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Creato da street.hassle il 13/05/2013

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Get Lost V

Post n°153 pubblicato il 08 Luglio 2015 da street.hassle







Arkadiy rimase immobile al centro del piccolo soggiorno
con le braccia conserte. Nella nuova struttura della
Società i Folli di dio erano considerati individui asociali
e nevrotici, preda di turbe psichiche e sostanzialmente
inutili, se non dannosi al processo rivoluzionario. In
quegli anni di guerra contro Vrangel e gli Atamani
non erano in vetta alle priorità del Nuovo Ordine ma
non vi era da stupirsi se, con il consolidamento dello
stesso, si sarebbe trovato una sistemazione Loro
adeguato in qualche, grande asilo per Lunatici, o
 comunque in centri per matti di primordine. "Ma
quella" Rifletté "Sarebbe stata una gatta da pelare
relativamente minore. Adesso quello che contava
era essere immessi all'interno dell'Offensiva." Fissò
attraverso i vetri la neve che cadeva in turbinii sempre
più fitti e pensò che nei vagoni sarebbero stati sul
punto di chiedersi che fine aveva fatto il Loro
caporale-insegnante. "Penso che dovrei andare
sennò peggiora ulteriormente." Disse ad alta voce,
senza rivolgersi a nessuno in particolare. Il basettone
diede un altro tiro alla sua pipa e lo guardò con affetto:
"Non preoccuparti compagno. Durerà mezzora al
massimo, e scommetto che in questo periodo nessuno
realizzerà la tua momentanea scomparsa. Perché non
ti fermi a cena con Noi. è quasi ora e la notte cala presto."
Arkadiy iniziava a preoccuparsi e a irritarsi. Non riusciva
a capirne la ragione ma i ragionamenti di Rodumilov
erano implacabili e impeccabili. Poi, poteva sempre dire
di essere rimasto all'esterno per una specie di vedetta
a evitare le incursioni dei Bianchi. Nessuno, di certo,
si stava intorbidendo per Lui e, anche fosse morto,
avrebbe avuto minor valore di Sasa, il cagnetto mascotte
del reggimento. Levò il fucile e si tolse il pastrano
appendendoli a dei ganci sopra la porta, poi si sedette
su una poltroncina ricoperta di velluto e si guardò
stupito intorno, mentre i ragazzi si davano da fare
ad apparecchiare la tavola e il Ferroviere gli si sedeva
vicino, cominciando a parlare della guerra. Ma, anche
cercando di distrarsi, il suo pensiero e le sue occhiate
repentine correvano sempre là. Verso quelle caviglie
avvolte di stracci, e l'orecchio cercava di carpire un
senso alle sottili parole che un evidente enfisema
trasformava in sibili sottili e continui, come il bollire
del samovar.






(Continua)






 
 
 
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