tuoi figli e i figli dei tuoi figli, avessero un luogo speciale dove nascere: il cuore di Dio.

 

 

 

 

Contiamo insieme -9 al NATALE

 

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“Spandete, o cieli, la vostra rugiada

e dalle nubi scenda il Salvatore!

Non adirarti, Signore; non ricordarti più dei nostri peccati.

Ecco, la città del tempio è deserta,

è deserta Sion, è devastata Gerusalemme,

dimora della tua santità e della tua gloria,

ove i nostri padri hanno cantato le tue lodi.”

 (Antifona 16 dicembre novena di Natale)

 

 

Siamo testimoni di un grande evento: la nascita di Gesù! Oggi nell’ordinario della nostra vita, facciamo andare un pensiero al Cielo. Quant’è difficile a volte alzare lo sguardo ed è proprio per questo che Gesù scende. Scende nella mia storia, scende dalle nubi del cielo per fare diventare cielo le nubi del mio cuore. Sentiamoci abitati, sentiamo la vita scorre dentro di noi, è un grande giorno oggi! Le nostre lacrime, le nostre nubi sono diventate nel Signore rugiada e luogo di nascita.

Allora possiamo alzare lo sguardo e invocare:

Ti chiediamo Signore di nascere,

vieni presto e nasci!

Spalanca i cieli della nostra vita e vieni.

I nostri deserti diventeranno luogo

dove cantare le Tue lodi

e nel buio filtrerà la Tua luce.

Vieni Signore e nasci,

sarà un grande giorno oggi per Te, per noi.

( Shekinaheart Eremo del Cuore)

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Cosa siete andati a vedere?

 

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LITURGIA DELLA PAROLA   (clicca qui)

Prima lettura: Is 54,1-10

Salmo: Sal 29 (30)

Vangelo: Lc 7,24-30

 

“Che cosa siete andati a vedere?”. È la domanda che Gesù pone alle folle ma anche a noi. Andare a vedere è un movimento che può partire da una curiosità, da un’ invito, dalla fede, dalla speranza. Quali sono le motivazioni per cui si va a vedere qualcosa? Non importa! Ciò che conta è: che cosa hai visto? Come mai questa domanda? Perché sono svariati i modi con cui si può incontrare Dio, ma ciò che rimane, ciò che è significativo è l’incontro! E cosa potrà farmi sentire il Signore vicino? Il movimento, l’andare a vedere. In questo Natale il Signore desidera guidarti a vederlo, ti invita a non fermarti ai bordi di un presepe, di un Vangelo, di un incontro, ma di “allargare la tua tenda” e farlo diventare luogo dove a nascere sarà Lui e a rinascere sarai tu ovunque sei. Che ne dici? Proviamo a partire? Il viaggio non è lontano e la metà è la tua quotidianità, guardala con lo sguardo della dolce attesa perché sta nascendo in te colui che “è chiamato Dio di tutta la terra”.

 

“Vedere un Mondo in un granello di sabbia,

e un Cielo in un fiore selvatico,

tenere l’Infinito nel cavo della mano

e l’Eternità in un’ora”.

(William Blake)

 

 

 

Alza lo sguardo

 

 

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LITURGIA DELLA PAROLA   (clicca qui)

Prima lettura: Is 45,6b-8.18.21b-25

Salmo: Sal 84 (85)

Vangelo: Lc 7,19-23

 

“Sei tu colui che deve venire?”. Una domanda che sembra strano sia proprio Giovanni a formularla, visto che è egli stesso ad annunciare la venuta di Gesù. Come mai viene raccontato questo episodio? Per rispondere a noi! Quando ci assale l’incertezza e lo sconforto, sappiamo chi è il Signore, ma ci chiediamo se davvero verrà per noi e abbiamo bisogno di un ulteriore conferma, allora ci viene incontro sia il Vangelo che la prima lettura a dirci “Io sono il Signore, non ce n’è altri”.

Da dove viene questa certezza?

È Gesù stesso che la comunica, compiendo azioni che nessun’altro potrebbe fare e invitando i due discepoli di Giovanni a essere dei testimoni di ciò che hanno veduto. È un invito alla fiducia, a rafforzarci e a comprendere che tutto ciò che avviene è perché gli sta a cuore.

E tutti noi che non abbiamo visto azioni straordinarie, come facciamo a credere?

Alza lo sguardo e guardati intorno, tutto ciò che è creato è un miracolo, non hai più bisogno di chiedere, ma di vivere dentro questo miracolo, sei tu stesso un miracolo.

 

 

Una via, una strada, un posto

 

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LITURGIA DELLA PAROLA   (clicca qui)

Prima lettura: Sof 3,1-2. 9-13

Salmo: Sal 33 (34)

Vangelo: Mt 21,28-32

 

Due figli, due modi di agire in cui potremmo identificarci, potremmo essere entrambi in base ai periodi della vita, è come avere due strade, ma in verità la strada è una: quella che Gesù chiama la via della giustizia. Chiamandola cosi sembrerebbe la strada di chi fa scelte giuste, buone, corrette, invece è la strada della figliolanza dove si incontrano anche quelli che sbagliano, ma anche quelli che si pentono e credono. Credere in che cosa? Che siamo Figli, che apparteniamo a un Dio che è Padre e non importa cio che facciamo, ma importa riconoscere chi siamo. Ciò che sta a cuore al Padre è che noi ci riconosciamo su questa strada, perché solo attraverso quest’esperienza possiamo sentirci meno peccatori, meno lontani da Dio e più vicini tra noi. Accanto al termine figlio mettiamo il nostro nome, noi fratelli di strada, gioiamo di chi ci passa davanti perché ha riconosciuto dov’è; sentiamoci perdonati per tutte quelle volte in cui è stato più forte non avere voglia e ci siamo sentiti deboli. Ciò che conta è oggi, tu in qualunque condizione ti senta, sei un Figlio, sei colui che ha un posto nel cuore di Dio.

 

 

Oltre la domanda

 

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LITURGIA DELLA PAROLA   (clicca qui)

Prima lettura: Nm 24,2-7. 15-17b

Salmo: Sal 24 (25)

Vangelo: Mt 21,23-27

 

La non risposta a Gesù frutto di una strategia da parte dei capi dei sacerdoti e degli anziani, genera un’altra non risposta da parte di Lui. Perché Gesù non dice da dove veniva la Sua autorità? Perché parla ancora di Giovanni e non di sé stesso? Come mai? Perché a Lui interessa che andiamo all’origine delle cose, poiché Egli sta all’origine. Quello che Gesù fa, è portarci a compiere un passo in più della semplice conoscenza data da un insegnanento, ed è per questo che parla di Giovanni, perché solo dinanzi all’esperienza è possibile conoscere. Gesù desidera far fare ai capi dei sacerdoti, agli anziani e anche a noi, l’esperienza di Dio e utilizza tutto per fare questo, persino delle domande che sanno di accusa per permettere che ciò avvenga. Non importa a che punto siamo della nostra vita: vicini, lontani o persino ostili. Egli fa delle nostre esperienze un luogo di insegnamento, di conoscenza dove potergli chiedere: chi sei? È li nella domanda, che iniziamo anche noi a sentirci nel tempio, un tempio fatto persino dai nostri stessi muri, ma soprattutto fatto di un Volto che ci attende. Gesù entra nel nostro tempio e fa della nostra vita occasione di dialogo, di relazione, un luogo di risposta dove non sentirci più soli, lontani o ostili, ma riappacificati tra i nostri dubbi tanto da divenire noi stessi per altri esperienza, risposta e annuncio.

 

 

Che cosa dobbiamo fare?

 

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LITURGIA DELLA PAROLA   (clicca qui)

Prima lettura: Sof 3,14-17

Salmo: Is 12,2-6

Seconda lettura: Fil 4,4-7

Vangelo: Lc 3,10-18

 

La domanda di oggi e a volte la nostra di sempre è: “che cosa dobbiamo fare?”. Giovanni dà delle risposte chiare che ad avercele a volte farebbe comodo, sarebbe più facile fare delle scelte e compiere delle azioni. Poi Giovanni risponde a una domanda non esplicita del popolo, dicendo chi è Gesù e che cosa farà. La sua descrizione ci fa pensare che c’è un dono da ricevere, un dono non richiesto, gratuito. Fermiamo la nostra attenzione sulla non richiesta e su tutto quello che è implicito nel nostro cuore, sui nostri problemi, preoccupazioni e segreti che facciamo fatica a rivelare a noi stessi e agli altri. Sentiamo questo luogo nascosto in noi come un posto abitato da Dio, dove egli ha cura di noi. Allora sarà possibile essere al sicuro nelle mani di Dio, sarà possibile sentire che Egli ha cura del nostro esterno, come dell’interno e nelle profondità del nostro cuore, quella domanda di partenza: “che cosa dobbiamo fare?”, non sarà più solo una domanda ma un’ azione, un volto, un luogo per me, per gli altri.

 

 

La risposta a una promessa

 

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LITURGIA DELLA PAROLA   (clicca qui)

Prima lettura:Sir 48,1-4.9-11

Salmo: Sal 79 (80)

Vangelo: Mt 17,10-13

 

In questo testo ascoltiamo i discepoli che fanno una domanda a Gesù, ed Egli risponde con una promessa che non ha uno sviluppo solo nel futuro, ma sta già accadendo. Quando aspettiamo qualcosa da così tanto tempo e ci rimangono solo più delle domande, scopro che ciò attendo è già qui! Ciò che fanno i discepoli non è solo domandare ma spingersi più avanti: riconoscere. Sentiamo il Natale ormai alle porte e cosa lo renderà diverso? Le mie stesse domande piene di dubbio e di paura che non sono fini a se stesse, ma sono un inizio di fecondità; sono il mezzo attraverso cui potrò riconoscere questa promessa e scoprire che Dio è già vicino a me, anche se a volte mi sento così lontano, distratto, o non lo so nemmeno io. Quando sento tutto questo, quando salgono domande, dubbi e viviamo di attese, pensiamo che si sta facendo Natale in noi e tra noi. Sarà come ritornare a casa dopo tanto tempo, spinti da un domanda che ha riconosciuto e diventa annuncio per altri, tanto che sembra quasi che sia compito mio far rinascere Dio tra noi. Che sia così il Natale, un Natale di riconoscenza per noi, per tutti.

 

 

C’è sempre un MA

 

 

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LITURGIA DELLA PAROLA   (clicca qui)

Prima lettura:Is 48,17-19

Salmo: Sal 1

Vangelo: Mt 11,16-19

 

Oggi sentiamoci dire che nella vita c’è sempre un “MA”. Quando ci sembra di aver fatto tutto e sembra inutile, quando siamo sottoposti a una grande fatica, ricordiamoci che c’è sempre un “MA” che fa la differenza. Siamo la generazione che sa che è venuto Giovanni e poi Gesù, ma siamo anche la generazione che ha la possibilità di riconoscere in noi quest’opera. Celebriamo ogni anno il Natale, sentiamo parlare che Dio, il redentore viene a salvarci, ma questo volta mettiamoci un “MA”, ovvero: MA quest’ anno è venuto per me! Per me, sia che io faccia o no, viene per dare qualche “MA” alle nostre vite per dargli una svolta, una speranza, ha scelto di venire per non lasciarci vivere seduti in piazza, ma per farci vivere camminando in piedi. Per quanto ci sentiamo distanti da Dio egli ci riconosce, è Lui il nostro MA.

 

 

La grandezza nella piccolezza

 

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LITURGIA DELLA PAROLA   (clicca qui)

Prima lettura: Is 41,13-20

Salmo: Sal 144 (145)

Vangelo: Mt 11,11-15

 

Gesù in questo brano di Vangelo presenta Giovanni, si fa un annunciatore di qualcuno definendolo il più grande. Facendo così per esclusione si fa piccolo. Come mai? Perché ciò che interessa a lui non è essere annunciato, ciò che gli interessa è non aver distanza con noi. Il Regno dei cieli è la mia quotidianità, è il luogo dove sperimento la mia piccolezza, il mio essere fragile che diventa ricco di una grandezza: un Dio che si fa Io. L’io di Dio è la misura della distanza tra me e Lui ovvero: me stesso. La piccolezza è il luogo dove riscopro una vicinanza con Dio che non pensavo di avere, scopro che il regno dei cieli non è un luogo da cercare o da rimandare per un futuro, e io non devo aspettare di essere qualcun’altro, ma semplicemente sentirmi custode di una relazione con un Io che sa di Dio.