LA COLPA DI SCRIVERE
per sviluppare un'idea, ovvero arte e poesia e letteratura e...
PROGRAMMA
E' impossibile scrivere in pace se quello che si scrive vale qualcosa.
Charles Bukowski
CONTATTI
L'IDEA
Disperatamente cercano la nuova letteratura. Ce ne accorgiamo: 1. perché le scuole di scrittura creativa prolificano, 2. perché dovunque si cercano autori da antologizzare (parola difficile): internet, riviste, concorsi letterari; 3. perché su cento persone che si conoscono, il 98% ritiene di essere uno scrittore.
Allora? Allora proviamo con questo blog molto artigianale. Si accettano prose, poesie e, abbondiamo, anche disegni, opere d'arte e affini (che potrebbero essere pubblicati nel blog, appena capiremo, se lo capiremo, come si fa a pubblicare), e forse un giorno potremo persino presentarci a un editore in carne e carta e dirgli che siamo bravi. Intanto mandate materiale all'indirizzo scrittocolpevole@libero.it (gli utenti registrati possono scrivere direttamente nel blog), tutto sarà preso in esame e poi si vedrà.
In aggiunta. Comunque nel blog tenteremo di mettere anche dell'altro e di parlare di cose che vanno dal più al meno fino alle cose vicine e lontane. Scrivete e mandate notizie.
INVIO MATERIALE
Inviare il materiale in un file formato testo o documento di word, allegato all'email, possibilmente senza virus. Nel corpo della mail e anche nel file allegato, indicare come rintracciarlo (l'autore, non il virus). Gli utenti registrati possono scrivere direttamente nel blog, ma in caso di approvazione, dovranno poi CORTESEMENTE inviare il file per email. I dati trattati non saranno ceduti a terzi. L'autore, inviando materiale al blog, dichiara che è il legittimo proprietario, ne autorizza l'utilizzazione e accetta tutte la rognosa disciplina della legge sulla privacy. Pure quattro righi di vita e opere sono graditi.
V. I. P.
EPITAFFI PROBABILI
Emile M. Cioran
Il dovere di un uomo solo è di essere ancora più solo.
Il limite di ogni dolore è un dolore più grande.
Essere o non essere... Né l'uno né l'altro.
Fallire la propria vita significa accedere alla poesia – senza il supporto del talento.
Senza Dio tutto è nulla. E Dio? Nulla supremo.
Charles Bukowski
Parlare di morte è come parlare di denaro. Noi non sappiamo né il prezzo né il valore.
FORSE SIAMO DELLA STESSA IDEA
[Salii in macchina, mi staccai dal marciapiede e mi immisi nel traffico. Erano quasi le dieci di sera. C’era la luna e la mia vita stava andando lentamente in nessun posto. (Charles Bukowski)]
Concepire un pensiero, un solo e unico pensiero − ma che mandasse in frantumi l'universo. (Emile M. Cioran)
Scrivere è qualcosa che non si sa come si fa. Ci si siede ed è qualcoasa che può succedere e può non succedere. (Charles Bukowski)
La differenza tra dittatura e democrazia è che in democrazia prima si vota e poi si prendono ordini, in dittatura non dobbiamo sprecare il nostro tempo andando a votare. (Charles Bukowski)
Solo i poveri riescono ad afferrare il senso della vita, i ricchi possono solo tirare a indovinare. (Charles Bukowski)
Come fai a dire che ami una persona, quando al mondo ci sono migliaia di persone che potresti amare di più, se solo le incontrassi? Il fatto è che non le incontri. (Charles Bukowski)
La mia unica ambizione è quella di non essere nessuno, mi sembra la soluzione più sensata. (Charles Bukowski)
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l'IRONIA DI MIO PADRE di Alfredo Bruni il soffitto della stanza si abbassava. le pareti si restringevano sempre di più. mio padre stava seduto a destra. mio zio Tony a sinistra. il fuoco al centro, ardeva nel caminetto. ma riscaldava poco. come un caminetto fasullo. io purtroppo ero seduto davanti a loro. e dovevo starci ancora un’ora. “adesso ti fai chiamare Max?!” disse mio padre. “quando capita,” dissi io. “cos’è, un nome latino?” disse mio zio che era stato professore. “!” annuii con la testa. “non so,” dissi. squillò il telefono. qualcuno rispose. era Eva. che chiamava dall’altro mondo. convenevoli. i soliti. tuo padre. tua madre. niente di nuovo. unica novità è morto il serpente. è caduto dall’albero con una mela in bocca. in frantumi, in mille pezzi. tutto fasullo, il serpente e la mela. da uno spicchio di soffitto, il sole tentava di entrare. inutilmente. girò ed entrò dalla finestra. “il lavoro come va?” parlava sempre mio padre. lo zio si limitava a fare l’eco. “cercano sempre d’incularti.” un’altra stretta al cuore. sempre più piccola diventava la stanza. la fiamma e il sole restarono indifferenti. “tuo figlio come sta?” “già, è vero, come sta il piccolino?” fa eco lo zio. “è giù con la madre, adesso sale.” passa un minuto. è più lungo dei soliti minuti. il sole entrava dalla finestra. il piccolino e la madre entrarono dalla porta. anche la nonna caduta in letargo per il diabete, si destò. la nonna si addormentava sempre, dopo un buon pranzo, cioè tutti i giorni. il piccolino salutò tutti. “nonni, ho vinto una medaglia,” disse. la nonna: “bravo”. lo zio: “ma non c’è nemmeno la pergamena!”. il nonno (mio padre): “una volta eravate in due a vincere medaglie, in famiglia. ma da quando tuo padre si è trasferito, non esiste più”. voleva essere una battuta ironica, come al solito ne venne fuori una battuta mortale. “vedi, adesso mi conoscono anche in America, negli Stati Uniti,” dissi senza alzare la voce. nessuno ci fece caso. si sentivano i cervelli che lavoravano come calcolatrici. quanto guadagni? quanto ti considera la gente? quale futuro puoi dare a tuo figlio? quanto, quale, dove, perché! datele voi le risposte se ne siete capaci! l’aria incominciava a scarseggiare. era normale, col fuoco acceso e quelle calcolatrici al lavoro. fuori non mi aspettava niente di meglio. ma almeno il soffitto non mi sarebbe caduto addosso. “anche Giuda era una brava persona,” dissi. “Giuda, quello del film di Zeffirelli?!” disse mio padre. voleva essere una battuta spiritosa, ma come al solito era una battuta schifosa. “dove sto adesso, la televisione si vede male.” “c’era da aspettarselo,” disse mio padre. “chiama un tecnico,” disse mio zio. mia madre non disse niente, perché dormiva. ma lei vedeva solo telenovele. e anche la cognata, la moglie dello zio. appunto proprio in quel momento, davano una telenovela e la zia la stava guardando. mia madre continuava a dormire. erano arrivati al punto esatto in cui Giuda bacia Cristo per tradirlo. era una telenovela religiosa. se Giuda non l’avesse tradito, a Cristo l’avrebbero ammazzato lo stesso. la storia sarebbe stata uguale. unica differenza: nessuno si sarebbe mai chiesto se Giuda era in buona fede. una domanda che resterà senza risposta. io pensavo che Giuda, era un altro di quelli, che c’erano cascati. voleva costruire il partito, per salvare il mondo, Cristo voleva salvare il mondo, abolendo i partiti. tutta qui la differenza. tutti e due hanno fatto una brutta fine. mio figlio mi aveva chiesto la sera prima – certe volte parlavamo, qualche volta cercavo pure di giocarci – mi aveva chiesto: “perché nasciamo, facciamo tanto per crescere, per apprendere, per costruire una casa, e poi dobbiamo morire?”. è la maestra di religione, e il parroco pure, che terrorizzano mio figlio, con l’idea del castigo. castigo e morte viaggiano quasi sempre insieme. un giorno o l’altro me li inculo tutti e due. non il castigo e la morte, ma la maestra e il parroco. quando ho fatto la stessa domanda – avevo la stessa età – a mio padre, lui non c’era, era assente. ho dovuto arrangiarmi da solo. dopo qualche anno ho iniziato a farmi le seghe, l’animale s’era svegliato, ma io non ne sapevo niente. ho recuperato negli anni successivi. non che le risposte che ho dato a mio figlio, gli abbiano tolto i dubbi, ma insomma qualcosa gliel’ho detta. viviamo per lasciare una traccia. se c’è la morte, il mondo deve sopravivere, e noi collaboriamo a farlo. e altre cose così, gli ho detto. ma nemmeno io ero del tutto convinto. se decidessimo di lasciarci morire, verrebbero quelli con la bombola d’ossigeno e il cibo nelle flebo, e ci farebbero resuscitare. lasciarsi morire è sbagliato, ci direbbero, altrimenti chi va a votare. ecco, questa cosa è così, il fatto di lasciarsi morire, non va bene se la fai da solo. o la fanno tutti, o niente. e poi ci sono i partiti da votare. comunque io non ne sarei capace. voglio sempre sapere se il giorno dopo piove o c’è il sole. quindi aspetto che venga da sola, la morte intendo. la curiosità è più forte della merda che la società regala a mani larghe. credo che anche mio figlio incominci a pensarla in questo modo. entrarono i soldati, presero Cristo di peso e lo trascinarono via. e dai, iscriviti al partito. forza, rinnega quello che hai sempre detto. coraggio, convertiti a noi, ti daremo anche un lavoro. Giuda intanto era scappato. trovò chiusa la sezione del partito. erano andati tutti al processo. allora decise di impiccarsi. tutto per 30 denari, nemmeno un millesimo di quanto guadagna il suo capo! la nonna (mia madre) incominciò a russare. la cognata la svegliò. mi veniva da scoreggiare, ma dovetti trattenermi. “adesso che hai deciso di fare?” chiese mio padre. “fare che cosa?” “quell’esame per la promozione.” “quanto mi danno in più?” “una trentina di denari, meno le trattenute.” “ci penso. ma prima voglio vedere come va a finire il processo. ho anche spedito un libro l’altro ieri. aspetto la risposta.” il sole bussava alla finestra, voleva svegliare mia madre che aveva ricominciato a russare. “peccato. tutta quella carta sprecata. e i francobolli,” disse mio padre. voleva essere un’altra battuta. una battuta molto ironica. ma era solo un’altra delle stronzate che produce il mondo. e poi ci lamentiamo che i figli vengono male. “non avresti tanti problemi, se mi avessi dato ascolto,” disse lo zio che era del ‘18 e cercava qualcuno per la vecchiaia. “mah!” disse mio padre. proprio in quel momento crocifiggevano Cristo in televisione, dopo una pubblicità di orologi al quarzo. proprio in quel momento la casa incominciò a tremare. il sole si nascose non so dove. la terra si aprì e sprofondammo. quando ci svegliammo, eravamo dall’altra parte del mondo. ma le case, la società, il paesaggio, tutto era uguale. cambiava solo il fatto che qui la notte era giorno e il giorno era notte. il sole era tramontato. la luna si godeva il gelo della notte. quella era l’ora delle puttane. ci saremmo dovuti abituare. mi alzai e decisi di andarmene via. Alfredo Bruni |
IL PIEGHEVOLE
Un nuovo foglio di letteratura e arte nasce in Calabria, frutto della collaborazione tra Giovanni Spedicati, editore della Mongolfiera, Maria Credidio, responsabile della Biennale di Arte Contemporanea Magna Grecia di San Demetrio Corone, Salvatore La Moglie, scrittore, Gianni Mazzei, narratore, saggista e poeta, Salvatore Genovese, scrittore e poeta, Paolo Pellicano e Alfredo Bruni, de La Colpa di Scrivere.
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