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LA COLPA DI SCRIVERE

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Messaggi del 09/04/2014

Mihaela Talabà, Il tempo degli dèi

Post n°658 pubblicato il 09 Aprile 2014 da scrittocolpevole
 
Foto di scrittocolpevole

 

 

 

 

Quando l’amico Alfredo Bruni mi ha detto che mi avrebbe mandato delle poesie di una giovane poetessa, romena, per scrivere una nota critica, mi sono detto, tra me e me, che andavo sul sicuro, convinto che avrebbero destato nel mio animo stupore e entusiasmo. Per due motivi: il primo è che Alfredo Bruni è un grande poeta e sa riconoscere chi sa fare poesia, chi sa portare nel quotidiano la meraviglia dell’assoluto e quella sospensione del tempo, proprio della grande arte: Alfredo è generoso, incoraggia i giovani talenti, ma lo fa solo se è rigorosamente convinto che ne vale la pena.

Il secondo motivo, la patria di origine della poetessa, la Romania, la terra di persone che direttamente o indirettamente hanno formato me e che ho sempre viste presenti, come orma spirituale e memoria collettiva che lievita dentro, in tutti gli amici romeni che ho conosciuti, un tesoro interiore che sanno alimentare e far fruttificare nel loro animo. E parlo di Adameșteanu che operava come archeologo nel nostro Sud, con intuizioni e accensioni intellettuali e con linguaggio che ammaliava; di Eliade e i fondamentali saggi sulla religione, di Cioran e il senso del radicamento dell’esilio in aforismi e in una prosa che morde l’anima e la inquieta, della poesia di Celan che svela il grumo nero dell’esistenza in un canto indicibile, misterioso e pericoloso come lo è la vera poesia. E tutti gli altri intellettuali romeni che appartengono all’anima universale per i grandi squarci che hanno operato nel cuore dell’uomo: da Ionescu e il teatro dell’assurdo, a Brâncuși, al fondatore del dadaismo Tzara.

Fino alla capacità di un popolo di sapersi liberare da una dittatura feroce, quella di Ceaușescu. E, ne ero convinto, trovo, leggendo, in un proprio impasto mentale e esistenziale, questa temperie culturale e sete di giustizia e di libertà nei versi di questa poetessa Mihaela Talabà, conosciuta tramite Alfredo Bruni.

Dunque, innanzitutto il titolo della silloge (e della maggior parte delle poesie) ci pone dinnanzi una poetessa che sapientemente e con conoscenza filosofica e del mito si presenta e dà il la al suo canto, come una sinfonia, “Il tempo degli dei”. Noi sappiamo che gli dei, proprio perché tali, non hanno tempo, vivono nell’eternità. Quindi questo tempo enunciato, da come è strutturata la silloge, è una speranza che quel sacro rientri nella società e nella vita attuale, tramite la poesia. Hölderlin, di cui Talabà richiama il verso ampio, misurato, narrativo, mitizzante e educativo, proiettato in un’atmosfera atemporale, parlava del tempo dei poeti nell’età della privazione e povertà della sua epoca, molto vicina (e forse ancora più povera) alla nostra, così straniante e disumana. La poetessa ritorna all’età dell’oro quando il mondo era pacificato e dialogava con il divino che era in lui, in poesia che sa orchestrare in un verso, spesso di endecasillabi, modulati in quartine, dall’andamento solenne, come fiume possente, che ha argini nel suo fluire, per non straripare e perdere il senso delle cose e, anzi, diventare dannoso. E, nella scelta delle poesie che propone, c’è l’attualizzazione della filosofia presocratica, rivisitata e con nuovi innesti, come paradigma di un nuovo vivere, in una dimensione socio-politica che è fondamentale in Talabà: c’è l’invocazione della concordia e pacificazione, che si ottiene tramite la giustizia (Il sogno di Astrea), animata interiormente dalla poesia (I fiori d’argento di Calliope) e in un nuovo patto tra terra e cielo (Il sole di Demetra).

In queste poesie, che vanno come arco temporale dal 2012 al 2014, Talabà ha immagini potenti e nuove, nonché si rivela anche come capace di dare nuovo impulso alla mitologia: si veda, tramite la simbologia dei fiori: rosa, margherita, geranio, crisantemo, i nuovi innesti che la poesia acquista parlando di Calliope. Talabà è poetessa floreale, delicata nel verso, ma di tenace resistenza, come il flessibile giunco, che sa, anche nell’andamento favolistico (c’era una volta in Il sogno di Astrea), avere versi di inaudita bellezza e novità: in attesa di un’altra raffica di vento.

Questa prima parte della silloge, l’impostazione mitica e cornice del mondo, si ripresenta anche quando l’attenzione si ristringe all’aspetto più privato della poetessa. Certo, il verso diventa più snello e assume un andamento più veloce e chiacchierino, ora di un limpido ruscello, rispetto al maestoso fiume della storia.

Ma questa necessità di congiungere terra e cielo, tempo e eternità (come era presente in Il sole di Demetra), si ripresenta anche qui, non più paludata nel mito, ma nell’inquietudine umana che anela all’assoluto: così “eterno” si connette alla fragilità della “cenere” per una “vita” che abbia l’intimità e il calore dell’altro, tramite le “mani”. Anche in questa seconda parte della silloge ci sono immagini di grande efficacia e un uso sapiente degli aggettivi: frullio bianco, vivo nello sfratto del cuore.

Talabà in una poesia, di estrema brevità, fatta di una sola parola, sposta (e in questo dimostra grande coraggio e speranza, pur nelle difficoltà che l’esistenza ci riserva) l’essenza di un essere pieno, eterno, motivato, dall’ambito del divino (Dio è, cioè esiste, è verità, è punto incontrovertibile) all’uomo, al singolo uomo: la vita è, pur nella fragilità, precarietà, oscurità, conserva la propria bellezza e miracolo che la poesia le sa dare. Il cerchio della poesia di Talabà si chiude: dal mito, dalla coralità al singolo, alla tecnologia che lei non demonizza se in Avatar trova modalità di vivere amicizia e avere fiducia nella gente.

 

 

Trebisacce 7 aprile 2014

Gianni Mazzei

 

 

Mihaela Talabà è nata a Iaşi (Romania). Nel 1997 si è trasferita in Italia e attualmente vive a Francavilla Marittima.

La poesia è l'espressione profonda del silenzio di un sentimento. (Mihaela Talabà)

 

 
 
 

IL PIEGHEVOLE

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Un nuovo foglio di letteratura e arte nasce in Calabria, frutto della collaborazione tra Giovanni Spedicati, editore della Mongolfiera, Maria Credidio, responsabile della Biennale di Arte Contemporanea Magna Grecia di San Demetrio Corone, Salvatore La Moglie, scrittore, Gianni Mazzei, narratore, saggista e poeta, Salvatore Genovese, scrittore e poeta, Paolo Pellicano e Alfredo Bruni, de La Colpa di Scrivere.

 

Il comitato dei curatori è composto da: Mimmo Aloise, Alfredo Bruni, Romilda Ciardullo, Salvatore Genovese, Gianni Mazzei, Paolo Pellicano.
 

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