Creato da: Led_61 il 23/01/2011
Internet: mie riflessioni

Netiquette

Nei limiti del possibile cerco una sana convivenza con chi intrattengo rapporti in questa area virtuale, non sempre è possibile ...

Non sono in cerca dell'anima gemella o di avventure ma mi fa piacere scambiare opinioni sui più svariati argomenti con persone aperte di qualsiasi razza, sesso, religione o credo politico che non nutrano pregiudizi di sorta.
La perodicità dei post e la risposta ai commenti è influenzata dai miei impegni.
Non cancello mai i miei post al limite effettuo qualche restyling riguardo a parole ed immagini senza stravolgerlo troppo e sono disposto a farlo solo se violo il copyright di qualche utente.
I commenti sono liberi senza alcun filtro.
Bannare è un termine che non fa parte di questo codice, perchè la vedo come una misura di ritorsione che non ha senso in un mondo così etereo e impalpabile ed in cui è facile occultarsi dietro improbabili profili.
Sono diretto rispondo con post, che talvolta hanno un linguaggio ermetico ma fanno comprendere il mio disagio di fronte a situazioni e persone che non hanno desiderio di un sano confonto, ma preferiscono celarsi e giocare sugli equivoci giocando troppo con le parole mentre lo scrivente pur amando l'ironia rimane una persona con saldi principi maturati nel suo mezzo secolo di vita.
Come non sono stato protagonista attivo nell'attività di bannaggio, allo stesso modo non ne sono stato oggetto (fino ad oggi), indice che i miei post o racconti sono moderati e non urtano troppo la sensibilità dei lettori, anche perchè questo è un luogo di riflessioni personali anche abbastanza intime aperto ai commenti di chiunque.

 

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I testi qui pubblicati sono opera mia e solitamente se cito qualcosa di non mio, riporto l'autore della suddetta frase o perifrasi.

Gran parte delle immagini qui visualizzate sono realizzate con il mio cellulare (non é di ultima generazione).
Vi sono anche immagini reperite in rete, di dominio pubblico e comunque se ne conosco l'autore lo cito.
Se qualcuno ritenesse che abbia leso un suo diritto d'autore me lo faccia sapere e l'immagine o testo verranno rimossi.

L'argomento e il tenore di certi post sono adatti ad un pubblico adulto e la lettura ai minorenni è sconsigliata.

 

Marteria Lila Wolken

 

 

 

L'incrocio

Post n°228 pubblicato il 10 Ottobre 2021 da Led_61
 
Foto di Led_61

 

Sarà stato agosto 2009 o giù di lì, io ero a  fianco del mio collega di lavoro Sandro, lui guidava la sua Mercedes e stavamo tornando da una serata estiva passata su un locale sulla Saar dove ogni tanto andavamo dopo il lavoro. Abbiamo passato un alto ponte in pietra dalle larghe arcate con folta vegetazione di sotto e il rosso di un semaforo in alto ci ha indicato un incrocio a cui fermarci.
Era tardi  e luci varie attiravano la mia attenzione, un cartello di gemellaggio di quella città tedesca con Ragusa, un porticato sulla mia destra e un porticato dall'altra parte della strada con negozi, un cartello di una fermata dell'autobus, laddove cubetti in porfido formavano un'area che delimitava quell' ansa della strada. A destra ci si immetteva nel paese mentre sulla  sinistra una strada in discesa portava ad altri abitati e davanti a noi una strada in salita.
Noi proseguiamo diritti salendo e più avanti sulla sinistra vi è una palazzina molto alta : tre colonne portanti dalle forme squadrate di colore marrone nella parte superiore, su cui si sviluppa questa costruzione rettangolare di cemento da cui una miriade di finestre,circondate da serramenti verdi si affacciano sulla strada, il quarto lato senza pilone fa intravedere varie terrazze. Lo superiamo e giriamo a destra per passare di fronte ad una piccola stazione dall'altra parte della strada ed infatti continuando passiamo sotto ad un cavalcavia della ferrovia.
 Ci siamo passati ancora alcune volte perché andavamo spesso in quella città divisa dal Saar in due parti e nei miei ricordi compariva sempre quel luogo.
Sono passati una decina di anni e mi trovo ricoverato in un ospedale in quella stessa regione:  sono arrivato di notte leggermente frastornato per una giornata finita in modo anomalo segnalata da una pressione a mille, penso sia un ospedale di media grandezza nel quale avrei dovuto stare un paio di giorni per controlli.
Come mio solito mi sveglio  quando non albeggia ancora e stando attento ai miei apparati e a non disturbare i miei compagni di stanza mi reco nella sala pausa all'ottavo piano dove mi trovo, che  è uno spazio ad angolo con ampie vetrate, otto tavoli di diverse dimensioni per sedersi e godersi quello che succede all'esterno visto che dà sulla strada e sul centro abitato. Osservo un incrocio stradale in una giornata grigia e nebbiosa con le luci bianche e giallognole del solito traffico giornaliero. I miei occhi bruciano e il mio stomaco si gode un caffè caldo che risveglia i miei sensi,  rendendomi consapevole di osservare qualcosa che incomincia a risultarmi familiare. "Moje" è il mio saluto ad un uomo sulla cinquantina leggermente spettinato in accappatoio che lentamente con le sue stampelle si avvicina al distributore automatico di caffè. Guardando quell'intenso traffico mattutino dalle quattro direzioni da quelle ampie vetrate penso a mettermi a posto gli apparati che monitorano la mia situazione clinica.
Sono in un ambiente dove i pensieri vagano un po' a casaccio, si pensa al peggio, ci si aggrappa alla scollatura di un'infermiera, o al tatuaggio di un cuore trafitto  sulla gamba della sua collega, si scambia qualche parola con un vicino per vedere poi che te la passi alla grande, e in fondo gli inconvenienti ti fanno uscire dalle tue routine quotidiane.
Sono riuscito a portarmi dietro solo questa tuta color rosso granata, c'è il simbolo di un toro, ma il mio stato d'animo si avvicina ad animali più  mansueti, ora che svanito quello straccio di lavoro mi si prospettano seri problemi.
Riavvolgo il nastro di una nottata fuori dall'ordinario per vedere vari fotogrammi di me disteso su un lettino di un'autoambulanza con personale che mi fa domande, apparecchi che vengono consultati, un dottore che spiega perché mi sta facendo una puntura, io che sudo e controllo dove ho messo il portafogli e poi la decisione di portarmi in ospedale per controlli.
Il nastro corre e si ferma mentre sono in una grande stanza di accoglimento: una infermiera mi ha inserito un ago nel mio braccio sinistro mentre nell'ampolla in alto vedo alcune bollicine. Mi chiede se va tutto bene, è magra , ha capelli neri lunghi e forse deve finire il suo turno perchè ha un'aria assonnata.
Viene una dottoressa, una bionda di corporatura grossa, mi chiede la mia tessera sanitaria e mi fa domande per compilare i moduli richiesti per l'accoglimento. Mi chiede come mai non ho aggiornato l'indirizzo e le spiego che lo ho fatto online ma che non devono ancora averlo aggiornato nel sistema. Non sembra che la risposta la soddisfa comunque mi dice che conosce il posto dove prima vivevo e che è una bella cittadina, mi dice che era là per un concerto.
Viene un portantino per introdurmi in un ascensore non largo ma molto lungo. Arrivati all'ultimo piano il mio lettino viene portato in una stanza abbastanza ampia dove quasi al buio mi viene indicato un letto mentre noto un paziente alla mia sinistra e dall'altra parte altri due.

Sarà che ad un certo momento uno comincia ad essere indifferente a tutto, alimenti da spedire alla tua ex, colleghi che se ne fregano del lavoro, superiori che guardano l'orologio perché hai superato di un minuto la pausa, conti della banca che non tornano, il pallone che rimbalza male perché il presidente della tua squadra non vuole rizollare il campo, tuo figlio che ti consiglia dove ascoltare musica, la tua padrona di casa che ti vuole regalare un televisore, l'amica in chat che non vuole incontrarti, il tuo laptop che ha problemi con la batteria, l'annuncio in internet per vendere la tua macchina il tutto diventa un contorno rispetto a quell'incrocio illuminato dai fari bianchi e giallognoli degli autoveicoli che si avvicendano senza sosta.
Nella vita ti insegnano che è importante avere priorità, perché devi essere efficiente, e per me quel punto della strada è il primo sulla mia lista.
Quell'incrocio ha un'anima, pulsa, vuole la mia attenzione ed io dall'alto lo monitoro mentre musica soul riempie le mie orecchie e tre infermiere davanti a me parlano e sorseggiano il caffè.
Penso che ognuno di noi trova un microcosmo che riassume in se luoghi che ti hanno visto passare da attore protagonista o da comparsa, da ragazzo con mille sogni o da adulto riflessivo. Qui una volta si sentiva il rumore degli zoccoli dei cavalli che trainavano carri con frutta e verdura e le grida dei commercianti nel buio illuminato da lampade a petrolio e ora clacson, rumore di motori e luci variopinte ci forniscono un altro quadro ma l'incrocio è sempre quello. Prima l'odore dello sterco del cavallo e ora anidride carbonica.
La memoria è quello strano serbatoio a cui attingiamo e che con l'andare degli anni è sempre più pieno e vorremmo sempre attingere al liquido più puro ma ogni tanto peschiamo anche la morchia che si è depositata in fondo, ma anche quello ci rappresenta. Come funzioni la mia non lo so, talvolta è visuale, talvolta olfattiva, talaltra sensitiva comunque è sicuramente invasiva, si impone vuole che io la ascolti e non mi lascia requie. Infatti inizialmente guardo la scollatura dell'infermiera che mi sta davanti, ma poi i miei occhi ritornano a quell'incrocio.
Memoria emotiva potrei definirla, ricordare un luogo in base allo stato d'animo che avevi nel momento in  cui sei passato e a distanza di anni ripassare in quel posto e ricordarsi del tuo stato d'animo di allora. Forse ad una certa età hai bisogno di fare bilanci ma tralasciando la variabile tempo ti soffermi su un luogo e ti chiedi chi è la persona che adesso è in questo luogo e da cosa si differenzia rispetto a quella che nove anni fa è passata di qui?
No io non mi drogo e bevo poco alcohol ho detto alla signora dell'amministrazione quando ho fatto le pratiche per entrare in ospedale e non ho nessuna allergia, a parte alle persone con poca fantasia avrei voluto aggiungere, ma in certi ambienti l'ironia non è capita.
Ho una visita dal dermatologo due settimane dopo aver lasciato l'ospedale, il suo studio si trova non lontano da quell'incrocio, per cui arrivando prima mi siedo su una panchina dove si trova la fermata dell'autobus, di fronte al semaforo.
Prendo in mano il cellulare quasi per abitudine, ma non mi vorrei più alzare da lì, io che non riesco a stare fermo più di due minuti, perché sento di nuovo di esser nel luogo che ho sempre cercato. Vedo le persone che prendono l'autobus, le macchine che si fermano al rosso, ma è come se io lì non ci fossi, una calma abissale mi avvolge mentre la vita mi scorre accanto nelle sue più svariate forme.
Il girovagare di questi miei anni e il ritrovare questo luogo è un segno? Perché dobbiamo guardare alle nostre storie e alle nostre vite in termini temporali e non in base ai luoghi che lasciano in noi una traccia? Di istinto prendo un pennarello e disegno quell'incrocio su un pezzo di carta, perché voglio fissarlo, perché ho paura di perdere quel punto di riferimento, perché lì è passato un mio io diverso , perché adesso sono di nuovo qua, perché a questo incrocio ritornerò come quelle tartarughe che attraversano oceani per depositare le uova là dove sono nate.
L'uomo che è passato anni fa qui ha qualche ruga non è molto diverso da quello precedente, i suoi demoni sono sempre gli stessi, è semplicemente stufo di vedere posti e facce nuove e vuole fermarsi in quel posto e lasciare che la vita gli scorri intorno perché quello è il suo nord e il magnete della sua bussola interna è diretto a quell'incrocio.
Qui sono impressi tutti i flussi dei pensieri delle persone che si fermavano ridendo, cantando, gridando, piangendo, bestemmiando, baciandosi o agitando le mani, fumando, mangiando o semplicemente aspettando che quel tondo diventasse verde. Qui ci sono speranze, sogni, allegria, riso, pianto, rabbia, invidia, gelosia e stando qui le sento dentro di me rivivendole anche se non sono dentro a quegli obitacoli.





 

 
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Racconto

Post n°227 pubblicato il 23 Gennaio 2020 da Led_61
 

Sto scrivendo un racconto per un concorso, molto personale e autobiografico come anche un precedente scritto un paio di anni fa.
Devo dire che questo lo sento molto mio e proverò a buttare qualche idea qua per perfezionarlo anche perchè non manca molto tempo.
Se non sarà selezionato lo pubblicherò qui su questo vecchio blog che ormai si è ricoperto di polvere, ma che forse ritorno a frequentare.
Gli anni sono passati,ho qualche acciacco in più e come sempre si combatte!
Saluti a tutti i naviganti.

 
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C'è che...

Post n°226 pubblicato il 18 Settembre 2016 da Led_61
 

Si vive una volta sola (meno male!)

Nella vita bisogna avere palle.

Avrei bisogno di rigenerare la mia autostima ( non è come andare dal benzinaio e fare il pieno)

Bisogna darsi una mossa

Talvolta ci si trova in un vicolo cieco

Pensare di meno e agire di più

Spesso non mi piaccio (forse devo cambiare la pettinatura)

Un giorno credi di essere giusto e di essere un grande uomo, in un altro ti svegli e devi cominciare da zero ( grazie a Bennato)

A furia di raschiare la padella si è consumata

Più decisionismo e meno paranoie varie



 
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2015

Post n°225 pubblicato il 31 Dicembre 2015 da Led_61
 
Tag: natura

                                     

 

                            

 

 

 

                                 Mi congedo da questo anno con immagini dei posti dove vivo.

                 Bilanci non ne voglio fare, so solo che mi aspetta un nuovo anno di cambiamenti e mi preparo.

 
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Tribute band per gli Abba

Post n°224 pubblicato il 18 Ottobre 2015 da Led_61
 
Tag: Abba

 

Dopo anni che non vedevo concerti, questa estate ho avuto l'occasione di assistere allo spettacolo di una tribute band dal vivo.
Artisti della musica che ripropongono brani musicali nello stile, nel ,modo di proporsi, nell'abbigliamento tipico della banda a cui fanno riferimento.
Visto che gli Abba hanno imperversato negli anni '70 '80 era logico che il pubblico fosse in maggior parte degli anni 'anta a cui si accompagnava qualche giovane familiare per abbassare la media e ravvivare la serata.

La cornice di questo evento, un  attracco sul fiume Werra vicino ad un ponte che riunisce le due sponde del fiume, qualche barca di legno sia in acqua che a terra luogo di consumo delle portate di un locale caratteristico che si affaccia su questo porticciolo che ha messo a disposizione il prato su cui era eretto il palco con tutte le sue attrezzature.
Non ero molto in forma forse a disagio perché era da una eternità che non vedevo musica dal vivo e d'altronde il trovarmi con gente di cui a malapena capisco i discorsi costituisce una costante della mia vita in terra straniera.
Abbiamo incontrato amici della mia compagna per passare una serata estiva allegra e spensierata sotto la cornice  di un cielo stellato e di una fresca aria che ti faceva dimenticare la calura quotidiana.

La vita di questi artisti della musica, gente non famosa e che probabilmente non conoscerà il successo e la grande platea mediatica che ad esso segue mi affascina. Concerti in posti sconosciuti o in qualche pub dove portare avanti il loro grande amore per la musica, o in qualche cantina dove provare nuovi pezzi o canzoni famose rivisitate e la convivenza con qualche lavoro precario per portare avanti i loro progetti musicali nella speranza di essere scoperti da qualche impresario per poter dare una svolta alla propria vita e dedicarsi anima e corpo all'unica passione  che li realizzi appieno.
Non penso si possano neanche contare i momenti di sconforto accompagnati al dubbio di avere fatto una scelta azzardata incaponendosi ore ed ore sullo strumento musicale che diventa il loro vero compagno/a del loro percorso con l'unico momento di realizzazione costituito dagli  applausi che seguono le loro performance, non spesso sicuri dal momento che il pubblico o l'auditorium è spesso distratto da altre occupazioni.


    

 
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