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Post n°2357 pubblicato il 18 Luglio 2017 da gratiasalavida

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Fantozzi in Paradiso

Post n°2355 pubblicato il 18 Luglio 2017 da gratiasalavida
 

Non scrivo qui da due mesi. Oggi sono rientrata in community nella peggiore condizione possibile. Pare che ogni tentativo di comunicazione sia destinato a naufragare. Il sistema risponde a fatica. Provo a lanciare questo post, ma senza troppa convinzione.

E mi spiace. 

Avevo in mente di scrivere un post su Paolo Villaggio.

Anzi, no.

Avevo in mente di scrivere un post sull'intramontabile ragionier Fantozzi Ugo.

Lo scrivo più per me che per gli altri.

Erano gli anni '70. 

Negli anni '70, benché ragazzina che si era appena affacciata al mondo degli adulti, ho avuto l'occasione di costruirmi una cultura cinematografica di entità non trascurabile. Per motivi che non starò qui a chiarire, nel corso delle vacanze estive, in una ridente località balneare, per anni ho avuto l'opportunità di godermi ogni sera, di straforo e gratuitamente, i film che all'epoca segnarono il passaggio a una nuova cultura, non solo cinematografica.

Indelebile il ricordo del primo Fantozzi.

All'epoca ne sapevo ben poco di tipi umani, di classe impiegatizia, della grigia routine che a lungo andare consuma e intristisce gli eroi della vita quotidiana.

Sapevo ben poco di ogni cosa, a dir la verità, ma parte di quello che sono venuta a conoscere successivamente, oltre che alla vita, alla scuola e alle letture, lo devo al cinema.

Ogni volta che rivedo "Nuovo Cinema Paradiso", mi commuovo, identificandomi nel piccolo protagonista, che affianca alla propria esperienza di personale maturazione le mirabolanti avventure di una infinita serie di eroi del grande schermo, in un labirinto di immagini ove riesce a orientarsi grazie alla guida esperta del suo amico, gestore dell'unico, scalcagnato, sala cinematografica del paese.

Per quanto mi riguarda, i film li vedevo in solitudine, affcciata a una finestra, non godevo di guide adulte e spesso mi perdevo nel labirinto di immagini, storie, personaggi spesso troppo complicati da comprendere, però mi ricordo che "il naufragar" m'era "dolce", in questo mare di stimoli visivi e narrativi nel quale ogni sera affogavo con partecipazione ed emozione.

Sto divagando. Sono qui a scrivere di Paolo Villaggio. Anzi, no, del ragionier Fantozzi Ugo.

Villaggio in realtà già avevo avuto modo di conoscerlo attraverso la televisione, quando impersonava il ruolo di un sadico presentatore che amava strapazzare il pubblico e mettere alla berlina la vittima di turno.

Il ragionier Fantozzi, invece, lo conobbi per la prima volta quando, affacciata alla finestra della casa delle zie, ebbi modo di seguire il primo episodio della interminabile serie di disavventure del povero omino bistrattato dalla vita.

Da allora sono divenuta una appassionata delle vicende del ragionier Fantozzi Ugo, di sua moglie Pina e della figlia Mariangela. 

Avrò rivisto almeno una ventina di volte ogni singolo episodio della serie.

Ogni volta ridendo a più non posso, come le ascoltassi per la prima volta, alle battute dei personaggi.

Una commedia umana che ha incarnato l'epopea di una piccola, piccolissima borghesia colta nel momento in cui la propria rivendicazione di esistenza segnava già il tracollo verso la prossima decadenza dalla scena sociale.

I vezzi, i vizi, l'incultura, la voglia di riscatto scoiale, i segni di un benessere goduto attraverso riti collettivi consacrati dallo stipendio mensile: il tutto raccontato con lo sguardo disincantato e dissacratorio, ma anche affettuoso, di chi, quel piccolo mondo lo aveva non solo guardato dall'esterno, ma internamente vissuto, nei suoi agi e nelle sue ristrettezze.

Una commedia umana in cui Fantozzi si ritaglia un ruolo di testimone, di vittima e di eroe.

Uno e trino, il ragionier Ugo, che in quella commedia ricalca la vittima sacrificale, lo sciocco su cui convergono, per essere espiati, tutti i nodi insoluti di una miserrima umanità che aspira a emanciparsi da una condizione sociale cui pure non potrebbe rinunciare neppure per un istante.

Lo sciocco che, proprio in virtù del proprio infantile candore, si sottrae all'omologazione di cui pure sperimenta ogni accento, tono e sfumatura.

Fantozzi è un sognatore. Nutre una capacità visionaria che lo riscatta dalla mediocrità che pure profondamente ama e al tempo stesso lo destina a essere, di quella mediocrità, il campione, irriso e canzonato, nonché reso oggetto di ogni scherzo crudele venga ideato da quanti, come lui, partecipano della mediocrità, ma aspirano a mettersela dietro le spalle.

Paolo Villaggio, grandissimo attore, è da poco scomparso.

Scomparsa è anche quella piccola, piccolissima borghesia di cui il ragionier Ugo si era reso testimone ed eroe. Spazzata via dall'accelerazione imposta alla società dal Villaggio Globale, che ha impresso all'omologazione i ritmi forsennati di modalità produttive che richiedono tempi di fruizione brevissimi di qualsiasi nuovo prodotto venga lanciato sul mercato mondiale. Spazzata via dalla recessione, che ha ricondotto l'aspirazione al benessere entro gli steccati ristretti di un eterno presente "mordi e fuggi", privo di memoria del passato e di sguardo prospettico al futuro.

Mordi e fuggi.

E soprattutto non sognare.

Paolo Villaggio è morto.

Fantozzi è in Paradiso.

Da lì ci guarda senza riconoscerci.

E forse ride di noi.

 
 
 

NOTA DELL'AUTRICE DEL BLOG

Tutti i testi qui pubblicati

sono esclusivo frutto della mia creatività. Cinzia M.

Tutti i diritti sono riservati.

Ho scorto su You Tube un canale intitolato Rubra Domus.

Non ha a che fare con me, che sono unicamente l'autrice

di questo blog e dei testi che vi sono quotidianamente

inseriti.

Cinzia M.

 

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