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"Se questo è un uomo"
Primo Levi, chimico torinese, aveva ventiquattro anni quando fu catturato dalla milizia fascista alla fine del 1943 e, essendo ebreo oltre che partigiano, consegnato ai nazisti che lo deportarono ad Auschwitz. In questo periodo, il governo tedesco, data la scarsità di manodopera, aveva deciso di sospendere le uccisioni arbitrarie dei singoli e di allungare la vita media dei prigionieri da eliminarsi. E’ forse questa una tra le ragioni per le quali Primo Levi fu una delle quattro persone su quarantacinque contenute nel suo vagone che ha rivisto la sua casa.
La letteratura sui campi di sterminio nazisti, sull’inferno dei Lager, è certamente nutrita, ma questo suo libro, ricco di particolari atroci, testimonianza sconvolgente ed efficacissima, è anche un capolavoro letterario.
“Nulla è più nostro: ci hanno tolto gli abiti, le scarpe, anche i capelli; se parleremo, non ci ascolteranno, e se ci ascoltassero, non ci capirebbero. Ci toglieranno anche il nome: e se vorremo conservarlo, dovremo trovare in noi la forza di farlo, di fare sì che dietro al nome, qualcosa ancora di noi, di noi quali eravamo, rimanga.”
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Il suo congedo Primo Levi l’aveva scritto per tempo, il 10 dicembre 1984, con la poesia
Carichi pendenti.
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Non vorrei disturbare l’universo.
Gradirei, se possibile,
Sconfinare in silenzio
Col passo lieve dei contrabbandieri
O come quando si diserta una festa.
Arrestare senza stridori
Lo stantuffo testardo dei polmoni,
E dire al caro cuore,
Mediocre musicista senza ritmo:
- Dopo 2,6 miliardi di battute
Sarai pur stanco; dunque, grazie e basta -.
Se possibile, come dicevo;
Se non fosse di quelli che restano,
Dell’opera lasciata monca
(ogni vita è monca),
Delle pieghe e piaghe del mondo;
Se non fosse dei carichi pendenti,
Dei debiti pregressi,
Dei precedenti inderogabili impegni.
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Conservo nel portafoglio questa poesia di Primo Levi , quasi un necrologio a se stesso. E ricordo il giorno in cui ha abbandonato per sempre i suoi impegni. Il dolore ha avuto il sopravvento su di lui.
Non è giusto vivere tanto dolore ...
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Kalina e Trappolina
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grazie Nadia!
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