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Messaggi del 08/12/2015

L'istinto

Post n°2347 pubblicato il 08 Dicembre 2015 da valerio.sampieri
 

L'istinto

È er corpo istesso che sente spinto:
presempio, puro una signora onesta,
quanno piove, che fa? s'arza la vesta
perché se sente spigne da l'istinto.

Percui 'sto movimento o vero o finto
lo famo senza mettece la testa;
fra l'antre cose, io mó t'insegno questa,
e doppo me dirai se t'ho convinto.

Vedi un carro de fieno? Eh! nun se sbaja:
tutti quelli che passeno je tocca
d'annaje accosto e de rubbà una paja.

E dar signore infino ar cerinaro (1)
li trovi tutti co' la paja in bocca...
Embè, ched'è? (2) L'istinto der somaro.

Note:
1 Venditore ambulante di fiammiferi.
2 Ebbene, che cos'è?

Trilussa

 
 
 

Betussi Donne Illustri 01

Addizione al libro delle donne illustri di Boccaccio
Giuseppe Betussi
 
Capitolo I

ADDIZIONE DI M. GIUSEPPE BETUSSSI FATTA AL LIBRO DELLE Donne illustri dal tempo del Boccacio fino a' giorni nostri, con alcune altre state per innanzi.

Di Galla Placida figliuola di Teodosio Imperatore. Cap. I.

Benché l'animo mio sia di seguir solamete l'opera del Boccaccio, e ripigliandola, far memoria non di tutte, ma d'alcune donne le piu illustri, che sieno state dopo Giouanna Reina di Gerusalem, e di Cicilia fino a' giorni nostri, nondimeno il valor di costei e d'alcuna altra appresso m'ha sforzato, ch'io non la lasci fuor del numero di queste. Alla quale, quanto sia tenuto il bel nome Latino, chiaramente si potrà conoscere dalla degnità rimasa a quello, per mezzo suo. E se l'Autore non l'ha altrimenti ricordata, non può esser proceduto, che per difetto di memoria. Imperocché, si come ha donato all'eternità il nome d'Elena, che fu cagion della rovina di Troia, e di molt'altre provincie, non è da credere che avesse lasciato indietro questa, che ha conservato l'Italia. Galla Placida fu figliuola di Teodosio Imperatore chiamato il vecchio, e di Galla sua moglie, la quale nel CCCCXII. nel primo giorno d'Aprile che i Gotti presero Roma, che fino allora avea tenuto sotto il giogo tutto 'l mondo, piu con la fame, che con l'armi, fu allora, quando, come scrive San Girolamo, in quello assedio le madri furono sforzate da necessità mangiare i figliuoli, presa insieme con alcuni altri prigioni, e bene dico alcuni. Perche la maggior parte era morta, e tuttavia trascorrendo quei Barbari popoli con occision grandissima per tutta terra di Lavoro, Basilicata, e Calavria, avvenne che Alacrio della famiglia de' Balti, nobilissima tra i Gotti, e primo loro Re infermò quell'anno istesso in Cosenza città di Calavria, dove morì: del quale non mi pare di tacer le superbe esequie. Imperocché i suoi fratelli fecero volgere altrove il fiume Bisento, e asciugarsi il fondo: e fatto seco, cavando molto in giù la terra, ivi seppellirono in una bella sepoltura il corpo d'Alacrio, con infinito tesoro, e poi ritornarono il fiume al solito corso suo, ammazzando tutti quelli, che in quest'opera avevano affaticato, acciocché non si sapesse mai in qual parte fosse stato il lor Re sepolto. A costui successe Ataulfo suo parente della medesima famiglia de'Balti, il quale, essendo bellissima Placida, la tolse per moglie, e in Imola celebrò le nozze molto sontuose, e magnifiche. La cagione, per la quale costei sia stata molto famosa, e meriti d'esser commendata, non è per questo, ma per quello, che ora m'apparecchio di dire. Inperocché Ataulfo, essendo deliberato di volere in tutto rovinar Roma, e spianarla, con animo d'edificare ivi una nuoua città, e chiamarla Gottia, lasciando che gli altri Re e Imperadori, che succedessero dal nome suo si dicessero Ataulfi, come da Augusto si chiamavano Augusti, e già avendovi dato principio, Placida molto amata dal marito, tanto operò con bei modi, che gli levò di cuor questa opinione, e di più lo condusse a far pace col fratello Onorio, opera veramente degna di maggior eternità, che non è la penna mia, avendo conservato quella principal città, della quale è uscito la nobiltà e l'eccellenza del mondo, e in cui era restata la dignità di tutti gl'Imperi. Stato Ataulfo tre anni Re di Visigotti, e in questo tempo rotta la pace tra Onorio e quello, Costanzo Conte nobile Romano, fatto suo Capitano, ridusse a tal termine Ataulfo, che, fuggito di Nerbona, si ricoverò nell'ultima Spagna: dove volendo rifar l'esercito, fu da' suoi soldati ammazzato, non per altra cagione che quando poteva per li prieghi di Placida no volle rovinar l'imperio Romano, al quale costei hebbe tanto amore, e cotanto riverì l'Italia. Intanto essendo stato Costanzo Conte già dichiarato Cesare, Onorio gli diede Placida sua sorella per moglie, de'quali nacque Valentiniano terzo, che ancora garzone successe ad Onorio, e fu fatto Imperadore. Ma morto il marito, ed essendo stato dai cittadini Romani ammazzato Onorio, ella insieme col figliuolo picciolo, non si tenendo secura, se ne fuggì a Ravenna: dove ricevuta con grandissimo onore, come trionfante, entrò nella città, la quale, si come era ornata di prudenza e magnanimità, cosi s'adoprò, che da tutti fu tenuta, e riverita da Imperatrice, e di molti edifici ampliò la città, e aggrandì le mura di quella: di maniera che tutte quelle antichità, e di monasteri e d'altri edifici notabili, che si veggiono in Ravenna, furono da lei ordinati, e tra gli altri quella superba chiesa ch'era appresso la porta che si chiama d'Artemedulo, col figliuolo Valentiniano, già creato Imperadore, fece fondare, adornandola di ventiquattro colonne di marmi preziosissimi, e di molte altre pietre, di non poco valore, consacrandolo al beato nome di San Giovanni Evangelista. In Costantinopoli medesimamente fece edificare di superbissimi edifici, e grandissimi tempij, né meno si deve dire, che fosse Augusta, che santa. Infinite altre cose degne di memoria, e notabili in ogni grande Imperadore fece, le quali essendo manifeste, lascerò da parte, potendosi chiaramente da queste considerar la grandezza del valore suo. Morì in Ravenna negli anni del Signore CCCCXLVI al tempo di Lione di questo nome Pontefice Romano primo, e ivi fu sepolta.

 
 
 

Riflessioni

Post n°2345 pubblicato il 08 Dicembre 2015 da valerio.sampieri
 

Questa è la saggezza

 

 
 
 

L'omo bbono bbono bbono!

L'omo bbono bbono bbono!*

Ah! er bene che mme porta Monziggnore
È ccosa da nun crédese, Bbastiano.
T'abbasti a ddí cche, ppovero siggnore,
M'ha vvolzuto ammojjà co le su' mano!

E bbisoggna vedé ssi ccon che amore
Cúnnola (1) el pupo mio che jj'è ffijjano! (2)
Via, propio è un gran padrone de bbon core,
Un gran bravo prelato, un bon cristiano!

E la notte che Nnanna ebbe le dojje,
Nun pareva che a llui fussino presi
Cueli dolori in cammio de mi' mojje?

Tutta la pena sua, la su' pavura,
Era, perché la fesce de sei mesi,
Che jje morissi in corpo la cratura.

Note:
* A Roma è quest’adagio: Tre volte buono vuol dir coglione. 
1 Da cunnolare (cullare).
2 Figlioccio.

Giuseppe Gioachino Belli
(Sonetto 514)

 
 
 
 
 

INFO


Un blog di: valerio.sampieri
Data di creazione: 26/04/2008
 

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