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Messaggi del 30/10/2014

Rime varie di Tullia d'Aragona

Post n°580 pubblicato il 30 Ottobre 2014 da valerio.sampieri
 

Concludo la pubblicazione delle "Rime di Tullia d'Aragona". Nella raccolta delle Rime di Tullia è compreso un gran numero di poesie composte in suo onore da vari poeti ed in particolare da Girolamo Muzio che fu suo amante appassionato.

 

LIV.

Se materna pietate afflige il core
onde cercando in questa parte e in quella

il caro figlio tuo, Lilla mia bella,

piangi, e cresci piangendo il tuo dolore:

a te, ch'animal se' di ragion fore,
e non intendi (ohimè) quanto rubella

sia stata ad ambe noi sorte empia e fella,

togliendo a te 'l tuo figlio, a me 'l mio amore;

che far (lassa) degg'io? Qual degno pianto
verseran gli occhi miei dal cor mai sempre,

che conosco il tuo male, e 'l mio gran danno?

Chi potrà di Psichi con alto canto
cantar l'altere lodi: o con quai tempre
temprar quel, che mi da sua morte affanno?



LV.

Ben mi credea fuggendo il mio bel sole
scemar (misera me) l'ardente foco

con cercar chiari rivi, e starne a l'ombra
ne i più fronzuti e solitarii boschi:
ma quanto più lontan luce il suo raggio
tanto più d'or in or cresce 'l mio vampo.

Chi crederebbe mai che questo vampo
crescesse quanto è più lontan dal sole?
E pur il provo, che quel divin raggio
quant'è più lunge più raddoppia il foco:
né mi giova abitar fontane o boschi,
ch'al mio mal nulla val, fresco, onda od ombra.

Ma non cercherò più fresco, onda od ombra,
che 'l mio così cocente e fero vampo
non ponno ammorzar punto fonti o boschi;
ma ben seguirò sempre il mio bel sole,
poscia che nuova salamandra in foco
vivo lieta, mercè del divo raggio.


[LV.]
(Codice Vat. ottob. 1595, c. 118–119)


Ben mi credea fuggendo il mio bel sole
scemar misera a me l'estremo fuoco,
con cercar chiari rivi e stare all'ombra
dei verdi faggi ed abitar fra boschi;
ma quanto più lontano è il suo bel volto
tanto più d'or in or cresce 'l mio vampo.

Chi crederebbe mai che questo vampo
crescesse quanto è più lontan dal sole?
Io pur il provo, che quel divin volto
accresce e 'n me raddoppia ognor il fuoco
né mi giova cercar fontane o boschi,
che questo sol non cuopre e frondi ed ombra.

Non cercarò vie più posare all'ombra
per minuire il mio cocente vampo,
né, lassa, errando, gir fra folti boschi:
ma ben seguirò io sempre quel sole
per cui sì lieta mi nutrico in fuoco,
che a ciò mi sforza il cielo col suo bel volto.

Deh! perché non m'alluma il vivo raggio
ovunqu'io vado, o per sole o per ombra,
che lieta soffrirei sì dolce foco,
e contenta morrei del suo gran vampo?
Ma non spero giammai, lassa, che 'l sole
scopra giorno sì chiaro in questi boschi.

Ond'avrò sempre in odio i monti e i boschi
che m'ascondon la luce di quel raggio,
che splende e scalda più de l'altro sole;
biasmi chi vuole e fugga i raggi a l'ombra,
ch'io per me cerco sempre e lodo il vampo
che m'arde e strugge in sì possente foco.

Quanto dunque mi fora grato il foco,
ingrati i monti, e le fontane, e i boschi,
u' non veggo il mio sole e sento il vampo
s'io potessi appressar l'amato raggio
e del mio stesso corpo a lui far ombra,
e quando parte e quando torna il sole.

Prima sia oscuro il sole e freddo il foco,
né faranno ombra in nessun tempo i boschi,
che del bel raggio in me non arda il vampo.

Deh! perché non è meco il sacro volto
dovunque io vadi, o per sole o per ombra,
ch'avria forse men forza al cuore il fuoco
e soffrirei più lieta ogni mio vampo;
ma puote solo un raggio del mio sole
farmi beata ne gli ombrosi boschi.

E perciò in odio avrò sempre quei boschi
che torrammi il veder del sacro volto,
e i chiari raggi dell'almo mio sole
che fean sgombrar le nube e fuggir l'ombra,
e me sola gioir nel chiaro vampo
qual salamandra nel più ardente fuoco.

Quanto mi fora dilettoso il fuoco,
noiosi i fonti e via men grati i boschi,
men cari i faggi e men noioso il vampo,
s'unir potessi il mio volto al bel volto
e col mio stesso corpo al suo far ombre,
ben d'arder godrei toccando il sole.

Deh, dicesse il mio sole: anch'io sto in foco
però non cercar più ombra ne' boschi
che vo' che 'l volto mio tempri il tuo vampo.



LVI.

Alma del vero bel chiara sembianza,
a cui non può far schermo né riparo
così gentil e cristallina stanza
che non mostri di fuor l'altero e raro
splendor, che sol ne dà ferma speranza
del ben, ch'unqua non fura il tempo avaro:
deh! fa, se morta m'hai, ch'in te rinnovi
acciò di doppia morte il viver pruovi.



LVII.
(Cod. Vat. ottob. 1595, c. 119)


Lieto viss'io sotto un bianco lauro
e vivrò fin che 'l bianco amor m'infondi
non per ornar le tempie d'ostro e d'auro
ma sol delle tue sacre altiere frondi;
ma poi che più e più volte il sole in Tauro
tornato fa che i suoi bei crini ascondi
se s'affredda stagion mutarà il corso,
i frutti seccarà, le frondi e il dorso.

Tullia d'Aragona
 
 
 

Esse poveta

Post n°579 pubblicato il 30 Ottobre 2014 da valerio.sampieri
 

Esse poveta

Nun serve, pe' ssognà, d'esse poveta,
l'hai detto e mmó co' tte semo d'accordo.
Però io te dicevo, m'aricordo,
nun posso sopportà chi fà l'asceta,

lo sguardo cià com'uno stoccafisso,
che ddorme e fà ssembratte d'esse assorto
-e ppiù lo guardo e ppiù me pare 'n morto-,
che ppuro quann'è mmuto è 'n gran prolisso.

Ecco com'è, a la fine de li ggiochi:
t'ascorto si a parlà lo fai cor côre,
ne l'anima sentì mme fai dei fôchi,

beannome co' 'n po' de bbonumore.
Me devi crede, sò' ddavero pochi
queli che ssò' ppoveti con amore.

Valerio Sampieri
29 ottobre 2014

 
 
 

Una vita

Post n°578 pubblicato il 30 Ottobre 2014 da valerio.sampieri
 

Una vita

La tua infanzia,
le tue speranze,
i tuoi amori,
le tue ansie,
le tue gioie
sono tutte lì:
in quel composto
sorriso di morte,
riflesso dal tuo viso.

E l'alba
si confuse al tramonto.

25 gennaio 1970

 
 
 

Al Cardinale di Tournon

Post n°577 pubblicato il 30 Ottobre 2014 da valerio.sampieri
 

LII.
Al Cardinale di Tournon

Sacro pastor, che la tua greggia umile,
di caritade acceso e d'Amor pieno,
guidi fuor del mortal camin terreno,
per ricondurla al suo celeste ovile;

se 'l ben' oprar ti rende a Dio simile,
or che raggio divin le scalda il seno,
ricevi o Santo nel tuo pasco ameno
questa tua pecorella errante e vile;

sì che possa ridotta in piagge apriche,
ove nocer non può contraria sorte,
né fiere stelle al nostro danno intente;

poste in oblìo l'acerbe sue fatiche
fuggir le pompe, e disprezzar la morte,
tenendo sempre in Dio ferma la mente.

 

LIII.
Allo stesso

Signor nel cui divino alto valore
tanto si gloria l'una Gallia altera,
e l'altra tutta mesta e afflitta spera
por fin a l'aspro suo grave dolore,
poscia che voi tornando, il suo splendore
torna e fa bella Roma:
ecco la sparsa chioma,
ella v'accoglie lieta, e manda fore,
voci gioconde a asciuga gli occhi molli,
e Tornon grida 'l Tebro e i sette colli.

La pace, la letizia, a la sublime
schiera de le virtù sacre, ch'a noi
spariro al partir vostro, ora con voi
riedono, e fan contesa al tornar prime
le Muse a celebrarvi in versi e in rime;
destano i chiari spirti,
ond'or s'ergano i mirti,
e i lauri spargon l'onorate cime,
e prima de l'usato il mondo infiora,
e l'aria empie d'odor Favonio e Flora.

Fra tanto almo gioir, fra tanta festa,
ch'oggi al vostro tornar si mostra e sente,
anch'io la speme, e la letizia spente
poter nudrir ne l'alma dubbia e mesta,
se mirate, Signor, quel che m'infesta
noioso e aspro duolo
che voi potete solo
ridurmi in porto da crudel tempesta,
e volgendo ver me pietoso il ciglio
trar mia vita di doglia e di periglio.

Canzon, se innanzi a lui per grazia arrivi,
che dee chiuder di Giano il tempio aperto,
benché nulla è 'l mio merto
pregal, che sola non mi lasci in guerra
poi che per lui si spera pace in terra.

Tullia d'Aragona

 
 
 

Fiori d'acanto

Post n°576 pubblicato il 30 Ottobre 2014 da valerio.sampieri
 

Fiori d'acanto

Perdoneme, ciumaca de sto core,
si la sera, p'er gusto de vedette,
te faccio sta in finestra l'ore e l'ore,
sbattenno Dio sa quanto le brocchette.

Ma uno quanno è ceco da l'amore,
lo sai, Teresa mia, che nun connette;
e a costo de pijàccese un malore,
hai voja a dì! nun je n'mporta un ette.

Cusì so io, Terè. Si nun ce sei,
dico: "Madonna, fatela affaccià!"
E smagno, e me la pìo co te e co Lei.

Ma appena vedo su la finestrella
quel'occhiuccetti tui sbrilluccicà,
te chiamo santa, benedetta, bella.

Giggi Zannazzo

 
 
 
 
 

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Un blog di: valerio.sampieri
Data di creazione: 26/04/2008
 

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