Creato da hunkapi_genova il 10/11/2007

HUNKAPI

Associazione culturale per la divulgazione delle tradizioni degli indiani d'america - Email:hunkapi.genova@gmail.com

 

 

Un altro guerriero se n’è andato

Gli anni passano ed il percorso della vita si avvicina alla fine. Molti guerrieri hanno raggiunto gli antenati, personaggi primari della storia americana che hanno lasciato una eredità pesante per i giovani nativi che rischiano di perdersi nel magma di una società che tende a cancellare le nazioni originarie.

         Sarà difficile riempire anche il vuoto lasciato da Jack Forbes scomparso a 77 anni il 23 febbraio scorso presso il Sutter Davis Hospital. Un personaggio fuori dal comune capace di radicare profondamente la coscienza critica e l’analisi storica in ambito universitario: un autentico guerriero per una politica dei nativi americani. Di origini Powathan-Renapè e Delaware-Lenape è stato professore emerito, scrittore, studioso ed impegnatissimo attivista politico. Nacque il 7 gennaio del 1934 a Bahia de los Alamitos in Suanga (Long Beach)in California. Crebbe in una fattoria in mezzo acro El Monte del Sur a San Gabriel Valley e in Eagle Rock, (Los Angeles, California), dove iniziò la carriera di scrittore sul giornale della scuola superiore. Nel  1953 conseguì il diploma di laurea in scienze politiche al Glendale College; alla University of Southern California, due anni dopo partecipò ad un master in cui conseguì il diploma in Filosofia, nel 1956 una laurea in storia e nel 1959 ebbe un dottorato di ricerca su storia ed antropologia.

         Una carriera da protagonista senza dimenticare le radici fino al punto di divenire all’inizio degli anni sessanta uno dei  primi partecipanti e tenace organizzatore del nascente movimento per i nativi americani. Una militanza perfettamente  coesa con il successo di ricercatore che lo portò in Gran Bretagna presso le Università di Warwick nell’ambito del Programma Fullbright ad Oxford e la Università di Essex. Ottenne anche la Cattedra Tìnbergen a Rotterdam presso la Erasmus University.

         Forbes fu, inoltre, professore emerito presso la University of California dove aveva presieduto il programma di studi Native American. Influenzò fortemente la nascita dello stesso presso le università di Berkley e del Minnesota Fondò la Deganawidah-Quetzalcoatl University, oggi relegata ad un chiusura ufficiale per varie vicissitudini burocratiche.  Conosciuta come D.Q. University ebbe lo scopo di fornire idee e metodi alternativi di educazione rivolti ai Nativi Americani.

Ha vissuto il suo ruolo pienamente , è stato autore di numerosi libri, monografie e articoli. Egli fu anche poeta e scrittore di narrativa, docente ospite in Russia, Giappone, Gran Bretagna, Olanda, Germania, Italia, Francia, Canada, Belgio, Svizzera, Norvegia, Messico e altrove. Jack Forbes fu il destinatario della Prima Book Award American Columbus Foundation alla Carriera per il 1997. Egli è stato anche un Guggenheim Fellow. Premio 1999 del Circolo Writer of the Year (Prosa - Non-Fiction)

Ines Hernandez Avila (Nez Percè – Chicano), attuale titolare della cattedra di Studi Nativi Americani presso l’ UC Davis Department , ha voluto ricordarlo: “Jack era un uomo con una visione magnifica, con il cuore di un poeta. Dedicò la sua vita al lavoro, con passione, brillantemente, come un vero spirito grande, con tutta la potenza delle sue parole e azioni, per trovare i popoli indigeni, riconoscendo loro, e celebrare i loro volti e nei cuori di tutti i suoi colori “.  

Riuscì con la collaborazione di altri docenti a far divenire i Native American Studies un dipartimento accademico nel 1993, appena un anno prima del suo pensionamento. Infaticabile  autore è  molto conosciuto per uno dei suoi libri più interessanti che divenne un testo primario del movimento anticivilizzazione: Columbus and other cannibals (Colombo ed altri  cannibali) con molte ristampe compresa quella del 1992 ai tempi dell’infausto cinque centenario celebrativo. Cosa intendesse quando si gettò in quell’avventura lo si arguisce facilmente. Una storia di terrorismo, genocidio ed ecocidio raccontata dal punto di vista dei nativi americani che ha ispirato gli attivisti più influenti per decenni. La sua critica radicale del mooderno stile di vita civile è estremamente più oggi che mai. Nell’identificare la coazione occidentale a consumare la terra come una malattia, Forbes scrisse: “ La brutalità non conoosce coonfini. L’avidità non conosce limiti. La perversione non conosce confini … Queste caratteristiche tutte spinte verso un estremo, sempre in movimento in avanti fino a che l’infezione iniziale si regola dentro … Questa è la malattia del consumo della vita di  altre creature e possedimenti. Io lo chiamo cannibalismo”.

Alcuni testi tra i più recenti con i loro titoli si commentano da soli: Only Approved Indians  (Approvato solo dagli indiani), The American Discovery od Europe  (La scoperta Americana d’Europa), Red Blood (Sangue rosso), Africans and Native Americans: The Language of Race and the Evolution od Red-Black Peoples (Africani e nativi americani: il linguaggio di razza e l’evoluzione dei popoli nero-rossi)”.

La sua tenacia ha aperto la via del rinascimento americano e non sarà tanto facile cancellare il frutto del suo lavoro; nessuno potrà fare a meno della buona semina. Grazie a Jack Forbes si studia storia e cultura e non quella dei civilissimi cannibali.

Pablo - Nuvola

 
 
 

Un alltro guerriero se n'è andato

Post n°181 pubblicato il 10 Marzo 2011 da hunkapi_genova
 

Gli anni passano ed il percorso della vita si avvicina alla fine. Molti guerrieri hanno raggiunto gli antenati, personaggi primari della storia americana che hanno lasciato una eredità pesante per i giovani nativi che rischiano di perdersi nel magma di una società che tende a cancellare le nazioni originarie.

         Sarà difficile riempire anche il vuoto lasciato da Jack Forbes scomparso a 77 anni il 23 febbraio scorso presso il Sutter Davis Hospital. Un personaggio fuori dal comune capace di radicare profondamente la coscienza critica e l’analisi storica in ambito universitario: un autentico guerriero per una politica dei nativi americani. Di origini Powathan-Renapè e Delaware-Lenape (1) è stato professore emerito, scrittore, studioso ed impegnatissimo attivista politico. Nacque il 7 gennaio del 1934 a Bahia de los Alamitos in Suanga (Long Beach)in California. Crebbe in una fattoria in mezzo acro El Monte del Sur a San Gabriel Valley e in Eagle Rock, (Los Angeles, California), dove iniziò la carriera di scrittore sul giornale della scuola superiore. Nel  1953 conseguì il diploma di laurea in scienze politiche al Glendale College; alla University of Southern California, due anni dopo partecipò ad un master in cui conseguì il diploma in Filosofia, nel 1956 una laurea in storia e nel 1959 ebbe un dottorato di ricerca su storia ed antropologia.

         Una carriera da protagonista senza dimenticare le radici fino al punto di divenire all’inizio degli anni sessanta uno dei  primi partecipanti e tenace organizzatore del nascente movimento per i nativi americani. Una militanza perfettamente  coesa con il successo di ricercatore che lo portò in Gran Bretagna presso le Università di Warwick nell’ambito del Programma Fullbright ad Oxford e la Università di Essex. Ottenne anche la Cattedra Tìnbergen a Rotterdam presso la Erasmus University.

Forbes fu, inoltre, professore emerito presso la University of California dove aveva presieduto          il programma di studi Native American. Influenzò fortemente la nascita dello stesso presso le università di Berkley e del Minnesota Fondò la Deganawidah-Quetzalcoatl University, oggi relegata ad un chiusura ufficiale per varie vicissitudini burocratiche.  Conosciuta come D.Q. University ebbe lo scopo di fornire idee e metodi alternativi di educazione rivolti ai Nativi Americani.

Ha vissuto il suo ruolo pienamente , è stato autore di numerosi libri, monografie e articoli. Egli fu anche poeta e scrittore di narrativa, docente ospite in Russia, Giappone, Gran Bretagna, Olanda, Germania, Italia, Francia, Canada, Belgio, Svizzera, Norvegia, Messico e altrove. Jack Forbes fu il destinatario della Prima Book Award American Columbus Foundation alla Carriera per il 1997. Egli è stato anche un Guggenheim Fellow. Premio 1999 del Circolo Writer of the Year (Prosa - Non-Fiction)

Ines Hernandez Avila (Nez Percè – Chicano), attuale detentrice della cattedra di Studi Nativi Americani presso il UC Davis Department , ha voluto ricordarlo: “Jack era un uomo con una visione magnifica, con il cuore di un poeta. Dedicò la sua vita al lavoro, con passione, brillantemente, come un vero spirito grande, con tutta la potenza delle sue parole e azioni, per trovare i popoli indigeni, riconoscendo loro, e celebrare i loro volti e nei cuori di tutti i suoi colori “.  

Riuscì con la collaborazione di altri docenti a far divenire i Native American Studies un dipartimento accademico nel 1993, appena un anno prima del suo pensionamento. Infaticabile  autore è  molto conosciuto per uno dei suoi libri più interessanti che divenne un testo primario del movimento anticivilizzazione: Columbus and other cannibals (Colombo ed altri  cannibali) con molte ristampe compresa quella del 1992 ai tempi dell’infausto cinque centenario celebrativo. Cosa intendesse quando si gettò lo si arguisce facilmente. Una storia di terrorismo, genocidio e ecocidio raccontata da un punto di vista dei nativi americani che ha ispirato  gli attivisti più influenti per decenni. Spaventosamente, la sua critica radicale del moderno stile di vita civile; è più importante oggi che mai. Identificare la coazione a consumare occidentali la terra come una malattia, Forbes scrive: “ La brutalità non conosce confini. L’avidità non conosce limiti. Perversione non conosce confini. . . . Queste caratteristiche tutte spinte verso un estremo, sempre in movimento in avanti una volta che l’infezione iniziale si regola dentro. . . Questa è la malattia del consumo di vita altre creature e possedimenti. Io lo chiamo il cannibalismo”.

Alcuni testi tra i più recenti con i loro titoli si commentano da soli: Only  Approved  Indians  (Approvato solo dagli indiani), The American Discovery of Europe (La scoperta Americana d’Europa), Red Blood (Sangue rosso),  Africans and Native Americans: The Language of Race and the Evolution of Red-Black Peoples (Africani e nativi americani: il linguaggio di razza e l’evoluzione dei popoli nero-rossi”.

La sua tenacia ha aperto la via del rinascimento americano e non sarà tanto facile cancellare il frutto del suo lavoro; nessuno potrà fare a meno della buona semina. Grazie a Jack Forbes si studia storia e cultura e non quella dei civilissimi cannibali.

Pablo - Nuvola

 

 
 
 

Riprendersi Rushmore

Post n°180 pubblicato il 26 Febbraio 2011 da hunkapi_genova
 

Da tempo circola una straordinaria serie di immagini in cui i nativi propongono i veri padri fondatori americani spesso utilizzando lo sfondo del fin troppo famoso Monte Rushmore dove sono scolpiti i volti di quattro presidenti degli Stati Uniti. Al posto di George Washington,Thomas Jefferson, Abramo Lincoln e Theodore Roosevelt i nativi collocano idealmente gli antenati  protagonisti della loro resistenza Goyathlay (Geronimo), Makphya Luta (Nuvola Rossa), Hinmaton Yalaktit (Capo Giuseppe) e Totanka Yotanka (Toro Seduto).

La risposta alla pomposità yankee dello scultore Gutzam Borglum è la maestosità dell'opera dedicata a Tashunka Witko (Cavallo Pazzo) poco distante. I Nativi sanno chi ha diritto a svettare tra le loro montagne che hanno visto anche azioni clamorose dei militanti degli anni settanta.

Recentemente hanno ricordato il quaranntennale di una occupazione meno conosciuta rispetto ad altre degli anni settanta quando prese il via il rinascimento indiano. 

Il Rapid City Journal informa "Quaranta annii fa, un gruppo di attivisti Nativi  americani occuparono Monte Rushmore per tre mesi per richiamare l'attenzione sulla miriade di problemi che dovevano affrontare le persone indiane negli Stati Uniti."

Robert Cook, ex presidente dell’ Indian National Education Association, ha ricordato dopo quasi mezzo secolo: “Oggi è una lezione di storia” e ha celebrato quel meraviglioso gruppo di attivisti nativi che occuparono per tre mesi il sito Rushmore rischiando la prigione. Non fu una bizzarria ma un atto di coraggio per difendere le loro convinzioni.

Quel gruppo con sede  in California scalò il monte per educare i nativi a riprendersi sovranità, a pretendere giustizia per i trattati sempre infranti e lottare contro la povertà.

A quaranta anni di distanza alcuni sono ritornati con figli e nipoti e si sono riuniti per commemorare il primo giorno di scalata per rivisitare quei problemi che, nonostante  il tempo , affliggono ancora coloro che vivono nelle riserve del Sud Dakota.

Tra i partecipanti Marlyce Miner, proveniente da Rapid City, che all’epoca lavorava in un negozio di souvenir ed imparò ad essere consapevole sulla sorte delle montagne sacre, le Black Hills. Alcuni dei partecipanti di allora hanno ricordato che è passato il tempo, rioccupando simbolicamente il sito guardando avanti per affrontare i problemi che comunque rimangono.

A Quanah Parker Brightman è toccata il compito di dare inizio al meeting cantando il motivo simbolo purificando i partecipanti con la salvia sacra. L’avventura del 1970 fu il primo scatto nazionale dopo il Little Big Horn. Una sfida che portò una copertura mediatica immensa sul furto delle Black Hills. Suo padre, Lehman Brightman della Cheyenne River Sioux Tribe, professore ottantenne e militante fu protagonista non solo di Rushmore manchhe di Alcatraz, Wounded Knee ed innumerevoli dimostrazioni californiane.

La novantenne Marcella Le Beau di Eagle Butte che nel 2004 ricevette la Legion d’Onore a Parigi ha evidenziato il successo odierno di chi volle portare l’attenzione sulle condizioni del popolo lakota. Oggi si fa il forum sulla sovranità nazionale e non una manifestazione di protesta con la consapevolezza che la Terra debba essere restituita piuttosto che un business.Durante l'iniziativa Robert Cook ha ricordato:“Today is a lesson in history,”  ex presidente del National Indian Education Association. Ha, inoltre, ricordato i valorosi che rischiarono la prigione per la libertà riuscendo a catalizzare l'attenzione nazionale. Non fu un capriccio, ha precisato Cook, fu piuttosto un atto di coraggio per difendere le loro convinzioni.

Fu un'azione per educare alla difesa della sovranità, dei diritti nei trattati e contro la povertà. Alcuni di quegli attivisti , i loro figli e i nipoti si sono riuniti per commemorare il giorno in cui il primo gruppo scalò la montagna e per rivisitare quei problemi che ancora affliggono la gente che vive nelle riserve in South Dakota.Marlyce Miner di Rapid City lavorava in un negozio di souvenir ed è voluto ritornare per ricordare quella straordinaria avventura che diede la spinta per il nascere del movimento. Sonoo ritornati anche gli anziani.Quanah Parker Brightman ha iniziato la celebrazione cantando e bruciando la salvia sacra per la purificazione. Suo padre,Lehman Brightman, membro del fiume Cheyenne Sioux Tribe, ottantenne ex professore ha lottato una vita per  la sovranità delle Black Hills. Fu protagonista di Rushmore, ma anche di Alcatraz, Wounded Knee ed innumerevoli manifesttazioni in California.

La novantenne Marcella Le Beau di Eagle Butte ha voluto presenziare per ricordare che fecero solo il bene della nazione portando all'attenzionne di tutti i  problemi  lakota.Quaranta anni dopo hanno cambiato i metodi organizzando un forum sulla sovranità tribale invece di una manifestazione di protesta e di lavoro nei confronti dell'istruzione sullo sforzo in atto per vedere restituita la terra  alla tribù, piuttosto che una professione.

L'assalto a Monte Rsuhmore fa parte della resistenza americana alla faccia dei quattro musoni yankee, nemici degli "indiani".

 
 
 

Riprendersi Rushmore

Post n°179 pubblicato il 25 Febbraio 2011 da hunkapi_genova
 

Da tempo circola una straordinaria serie di immagini in cui i nativi propongono i veri padri fondatori americani spesso utilizzando lo sfondo del fin troppo famoso Monte Rushmore dove sono scolpiti i volti di quattro presidenti degli Stati Uniti. Al posto di George Washington,Thomas Jefferson, Abramo Lincoln e Theodore Roosevelt i nativi collocano idealmente gli antenati  protagonisti della loro resistenza Goyathlay (Geronimo), Makphya Luta (Nuvola Rossa), Hinmaton Yalaktit (Capo Giuseppe) e Totanka Yotanka (Toro Seduto).

La risposta alla pomposità yankee dello scultore Gutzam Borglum è la maestosità dell'opera dedicata a Tashunka Witko (Cavallo Pazzo) poco distante. I Nativi sanno chi ha diritto a svettare tra le loro montagne che hanno visto anche azioni clamorose dei militanti degli anni settanta.

Recentemente hanno ricordato il quaranntennale di una occupazione meno conosciuta rispetto ad altre degli anni settanta quando prese il via il rinascimento indiano. 

Il Rapid City Journal informa "Quaranta annii fa, un gruppo di attivisti Nativi  americani occuparono Monte Rushmore per tre mesi per richiamare l'attenzione sulla miriade di problemi che dovevano affrontare le persone indiane negli Stati Uniti." Alcuni dei partecipanti di allora hanno ricordato che è passato il tempo, rioccupando simbolicamente il sito guardando avanti per affrontare i problemi che comunque rimangono.

Durante l'iniziativa Robert Cook ha ricordato:“Today is a lesson in history,”  ex presidente del National Indian Education Association. Ha, inoltre, ricordato i valorosi che rischiarono la prigione per la libertà riuscendo a catalizzare l'attenzione nazionale. Non fu un capriccio, ha precisato Cook, fu piuttosto un atto di coraggio per difendere le loro convinzioni.

Fu un'azione per educare alla difesa della sovranità, dei diritti nei trattati e contro la povertà. Alcuni di quegli attivisti , i loro figli e i nipoti si sono riuniti per commemorare il giorno in cui il primo gruppo scalò la montagna e per rivisitare quei problemi che ancora affliggono la gente che vive nelle riserve in South Dakota.

Marlyce Miner di Rapid City lavorava in un negozio di souvenir ed è voluto ritornare per ricordare quella straordinaria avventura che diede la spinta per il nascere del movimento. Sonoo ritornati anche gli anziani.

Quanah Parker Brightman ha iniziato la celebrazione cantando e bruciando la salvia sacra per la purificazione. Suo padre,Lehman Brightman, membro del fiume Cheyenne Sioux Tribe, ottantenne ex professore ha lottato una vita per  la sovranità delle Black Hills. Fu protagonista di Rushmore, ma anche di Alcatraz, Wounded Knee ed innumerevoli manifesttazioni in California.

La novantenne Marcella Le Beau di Eagle Butte ha voluto presenziare per ricordare che fecero solo il bene della nazione portando all'attenzionne di tutti i  problemi  lakota.

Quaranta anni dopo hanno cambiato i metodi organizzando un forum sulla sovranità tribale invece di una manifestazione di protesta e di lavoro nei confronti dell'istruzione sullo sforzo in atto per vedere restituita la terra  alla tribù, piuttosto che una professione.

L'assalto a Monte Rsuhmore fa parte della resistenza americana alla faccia dei quattro musoni yankee, nemici degli "indiani".

 
 
 

Feliz Naividad

Post n°178 pubblicato il 29 Dicembre 2010 da hunkapi_genova
 

Buon Natale e Felice Anno Nuovo. “Pace in terra agli uomini di buona volontà” è un messaggio talmente universale e di profondo significato da essere rappresentato in migliaia di luoghi di culto. Centoventi anni fa ai superstiti lakota del massacro di Wounded Knee parve l’ennesima irriverente irrisione targata conquista. Non immaginavano che storicamente avrebbe significato la fine della resistenza all’invasione nel secolo diciannovesimo. Ebbero solo il tempo di piangere i morti tentando di salvare i feriti umanamente sopravissuti ai carnefici due giorni dopo la vile aggressione in mezzo al gelo di quell’inverno del 1890. Si trovarono in una chiesa dove campeggiava il messaggio pacifista per eccellenza.

Feliz navidad y puespero ano. Ormai lo ripetono e consumano milioni di Nativi Americani vittime della conquista targata spada e vangelo, soprattutto in quei paesi dove l'efferatezza raggiunse il massimo livello. Lo stesso che subirono i mineconjou di Si Tanka nel tentativo di fuggire dall'ira di un esercito onnipotente che cercava gli ultimi selvaggi ed aveva fatto uccidere Totanka Yotanka, quel Sitting Bull indomabile nonostante l'esperienza circense con Buffalo Bill.  Eppure quei selvaggi volevano solo raggiungere un posto tranquillo per sopravvivere; volevano arrivare alla riserva di Red Cloud. Makphya Luta aveva deposto da tempo le armi, aveva imparato a vivere con i wasichu; forse avrebbero trovato un luogo dove fermarsi.

Il Settimo Cavalleggeri, specializzato in attacchi ai villaggi, gli Cheyenne ricordano ancora lo stile Washita. Lo compresero presto anche i poveri lakota in quel dicembre polare di 120 anni orsono. Tutti dovrebbero sapere cosa accadde e non dimenticare, perchè la fuga dal campo sul torrente Cherry venne fermata il 28 dicembre da quattro squadroni al comando del maggiore Samuel Whitside, che aveva l'ordine di condurli in un accampamento di cavalleria sul torrente Wounded Knee.

Il gruppo era composto per due terzi da donne e bambini. Vennero  portati sulla riva del torrente, furono circondati da due squadroni  sotto il tiro di mitragliatrici Hotchkiss. Il comando delle operazioni fu preso dal colonnello James Forsyth e l'indomani gli uomini di Si Tanka , ammalato gravemente di polmonite, furono disarmati.

Un giovane mineconjou sordo, tardò a deporre la sua carabina, fu circondato dai soldati e, mentre deponeva l'arma, partì un colpo a cui seguì un massacro indiscriminato. Il campo venne falciato dalle Hotchkiss ed i morti accertati furono 153. Secondo una stima successiva, dei 350 Mineconjou presenti, ne morirono quasi 300. La fossa comune non ospitò i poveri corpi, ormai grottescamente congelati, di tutti i lakota. Venticinque soldati furono uccisi, molti probabilmente vittime accidentali dei loro compagni.

Dopo aver messo in salvo i soldati feriti, un distaccamento tornò sul campo dove furono raccolti 51 nativi ancora vivi, quattro uomini e 47 tra donne e bambini. Trasportati a Pine Bridge, furono in seguito ammassati in una chiesetta ove (per gli addobbi natalizi) si poteva leggere la scritta:“Pace in terra agli uomini di buona volontà”.

Ci volle quasi un secolo per sostituire la parola battaglia con massacro sul cartello che indica il sito di Wounded Knee. Per questo, per la memoria di quelle vittime della civiltà non dobbiamo dimenticare e nei momenti di feliz navidad ricordiamo che nel 1973 il rinascimento nativo partì proprio da quel luogo dove si era rotto il cerchio sacro. 

 

 
 
 

Nulla da festeggiare

      11 ottobre 1492, ultimo giorno di libertà per milioni di persone. 12 ottobre 1492 inizio della conquista e del più grande genocidio della storia. Non c'è nulla da festeggiare, 518 anni fastano e dobbiamo cambiare rotta parafrasando una terminologia marinara cara ai celebranti della grandiosità navigatrice di cosiddetto ammiraglio di una flotta e vicerè di un impero spagnoli.

     In ambito di grande scoperta tanta bravura proprio è indiscutibilmente fuori luogo, molti arrivarono sui  lidi cosidetti americani prima di tal avventuroso. Gli intenti, probabilmente, non erano diversi ma non riuscirono ad iniziare la conquista.

     Il navigante per eccellenza riuscì, in un contesto storico particolare, a mettere insieme le motivazioni dei predecessori: carpire terre, razziare tesori, evangelizzare in qualsiasi modo i proprietari degli stessi; sicuramente arrivati prima perchè c'erano. Gli stessi americani, quelli autentici, hanno stigmatizzato l'arrivo che potremmo definire sbarco, per far felici i celebratori, in quanto da una nave scendi o ti buttano giù per andare a terra.

    Le malelingue dicono addirittura che iniziò a carpire già con la ciurma che probabilmente  qualche merito l'avrà avuto se due navi su tre sono riuscite ad arrivare in quel lugo che tanto Cipango poi non fu ed a chiedere agli spaventosi selvaggi l'autorizzazione di approdo. Si narra, appuunto, che non fu proprio lui il primo a vedere la terra. Fortunatamente non c'eravamo. 

    I nativi americani hanno le idee molto chiare in merito; "Si era perso, i nostri antenati li hanno accolti e li hanno aiutati a sopravvivere in un ambiente sconosciuto". Bobby Castillo appartenente alla nazione apache disse cosa pensava delle celebrazioni  e del loro ispiratore: "La mia opinione è che Cristoforo Colombo sia stato un ladro ed un assassino. E' inciampato per caso nelle Americhe, non era, perciò, neanche un grande navigatore. Fare le celebrazioni colombiane significa celebrare l'inizio del genocidio della mia gente. Voi non festeggiate l'uccisione di milioni di ebrei durante il periodo nazista, così non potete festeggiare l'uccisione di milioni di indiani ed il furto delle loro terre. Molti di noi sono morti, hanno perso i loro territori; molti hanno perso la loro culturua, molti la loro fede e la loro spiritualità, Non c' è nulla da celebrare. Ciò che gli Europei stanno per celebrare è la loro ricchezza, ma è una ricchezza che hanno ottenuto, che viene dall'oro e dai tesori minerari che poi hanno prodotto il vostro sviluppo industriale; e tutte queste ricchezze sono venute e sono state prese dalla nostra terra. Celebrare tutto questo è un grosso errore. Dovreste invece guardare nel profondo del vostro cuore e riflettere su questa spesa di miliardi di dollari per celebrare "questo Cristoforo Colombo".

      Innumerevoli le opinioni di altri nativi americani a volte più dure, anche di personaggi molto noti. ma il giudizio impietosso  di Castillo altro non è se non "...guardare nel profondo del vostro cuore...".  Perchè celebrare? Qual'è il motivo reale? La storia delle nazioni native americane è segnata dal marchio del genocidio, da stragi spacciate per battaglie, da appropriazioni materiali e culturali frutto di impegno millenario, dalla cancellazione di intere nazioni e dalla memoria cancellata per i sopravvissuti.

      Leslie Marmon Silko della nazione Pueblo ce lo ricorda:"Senza la memoria e le storie, chi siamo? Senza le storie, che ci raccontano le nostre identità, gli idiomi dei nostri padri, i loro credi e i loro sogni, non siamo niente, non possediamo nulla, neppure noi stessi".

      Chiediamo scusa davvero, non c'è nulla da celebrare. Guardiamo il nostro cuore. Non facciamo come con gli Armeni che ci sono voluti decenni per iniziare a parlare di genoocidio. Chi curerà le ferite dei sopravvissuti e dei parenti dei bambini nativi scomparsi nelle scuole dell'uomo bianco?

      Celebriamo Paganini che ha cambiato il modo suonare il violino. Facciamo in modo che si rinvigorisca la campagna per il riconoscimento della giornata nazionale dei popoli indigeni che appunto si chiama "11 ottobre", l'ultimo giorno di libertà degli autentici americani. 

 

 

 
 
 

Dove la pernice suona il tamburo

Post n°176 pubblicato il 26 Agosto 2010 da hunkapi_genova
 

Là dove la pernice suona il tamburo sarebbe bello stare, perchè in quell posto esiste la dignità. Cosa rara sulle nostre sponde. In tal luogo abbonda anche il coraggio. Merce limitata sui nostri lidi.

Là dove rulla la pernice vive gente straordinaria che ha contribuito ad inventare una costituzione con un parlamento dove si prendono decisioni alla unanimità solo dopo amppie discussioni affiinchè tutti comprendano e  possano conndividere. Era lla fine del XVI secolo. Furono, soono e saranno i Mohawk, una delle sei nazioni facenti parte della Lega Irochese.

Il 2010 è il loro anno anche se ne hanno persi pochi. Venti anni fa la Crisii di Oka, iieri la cacciata dei bianchi ed oggi il rifiuto di riconoscere il passaporto irochese alla nazionale di Lacrosse da parte della civilissima Gran Bretagna.

In priimavera lo scandalo perbenista degli euroamericani: i Mohawk sarebbero stati razzisti perchè cacciarono i bianchi dai loro territori; hannno proprio una bella faccia questi canadesi anglo-franco-europei. Hanno memoria corta, hanno dimenticato a chi hanno rubato i territori della cosiddetta Terra della Nonna (Canada). Sembrano svaniti nell nulla i cinquantamila bambini nativi realmente scomparsi nelle scuole gestite dalle chiese eurocanadesi.

 Più recente lo sgarbo britannico alla squadra nazionale di Lacrosse; il team di chi ha inventato questo originalissimo sport non poteva mettere piede sul suolo di Albione; motivo il passaporto irochese, dopo le misure antiterrorismo, non aveva valore. Grande offesa visto che l''hanno sempre utilizzato inn paesi come Giappone ed Australiia. Alcunii decenni orsono lo esibirono persiino a Genova in una conferenza contro l'uso dell'uranio per scopii bellici.

Forse gli inglesi avevano paura di perdere il campionato mondiale organizzato in Grann Bretagna. Senza i maestri possono vincere anche i ripetenti. Per dirla con Christian Tugnoli su Pianeta Sport: "E meno male che il Lacrosse è stato iinventato dagli Irochesi".

Ma l'estate è stata segnata dal ventennale dell'inizio  della Crisi di Oka quando i suoi civilissimi eurocanadesi ebbero la prettesa di allargare il campo da golf con i terreni sacri ai Mohawk in parte sede cimiteriale degli antenati. Fu una autentica guerra che durò fino al 26 settembre del 1990. Blindati, truppe speciali e polizia alla caccia di indiani. I Mohawk Kanesatake seppero difendersi ed attaccare gestendo in maniera straordinaria la finesttra mediatica sul mondo. Finì come al solito: finto trattato e dopo prigionieri di guerra.

Centinaia di irochesi hanno ricordato quell'evento divenuto nel 2006 anche un buon prodotto cinematografico seriale. Nonn hanno diimenticato lo schiaffo globale ai conquistatori.

Quella di Oka fu un grande momento di storia coniugata ad una resistenza secolare in difesa della identità, della cultura, del rispetto, del legame antico con la Madre Terra. Un esempio di coraggio straordinario che non dimetiicheremo insieme alla dignità irochese che potremmo prendere ad esempio.

Pablo (Nuvola) 

 

 

 
 
 

Dove la pernice suona il tamburo

Post n°175 pubblicato il 26 Agosto 2010 da hunkapi_genova
 

         Là dove la pernice suona il tamburo sarebbe bello stare, perché in quel posto esiste la dignità. Cosa rara sulle nostre sponde. In tal luogo abbonda anche il coraggio. Merce limitata sui nostri lidi.

         Là dove rulla la pernice vive gente straordinaria che ha contribuito ad  inventare una costituzione con un parlamento dove si prendono decisioni alla unanimità solo dopo ampie discussioni affinché tutti comprendano e possano condividere. Era la fine del XVI secolo. Furono, sono e saranno i Mohawk una delle sei nazioni facenti parte della Lega Irochese.

         Il 2010 è il loro anno anche se ne hanno mancatii pochi. Venti anni fa la Crisi di Oka, ieri la cacciata dei bianchi ed oggi il rifiuto di riconoscere il passaporto irochese alla nazionale di Lacrosse da parte della civilissima Gran Bretagna.

        In primavera lo scandalo perbenista degli euroamericani: i Mohawk sarebbero stati razzisti perchè cacciarono i bianchi dai loro territori; hanno proprio una bella faccia questi canadesi anglo-franco-europei. Hanno memoria corta, hanno dimenticato a chi hanno rubato i territori della cosiddetta Terra della Nonna. Sembrano svaniti nel nulla i cinquantamila bambini nativi realmente scomparsi nelle scuole gestite dalle chiese eurocanadesi.

       Più recente lo sgarbo britannico alla squadra nazionale di Lacrosse: il team di chi ha inventato questo originalissimo sport non poteva mettere piede sul suolo di Albione; motivo il passoporto irochese, dopo  le misure antiterrorismo, non aveva valore. Grande offesa visto che l'hanno sempre utilizzato in paesi come Giappone ed Australia. Alcuni decenni orsono lo esibirono persino a Genova in una conferenza contro l'uso dell'uranio per scopi bellici.

      Forse gli inglesi avevano paura di perdere nel campionato mondiale organizzato in Gran Bretagna. Senza i maestri possono vincere anche i ripetenti. Per dirla con Christian Tugnoli su Pianeta Sport: "E meno male che il Lacrosse è stato inventato dagli Irochesi".  

      Ma l'estate è stata segnata dal ventennale dell'inizio della Crisi di Oka quando i suoi civilissimi ciittadini eurocanadesi ebbero la pretesa di allargare il campo da golf con i terreni sacri ai Mohawk  in parte sede cimiteriale degli antenati. Fu una autentica guerra che durò fino al 26 settembre del 1990. Blindati, truppe speciali e polizia alla caccia di indiani. I Mohawk Kanesatake seppero difendersi ed attaccare gestendo in maniera straordinaria la finestra mediatica sul mondo.

      Finì come al solito: finto trattato e dopo prigioneri di guerra. Centinaia di irochesi hanno ricordato quell'evento divenuto nel 2006 anche un buon prodotto cinematografico seriale. Non hanno dimenticato lo schiaffo globale ai conquistatori.

       Quello di Oka fu un grande momento di storia coniugata ad una resistenza secolare in difesa della identità, della cultura, del rispetto, del legame antico con la Madre Terra, Un esempio di coraggio straordinario che non dimenticheremo insieme alla dignità irochese che dovremmo prendere ad esempio. 

Pablo (Nuvola)

 
 
 

Dove la pernice suona il tamburo

Post n°174 pubblicato il 26 Agosto 2010 da hunkapi_genova
 

         Là dove la pernice suona il tamburo sarebbe bello stare, perché in quel posto esiste la dignità. Cosa rara sulle nostre sponde. In tal luogo abbonda anche il coraggio. Merce limitata sui nostri lidi.

         Là dove rulla la pernice vive gente straordinaria che ha contribuito ad  inventare una costituzione con un parlamento dove si prendono decisioni alla unanimità solo dopo ampie discussioni affinché tutti comprendano e possano condividere. Era la fine del XVI secolo. Furono, sono e saranno i Mohawk una delle sei nazioni facenti parte della Lega Irochese.

         Il 2010 è il loro anno anche se ne hanno mancatii pochi. Venti anni fa la Crisi di Oka, ieri la cacciata dei bianchi ed oggi il rifiuto di riconoscere il passaporto irochese alla nazionale di Lacrosse da parte della civilissima Gran Bretagna.

        In primavera lo scandalo perbenista degli euroamericani: i Mohawk sarebbero stati razzisti perchè cacciarono i bianchi dai loro territori; hanno proprio una bella faccia questi canadesi anglo-franco-europei. Hanno memoria corta, hanno dimenticato a chi hanno rubato i territori della cosiddetta Terra della Nonna. Sembrano svaniti nel nulla i cinquantamila bambini nativi realmente scomparsi nelle scuole gestite dalle chiese eurocanadesi.

       Più recente lo sgarbo britannico alla squadra nazionale di Lacrosse: il team di chi ha inventato questo originalissimo sport non poteva mettere piede sul suolo di Albione; motivo il passoporto irochese, dopo  le misure antiterrorismo, non aveva valore. Grande offesa visto che l'hanno sempre utilizzato in paesi come Giappone ed Australia. Alcuni decenni orsono lo esibirono persino a Genova in una conferenza contro l'uso dell'uranio per scopi bellici.

      Forse gli inglesi avevano paura di perdere nel campionato mondiale organizzato in Gran Bretagna. Senza i maestri possono vincere anche i ripetenti. Per dirla con Christian Tugnoli su Pianeta Sport: "E meno male che il Lacrosse è stato inventato dagli Irochesi".  

      Ma l'estate è stata segnata dal ventennale dell'inizio della Crisi di Oka quando i suoi civilissimi ciittadini eurocanadesi ebbero la pretesa di allargare il campo da golf con i terreni sacri ai Mohawk  in parte sede cimiteriale degli antenati. Fu una autentica guerra che durò fino al 26 settembre del 1990. Blindati, truppe speciali e polizia alla caccia di indiani. I Mohawk Kanesatake seppero difendersi ed attaccare gestendo in maniera straordinaria la finestra mediatica sul mondo.

      Finì come al solito: finto trattato e dopo prigioneri di guerra. Centinaia di irochesi hanno ricordato quell'evento divenuto nel 2006 anche un buon prodotto cinematografico seriale. Non hanno dimenticato lo schiaffo globale ai conquistatori.

       Quello di Oka fu un grande momento di storia coniugata ad una resistenza secolare in difesa della identità, della cultura, del rispetto, del legame antico con la Madre Terra, Un esempio di coraggio straordinario che non dimenticheremo insieme alla dignità irochese che dovremmo prendere ad esempio. 

Pablo (Nuvola)

 
 
 

Mohawk for ever

Post n°173 pubblicato il 13 Marzo 2010 da hunkapi_genova
 

A 518 anni dall’inizio della loro Resistenza gli Americani non smettono di stupirci ed è grazie agli autentici padri fondatori (1) che sappiamo finalmente dove andare in vacanza stanchi delle false mete indigene. Tutti a Kahnawake, ammesso che ci vogliano e se non ci vogliono fa lo stesso  perché alla buonora forse è iniziata la profezia; ma se non fosse poco importa, finalmente i wasichu (2) se ne devono andare. Robba da brindisi, la bottiglia è pronta. Per bloccare sul nascere le facili polemiche perbeniste dei razzisti che si lamentano vittime del razzismo od habitué a dare del razzista agli altri, è bene ricordare: provate voi a subire per secoli il dominio altrui ed a subirne le conseguenze fisiche e morali. Vediamo se ce la fate a sopravvivere.

         Scandalo euroamericano decisamente molto più euro che americano:  i Mohawk di Kahnawake scacciano gli uomini bianchi. E allora? Notizia che si ripete da centinaia di anni: i conquistatori ed i loro discendenti massacrano e sottomettono i nativi compresi i Mohawk impossessandosi delle loro ricchezze. Quindi non dimentichiamolo.

         Se dimostrano vitalità e resistono, danno fastidio; in questo gli amici di kahnawake sono specialisti. Diversamente dalle nostre pantomime lamentose, impotenti e servili; non mollano. Sono in perenne conflitto col governo del cosiddetto Canada e del Quebec, che hanno fatto contro di loro perfino una vera guerra: quella con i blindati e truppe speciali (3).

         Doug George Kanentjio (4) saggiamente ricorda in merito alle motivazioni delle espulsioni: “Le genti native, come tutti i canadesi, sono state , in questa generazione, coinvolte in un vortice di cambiamenti sociali, economici e politici sui quali abbiamo una influenza solo marginale. Abbiamo perso gli elementi critici del nostro precedente status di stati-nazione e di conseguenza diventare dipendenti dai governi federali e provinciali per la nostra salute, l’istruzione, l’alloggio e l’occupazione, che sono tutti soggetti ai capricci, ai progetti ed obiettivi di burocrati e politici che sono, nella terminologia Mohawk “quelli senza volto”, distaccati da noi e da averne paura”.

By Doug George-Kanentiio, Citizen Special February 11, 2010 “Ma noi conserviamo la via della cultura e della terra che abbracciamo con, direbbero alcuni, “soffocante intensità”, prosegue. “Appartenenza in una comunità nativa è una cosa che possiamo controllare e noi lo facciamo a dispetto degli standard sociali contemporanei canadesi, forse anche a rischio di essere etichettati come razzista”.

Per tagliare corto ad Akwesasne, come in altri territori mohawk, avere lo status è  tanto prezioso quanto precario. Le regole ci sono e vanno rispettate e può anche accadere che una persona geneticamente 100 per cento nativa non aderisca agli standard della comunità e che, quindi, possa essere esclusa ed espulsa. Un Mohawk, per essere considerato tale, deve avere un quantum di sangue, relazioni familiari, qualità del carattere e buona reputazione.

La tradizione irochese prevede l’adozione del nemico sconfitto e non la sottomissione, come risultato, anche a causa delle passate guerre, divennero una miscela di molte nazioni e popoli diversi: scozzesi, irlandesi, tedeschi, Abenaki, Algonquin, Ottawa ed Huron. Tutte questi genti sono state assorbite ma oggi la situazione è molto differente. Questa generazione di Mohawk è preoccupata di essere sopraffatta da fattori esterni. Hence there is the need to be assertive in our identity. Quindi vi è la necessità di essere sicuri nella propria identità.

Venticinque non nativi sono stati invitati a lasciare il territorio entro dieci giorni dalla notifica e se è stato fatto probabilmente non avevano le caratteristiche necessarie e per dirla sempre con Kamentjio, riferendosi alle relazioni amorose degli espulsi, non saranno certo due cuori infranti a fare dimenticare le tradizioni.

Eppure questa piccola comunità irochese, che vanta il primato di essere l’unica nazione nativa a battere bandiera nazionale su di una imbarcazione (5) , fa parte di una grande storia quella vera, quella della Lega Irochese dove sei nazioni (6) si sono unite creando un parlamento bicamerale con una costituzione utilizzata a man bassa per redigere quella statunitense. Quanta apprensione ebbe Franklin nell’ammettere che dei selvaggi erano riusciti a fare quello che non sapevano realizzare le civilissime ex colonie di sua maestà britannica. Non poteva forse concepire che le donne fossero alla pari degli uomini in ogni settore della società, eppure questo accadeva nel secolo XVI ad Haudenosaunee ovvero presso il Popolo della Lunga Casa.

La legge canadese oggi permette ai Mohawk di essere tali ed i guerrieri di Kahnawake vogliono salvaguardare la loro identità e niente altro. Non sono disposti a scomparire ed i continui scontri con esercito e polizia servono per ricordare che sono una nazione guerriera. E poi perché una comunità di circa 8.000 persone non dovrebbe salvaguardare la propria identità? Dovrebbe accettare di estinguersi come è accaduto a centinaia di altre nazioni nel nome di quale civiltà. Loro sono gli aggrediti e se dovessero avere torto necessita dar loro altri 517 anni di opportunità.

Pablo (Nuvola)

Note:

  1. Per molte nazioni native sono ben altri i padri fondatori e non quelli abitualmente indicati dagli Stati Uniti compreso Obama anche se qualcuno era schiavista.
  2. Termine in lingua lakota per identificare gli euroamericani.
  3. Durante la Oka crisis nel 1990 i Mohawk di Kahnawake aprirono un secondo fronte in solidarietà ed appoggio ai Mohawk di Kanesatake bloccando il ponte Honoré Mercier a Montreal. Fu la risposta solidale ai loro fratelli assediati dalla Sureté du Québec e le soldati speciali.
  4. Doug George Kamentjio, Mohawk di Akwesasne, è giornalista di News From Indian Country ed è cofondatore di Native American Journalist Association.He is a co-founder of the Native American Journalists Association. Le sue dichiarazioni sono state pubblicate in uno speciale di The Ottawa Citizen.
  5. Nel 2007  due natanti messi in servizio dalla Sea Shepherd Conservation Society issarono la bandiera nazionale registrata in seguito anche in Olanda.
  6. Gli Irochesi inizialmente conosciuti come le Cinque Nazioni divennero sei dopo l’adesione dei Tuscarora nel 1722 e sono, oltre a questi ultimi, Cayuga, Mohawk, Oneida, Onondaga e Seneca. Si riferiscono a loro stessi con il di Haudenosounee (Il popolo della lunga casa).

 
 
 

Kevin Annett pestato

Post n°172 pubblicato il 08 Febbraio 2010 da hunkapi_genova
 

   Prima o poi doveva accadere. Kevin Annett, ex ministro di culto, è stato aggredito; dopo aver scritto l'ennesimo articolo di denuncia sulle condizioni dei nativi americani in Canada.  Il legame tra l'attacco, questa volta fisico, ed il suo pezzo che rendeva pubblico un traffico di bambini nella British Columbia è stato denunciato dallo stesso couatore di Unerepentant, il documentario che ha reso nota al mondo intero la scomparsa di 50.000 bambini nativi nelle Indian Residential Schools gestite dalle chiese cattolica ed unita canadese con l'approvazione governativa.  Lo ha fatto dopo che i tagli, le ferite e la costola rotta glielo hanno permesso.  L'articolo uscito sulla rivista Agora parla chiaro: Traffico di bambini nella bellissima British Columbia. L'autore ha individuato una connessione tra il pestaggio con la denuncia di una rete pedofila protetta.  Il clima repressivo intorno al reverendo assume livelli preoccupanti. Divenuto ormai personaggio scomodo per governo e chiese, testimone del degrado e dell'indifferenza in cui vivono i nativi. Particolarmente attivi sono i servizi di polizia e forze di sicurezza delle olimpiadi 2010, che intendono creare un pesante filtro protettivo ad un evento sportivo, tra l'altro, contestato duramente dalle first nations. Annett verrà in Italia in primavera con alcuni dei superstiti delle scuole residenziali interpreti del documentario per tentare nuovamente di officiare ed andare in Vaticano. Impediamo che proseguano le minacce ed aiutiamolo a testimoniare la relatà in cui vivono i primi autentici americani.

Pablo (Nuvola)

 
 
 

Alla faccia dei selvaggi

Post n°171 pubblicato il 12 Gennaio 2010 da hunkapi_genova
 

…e smettiamola di dire che quello dei nativi americani era una sorte di comunismo primitivo altrimenti si seccano e diventano efficienti capitalisti. Tuttavia anche in questo secondo caso dimostrano originalità, se decidono di divenire imprenditori, considerata la forte sensibilità per la Madre Terra unita alla coscienza del male che le fanno i Wasichu, scelgono scienza e fonti rinnovabili. Sono proprio dei selvaggi e, volendo ricoprire fino in fondo il ruolo illuministico legato alla bontà, gli Ute Meridionali (1) hanno deciso di collaborare con l’ Università del Colorado per realizzare un biodiesel di alghe.

Considerata la consolidata situazione patrimoniale, anche i Nativi possono essere ricchi, hanno deciso di cofinanziare un impianto pilota per ottenere combustibile da alghe foto sintetiche. Lo hanno chiamato Coyote Gulch e taglia le emissioni di gas serra. Hanno iniziato con tre bacini di acqua all’interno della loro riserva. Per questo tipo di coltura hanno investito oltre un milione di dollari in macchinari e per un terzo del capitale di 20 milioni di dollari della Solix Biofuels (2).

I discendenti dei Moache e dei Capote, nonostante la tranquillità economica e quindi la disponibilità finanziaria per fare investimenti, non avevano mai ceduto alla sirena monetaria del biodiesel ricavato da mais, colza e soia; semplicemente, essendo dei selvaggi, perché secondo le loro tradizioni non bisogna sottrarli alla catena alimentare umana. Assurdo mettere in conflitto risorse alimentari ed energetiche mentre nel mondo si muore di game. Si, sono proprio dei selvaggi.

Gli Ute Merdionali sono pochi ma non sono degli sprovveduti. Fanno affari in 18 stati e non hanno mai fatto un passo falso; tuttavia non hanno perso il rispetto per gli esseri umani e per la Madre Terra. Hanno semplicemente pensato una via moderna ma compatibile per alleviare le sue sofferenze dovute alla stupidità di chi pretende di prosciugarne le vene e coraggiosamente hanno ricordato che non tutto il verde “è buono”. Rifiutando la produzione di bioetanolo dal mais hanno compiuto un gesto esemplare quanto elementare: “È una combinazione tra un vecchio modo di pensare e i tempi moderni. Ci ha ricordato i benefici delle erbe, come la radice di orso (3), che viene raccolta su queste montagne", ha detto Matthew J. Box presidente southern ute. In seguito hanno incontrato il professore Bryan Willson che circa tre anni fa ha fondato la Solix Biofuels:"L'alga è una fonte ideale per produrre biocarburante perché può essere coltivata in climi diversi, usa poca acqua e non toglie terreni all'agricoltura". E’ bastato questo per scatenare l’entusiasmo e la coscienza ute dall'ancestrale tradizione erboristica. Hanno investito oltre un milione di dollari in apparecchiature e finanziato per un terzo il capitale da 20 milioni di dollari della Solix, sapendo di avere tutti gli elementi necessari per portare avanti il progetto oltre il denaro: terra, CO2 (5) ed acqua. La riserva si trova infatti sopra uno dei più ricchi campi di gas naturale derivato da miniere di carbone.

Proprio accanto a uno degli impianti per il trattamento del gas naturale sorge Coyote Gulch. Le emissioni di diossido di carbonio prodotte dall'industria vengono riutilizzate per nutrire le alghe e l'eccesso di calore viene usato per scaldare le vasche di coltura anche di notte ed in inverno. Ad accelerare la crescita delle alghe e a diminuire i costi contribuisce poi il fatto che i fotobioreattori sorgano su un altipiano dove il sole splende 300 giorni l'anno e che le alghe vengano coltivate in contenitori di plastica chiusi e allineati verticalmente. Le alghe così coltivate  renderebbero ogni anno cinque volte le tonnellate di carburante per ettaro ricavate dalle colture di soia o di mais.

Resta ancora un piccolo problema: produrre un gallone (circa 4 litri) d'olio di alga costa al momento tra i 10 e i 40 dollari ed occorrerebbe ridurre i costi a 1 o 2 dollari affinché diventi commerciabile. Su questo terreno si giocherà la sfida tra le oltre 200 compagnie che, oltre alla Solix Biofuels, stanno cercando il modo più economico e efficace di tirare fuori "oro verde" dalle alghe, non mancano le grandi, tra loro  la Chevron e la ExxonMobil (investimento da 600 milioni di dollari).

La concorrenza però non spaventa gli Ute forse perché hanno comunque il migliore rating di debito e, ricordiamolo, fino a questo momento non hanno mai fatto un passo falso…..e forse perché confidano che un poco della loro saggezza passi nelle teste dei wasichu, storicamente poco riconoscenti nei loro confronti e di altre nazioni, come gli Absaroka (Crow) e i Dinè (Navaho), che hanno un grande potenziale di risorse in merito al gas serra insieme ad altre terre dei Nativi.

Pablo,(Nuvola)

Note:

  1. La Southern Ute Indian Tribe, con sede ad Ignacio (La Plata County) in Colorado, discende dai gruppi Moache e Capote, due delle sette bande ute che originariamente vivevano nei territori attualmente occupati dagli stati odierni del Colorado, dello Utah ed anche parti di Arizona e New Mexico. I confini della Southern Ute Reservation comprendono circa 681.000 acri di cui 309.000 di terreno di fiducia ed altri 4.000 di terreno assegnato. I rimanenti 368.000 nel confine della riserva sono di proprietà privata o di agenzie governative. Gli ultimi numeri sulla stima della popolazione southern ute indicano 1.365 individui di cui il 75% vive nella riserva. Circa il 60% dei componenti tribali è sotto l’età media di 30 anni. La Southern Ute Indian Tribe è governata da un Consiglio Tribale eletto e composto da un presidente e sei consiglieri.
  2. La Solix Biocarburanti Inc. è leader nella produzione di tecnologia utilizzata per creare energia dalle alghe.

3.    Osha è un’erba perenne utilizzata per le sue proprietà medicinali conosciuta come Ligusticum porteri.

4.    Docente di Ingegneria Meccanica presso la CUS (Università del Colorado).

5.    Il biossido di carbonio (noto anche come diossido di carbonio o anidride carbonica) è un ossido acido formato da un atomo di carbonio legato a due atomi di ossigeno. Una sostanza fondamentale nei processi vitali animali e vegetali. Il CO2 è ritenuto uno dei principali gas serra presenti nell'atmosfera terrestre.

 
 
 

Alla faccia dei selvaggi

Post n°170 pubblicato il 12 Gennaio 2010 da hunkapi_genova
 

…e smettiamola di dire che quello dei nativi americani era una sorte di comunismo primitivo altrimenti si seccano e diventano efficienti capitalisti. Tuttavia anche in questo secondo caso dimostrano originalità, se decidono di divenire imprenditori, considerata la forte sensibilità per la Madre Terra unita alla coscienza del male che le fanno i Wasichu, scelgono scienza e fonti rinnovabili. Sono proprio dei selvaggi e, volendo ricoprire fino in fondo il ruolo illuministico legato alla bontà, gli Ute Meridionali (1) hanno deciso di collaborare con l’ Università del Colorado per realizzare un biodiesel di alghe.

Considerata la consolidata situazione patrimoniale, anche i Nativi possono essere ricchi, hanno deciso di cofinanziare un impianto pilota per ottenere combustibile da alghe foto sintetiche. Lo hanno chiamato Coyote Gulch e taglia le emissioni di gas serra. Hanno iniziato con tre bacini di acqua all’interno della loro riserva. Per questo tipo di coltura hanno investito oltre un milione di dollari in macchinari e per un terzo del capitale di 20 milioni di dollari della Solix Biofuels (2).

I discendenti dei Moache e dei Capote, nonostante la tranquillità economica e quindi la disponibilità finanziaria per fare investimenti, non avevano mai ceduto alla sirena monetaria del biodiesel ricavato da mais, colza e soia; semplicemente, essendo dei selvaggi, perché secondo le loro tradizioni non bisogna sottrarli alla catena alimentare umana. Assurdo mettere in conflitto risorse alimentari ed energetiche mentre nel mondo si muore di game. Si, sono proprio dei selvaggi.

Gli Ute Merdionali sono pochi ma non sono degli sprovveduti. Fanno affari in 18 stati e non hanno mai fatto un passo falso; tuttavia non hanno perso il rispetto per gli esseri umani e per la Madre Terra. Hanno semplicemente pensato una via moderna ma compatibile per alleviare le sue sofferenze dovute alla stupidità di chi pretende di prosciugarne le vene e coraggiosamente hanno ricordato che non tutto il verde “è buono”. Rifiutando la produzione di bioetanolo dal mais hanno compiuto un gesto esemplare quanto elementare: “È una combinazione tra un vecchio modo di pensare e i tempi moderni. Ci ha ricordato i benefici delle erbe, come la radice di orso (3), che viene raccolta su queste montagne", ha detto Matthew J. Box presidente southern ute. In seguito hanno incontrato il professore Bryan Willson che circa tre anni fa ha fondato la Solix Biofuels:"L'alga è una fonte ideale per produrre biocarburante perché può essere coltivata in climi diversi, usa poca acqua e non toglie terreni all'agricoltura". E’ bastato questo per scatenare l’entusiasmo e la coscienza ute dall'ancestrale tradizione erboristica. Hanno investito oltre un milione di dollari in apparecchiature e finanziato per un terzo il capitale da 20 milioni di dollari della Solix, sapendo di avere tutti gli elementi necessari per portare avanti il progetto oltre il denaro: terra, CO2 (5) ed acqua. La riserva si trova infatti sopra uno dei più ricchi campi di gas naturale derivato da miniere di carbone.

Proprio accanto a uno degli impianti per il trattamento del gas naturale sorge Coyote Gulch. Le emissioni di diossido di carbonio prodotte dall'industria vengono riutilizzate per nutrire le alghe e l'eccesso di calore viene usato per scaldare le vasche di coltura anche di notte ed in inverno. Ad accelerare la crescita delle alghe e a diminuire i costi contribuisce poi il fatto che i fotobioreattori sorgano su un altipiano dove il sole splende 300 giorni l'anno e che le alghe vengano coltivate in contenitori di plastica chiusi e allineati verticalmente. Le alghe così coltivate  renderebbero ogni anno cinque volte le tonnellate di carburante per ettaro ricavate dalle colture di soia o di mais.

Resta ancora un piccolo problema: produrre un gallone (circa 4 litri) d'olio di alga costa al momento tra i 10 e i 40 dollari ed occorrerebbe ridurre i costi a 1 o 2 dollari affinché diventi commerciabile. Su questo terreno si giocherà la sfida tra le oltre 200 compagnie che, oltre alla Solix Biofuels, stanno cercando il modo più economico e efficace di tirare fuori "oro verde" dalle alghe, non mancano le grandi, tra loro  la Chevron e la ExxonMobil (investimento da 600 milioni di dollari).

La concorrenza però non spaventa gli Ute forse perché hanno comunque il migliore rating di debito e, ricordiamolo, fino a questo momento non hanno mai fatto un passo falso…..e forse perché confidano che un poco della loro saggezza passi nelle teste dei wasichu, storicamente poco riconoscenti nei loro confronti e di altre nazioni, come gli Absaroka (Crow) e i Dinè (Navaho), che hanno un grande potenziale di risorse in merito al gas serra insieme ad altre terre dei Nativi.

Pablo, (Nuvola)

Note:

1)           The latest population estimate numbers Southern Ute Tribal membership at 1,365 persons.The Southern Ute Indian Tribe, con sede ad Ignacio (La Plata County) in Colorado, discende dai gruppi Moache e Capote, due delle sette bande ute che originariamente vivevano nei territori attualmente occupati dagli stati odierni del Colorado, dello Utah ed anche parti di Arizona e New Mexico. I confini della Southern Ute Reservation comprendono circa 681.000 acri di cui 309.000 di terreno di fiducia ed altri 4.000 di terreno assegnato. I rimanenti 368.000 nel confine della riserva sono di proprietà privata o di agenzie governative. Gli ultimi numeri sulla stima della popolazione southern ute indicano 1.365 individui di cui il 75% vive nella riserva. Circa il 60% dei componenti tribali è sotto l’età media di 30 anni. La Southern Ute Indian Tribe è governata da un Consiglio Tribale eletto e composto da un presidente e sei consiglieri.

2)          La Solix Biocarburanti Inc. è leader nella produzione di tecnologia utilizzata per creare energia dalle alghe.

3)          Osha è un’erba perenne utilizzata per le sue proprietà medicinali conosciuta come Ligusticum porteri.

4)          Docente di Ingegneria Meccanica presso la CUS (Università del Colorado).

5)          Il biossido di carbonio (noto anche come diossido di carbonio o anidride carbonica) è un ossido acido formato da un atomo di carbonio legato a due atomi di ossigeno. Una sostanza fondamentale nei processi vitali animali e vegetali. Il CO2 è ritenuto uno dei principali gas serra presenti nell'atmosfera terrestre.

 

 






 
 
 

Goyathlay ovvero Geronimo

Post n°169 pubblicato il 03 Ottobre 2009 da hunkapi_genova
 

         Geronimo star del 2009: nasceva 180 anni orsono e moriva 100 anni fa. Brutto, sporco e cattivo per gli invasori ispano messicani ed anche per quelli targati “settima generazione” (1).  Un mito apache divenuto eroe per tanti, capace di tenere in scacco eserciti blasonati. Come per tutti i grandi sorgono detrattori ma sinceramente a noi poco interessa, Goyathlay ci piace così com’è; tanto è vero che siamo a ricordarlo in un momento delicato per la restituzione delle ossa ai parenti discendenti. Alla metà di febbraio circa 300 persone si sono raccolte per ricordarlo nel centenario della morte, tra loro i leader tribali ed i membri di cinque nazioni apache dell’Arizona e del New Mexico.

Geronimo nacque il 16 giugno del 1829 a No-Doyon Canyon (2) e morì quasi ottantenne a Fort Sill in Oklahoma il 17 febbraio del 1909. Quarto in una famiglia di quattro ragazzi ed altrettante ragazze prese il nome a diciassette anni (1846). Venne ammesso al Consiglio dei Guerrieri che gli permise di sposarsi. Non appena ricevette il permesso sposò una donna chiamata Alope. La coppia ebbe tre figli.

Il suo vero nome Goyathlay si trova scritto anche Goyaatè o Goyahkla e significa “Colui che sbadiglia”; nacque in quello che oggi è lo stato dell’Arizona in territorio degli Apache Bedonkoke considerato, allora, facente parte della vasta nazione messicana. Fu un grande condottiero, un combattente eccezionale, ribelle per forza dopo la strage della sua famiglia ad opera dei messicani. Non aveva le caratteristiche politiche non fu mai statista come altri condottieri apache: Cochise, Mangas Coloradas, Victorio.  

“Geronimo fu solo un grande combattente che si spingeva, al pari di Cochise, in prima linea, sempre in prima fila davanti ai suoi uomini. Amava la sua gente, non tradì mai la parola data, fu devoto e legato alla religione dei suoi avi e dopo il trattamento ricevuto dopo la resa si pentì di non essere rimasto a combattere sulle montagne fino alla fine.”(3)

Nella metà del 1850 la sua tribù fece un viaggio nel Vecchio Messico dove la sua gente poteva commerciare e fare scambi. In quel periodo erano in pace con le città messicane e le altre nazioni native confinanti. Accampandosi fuori da una cittadina che essi chiamavano Kas-ki-yeh non si mossero per parecchi giorni. Lasciando alcuni guerrieri a fare la guardia al campo il grosso degli uomini andò nella città per commerciare. In quel periodo non vi erano motivi di preoccupazione per dei pacifici apache.

Quando stavano facendo ritorno da Kas-ki-yeh vennero loro incontro parecchi donne e bambini per raccontare che le truppe messicane avevano attaccato il loro campo.

Tornarono e trovarono uccisi i guerrieri della guardia, i loro cavalli e le forniture di armi erano spariti. Peggio ancora, molte delle donne e dei bambini erano stati uccisi. Tra loro moglie, madre e tre figli di Goyathlay; da quel giorno odierà tutti i messicani per il resto della sua vita.

Ebbe molte occasioni per ricordare cosa possa diventare l’ira di un pacifico figlio-marito-padre chiricahua; una rabbia pagata molto cara dagli invasori  messicani e statunitensi; una collera trasformatasi in lotta di liberazione e resistenza. Decise quando fermare il combattimento per poi pentirsene quasi subito per le falsità dei potentissimi nemici. Sapeva quando farsi catturare e per “obbligarlo” all’ultima resa gli USA schierarono migliaia di militari.

Quello di Goyathlay fu l’ultimo grande gruppo guerriero combattente che si rifiutò di riconoscere il governo statunitense.  La loro resistenza ebbe termine il 4 settembre 1886 con la consegna al generale Nelson Miles in Arizona a Skeleton Canyon. Coloro che osarono sfidare la conquista pagarono come tutti i Nativi. Geronimo con molti suoi amici venne spedito in prigione a Fort Pickens in Florida.

Nel 1894 venne traslocato a Fort Sill in Oklahoma dove morì di polmonite e dove gli eterni nemici, che non smettevano mai di controllarlo, eressero un decisamente modesto monumento alla memoria. Non gli fu permesso di fare ritorno alla sua terra. La benevolenza del civile vincitore si manifestò anche contro i Chiricahua non combattenti in una sorta di destino inscindibile con Geronimo. 382 vennero arrestati solo per il fatto di essere apache, trasferimento in Florida e poi anch’essi a Fort Sill. L’esercito tolse loro la custodia nel 1914: prigionieri di guerra per 27 anni senza aver mai tirato un colpo.

Goyathlay divenne anche una celebrità: nel 1905 cavalcò alla parata inaugurale del presidente Theodore Roosevelt, è figura popolare del cinema e della televisione, nel 1940, la notte prima del loro primo lancio, i paracadutisti di Fort Benning videro un film su Geronimo, e cominciarono a gridare il suo nome durante i lanci.

Il tentativo di assimilazione culturale non è comunque riuscito, se il Dipartimento di Giustizia statunitense è intervenuto per bloccare l’azione legale (per riavere le sue ossa) avviata presso i tribunali federali argomentando che a questo caso non è applicabile il Native American Graves Protection and Repatriation Act, un trattato da cui sono esclusi gli indiani a cui sia già stata data sepoltura in territorio statunitense. Per la riesumazione servirebbe un’autorizzazione speciale governativa.

Ramsey Clark, l’avvocato della famiglia di Geronimo, fa sapere che in realtà Washington non vuole perdere il suo "trofeo di guerra", attualmente sepolto a Fort Sill, in Oklahoma." Stanno ancora combattendo la guerra contro gli indiani e vogliono conservare i resti di Geronimo per dimostrare di aver vinto", ha spiegato Clark. La vicenda si tinge di giallo perché una parte dei resti del capo apache fu trafugata nel 1918 da un’associazione studentesca dell’università di Yale, gli Skulls and bones, che annovera tra i suoi membri anche l’ex presidente George W. Bush e il senatore John Kerry.

Goyathlay deve tornare a riposare e basta.  “Sono stato scaldato dal sole, sono stato oscillato dai venti e sono stato riparato dagli alberi come altri bambini indiani”, caro Goyathlay non riusciranno mai a capirti, a capire la saggezza degli unici autentici americani. Loro rubano le ossa dei morti. ”Sono nato nelle praterie dove il vento ha soffiato liberamente e  non era niente rompere la luce del sole. Sono nato dove non vi erano recinzioni.” Grazie sfrontato ribelle.

Note:

1.     La definizione di Settima Generazione venne coniata per intendere coloro che discendevano dai primi coloni inglesi, tuttavia tra gli Irochesi c’è una tradizione relativa agli impegni quotidiani che devono essere pensati utili per le prossime sette geenrazioni.

2.    Oggi Clifton.

3.    Raffaele D’Aiello.

 
 
 

guerre indiane

Post n°168 pubblicato il 21 Luglio 2009 da hunkapi_genova
 

L’Avvocato, si narra, abbia detto che per fare una cosa di destra ci volevano persone di sinistra. La storia gli ha dato perfettamente ragione e se applichiamo il suo antico dire ai Nativi Americani il motto non si smentisce. Fino a ieri sinistra si identificava con il progresso sociale ma se andiamo ad inquadrare le realtà native scopriamo non solo che ci sono ancora le guerre indiane ma che a farle sono proprio quelli che si identificavano o si identificano come progressisti.  Questi i fronti: USA, Perù, Brasile, Argentina, Cile, Canada.

La società politica economica figlia della presuntuosa Europa confonde il significato di progresso facendolo coincidere con lo stressante paradosso della cieca obbedienza alle leggi di mercato. Aveva ragione l’Avvocato. Nonostante il passato tumultuoso molti paesi finalmente approdati (?) alla democrazia progressista, che avrebbe dovuto salvare quello o fermare quell’altro, si comportano come se nulla fosse mutato.

L’Amazzonia scompare più velocemente, il Brasile disbosca, il Perù anche, le ricche province boliviane sono state spinte al separatismo, i Mapuche cileni ed argentini sono vittime del capitalismo italiano dal volto pulito, i discendenti apache di Geronimo non riescono a riavere le sue ossa, i nativi canadesi cercano i loro bambini morti nelle boarding school.

Ebbene il Brasile è governato da un presidente ex sindacalista ed esponente del PT (1), il Perù ha un presidente di centrosinistra Alan Gabriel Ludwig García Pérez (2), gli USA hanno un nuovo afropresidente progressista (3), il Cile (4) e l’Argentina poco possono o fanno per i diritti indigeni contro ENEL e Benetton o le imprese canadesi, sono governati da una presidente socialista, vittima della dittatura Pinochet, e da un’altra signora bandiera del peronismo progressista.

Le cose sono due o i nativi sono veramente dei rompicoglioni che ostacolano il progresso o le guerre indiane non sono mai finite ed il progresso non è tale.

Il fronte USA è il più pittoresco, fa più scenografia. La dura resistenza quotidiana ogni tanto impenna con le notizie destinate a soddisfare la nostra dipendenza dal gossip. Ultima la conferma  che gli antenati ma anche i padri della patria americana non hanno diritto alla sepoltura o al ricordo dei propri discendenti. Caso recentissimo le ossa di Goyaałé (5) che non riescono a tornare a casa. La sua storia è lunga ed intricata coinvolge personaggi troppi illustri nell’establishment a stelle e strisce; questa brutta storia sembra una sorta di vendetta per le figuracce dell’esercito USA subite ad opera degli Apache o forse non gli perdonano di aver inventato un tipo di guerriglia che un noto barbudo ha ripreso per far vedere loro sorci verdi alla faccia dei loro macabri berretti verdi. Gli Apache sanno che gli USA hanno un presidente non bianco, poco importa sia definito progressista.

Il “compagno” Lula si sente responsabile della sorte dei nostri fratelli selvaggi così liberi, così belli, così compagni? Forse lo sono troppo. Gli indios non hanno bisogno di noi, non contaminiamoli; ma come possiamo commentare che la morsa progressista dello sviluppo economico li costringe alla fuga finchè si può od alla schiavitù? Non si commenta.

Kangi Duta,(6) guerriero attore cantante, vide nell’incontro con le tribù amazzoniche una sorta di ritorno alle origini nelle similitudini riscontrate fra la spiritualità di quei popoli e quella della sua gente. “Siamo nati nella giungla. Torno a ricongiungermi con i miei antenati”  ricordò in quei momenti. Una sorta di testamento per ricordare che le guerre indiane sono una questione continentale di dimensioni mondiali.

Chi sono gli usufruttari delle guerre indiane? Sempre gli stessi: quelli che sanno far eseguire le cose di destra a quelli di sinistra. Quando si assapora il gusto del potere…..

I  Diaguita che fine faranno dopo la benedizione delle signore Cile ed Argentina alla riesumazione del progetto Pasqua Lama? "Firmato l'accordo fiscale fra l'impresa Barrick Gold e i governi di Argentina e Cile per uno dei più grandi progetti di estrazione d'oro del mondo che potrebbe inziare con la costruzione della miniera già dal mese di settembre."(Ya Basta). Una autentica distruzione ambientale con il sacrificio di tre ghiacciai. La cultura diaguita è destinata a sparire insieme alla zona che opsita una ricchezza storica ed archelogica unica?

Quali siano i rischi del desiderio di riscossa indigena lo si è visto in Honduras con il colpo di stato e come sia difficile la crescita democratica reale nel continente americano, quando il sistema scoppia ritorna l'abituale tallone di ferro; una volta che il governante progressista cerca di esserlo viene sostituito e quanto ne siano protagonisti i Nativi ce lo conferma Indian Country Today ricordando come i popoli indigeni siano in prima fila nella resistenza al colpo di stato che ha colpito il presidente Zelaya solo perchè voleva un referendum per modficare la costituzione a favore dei "selvaggi": Ma i sostenitori indigeni di Zelaya stanno dicendo che sono stati a favore del referendum, perché potrebbe dare opportunità ai popoli nativi con la ri-scrittura della Costituzione per dare più diritti e tutele dei loro territori e, quando il presidente è stato deposto, le popolazioni indigene hanno reagito rapidamente.”

I commenti su Indian Country Today ricordano che anche i Maya del Belize vogliono partecipare. Questi indiani sono proprio dei rompicoglioni perché si sa le guerre indiane non esistono.

Note:

 

1.     Partido dos Trabalhadores (PT) ovvero Partito dei Lavoratori, un partito di sinistra e con idee progressiste.

2. La Alleanza popolare rivoluzionaria americana (Alianza Popular Revolucionaria Americana, APRA) è un partito politico di centro sinistra del Perù fondato nel 1924 da Victor Raùl Haya de la Torre. Era favorevole ai valori democratici universali, quali l'eguaglianza dei diritti per le popolazioni indigene ed una economia socialista.

3.  Il presidente Barack Obama (24 giugno) si è rifiutato di scusarsi con il Cile o altri paesi dell'America Latina per i colpi di stato che, in passato hanno portato, con l'aiuto della CIA, a mutamenti di regime.

4.  Michelle Bachelet (nome completo Veronica Michelle Bachelet Jeria) è una politica appartenente al Partito Socialista Cileno. A circa un anno e mezzo dal suo insediamento si contavano in Cile ancora prigioneri politici mapuche.

5.  Geronimo (in chiricahua Goyaaté scritto anche Goyathlay o Goyahkla, "colui che sbadiglia")

6.  Kangi Duta è il nome dakota di Floyd Red Crow Westerman, l'esponente contemporaneo più noto dei Sioux Sisseton-Wahpeton.  Recentemente scomparso fu attore famoso oltre ad essere un grande politico ed attivista.

 
 
 

guerre indiane

Post n°167 pubblicato il 20 Luglio 2009 da hunkapi_genova
 

L’Avvocato, si narra, abbia detto che per fare una cosa di destra ci volevano persone di sinistra. La storia gli ha dato perfettamente ragione e se applichiamo il suo antico dire ai Nativi Americani il motto non si smentisce. Fino a ieri sinistra si identificava con il progresso sociale ma se andiamo ad inquadrare le realtà native scopriamo non solo che ci sono ancora le guerre indiane ma che a farle sono proprio quelli che si identificavano o si identificano come progressisti.  Questi i fronti: USA, Perù, Brasile, Argentina, Cile, Canada.

La società politica economica figlia della presuntuosa Europa confonde il significato di progresso facendolo coincidere con lo stressante paradosso della cieca obbedienza alle leggi di mercato. Aveva ragione l’Avvocato. Nonostante il passato tumultuoso molti paesi finalmente approdati (?) alla democrazia progressista, che avrebbe dovuto salvare quello o fermare quell’altro, si comportano come se nulla fosse mutato.

L’Amazzonia scompare più velocemente, il Brasile disbosca, il Perù anche, le ricche province boliviane sono state spinte al separatismo, i Mapuche cileni ed argentini sono vittime del capitalismo italiano dal volto pulito, i discendenti apache di Geronimo non riescono a riavere le sue ossa, i nativi canadesi cercano i loro bambini morti nelle boarding school.

Ebbene il Brasile è governato da un presidente ex sindacalista ed esponente del PT (1), il Perù ha un presidente di centrosinistra Alan Gabriel Ludwig García Pérez (2), gli USA hanno un nuovo afropresidente progressista (3), il Cile (4) e l’Argentina poco possono o fanno per i diritti indigeni contro ENEL e Benetton o le imprese canadesi, sono governati da una presidente socialista, vittima della dittatura Pinochet, e da un’altra signora bandiera del peronismo progressista.

Le cose sono due o i nativi sono veramente dei rompicoglioni che ostacolano il progresso o le guerre indiane non sono mai finite ed il progresso non è tale.

Il fronte USA è il più pittoresco, fa più scenografia. La dura resistenza quotidiana ogni tanto impenna con le notizie destinate a soddisfare la nostra dipendenza dal gossip. Ultima la conferma  che gli antenati ma anche i padri della patria americana non hanno diritto alla sepoltura o al ricordo dei propri discendenti. Caso recentissimo le ossa di Goyaałé (5) che non riescono a tornare a casa. La sua storia è lunga ed intricata coinvolge personaggi troppi illustri nell’establishment a stelle e strisce; questa brutta storia sembra una sorta di vendetta per le figuracce dell’esercito USA subite ad opera degli Apache o forse non gli perdonano di aver inventato un tipo di guerriglia che un noto barbudo ha ripreso per far vedere loro sorci verdi alla faccia dei loro macabri berretti verdi. Gli Apache sanno che gli USA hanno un presidente non bianco, poco importa sia definito progressista.

Il “compagno” Lula si sente responsabile della sorte dei nostri fratelli selvaggi così liberi, così belli, così compagni? Forse lo sono troppo. Gli indios non hanno bisogno di noi, non contaminiamoli; ma come possiamo commentare che la morsa progressista dello sviluppo economico li costringe alla fuga finchè si può od alla schiavitù? Non si commenta.

Kangi Duta,(6) guerriero attore cantante, vide nell’incontro con le tribù amazzoniche una sorta di ritorno alle origini nelle similitudini riscontrate fra la spiritualità di quei popoli e quella della sua gente. “Siamo nati nella giungla. Torno a ricongiungermi con i miei antenati”  ricordò in quei momenti. Una sorta di testamento per ricordare che le guerre indiane sono una questione continentale di dimensioni mondiali.

Chi sono gli usufruttari delle guerre indiane? Sempre gli stessi: quelli che sanno far eseguire le cose di destra a quelli di sinistra. Quando si assapora il gusto del potere….. I  Diaguita che fine faranno dopo la benedizione delle signore Cile ed Argentina alla riesumazione del progetto Pasqua Lama? “Firmato l’accordo fiscale fra l’impresa Barrick Gold e i governi di Argentina e Cile per uno dei più grandi progetti di estrazione d’oro del mondo che potrebbe iniziare con la costruzione della miniera già dal mese di settembre.” (Ya Basta) Una autentica distruzione ambientale con il sacrificio di tre ghiacciai. La cultura diaguita è destinata a sparire insieme alla zona che ospita una ricchezza storica e archeologica unica.

Quali siano i rischi del desiderio di riscossa indigena lo si è visto in Honduras con il colpo di stato e come sia difficile la crescita democratica reale nel continente americano, quando il sistema scoppia usa la tecnica abituale del tallone di ferro; una volta che il governante progressista cerca di esserlo viene sostituito e quanto siano protagonisti i Nativi ce lo conferma Indian Country Today ricordando come i popoli indigeni siano in prima fila nella resistenza al colpo di stato che ha colpito il presidente Zelaya solo perché voleva un referendum per modificare lo costituzione a favore dei “selvaggi”:” Ma i sostenitori indigeni di Zelaya stanno dicendo che sono stati a favore del referendum, perché potrebbe dare opportunità ai popoli nativi con la ri-scrittura della Costituzione per dare più diritti e tutele dei loro territori e, quando il presidente è stato deposto, le popolazioni indigene hanno reagito rapidamente.”

I commenti su Indian Country Today ricordano che anche i Maya del Belize vogliono partecipare. Questi indiani sono proprio dei rompicoglioni perché si sa le guerre indiane non esistono.

Note:

1.     Partido dos Trabalhadores (PT), ovvero Partito dei Lavoratori, un partito di sinistra e con idee progressiste.

2.    La Alleanza popolare rivoluzionaria americana (Alianza Popular Revolucionaria Americana, APRA) è un partito politico di centro-sinistra del Perù fondato nel 1924 da Víctor Raúl Haya de la Torre. Era favorevole a dei valori democratici universali, quali l'egualità dei diritti per le popolazioni indigene e una politica economica socialista

3.    WASHINGTON (24 giugno) - Il presidente Barack Obama si è rifiutato di scusarsi con il Cile o altri paesi dell'America latina per i colpi di stato che, in passato hanno portato, con l'aiuto della Cia, a mutamenti di regime...

4.    Michelle Bachelet - nome completo Verónica Michelle Bachelet Jeria - (Santiago del Cile, 29 settembre 1951) è una politica cilena, appartenente al Partito socialista cileno. Di fatto, ad un anno e qualche mese di distanza dalla sua elezione, si contavano in Cile, 8.000 detenuti nel corso di manifestazioni sociali o di protesta, diversi prigionieri politici, come i Mapuche e solo nel corso del 2006 circa 209 membri delle forze di polizia sono stati sospesi dal servizio per corruzione o per comportamento disonorevole.

5.    Geronimo (in chiricahua Goyaaté scritto anche Goyathlay o Goyahkla, "colui che sbadiglia")

6.    Kangi Duta è il nome wasichu di Floyd 'Red Crow'Westerman , l'esponente più noto dei Sioux di Sisseton-Wahpeton nel South Dakota. Recentemente scomparso fu attore famoso oltre ad essere un grande politico ed attivista.

 
 
 

Guerre indiane

Post n°166 pubblicato il 20 Luglio 2009 da hunkapi_genova
 

L’Avvocato, si narra, abbia detto che per fare una cosa di destra ci volevano persone di sinistra. La storia gli ha dato perfettamente ragione e se applichiamo il suo antico dire ai Nativi Americani il motto non si smentisce. Fino a ieri sinistra si identificava con il progresso sociale ma se andiamo ad inquadrare le realtà native scopriamo non solo che ci sono ancora le guerre indiane ma che a farle sono proprio quelli che si identificavano o si identificano come progressisti.  Questi i fronti: USA, Perù, Brasile, Argentina, Cile, Canada.

La società politica economica figlia della presuntuosa Europa confonde il significato di progresso facendolo coincidere con lo stressante paradosso della cieca obbedienza alle leggi di mercato. Aveva ragione l’Avvocato. Nonostante il passato tumultuoso molti paesi finalmente approdati (?) alla democrazia progressista, che avrebbe dovuto salvare quello o fermare quell’altro, si comportano come se nulla fosse mutato.

L’Amazzonia scompare più velocemente, il Brasile disbosca, il Perù anche, le ricche province boliviane sono state spinte al separatismo, i Mapuche cileni ed argentini sono vittime del capitalismo italiano dal volto pulito, i discendenti apache di Geronimo non riescono a riavere le sue ossa, i nativi canadesi cercano i loro bambini morti nelle boarding school.

Ebbene il Brasile è governato da un presidente ex sindacalista ed esponente del PT (1), il Perù ha un presidente di centrosinistra Alan Gabriel Ludwig García Pérez (2), gli USA hanno un nuovo afropresidente progressista (3), il Cile (4) e l’Argentina poco possono o fanno per i diritti indigeni contro ENEL e Benetton o le imprese canadesi, sono governati da una presidente socialista, vittima della dittatura Pinochet, e da un’altra signora bandiera del peronismo progressista.

Le cose sono due o i nativi sono veramente dei rompicoglioni che ostacolano il progresso o le guerre indiane non sono mai finite ed il progresso non è tale.

Il fronte USA è il più pittoresco, fa più scenografia. La dura resistenza quotidiana ogni tanto impenna con le notizie destinate a soddisfare la nostra dipendenza dal gossip. Ultima la conferma  che gli antenati ma anche i padri della patria americana non hanno diritto alla sepoltura o al ricordo dei propri discendenti. Caso recentissimo le ossa di Goyaałé (5) che non riescono a tornare a casa. La sua storia è lunga ed intricata coinvolge personaggi troppi illustri nell’establishment a stelle e strisce; questa brutta storia sembra una sorta di vendetta per le figuracce dell’esercito USA subite ad opera degli Apache o forse non gli perdonano di aver inventato un tipo di guerriglia che un noto barbudo ha ripreso per far vedere loro sorci verdi alla faccia dei loro macabri berretti verdi. Gli Apache sanno che gli USA hanno un presidente non bianco, poco importa sia definito progressista.

Il “compagno” Lula si sente responsabile della sorte dei nostri fratelli selvaggi così liberi, così belli, così compagni? Forse lo sono troppo. Gli indios non hanno bisogno di noi, non contaminiamoli; ma come possiamo commentare che la morsa progressista dello sviluppo economico li costringe alla fuga finchè si può od alla schiavitù? Non si commenta.

Kangi Duta,(6) guerriero attore cantante, vide nell’incontro con le tribù amazzoniche una sorta di ritorno alle origini nelle similitudini riscontrate fra la spiritualità di quei popoli e quella della sua gente. “Siamo nati nella giungla. Torno a ricongiungermi con i miei antenati”  ricordò in quei momenti. Una sorta di testamento per ricordare che le guerre indiane sono una questione continentale di dimensioni mondiali.

Chi sono gli usufruttari delle guerre indiane? Sempre gli stessi: quelli che sanno far eseguire le cose di destra a quelli di sinistra. Quando si assapora il gusto del potere….. I  Diaguita che fine faranno dopo la benedizione delle signore Cile ed Argentina alla riesumazione del progetto Pasqua Lama? “Firmato l’accordo fiscale fra l’impresa Barrick Gold e i governi di Argentina e Cile per uno dei più grandi progetti di estrazione d’oro del mondo che potrebbe iniziare con la costruzione della miniera già dal mese di settembre.” (Ya Basta) Una autentica distruzione ambientale con il sacrificio di tre ghiacciai. La cultura diaguita è destinata a sparire insieme alla zona che ospita una ricchezza storica e archeologica unica.

Quali siano i rischi del desiderio di riscossa indigena lo si è visto in Honduras con il colpo di stato e come sia difficile la crescita democratica reale nel continente americano, quando il sistema scoppia usa la tecnica abituale del tallone di ferro; una volta che il governante progressista cerca di esserlo viene sostituito e quanto siano protagonisti i Nativi ce lo conferma Indian Country Today ricordando come i popoli indigeni siano in prima fila nella resistenza al colpo di stato che ha colpito il presidente Zelaya solo perché voleva un referendum per modificare lo costituzione a favore dei “selvaggi”:” Ma i sostenitori indigeni di Zelaya stanno dicendo che sono stati a favore del referendum, perché potrebbe dare opportunità ai popoli nativi con la ri-scrittura della Costituzione per dare più diritti e tutele dei loro territori e, quando il presidente è stato deposto, le popolazioni indigene hanno reagito rapidamente.”

I commenti su Indian Country Today ricordano che anche i Maya del Belize vogliono partecipare. Questi indiani sono proprio dei rompicoglioni perché si sa le guerre indiane non esistono.

Note:

1.     Partido dos Trabalhadores (PT), ovvero Partito dei Lavoratori, un partito di sinistra e con idee progressiste.

2.    La Alleanza popolare rivoluzionaria americana (Alianza Popular Revolucionaria Americana, APRA) è un partito politico di centro-sinistra del Perù fondato nel 1924 da Víctor Raúl Haya de la Torre. Era favorevole a dei valori democratici universali, quali l'egualità dei diritti per le popolazioni indigene e una politica economica socialista

3.    WASHINGTON (24 giugno) - Il presidente Barack Obama si è rifiutato di scusarsi con il Cile o altri paesi dell'America latina per i colpi di stato che, in passato hanno portato, con l'aiuto della Cia, a mutamenti di regime...

4.    Michelle Bachelet - nome completo Verónica Michelle Bachelet Jeria - (Santiago del Cile, 29 settembre 1951) è una politica cilena, appartenente al Partito socialista cileno. Di fatto, ad un anno e qualche mese di distanza dalla sua elezione, si contavano in Cile, 8.000 detenuti nel corso di manifestazioni sociali o di protesta, diversi prigionieri politici, come i Mapuche e solo nel corso del 2006 circa 209 membri delle forze di polizia sono stati sospesi dal servizio per corruzione o per comportamento disonorevole.

5.    Geronimo (Goyaaté scritto anche Goyathlay o Goyahkla, "colui che sbadiglia")

6.    Kangi Duta è il nome wasichu di Floyd 'Red Crow'Westerman , l'esponente più noto dei Sioux di Sisseton-Wahpeton nel South Dakota. Recentemente scomparso fu attore famoso oltre ad essere un grande politico ed attivista.

 
 
 

Attenzione!!!....Pericolo!!! Circola su YouTube

Post n°165 pubblicato il 20 Maggio 2009 da hunkapi_genova
 

 

         Attenzione. Attenzione, bis. Su YouTube circolano cose pericolose per alcuni straordinarie per tutti gli altri. Per fortuna. Grazie YouTube. Celebrare i massacri è cosa brutta. Dimenticarsi del più grande nella storia è cosa vergognosa. Pertanto grazie YouTube nuovamente. Noi eternamente votati alla difesa delle nazioni native americane non siamo mai stati follemente innamorati di chi celebra certe date ricorrenti: il 12 ottobre, tanto per citarne una a caso. Una marea di consenzienti auto referenziati non verifica o non fa uno straccio di ricerca, dimenticando o, sempre più spesso, non sapendo che dietro una celebrazione c’ è una dimensione storica dove i protagonisti sono i giusti, le vittime, i dominati mentre la bella figura la fanno i dominatori, perché hanno i mezzi e la convenienza.

         Accade che le vittime abbiano estimatori ed allora non si sprecano i nuovi soggetti od aggettivi tra i più brutti. Stare dalla parte dei vinti va secondo le mode, ma se le persone rivestono un alone di particolare forza diventano immuni alla stupidità dell’uomo cosiddetto civile. I Nativi Americani hanno tantissimi amici, vantano centinaia di personaggi pronti ad immolarsi; ma pochi sono stati intransigenti come loro.

         A Genova ne possiamo vantare uno: il nostro ultimo cantore e poeta, difficilmente domabile anche se purtroppo cavalca nella “celesti praterie” …ed allora, grazie YouTube. Da tempo citiamo il coraggio di Fabrizio De Andrè nel supremo atto irriverente nel rifiutare la celebrazione della presunta scoperta dell’America. Il nostro cuore è con lui ed ora sarà sicuramente in giro per i caruggi di una fantastica città.

         Molti codinamente  non hanno raccolto il suo messaggio, forse perché non sanno cosa sia una poesia o forse perché è meglio accondiscendere se le cose possono portare interessi anche monetari. E’ la storia che si ripete d’altronde il rischio revisionismo vive sempre nella casa degli…………………(ognuno è libero di mettere il suo aggettivo).

         Diversi hanno, forse, pensato che fossimo noi ad utilizzare il gran rifiuto celebrativo di Faber del poco edificante cinquecentenario. Pochi digerirono tale affronto , come si fa a stare con gli “indiani” nella città del presunto scopritore. Meglio stare zitti e fare finta di niente; magari pensando che prima o poi passi nel dimenticatoio. O meglio i detrattori dei grandi ammiragli forse sanno del gran rifiuto ma forse ne sono a conoscenza per sentito dire. Potrebbero addirittura aver fantasticato, preso fischi per fiaschi.

         Ebbene grazie YouTube: sentitelo tutti. Ciao Faber, grazie ancora; ma purtroppo ci è sfuggita una conferenza a tema nella tua bella mostra alla memoria. Noi siamo sempre disponibili, pensa che bello se fosse possibile sentirti alla presenza di un bel po’ di pinguini proprio in quel maledettissimo giorno in cui iniziò il più grande genocidio della storia.

         Ascoltare per credere: Fabrizio De Andrè " Al fianco degli indiani d'America". Grazie YouTube. Noi come Faber il 12 ottobre saremo al fianco dei popoli indigeni. Probabilmente lo saremo anche l’11: ultimo giorno di libertà per i nativi americani e gli altri 363 giorni di un qualsiasi anno finchè non ti raggiungeremo nei caruggi celesti.

         Pablo, Paolo Solari

 
 
 

Accadrà anche da noi?

Quanto sia difficile per i nativi incidere nella politica nordamericana è ormai cosa tristemente nota a tutti. Resistono da 517 anni, ma quanto sia importante il loro impegno personale o collettivo lo si intende dalle notizie che, comunque, i due grandi imperi a nord del Messico non riescono a bloccare. 

In molti casi arrivano a ritardare le notizie, ma ormai tutti sanno che i nativi non usano più i fantastici. Le informazioni in qualche modo giungono alle tastiere dei più attenti ed accade una cosa semplice che dai noi, paese di poeti, artisti e navigatori (ahimè), sembra essersi persa nella storia della politica contemporanea: un candidato alle elezioni canadesi si è ritirato per aver offeso i guerrieri Mohawk protagonisti della cosiddetta Crisi di Oka nel 1990.

La lezione morale dei selvaggi ha colpito quella presunta dei conquistatori e dei loro seguaci. Mohawk 1 Canada 0 anche sul campo della politica, talmente diversa quella nata dalla democrazia costituzionale irochese da quella imposta dagli anglo franco canadesi da interpretare ancora oggi sulla percentuale di reale democrazia.

Il fenomeno stucchevole della identità nazionale in Canada assume caratteristiche più provinciali rispetto agli Stati Uniti, in quel della famosa casetta piccolina tra i fiori di lillà le diatribe nazionaliste hanno assunto dimensioni internazionali quando in Quebec i discendenti dei conquistatori d’Oltralpe pretendevano la secessione considerando quella la loro terra e non dei loro nemici eterni i conquistatori d’Oltremanica. Come negli USA si erano dimenticati degli autentici americani.

Che la pressione democratica abbia costretto tale candidato ci riempie di orgoglio e di felicità, anzi siamo spudoratamente contenti. A tutto c’è un limite anche nei presuntuosi padri della patria all’ombra della foglia d’acero. Il candidato, un tale Simon Bèdard, del Liberal Party è stato estromesso per una sua dichiarazione molto liberale nei confronti dei Mohawk che nel 1990 difendevano territori ancestrali con luogo di sepoltura per impedire che i civilissimi euroamericani vi costruissero un campo da golf.

Tal signore esportatore di democrazia molto liberal non ha gradito che qualcuno riproponesse il suo pensiero sui Mohawk, ma a tutto c’è un limite anche alla sfacciataggine. Tanto è vero che il leader del Liberal Party of Canada, Stefhane Dion, lo ha invitato ad uscire dalla competizione. Il fatto risale a circa 6 mesi fa, ma è importante: una piccola grande soddisfazione.

Tutti ricordano che la Crisi di Oka fu una autentica guerra indiana con tanto di carri armati, non mancarono gli scontri ed i caduti. Per il Canada era inaccettabile che guerrieri mohawk potessero tenere in scacco una potenza mondiale con passaggi sui media di tutto il mondo. Si concluse con le solite trattative ed i soliti prigionieri ( i nativi) questa volta di guerra. 

Di quei fatti ne parlarono in tanti, le immagini girarono il mondo ricevendo anche premi. Ne è stato fatto anche un film serial recentemente. Di fatto gli Irochesi di quell’area non hanno terminato di lottare ed hanno proseguito con altre guerre indiane come nell’Ontario.

I Mohawk fanno parte della Lega Irochese e sono famosi per la determinazione in difesa dei loro diritti.

L’ex candidato aveva candidamente chiesto con dichiarazione pubblica alla radio CJRP, come ricorda la CBC NEWS: “You go in there with the army, and you clean it all up. Fifty deaths, 100 deaths, 125 deaths, it's done. We can put that behind us and go on.”(Tu vai lì con l’esercito, e si pulisce tutto. Cinquanta morti, 100 morti, 125 morti, è fatto.

Possiamo mettere dietro di noi e andiamo avanti.). Non fu una dichiarazione momentanea sull’onda dell’ira, nonostante le posizioni ufficiali del Liberal Party nei confronti delle First Nations, il buon Berard nel settembre scorso ha pensato bene di rincarare la dose commentando sul quotidiano Le Soleil di Quebec City: “Ho detto che un intervento forte dell’esercito avrebbe risolto la situazione sul territorio della nazione mohawk una volta per tutte….perchè la situazione è ancora la stessa” Aggiungendo che se fosse stato eletto avrebbe creato una lobby per una “..azione concertata a ripulire la mafia sotterranea in Kanesatake”, che altro non è se non la comunità mohawk che combattè ad Oka.

Lo sfacciato sessantacinquenne non si è nemmeno presentato alla conferenza stampa di scuse con Max Gros-Louis, Grand Chief della Nazione Huron-Wendake. Probabilmente è rimasto al motto che l’unico indiano buono è quello morto. Per fortuna è andato a meditare sul suo futuro politico che noi speriamo finito. Il coraggio dei Mohawk ha pagato, quando accadrà da noi che un partito ritiri un candidato per le…….che dice?

 

 
 
 

2009: quaranta anni fa ad Alcatraz

Post n°163 pubblicato il 02 Febbraio 2009 da hunkapi_genova

Correva l'anno 1969, era novembre, per l'esattezza il giorno 20. Venne Alcatraz e nulla fu come prima. L'occupazione della famosa isola/carcere da parte dei Nativi Americani fu dimenticata col tempo ma diede la nascita ad un movimento politico che continua ancora oggi. La resistenza americana ha vissuto tante altre pagine contemporanee che il clamore mediatico ed i fatti hanno reso più importanti. Il leader naturale di quella straordinaria pagian di storia fu Richard Oakes, un mohawk che sentenziò: "This the beginning of our fight for justice and self-determination" ovvero l'inizio della loro battaglia per la giustizia e l'autodeterminazione.

Seguirono le appassionanti "guerre indiane" contemporanee, quelle che hanno visto ingrigire i nostri capelli facendoci sognare perchè dobbiamo ricordare che i nativi americani resistono in casa loro alla potenza numero uno della Madre Terra.  Le armi usate dai wasichu furono e sono le più potenti e sofisticate, non solo militari; ma gli Americani ci sono ancora ed ogni tanto tornano a farci sognare. Una sorta di sveglia anche per chi, come noi, se ne occupa, sostiene e si arricchisce con la loro cultura. Nuove energie ed arrendersi mai, se hanno resistito alla nostra invasione per 517 anni forse un motivo ci sarà.


Lo spirito di Alcatraz dovrà far parte di noi altrimenti giocheremo a fare “gli indiani” col rischio di apparire come quelli di plastica. In questi anni abbiamo fatto tanto, non dobbiamo accontentarci. Abbiamo una serie di obiettivi da toccare e che raggiungeremo, prendiamoci questo impegno.  Siamo debitori e proviamo a scalare un poco del nostro debito.



 



In merito alla informazione abbiamo i nostri mezzi ovvero la nostra buona volontà, quindi ci perdonerete e ci aiuterete. Non ci piace la censura, ci infastidiscono le offese gratuite. La storia insegna.


I nostri appuntamenti mireranno ad organizzare l’abituale Festa della Madre Terra cercando di coinvolgere il maggior numero di persone, personaggi ed istituzioni con la volontà di trasmettere una coscienza autentica nel rispetto di ambiente e natura.


L’ impegno storico sarà il più laborioso perché continueremo a raccontarvi la vera storia americana quella lakota, mohawk, hopi, inuit, cheyenne, chippewa o qualsiasi altra nazione nativa e non quella canadese, statunitense o messicana e così via; ma soprattutto ci aspetta l’oneroso obiettivo dell’ 11 ottobre come Festa Nazionale ed Internazionale dei Popoli Indigeni che comprende l’appuntamento romano a seguito del meeting genovese organizzato dall'omonimo comitato, che ha sancito la nostra promessa comune ai nativi di tutto il mondo.


Il 2009 ci ha portato due ricorrenze culturali e musicali importanti: il decennale della morte di Fabrizio De Andrè  ed il cinquantennale di quella del mitico Ritchie Valens. Ricordarli farà bene a tutti perché rappresentano gli aspetti diversi della cultura nativa e della sua forte capacità di contagio, per non relegarla alle immagini spesso stereotipate dei “bellissimi indiani a cavallo” della cinematografia ufficiale. Ben vengano anche gli straordinari cavalieri ottocenteschi, se non irridono, ma i nativi oggi sono anche scrittori, musicisti, poeti che non hanno dimenticato ed aiutano a dare una visione odierna. Le due commemorazioni ce lo rammentano.


Faber dimostrò ampiamente la passione per “gli indiani” costruendo uno straordinario long playing con l’inconsueta Sand Creek, ma soprattutto fu un genovese illustre del gran rifiuto celebrativo colombiano. Cosa ci sia da celebrare pare proprio difficile da intendere nell’inizio del più grande olocausto della storia. Un grande esempio di un altrettanto grande poeta musicista innamorato dell’armonia e dei nativi americani.


Richard Steven Valenzuela, in arte Ritchie Valens, moriva il 2 febbraio di cinquanta anni fa in un incidente aereo che ci rubò il firmamento emergente del rock, con lui persero la vita Buddy Holly e J. P. Richardson (The Big Bopper) oltre al pilota. Restano le loro straordinarie canzoni, i ritmi travolgenti e le strofe armoniose che hanno fatto innamorare generazioni di giovani in tutto il mondo. Ritchie aveva solo 17 anni, una giovane vita spesa per la musica persa per una monetina che gli fece vincere il terzo posto sull’ aeroplano per Fargo dove avrebbe tenuto un concerto. Chi non ricorda: La Bamba, Donna,  Come On, Let’s Go od ancora We Belong Togheter? Le proponeva una delle stelle più brillanti del mondo rock.


Il mondo pianse quei ragazzi definendo il 3 febbraio del 1959: The day the music died (Il giorno in cui è morta la musica). Ritchie proveniva da una famiglia povera con tanti problemi, fu la prima Chicano rock and roll star. Un nativo americano. Punto e basta. Chicano è un termine relativamente recente di origine naturalmente discriminatorio come negro o redskin, tuttavia è diventato come vietcong una parola di identità rivendicativa. Tutto ebbe origine dalla incapacità dei Nahualt del Morelos a definirsi Mexicanos. Riuscivano a dire Mesheecanos, da questa Cichano, che sono nella sostanza la mano d’opera importata per l’agricoltura statunitense in buona parte nativi e meticci. I Cichano come altre minoranze diedero origine a forti rivendicazioni e rappresentano una realtà politica molto organizzata.


I nativi americani non sono tutti uguali, non parlano la stessa lingua se non quella dei conquistatori, vogliono vivere le proprie contraddizioni, sono bravi e cattivi, smetteranno di parlare all’infinito come nei peggiori fumetti quando smetteremo di considerarli chiusi nell’alone di cristallo del mito, sembra un’altra piccola riserva. Aiutiamoli ad esistere all’interno della società più spietata dove, purtroppo, anche un neo presidente decisamente poco ortodosso “…ha ripercorso il cammino dei padri fondatori”, che forse erano anche schiavisti. Per gli americani originari i padri fondatori portavano le piume ed in rete circola un bellissimo poster con Capo Giuseppe, Toro Seduto, Geronimo e Nuvola Rossa definiti spudoratamente dai nuovi selvaggi:  "The original founding fathers" con sullo sfondo i 4 wasichu famosi di Mont Rushmore. Rimanendo in ambito 2009 si ricordi proprio il centenario della morte del grande americano apache Geronimo.


E tanto per fare un po’ di cronaca, nel giro di nemmeno 20 giorni (gennaio 2009) quale clamore hanno suscitato le vicissitudini di un uomo: il rifiuto della grazia dell’ex Bush, il trasferimento in un carcere di massima sicurezza di Waymart (Pennsylvania), l’aggressione da parte di altri detenuti nello stesso carcere, il conseguente isolamento per il rifiuto di fare i nomi degli aggressori nonostante le ferite ed il diabete in forma grave, il ritorno al carcere di Lewisburg.? La saga di Leonard Peltier, condannato a due ergastoli, che per essere stato aggredito rischia la libertà provvisoria come detenuto modello.



Il nostro 2009 coincidente con il quarantennale di Alcatraz si basa su alcuni traguardi: mantenere vivi l’affetto ed il sostegno ai popoli indigeni americani senza dimenticare gli altri; fare informazione sempre più corretta anche se non è facile, non bastano le scuse pilatesche di tanti potenti e governi; organizzare i nostri appuntamenti ed iniziative in funzione della sensibilità del mondo solidale verso la Madre Terra ed infine istituzionalizzare la memoria.

 
 
 
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