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Viaggiare

Post n°133 pubblicato il 09 Aprile 2012 da lab79
 

Budapest dalla collina  Gellert, di notte. Foto di Christian Mehlführer, da Wikipedia.

 

 "Budapest è la più bella città del Danubio; una sapiente auto-messinscena, come Vienna, ma con una robusta sostanza e una vitalità sconosciute alla rivale austriaca. Budapest dà la sensazione fisica della capitale, con una signorilità e un'imponenza da città protagonista della storia." 
 
(da "Danubio", Claudio Magris, 1986)

Non ho mai viaggiato. Ho, tutt'alpiù, visitato luoghi, città che come incantate si stanno a guardare riflesse nelle acque dei fiumi, fatalmente coscienti che quegli stessi fiumi le potranno affogare. Non oserò dire d'aver viaggiato, ma di volta in volta, un poco di più posso dire di avere imparato. A camminarci dentro, per esempio. Con passo svelto e l'occhio aperto, cercando di non essere d'intralcio a chi in quel luogo ci vive, e chissà, non vuole perdere tempo. A guardare negli angoli con curiosità ma cercando di non sembrare impertinente, a respirare i profumi che escono dalle cucine e le luci che piano, si accendono quando a un certo punto, arriva sera. E mi godo il piacere di viaggiare in tram sentendomi di nuovo straniero, dunque a casa. Con nelle orecchie il suono di parole che non comprendo, e l'obbligo innalzare l'asticella della mia attenzione se voglio arrivare dove ho deciso di arrivare. Sempre che abbia capito, dove ho deciso di arrivare. Visitare è così: somiglia tanto al viaggiare, ma  solo superficialmente. Visitare è un viaggiare più sicuro, entro confini che, se proprio non conosciamo, almeno intuiamo. Entro limiti di tempo, budget, e decisioni che conosciamo in partenza. E' fare del turismo, semplicemente. Io non faccio altro. Vorrei raccontarvi di un me viaggiatore, che non conosce limiti se non quelli dell'inaspettato tanto atteso dopo aver tanto viaggiato. Ma non sono che un turista, uno di quelli con la macchina al collo, la piantina in tasca, una vaga infarinata di storia e cultura appresa dal Lonely Planet, e una sottile curiosità per la lingua del posto, ben coscio di non avere il tempo per impararne alcunchè. Eppure covo ancora il desiderio di poter imparare qualcosa pur nella povertà di esperienze che un turista può vivere, e mi illudo di poter fare tesoro, in qualche modo, dei ricordi dei colori, e dei profumi, e dei suoni di ogni suolo che calpesto, ennesimo judìo errante in cammino su una terra che gli è estranea, e nella quale sa di essere straniero.

 
 
 
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