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Come grumi di latte cagliato

Post n°2230 pubblicato il 10 Gennaio 2015 da gratiasalavida
 
Tag: Grumi

Scrivere parole su quanto è accaduto a Parigi.

Non ci riesco.

Ci provo, ma è come se le parole scendessero dalle dita che pigiano sulla tastiera come grumi di latte cagliato.

Il latte, quando è fresco, è alimento sostanzioso. Genera nutrimento, conforto, calore.

Il latte guasto è cibo indigesto.

Quanto è accaduto mi addolora.

Mi suscita domande. Cui non so rispondere.

Non potrei mai uccidere un altro essere umano.

Il solo pensiero mi fa orrore.

Mi chiedo quale sia la molla che scatta internamente generando in alcuni, molti, moltissimi esemplari della specie umana, la determinazione a uccidere.

A rompere il sacro vincolo che lega un essere vivente a un altro essere vivente.

A Parigi sono morte tante, troppe persone, apparentemente nel nome di un credo religioso che gli attentatori hanno esibito quale pretesto dell'eccidio.

Non è la prima volta, nella Storia, che l'uomo uccide nel nome di Dio, qualunque sia il dio preso a pretesto per recare morte e violenza ai propri simili. Non è la prima volta.

Ogni umana attitudine risponde a un bisogno.

Mi sono chiesta a quali bisogni risponda la religione.

Ci si rivolge a Dio per cercare conforto alla durezza delle prove della vita.

Ci si rivolge a Dio alla ricerca di una riconciliazione con il proprio spirito tormentato.

Ci si rivolge a Dio per amore.

Ci si rivolge a Dio per un autentico bisogno di arricchire di significazioni l'esistenza.

Ci si rivolge a Dio per affidare se stessi nelle mani di Dio.

Tutto questo rientra nell'ottica di un rapporto interiore con un credo religioso.

Ogni religione ha anche un risvolto sociale, che risponde ad altro tipo di bisogni.

La pratica religiosa integra in una comunità.

Soddisfa dunque un bisogno di appartenenza a una comunità e di condivisione del progetto e degli scopi stabiliti dalla comunità.

Soddisfa il bisogno di essere riconosciuti quali membri di un congregazione.

Il bisogno di essere riconosciuti.

Un bisogno particolarmente avvertito da quanti sentono di avere un'identità sociale fragile.

Ho ripensato, più che a come si sono svolte le azioni terroristiche che hanno prodotto la morte di tanti esseri umani, alla fisionomia degli attentatori.

Giovani.

Provenienti dalla periferia di una grande metropoli:  come tutte le periferie delle grandi metropoli, aree di marginalità sociale ed economica.

Saltuariamente occupati in lavori di basso profilo sociale ed economico.

Queste le poche notizie significative che ho rinvenuto sulle cronache.

Non molto altro, eccetto che due degli attentatori avevano alle spalle un'infanza trascorsa in una sorta di orfanotrofio, e che un altro aveva numerosi precedenti penali per reati comuni.

Non molto altro.

Un "poco" che fa riflettere.

MI hanno fatto riflettere, in particolar modo, le parole pronunciate dall'attentatore che ha preso in ostaggio i clienti che affollavano un piccolo supermercato di prodotti kasher a Port San Vincennes. L'uomo, minacciando i clienti del locale con un fucile, ha più volte gridato: "Sapete chi sono, sapete chi sono".

Come a reclamare l'attestazione pubblica di una identità riconoscibile.

Ho ripensato ai video con i quali i membri delle organizzazioni terroristiche di matrice religiosa si fanno propaganda.

Video strutturati come film d'azione, nei quali i terroristi emergono come attori protagonisti.

Mi viene da pensare, allora, che molti di quanti hanno consegnato le loro vite agli scopi e al progetto di organizzazioni terroristiche di matrice religiosa, lo abbiano fatto per soddisfare un bisogno di identità, un bisogno di riconoscibilità che non aveva trovato riscontro nelle loro esistenze quotidiane.

E che tutto questo abbia ben poco a che vedere con la religione.

MI sembra che abbia a che vedere, più che altro, con un fallimento, anzi con molteplici fallimenti.

Il fallimento del rapporto con se stessi, innanzitutto. Si fallisce il rapporto con se stessi nel momento  in cui si consegna volontariamente la propria vita a un progetto che implica la morte dei propri simili, rompendo così il sacro vincolo che lega un essere vivente agli altri che gli sono fratelli.

Il fallimento di un contesto sociale disgregato che non è stato in grado di offrire a un individuo la possibilità "ordinaria" di riconoscersi come persona, e come persona inserita in una comunità cui senta di appartenere, nel rispetto delle regole stabilite e nel rispetto delle proprie attitudini e potenzialità.

Un ulteriore fallimento vorrei evidenziare, quello che probabilmente hanno vissuto quanti credono nella religione che è stata usata quale pretesto per compiere questa e altre stragi, poiché ritengo che abbiano vissuto con amarezza il fatto che il loro credo sia stato usato per distruggere la vita e non per salvaguardarla come qualcosa di sacro.

Questo è quanto.

E' poco.

Non basteranno, le riflessioni che sono andata elaborando, a offrirmi una chiave di lettura soddisfacente di quello che è accaduto.

Sono solo parole. Scese dalle dita intente a pigiare sulla tastiera come grumi di latte cagliato.

 

 

 

 

 

 

 

 

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Commenti al Post:
lorifu
lorifu il 10/01/15 alle 22:42 via WEB
Per un fondamentalista islamico non esiste la propria identità ma la causa e per la causa si uccide e si muore.
 
angiolhgt
angiolhgt il 11/01/15 alle 07:55 via WEB
sono d'accordo con te:la religione è una bandiera di appartenenza sotto la quale talvolta si riuniscono miseria e rabbia, ma anche interessi economici e spirito di sopraffazione. Ma non è sempre così non è solo una bandiera, l'oppio dei popoli diventa l'oppio dell'individuo che trova conforto nella sofferenza e nell'insignificanza dell'esistenza. Oppio benedetto!
 
red67ag
red67ag il 11/01/15 alle 16:00 via WEB
Approvo in pieno le tue considerazioni Cinzia...e mi fanno riflettere su come gli occidentali da vari decenni e anche prima del'89 ancora quando c'era l'Unione Sovietica, per indebolire e destabilizzare i paesi considerati nemici...hanno aiutato le varie religioni fondamentaliste..infatti nel 2001 c'è stato l'11 settembre e sappiamo bene che Bin Laden aveva rapporti di amicizia con il governo americano!! Ciao Cinzia bel post
 
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