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Messaggi del 30/09/2015
Post n°12635 pubblicato il 30 Settembre 2015 da Ladridicinema
Tag: recensioni Sangue del mio sangue,ultimo film di Marco Bellocchio e in concorso al festival di Venezia 2015, è l'ennesimo film personale e intimo dell'autore in cui ancora una volta riporta tutti gli elementi tipici del suo cinema, dalla famiglia borghese, alle tragedie familiari, passando per i toni "anticlericali" fino alle tensioni familiari e sociali tipiche della provincia e del provincialismo italiano. Sangue del mio sangue è ambientato tra due epoche: il Seicento e i giorni nostri. Federico, soldato e cavaliere, bussa alla porta di un convento per riabilitare la memoria di Fabrizio, fratello sacerdote morto suicida. Per riabilitarlo viene accusata una giovane suora, Benedetta, che secondo l'Inquisizione lo avrebbe sedotto tramite il diavolo, in quanto strega. Dopo aver superato "le prove" di innocenza, verrà sconfitta dalla prova del fuoco e condannata alla prigione perpetua e murata viva in una cella del convento. Graziata trent'anni dopo da Federico, diventato cardinale, Benedetta incrocerà di nuovo il suo sguardo, piombandolo a terra. Bobbio, ai giorni nostri. Federico, è un ispettore del Ministero, bussa allo stesso convento accompagnato da un miliardario russo che vorrebbe acquistare l'antico complesso. Apparentemente abbandonato il convento è abitato da un conte, che ha abbandonato i vivi fingendosi morto. Il conte lascia la sua cella di notte e attraversa il paese interrogando amici e nemici sullo stato delle cose, che cambiano sotto la spinta della modernità. Viene definito quindi un vampiro che si aggira di notte creando un mito, che forse mito non è. "Non mi sono preoccupato affatto dell'architettura drammaturgica - ha sottolineato Bellocchio - e non mi interessava stabilire connessioni rigide tra il passato e il presente. Ci sono allusioni che legale le due sfere temporali: il dominio della chiesa cattolica nel Seicento paradossalmente si conclude con il dominio democristiano in Italia, che pur permettendo un relativo benessere, succhiava il sangue a quella che era una prospettiva di cambiamento". Di conseguenza ancora una volta Bobbio è il "centro di tutto il - suo - mondo", ed è l'unico collante possibile che unisce le due storie, dove si riciclano gli stessi attori-personaggi in questo racconto tra inquietudini tra passato e presente. Con un cast assolutamente d'élite, Bellocchio unisce il suo cinema con una vicenda prettamente "manzoniana". Un continuo richiamo al suo cinema che passa dal lutto personale del fratello già visto ne Gli occhi, la bocca, fino all'immagine della donna strega che seduce, ne La visione del Sabba; strega come emblema della femminilità che combatte gli schemi del potere maschile e poi si lascia sopraffare dalla forza delle immagini, che sono la parte più bella del film. Fino ad arrivare a L'ora di religione, e alle inquitudini della fede. Nel film recitano i due figli di Bellocchio, Giorgio ed Elena, e il fratello poeta Alberto. Il cast si completa con l'attrice ucraina Lidiya Liberman, e gli italiani Alba Rohrwacher e Roberto Herlitzka, che veste i panni del conte-vampiro. Un cast come detto prima non da poco che però non rende onore a quest'opera particolare, dove i continui rimandi al suo cinema impediscono assieme a una difficile comprensione dell'unione di diversi generi ed epoche una buona narrazione, soprattutto se non si conosce il suo cinema e il suo pensiero. I suoi film non vogliono rimanere legati ad una trama propriamente detta o portare avanti i loro ragionamenti attraverso binari che rispondono alla logica, ma questo è un film che lascia spiazzato. Come dice l'autore un'opera nata per caso, unendo due progetti separati, nati nel suo laboratorio di Bobbio con i suoi studenti. Va apprezzato comunque che un autore importante come lui abbia ancora questo coraggio di osare e sperimentare con una libertà narrativa e compositiva veramente sorprendente anche per un grande del cinema italiano come Marco Bellocchio. Voto finale: 4-/5 Federico, un giovane uomo d'armi, viene sedotto come il suo gemello prete da suor Benedetta che verrà condannata ad essere murata viva nelle antiche prigioni di Bobbio. Nello stesso luogo, secoli dopo, tornerà un altro Federico, sedicente ispettore ministeriale, che scoprirà che l'edificio è ancora abitato da un misterioso conte, che vive solo di notte.
NOTE: Presentato in concorso al Festival di Venezia 2015.
Post n°12634 pubblicato il 30 Settembre 2015 da Ladridicinema
Tag: film in uscita
Post n°12633 pubblicato il 30 Settembre 2015 da Ladridicinema
Tag: recensioni da everyeye Sebbene già il cinema western (soprattutto quello made in USA) avesse provveduto, quasi da sempre, ad affrontare la tematica, è impossibile negare che sia stato soprattutto in seguito al successo ottenuto da Il giustiziere della notte (1974) con Charles Bronson che la celluloide ha cominciato a popolarsi di individui interessati a fare piazza pulita di esponenti della criminalità, fornendo allo spettatore quella certa liberatoria sensazione di vendetta portata a compimento. Advertise Ed è il Denzel Washington che, già vincitore del premio Oscar come attore non protagonista inGlory - Uomini di gloria (1989), Fuqua portò nuovamente a conquistarsi l'ambita statuetta tramite il suo Training day (2001) ad incarnare la rilettura di colore di Robert McCall, il quale, appunto, era bianco nel telefilm, a differenza di cui, stavolta, si parte dalle origini. Infatti, già il primo massacro attuato tra uso di cavatappi e schizzi di liquido rosso avviene soltanto una volta superata la presentazione di diversi personaggi, riconfermando immediatamente che, come di consueto, l'autore di Shooter (2007) non lascia affatto a desiderare per quanto riguarda la ferocia delle uccisioni.
A tredici anni da Training day (2001), Antoine Fuqua torna a dirigere Denzel Washington nella trasposizione cinematografica del telefilm degli anni Ottanta Un giustiziere a New York, trasformando in violento eroe di colore quello che, originariamente, era un comune bianco degli Stati Uniti di Ronald Reagan. D’altra parte, mentre all’epoca era decisamente raro avere un protagonista nero - se non in coppia con un americano qualunque, come nei franchise Arma letale e 48 ore - che rappresentasse la sete di giustizia del paese, Washington sembra quasi incarnare una vera e propria rivalsa dal retrogusto antirazzista nel dedicarsi al fantasioso massacro di cattivi, di origini russe alla maniera dei tempi della Guerra Fredda. Quindi, se sentite la mancanza del cosiddetto machismo reaganiano che fece la fortuna di Stallone e Schwarzenegger, avete trovato il film che fa per voi, oltretutto non banalmente costruito sull’azione, ma dedito anche, nella giusta misura, alla costruzione dei personaggi e della attesa-tensione. 7.5
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Inviato da: Mr.Loto
il 28/03/2022 alle 11:57
Inviato da: Mr.Loto
il 15/10/2020 alle 16:34
Inviato da: RavvedutiIn2
il 13/11/2019 alle 16:33
Inviato da: surfinia60
il 11/07/2019 alle 16:27
Inviato da: Enrico Giammarco
il 02/04/2019 alle 14:45