Signore aiutami

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07 AGOSTO 2024

MERCOLEDÌ DELLA XVIII SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO PARI)

Ogni madre desidera la vita per i suoi figli, quale strazio avrà provato questa donna per la malattia della figlia, infatti si dice che “grida”, chiede pietà, invoca un aiuto senza arroganza, senza pretesa, ma con l’audacia di una madre con il cuore gonfio di sofferenza. I discepoli intervengono non tanto per farsi mediatori, quanto perché la donna “grida”, in qualche modo disturba: non ascoltano il dolore del suo cuore. Anche se in un primo momento Gesù indica la preminenza della salvezza per i figli d’Israele, qui si espande a tutti.

Questa donna è entrata nel cuore di Gesù, l’ha riconosciuto come “Signore”, ha messo in Lui la sua fiducia con la consapevolezza della propria indegnità e l’urgenza del bisogno di guarigione e di vita per la figlia.

“Signore, aiutami!”. È la preghiera più semplice del mondo. “Signore, aiutami!”. È il dialogo della vita con il Signore; una vita è data a chi crede, a

chi la chiede con fiducia, non a chi la pretende. Nessuno davanti a Dio può arrogarsi il diritto di imporsi, ma può osare l’audacia di chiedere quel bene che Dio stesso è venuto a portare: una vita salvata.

Basta una briciola di fede, basta una briciola di pane, lì è racchiusa tutta la potenza della salvezza di Dio. Questa salvezza non ha tempi o luoghi, è puro dono che agisce nei cuori che la desiderano e che la accolgono. Apriamo il cuore a Cristo, apriamo le mani a una briciola di pane; ogni briciola contiene la grandezza di Dio. Chiediamo al Signore la fede di quella dona, la convinzione che tutti sono amati, non ci sono figli di serie A o B; la misericordia di Dio si posa su ogni miseria umana, nessuna briciola andrà perduta, ma sarà amore vivo, vita di Dio donata senza riserve.

“Signore aiutami,

affinché il mio cuore

non smetta mai di cercarti.

Fai della mia vita

una briciola del tuo pane,

così che diventi anch’io

amore senza riserve

e possa donare Te

agli altri.”

(shekinaheart eremo del cuore)

Venite a me

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18 LUGLIO 2024

GIOVEDÌ DELLA XV SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO PARI)

“Venite a me”, è un invito personale che Gesù fa a ciascuno di noi. Venite! Vieni! Conosco la tua fatica, la tua, stanchezza, la tua oppressione e voglio darti ristoro. Perché ogni tuo peccato, ogni tuo errore è avvolto dalla mia misericordia e non più condannato da una legge che non dona la vita.

Può succedere che nello sforzo di rimanere fedeli alla legge per la legge, si cade ancora di più, perché ci manca la libertà del cuore che guarda prima di tutto all’amore. Nessuna norma può dare vita, né può dare amore. Solo l’amore dà vita.

Gesù è questo amore che riappacifica il nostro cuore, che dà compimento alla nostra vita e alla nostra storia, perché con Lui diventa storia salvata, storia di salvezza. Lui è il maestro di una vi­ta piena, con dentro tutta la rivelazione dell’amore di Dio. In Lui appare evidente ciò che succede quando un essere umano lascia che Dio regni nella sua vita, diventa segno vivo del Regno.

Accogliamo l’invito di Gesù, andiamo a Lui prendiamo il suo giogo della mitezza e dell’umiltà che sono la cura che Egli ha per noi. È mite: non domina, serve; è umile: stima l’altro degno di essere amato. Allora portare il giogo con Lui diventa leggero, perché è Lui che si è fatto carico di tutto il peso, della nostra fatica di camminare; ci è accanto sulla stessa strada, non devo fare tutto da solo, devo solo rimanergli accanto.

“Maestro del cuore,

Signore della storia,

sollevaci il cuore dalla fatica

che opprime.

Restaci accanto!

Mio Dio,

cammino verso Te,

affaticato e oppresso in cerca di pace,

il mio sguardo incontra il Tuo

e mi sento meglio

perché Tu mi sei accanto da sempre,

in ogni momento.”

(Shekinaheart eremo del cuore)

Signore del sabato

Signore del sabato

 

09 SETTEMBRE 2023

SABATO DELLA XXII SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO DISPARI)

Prima lettura: Col 1,21-23

Salmo: Dal Sal 53 (54)

Vangelo: Lc 6,1-5

Gesù sta passando nei campi di grano, tra le spighe mature.

Sembra che dove passa il Signore emerge la vita. I suoi discepoli prendono queste spighe, le sfregano con le mani; si preparano il pasto, andando contro la legge del sabato, perché era il giorno del riposo, giorno dedicato a Dio per ringraziarlo.

Il sabato era da vivere come dono, da godere in comunione con Dio.

Gesù invita i farisei che rimproverano i discepoli, a non nascondersi dietro i precetti, ma a guardare al fondamento  che riassume tutta la legge: amare Dio con tutto il cuore e amare il prossimo come se stesso.

Quando uno ama Dio con tutto il cuore, vivrà con gioia il precetto del sabato o della domenica, e ne comprenderà il senso, che è vivere del dono di Dio.

Il Vangelo di oggi non ci dice che Gesù sfregava le spighe per mangiare come i discepoli, questo ci fa pensare che Egli non mangia, perché è Lui che viene mangiato. Lui è quel nutrimemto, che sostiene la vita  di ogni discepolo che si ciba di Dio.

E la vita per il credente è l’amore di Dio e del prossimo; dove passa Gesù fiorisce questa vita.

“Signore,

Sii Tu il Signore della mia vita.

Guidami, affinché faccia della Tua Parola

il centro del mio andare,

la legge da seguire,

l’amore da tramandare.

Fa che la Tua legge sia nel mio cuore

e io non dimentichi nulla

di quello che mi hai consegnato.

Sostieni quei passi incerti che mi rallentano

e ad ogni arresto o inciampo trovi Te,

per ricondurmi sulla strada di casa.”

(Shekinaheart eremo del cuore)

Il Signore del sabato

Il Signore del sabato

 

21 LUGLIO 2023

VENERDÌ DELLA XV SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO DISPARI)

Prima lettura: Es 11,10-12,14

Salmo: Dal Sal 115 (116)

Vangelo: Mt 12,1-8

Gesù sta passando tra i campi di grano seminati, tra quelle messi che diventeranno nutrimento, pane, cibo per gli uomini, Eucaristia.

I discepoli che seguono Gesù hanno fame. Cosi tutti quelli che lo seguono, perché quella fame rappresenta il desiderio di saziare la propria vita di un senso nuovo. Non saranno quelle poche spighe sfregate tra le mani a dare sazietà, ma il pane vero che è Gesù stesso, la sua Parola e il suo corpo.

Questi fatti però, avvengono in giorno di sabato dove non era permesso dalla legge compiere azioni.

Gesù sul significato del sabato e di questa legge così minuziosa e dettagliata, dà un senso nuovo. Dicendo di essere “il Signore del sabato”, si identifica col sabato stesso; il vero sabato è Gesù.

Il cuore del messaggio per gli ebrei era il riposo di Dio, il riposo dell’uomo, quindi il riposo dello schiavo, dello straniero e degli animali, il riposo significava entrare nella vita stessa, il riposo era per la vita.

Gesù non trasgredisce la legge, ma la porta a compimento, ovvero la completa nella sua carne, dando la sua vita per una nuova vita di tutta l’umanità.

Gesù si presenta come il tempo e lo spazio, dove Dio si comunica a noi per quello che è, ovvero: come misericordia, come amore, come partecipazione di vita. .

“Signore,

nello spazio e nel tempo,

quello che davvero conta è il pane.

Tu sei il pane della vita,

quella spiga che tra le mani,

nutre il cuore

e lo rende libero dai “signori” della vita,

affinché si comprenda che Tu sei l’unico Signore

a cui, davvero, stiamo a cuore.

Donami la forza per cercarti sempre,

così che tenendoti tra le mie mani, io mi scopra nelle Tue”.

(Shekinaheart Eremo del cuore)

Come il cieco

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19 MARZO 2023

IV DOMENICA DI QUARESIMA – ANNO A

LITURGIA DELLA PAROLA    (clicca qui)

Prima lettura: 1Sam 16,1b.4.6-7.10-13

Salmo: Sal 22 (23)

Seconda lettura: Ef 5,8-14

Vangelo: Gv 9,1-41

Il brano del cieco guarito, (nella forma intera Gv 9,1-41) termina con l’osservazione di Gesù ai farisei: “Se foste ciechi, non avreste alcun peccato; ma siccome dite: Noi vediamo, il vostro peccato rimane”.

Il cuore rimane cieco quando riconosce per valide solo le sue ragioni, se invece riconosce la sua cecità, torna luminoso per la luce del Signore.

Gesù infatti dice: “Io sono la luce del mondo”. Questa non è semplicemente la luce fisica che deriva dal sole, è la luce della santità di Dio, splendore del suo amore per noi. È la luce che illumina ogni uomo e gli fa cogliere il mondo dentro lo sguardo di Dio. È la luce che Gesù ha fatto risplendere liberando gli uomini dal peccato, perché la luce è la vita degli uomini.

Il cieco  ritorna alla luce, i suoi occhi impastati di fango vedono una nuova creazione. Tutti vogliono sapere come è accaduto, e forse impadronirsi di quel segreto di luce indispensabile alla vita che ancora non hanno, perché il loro cuore non comprende.

Chiediamo al Signore di essere liberati dalla nostra cecità, per diventare uomini che danno gloria a Dio con la luce negli occhi e nel cuore, e per riconoscere e confessare la nostra fede in Lui, come ha fatto il cieco, esclamando: “Credo, Signore!”.

“Signore,

possa vedere con i tuoi occhi questo mondo e me stesso,

rendimi capace di guardare con il cuore

così che mi accorga del Tuo amore

e di quanto Tu sia venuto anche per me.

A volte anch’io sono come cieco,

non vedo la Tua luce e mi fermo nell’attesa di Te,

senza accorgermi che Tu sei già qui.

Tocca il mio cuore, affinché la Tua luce mi liberi dalla cecità

ed io torni a vedere per camminare con Te,

sicuro che tutto ciò che ancora non vedrò,

Tu lo hai già visto”.

(Shekinaheart Eremo del cuore)

 

Benedetto il Signore

Benedetto il Signore Dip

 

VENERDÌ FERIA PROPRIA DEL 22 DICEMBRE

LITURGIA DELLA PAROLA    (clicca qui)

Prima lettura: Ml 3,1-4.23-24

Salmo: Sal 24 (25)

Vangelo: Lc 1,57-66

 

Siamo tornati ai primi giorni della creazione, dove Dio vide e disse che era cosa buona, così Zaccaria vede il bambino e dopo aver esclamato il suo nome, benedice. Benedire è: dire bene, e la bontà anzitutto viene da Dio. Dio ha bisogno di essere benedetto? No, ha bisogno di essere riconosciuto.

Giovanni il figlio inaspettato, ma tanto atteso è destinato a cose grandi, sia Zaccaria che Elisabetta lo sanno e constatano già da subito quanto Dio abbia visitato il Suo popolo, come aveva promesso, si è ricordato della sua alleanza. Tra le loro braccia vedono la promessa di Dio realizzarsi, e quel bambino figlio del miracolo, muove a commozione, perché Dio sì è ricordato di loro e anche di noi.

Il Signore si ricorda di noi; purtroppo a volte non è reciproco, ma Dio non si stanca, attende, e Natale dopo Natale è sempre qui, per dirci, per dirti, non temere figlio mio: sono qui accanto a Te.

 “Signore,

aiutami a credere che la Tua promessa è per sempre

e che mai ti separerai da me.

Corro a cercarti ma non ti trovo,

dove sei?

E scopro che Tu ci sempre stato, pronto a dirmi:

Sono qui! Sono in un angolo del tuo cuore

ad aspettare che tu mi apra.

Scendi giù, non avere paura,

troverai me e mia madre a tenderti la mano,

affinché Tu non abbia più paura”.

(Shekinaheart Eremo del Cuore)

 

 

 

Prive di olio

prive di olio

 

MARTEDÌ 09 AGOSTO 2022

SANTA TERESA BENEDETTA DELLA CROCE, VERGINE E MARTIRE, PATRONA D’EUROPA – FESTA

 

LITURGIA DELLA PAROLA   (clicca qui)

Prima lettura: Os 2,16b.17b.21-22

Salmo: Sal 44 (45)

Vangelo: Mt 25,1-13

 

Il racconto del Vangelo di oggi, si apre con l’immagine delle vergini sagge e stolte in attesa della venuta dello sposo, le prime avevano portato l’olio per le lampade in piccoli vasi, mentre le seconde ne erano prive.

A mezzanotte le stolte sono costrette a perdere l’incontro con lo sposo, perché non avendo più olio, dovettero uscire a comprarlo; al loro ritorno il Signore non aprì la porta, dicendo: “In verità io vi dico: non vi conosco”. Colpisce il finale: ora che avevano l’olio, perché il Signore non ha aperto?

Questo Vangelo coincide molto con la logica a cui solitamente si tende pensare: bisogna essere giusti, senza errori, per relazionarsi con Dio. Il Signore non aspetta che siamo “a posto”, ma che ci affidiamo a Lui. L’errore di quelle vergini è stato andarsene credendo di mancare in qualcosa, forse avrebbero dovuto restare e dinanzi alla venuta dello sposo, dire: Signore, non ho nulla da offrirti, ma sono qui.

Egli dinanzi alle nostre mani vuote, al nostro nulla, ci amerà ancora più intensamente e nessuna porta sarà mai chiusa per noi.

Il Signore ci conosce e sa le nostre difficoltà, così che quel “non vi conosco”, non è un rifiuto, ma una constatazione come dire: non vi riconosco più. L’invito è lasciarsi amare per quello che siamo, perché seppur stolte, quelle vergini erano citate all’ inizio del testo come parte del regno dei cieli e dunque sarà il Suo amore a rendere la nostra vita in pienezza.

“Signore,

sono davanti a te a mani vuote,

ti prego: riempi la mia vita!

Tu mi conosci e sai di me, persino dei miei sbagli,

eppure, non smetti mai di amarmi.

Aiutami a credere nel Tuo amore sempre,

affinché da esso tragga la forza

per rimanere alla tua presenza,

e lasciarmi amare da te

in ogni circostanza”.

(Shekinaheart Eremo del Cuore)

 

 

 

“E davvero la mano del Signore era con lui”.

 

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GIOVEDÌ 23 GIUGNO 2022

NATIVITA’ DI SAN GIOVANNI BATTISTA – SOLENNITÀ

 

LITURGIA DELLA PAROLA   (clicca qui)

Prima lettura: Is 49,1-6

Salmo: Sal 138 (139)

Seconda lettura: At 13,22-26

Vangelo: Lc 1,57-66.80

 

“E davvero la mano del Signore era con lui”.

Che bello poter leggere questa frase nel Vangelo di oggi. Ovvia per alcuni, nuova per altri, ma la straordinarietà di una nascita che è un miracolo, data l’età avanzata di Elisabetta, è accompagnata proprio dalla frase: “E davvero la mano del Signore era con lui”.

Già dal ventre della madre, nei suoi primi passi come per tutta la vita, la vera certezza di Giovanni, è credere che davvero la mano di Dio è con Lui.

La Sua mano è anche su di noi e lo è davvero!

Spesso lo dubitiamo o non lo “sentiamo”, ma il Signore c’è, è qui, e oggi ne dà conferma attraverso questa nuova nascita, come a dirci che dall’inizio e per tutta la vita sarà con noi.

Nella fatica, preghiamo e chiediamo a Lui l’aiuto, certi che non ci abbandonerà:

“Signore, fammi sentire la tua mano,

perché spesso non so dove aggrappare la mia.

Aiutami a scorgere la tua presenza,

proprio in quei momenti

in cui mi sembra di non aver più forze.

Sei qui Signore,

voglio crederci, con tutto me stesso.

C’è qualcosa in me che lo sa.

Fa che io possa scorgere la tua mano tesa ad aiutarmi

e non mi perda.

Sostienimi nella fatica,

affinché un giorno possa tendere la mia mano,

a chi come me, ne ha bisogno

e possa dirgli:

Coraggio, perché davvero la mano di Dio è su di noi”.

(Shekinaheart Eremo del Cuore)

 

All’alba del nuovo giorno

 

All'alba del nuovo giorno

 

LITURGIA DELLA PAROLA   (clicca qui)

Prima lettura: At 4,1-12

Salmo: Sal 117 (118)

Vangelo: Gv 21,1-14

 

Nel Vangelo di oggi, Gesù si manifesta ai discepoli nel quotidiano del loro lavoro. Anche in quella notte non presero nulla, una situazione simile era già successo tempo prima e fidandosi del Signore avevano raccolto parecchio. Ora l’episodio si ripete, i discepoli inizialmente non si accorgono che era Gesù, ma poi alla vista di quel miracolo lo riconoscono.

Il fatto che Gesù è risorto, non vuole dire che non ci saranno più fallimenti o fatiche da superare, ma ora quel nulla della notte è abitato da una consapevolezza: la Sua presenza.

Se prima i discepoli erano titubanti ad ascoltare un uomo che gli diceva come pescare, ora è possibile vedere un cammino che ha portato a fidarsi e a riconoscerlo. Questo discorso è un invito per noi, dove le fatiche e le fragilità possono anche ripresentarsi, ma il suggerimento è di non viverle come la prima volta, perché adesso possiamo identificare i Suoi passi nella nostra vita e scoprirci non più soli, ma abitati da un Amore che ci raggiunge.

Vivere da risorti non vuol dire assenza di fatiche e difficoltà, ma è saperle affrontare con la forza di Dio.

Gesù è la forza e il coraggio nel nulla di quelle nostre notti, ora è possibile non fermarsi e superarle perché sappiamo che Lui è con noi, e all’alba del nuovo giorno la pietra sarà tolta e dalla notte risorgeremo.

 

La profondità della croce

 

La profondità della croce

 

LITURGIA DELLA PAROLA   (clicca qui)

Prima lettura: Is 50,4-9a

Salmo: Sal 68 (69)

Vangelo: Mt 26,14-25

 

“Venuta la sera, si mise a tavola con i Dodici. Mentre mangiavano, disse: «In verità io vi dico: uno di voi mi tradirà». Ed essi, profondamente rattristati, cominciarono ciascuno a domandargli: «Sono forse io, Signore?»”

L’immagine di oggi è: la profondità della croce.

Nel testo del Vangelo di questo mercoledì Santo, leggiamo da parte dei discepoli una profonda contrizione, data dal timore di aver tradito Gesù. C’è una sincerità che proviene dal cuore in queste parole:

“Sono forse io, Signore?”

È la sincerità di chi si riconosce peccatore, è l’affetto di chi teme di aver ferito una persona cara, ma in questa domanda troviamo anche una professione di fede: lo chiamano Signore. Gesù viene identificato come il loro Signore, ed è per questo che sono rattristati di averlo deluso, è un vero atto di dolore.

“Sono forse io, Signore?”

Questa domanda parte dal cuore e arriva al Signore. È quasi dichiarare implicitamente che Egli sa, ci conosce più di noi stessi. Nell’affermare Gesù come Signore c’è un cammino di verità, dove nel corso della vita si svela pian piano a noi, ovvero: individuare il nostro errore, scoprire che Lui ne era già consapevole e nonostante tutto ci ama, e dalla forza di quest’amore poter ricominciare. Solo il Signore può amarci così, perché Egli ha cura di noi.

“Sono forse io, Signore?” Siano per noi parole di ripartenza, dove lo sguardo non si ferma sul nostro errore, sul peccato, ma nel Suo perdono, in quella profondità della croce, che da sempre ci ha amato.