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Messaggi del 29/10/2014

Sei sonetti di Tullia d'Aragona

Post n°575 pubblicato il 29 Ottobre 2014 da valerio.sampieri
 

XLVI.
Al Alessandro Arrighi

Spirto gentil, s'al giusto voler mio

non è cortese il cielo e amico tanto,

ch'io possa con ragion lodarvi quanto

me fate, e io far voi spero e desio;

dolgomi del mio fato acerbo e rio,
che ciò mi niega, rivolgendo in pianto

il mio già lieto e dilettoso canto,

per cui fan gli occhi miei sì largo rio.

Ma se fortuna mai si mostra amica
a le mie voglie, non dubito ancora
poter cantarvi tal qual mio cor brama,
e far sentir per questa piaggia aprìca
quant'è 'l valor, ch'in voi mio core onora,
piacciavi s'or lo riverisce e ama.

XLVII.
A Lattanzio de' Benucci

Io ch'a ragion tengo me stessa a vile,
né scorgo parte in me che non m'annoi,

bramando tormi a morte e viver poi

ne le carte d'un qualche a voi simile,

cercando vo per questo lieto aprile
d'ingegni mille, non pur uno o doi
suggetti degni de i più alti eroi,
e d'inchiostro al mio tutto dissimile.
Però dovunque avvien, che mai si nome
alteramente alcuno, indi m'ingegno
trar rime, onde s'eterni il nome nostro.
E spero ancor, se 'l mio cangiar di chiome
non rende pigro questo ardito ingegno,
d'Elicona salire al sacro chiostro.
XLVIII.
Ad Antonio Grazzini (Lasca)

lo che fin qui quasi alga ingrata e vile
sprezzava in me così l'intera parte,

come u' di fuor, che tosto invecchia e parte

da noi ben spesso nel più bello aprile,

oggi, Lasca gentil, non pur a vile
non mi tengo (mercè de le tue carte)
ma movo ancor la penna ad onorarte,
fatta in tutto a me stessa dissimile.
E come pianta che suggendo piglia
novo licor da l'umido terreno
manda fuor frutti e fior, benché s'attempi:
tal'io potrei, sì nuovo mi bisbiglia
pensier nel cor di non venir mai meno,
dar forse ancor di me non bassi esempi.
XLIX.
A Nicolò Martelli

Ben fu felice vostro alto destino,
poi che vena vi die' tanto feconda,

che 'l santo Apollo il vostro dir seconda

più ch'ei non fece al suo diletto Lino.

Il coro de le Muse a capo chino
lieto v'onora, e 'l bel crin vi circonda
di vaghi fiori e d'odorata fronda:
perché ragion è ben s'a voi m'inchino.
Il cantar vostro l'anime innamora,
e le fa da se stesse pellegrine,
che celeste virtù può ciò che vuole.
E 'n voi mirando grazie sì divine
chi ha più gentil spirto più v'onora,
altri d'invidia si lamenta e dole.

 

L.
A Simone Porzio

Porzio gentile, a cui l'alma natura
e i sacri studi han posto dentro 'l core
virtù, ch'esser vi fa primo cultore
di lei, cui 'l cieco mondo oggi non cura;
poi che rendete a feconda coltura
sue alpestre piaggie, onde d'eterno onore
semi spargete, e d'immortal valore
cogliete frutti che 'l tempo non fura;
piacciavi, prego, che vostra alta mente
a l'umil pianta mia volga il pensiero,
s'ella forse non n'è del tutto indegna,
che di quel che per me poter non spero,
col favor vostro a la futura gente
di maraviglia ancor si farà degna.
LI.
A Giordano Orsini

Alma gentil, in cui l'eterna mente
per farvi sovra ogni alma, bella e chiara,

pose ogni studio; onde per voi s'impara

la via di gir al ciel sicuramente;

sì come il mondo della più eccellente
cosa di voi non ha, né tanto cara;
e come sola sete e non pur rara
d'ogni virtute ornata interamente;
potess'io dirne appien quanto 'l cor brama,
che d'invidia empirei e di dolore
ogni spirto più saggio e più gentile,
benché vostro valor eterna fama
per se vi acquisti, caro mio signore,
quanto 'l sol gira e Battro abbraccia e Tile.
Tullia d'Aragona
 
 
 

Er bacio

Post n°574 pubblicato il 29 Ottobre 2014 da valerio.sampieri
 

Er bacio

Nina, nu' je da retta ar confessore,
lui se sbaja, perché, si m'hai baciato.
sta' puro certa che nun hai peccato
e nun ciài perso un cinico d'onore.

Ninè, fatte capace, che l'amore
senza baci è 'n amore sfortunato;
perché er bacio, p'un òmo innammorato
è un gran tesoro, è un barzimo der còre.

Di' ar confessore che nun se confonna
e che, Ninetta bella, io t'ho baciato
perché tu arissomij a 'na madonna.

Te bacerò 'gnisempre in sempiterno,
a costo puro, vedi, l'ho giurato
d'annammene a scallà er coso giù all'inferno

Ernesto Aquilante (1884-1966)
1903

 
 
 

A 'n rompipalle

Post n°573 pubblicato il 29 Ottobre 2014 da valerio.sampieri
 

A 'n rompipalle

Te ficchi 'n mezzo come a 'n omelette.
Puro si a tte nun me te sò ccacato,
dato che peggio sei de 'n ciorcinato,
le palle tu le fai sempre più a ffette.

Stavorta è ppropio a tte che stò a pparlà.
Si ssei malato, beh, chissenefrega,
te poi rivorge a li Fratelli Zega,
così sei bell'e ppronto pe' ccrepà.

Poi puro annà da 'no strizzacervelli,
ma credo che nun te servirà mórto:
tu, ne la zucca, ciài solo li capelli.

Mó te l'ho ddetto e nun ce sò' raggioni
che passi 'n'antra vorta da 'sto porto:
t'hai solo da levà da li cojoni.

Valerio Sampieri
28 ottobre 2014

 
 
 
 
 

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Un blog di: valerio.sampieri
Data di creazione: 26/04/2008
 

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