Scrivere per me è come morire

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Scrivere, per me, è come morire. Come uccidere una parte di me. E far nascere un’altra me. Scrivere per me è come essere in pena, in pericolo e mettere a repentaglio la mia stessa essenza.
Sono io quella che racconta quella cosa?
Sono io quella che scrive quella scena?
La risposta è sì. La risposta è no.
Scrivere per come la vedo io è decidere di rischiare di essere, anche di rischiare di non essere. A pensarci bene, mettere mano a una storia, creare un personaggio (o una personaggia) vuol dire smettere di accontentarsi della prima risposta che ti viene in mente e far fare, far dire a quel tuo NUOVO IO una cosa che tu non diresti. Non importa se giusta o sbagliata, scomoda, appropriata.
E questo è già un bellissimo regalo che ci si può fare.

La penna e il coltello

La penna e il coltello è il motto del mio sito.
Tranquilli e tranquilli non sono una serial killer.
Forse sono la persona più pacifica del mondo. Forse non del tutto – in fondo nessuno lo è del tutto.
La penna e il coltello nasce dall’idea che ho della scrittura. Per me un libro deve tagliare Poi sì, amo i gialli. Ma amo la scrittura che ti tiene inchiodata. Avete presente quelle scene in cui la nostra eroina ha un coltello piantato alla gola e non può muoversi? Ecco ai libri che leggo chiedo questa minaccia perpetua.
Tutto qui. E giusto per tranquillizzare lettrici e lettori del mio blog.

Scrivere o parlare

Mi rendo conto che la prima cosa che ho fatto, la prima con un senso compiuto per me è stata scrivere. Intendo nella vita.
A cominciare dalle prime righe storte, le prime lettere sofferte. Ricordate? Una mano vi guidava a completare il cerchio della O o la cruna troppo stretta della L corsiva.

Anche oggi, anche ora sono qui che scrivo e mi rendo conto – e qui mi scuso con i tanti “carinissimi” che mi scrivono in privato – che io funziono così. Parlare – scrivere parlando – è un po’ un mio punto debole. Mi sento più a mio agio a trascrivere le cose che mi sono accadute. Magari trasfigurandole in un racconto. In quello che io penso sia un racconto. Per me “racconto” è la creazione di un tempo e uno spazio precisi. Una cosa che mixa realtà a immaginazione. Ha un po’ dell’una e un po’ dell’altra.

Io vivo e scrivo. Mi piacerebbe dire che scrivo e poi vivo. Non è così. Io vivo. E molto. Quello che scrivo – spero vi arrivi – è vero o verosimile. Che, per me, dal punto di vista di quello che io voglio fare con le parole è un po’ la stessa cosa. La verità e la verità possibile.

Forse è per questo che parlare è il mio punto debole. E spero che scrivere possa essere o diventare il mio punto forte. Ma di questo voglio parlarvi un’altra volta. Per ora è tutto.