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Post N° 693

Post n°693 pubblicato il 17 Luglio 2006 da corsivo79

"L'INTER, CARRARO E GALLIANI: IL MOSTRO NON SONO IO"

Intervista esclusiva a Luciano Moggi su Repubblica: "Lo scandalo non ha cambiato nulla" 

"Dalla casa polverosa spazzati via due granelli di sabbia, Giraudo e io E adesso dicono che la casa è pulita"
Le intercettazioni, il potere, i soldi, gli arbitri: intervista al protagonista delle inchieste che spaccano il calcio
"Romperò le scatole ai falsi moralizzatori. Io a cena con Bergamo a titolo vinto, Facchetti mentre lottava per la Champions..." . "L´Inter patteggiò per il passaporto falso di Recoba. E ora è l´unica ad avere cointeressenze in un club di B, lo Spezia"
Quale?
«Quello dell´incazzatura. Sono incazzato nero e ho trovato un nuovo lavoro».
Torna nel calcio?
«Sì, torno nel mondo del calcio come rompicoglioni. Indicandoli con nomi e cognomi, romperò le scatole ai falsi moralizzatori di questo mondo che si vuole pulito soltanto perché si è liberato di Antonio Giraudo e Luciano Moggi. Spazzano via dalla casa polverosa due granelli di sabbia e dicono che la casa è pulita. Io invece vi dico che la casa era messa così e così quando ci sono arrivato e così così la lascio. Per capire come vanno le cose, basta leggere i giornali o quella simpatica rubrichetta della Gazzetta dello Sport firmata da Candido Cannavò: già il titolo - Fatemi capire - è un programma».
Che significa che è "un programma"?
«Fatemi capire, Cannavò è stato per 18 anni il direttore della Gazzetta dello Sport e deve ancora capire? Penso che abbia capito benissimo. Quella sua rubrichetta serve solo per dimenticare e creare falsi bersagli. Parla di calcio pulito e tutta la spazzatura ce l´avrebbe messa Luciano Moggi. Fatemi capire, il passaporto falso di Recoba per cui l´Inter ha patteggiato, che cos´è? Qual è la sola società di serie A che ha cointeressenze con una di B? Non è l´Inter con lo Spezia? Fatemi capire, c´è differenza se Moggi va a cena da Bergamo con lo scudetto già in tasca e Giacinto Facchetti si attovaglia, con Bergamo, mentre l´Inter ancora lotta per un posto in Champions? Le fidejussioni false firmate da Giacinto Facchetti per la Reggina, non sono forse illeciti pieni? E allora perché la presunzione dell´illecito - cioè non il peccato, ma il solo pensiero del peccato - è sufficiente alla giustizia sportiva per condannare? Lo chiedo, badate, non per me, ma per un club come la Juventus condannato con quella penalizzazione in serie B. Io ho molti tifosi che mi chiamano e mi informano. Nel mondo dei tifosi ce n´è di tutti i tipi. C´è chi arriva a fatica a fine mese e, nonostante ciò, compra un biglietto di curva e chi invece bazzica il mondo della finanza e degli affari».
Signor Moggi faccia capire pure noi, che cosa vuole dire? Che cosa le dicono questi tifosi che capiamo essere persone bene informate?
«Chiunque può vederlo. Degli illeciti documentati dell´Inter che, in qualche caso, hanno addirittura prodotto il patteggiamento giudiziario non si parla. Un giornale, partecipato da uno degli ex azionisti dell´Inter, sta conducendo una campagna di falsa moralizzazione che ha trasformato lo scandalo del calcio in "Moggiopoli". Su quello stesso giornale abbiamo letto con 24 ore di anticipo la sentenza della Caf. Il commissario straordinario della Figc che dovrebbe rimettere le cose in ordine è un ex consigliere dell´Inter. I tifosi che mi telefonano pensano che gatta ci cova. E io comincio a crederci».
Moggi, anche lei cade nel complottismo. Ci sta dicendo che in quel che è accaduto c´è la mano dell´Inter di Moratti?
«Non parlo di complotto. Non sono in grado di dire che gli ambienti finanziari e giornalistici vicini all´Inter hanno provocato tutto questo, ma è un fatto che ne stanno approfittando. Dico solo che ci vuole anche in questo un po´ di misura. Se si vuole far credere all´opinione pubblica e ai tifosi italiani che il mondo del calcio era sporco ed era sporco perché c´era Moggi, è una menzogna. In questi giorni, ho visto in televisione un procuratore che si è improvvisamente travestito da moralizzatore del mondo del calcio. Questo signore sostiene che i procuratori non debbano avere nella propria scuderia giocatori e allenatori. Bene, questo stesso signore ha appena sistemato un allenatore in serie B e l´allenatore va dicendo in giro che ingaggerà soltanto giocatori di quel procuratore. Non è divertente?».
Ci fa il nome del procuratore?
«No. Nell´ambiente del calcio hanno capito chi è. Chi non è nell´ambiente del calcio deve sapere - ed è quel che conta - che, fuori Moggi e Giraudo, non è cambiato nulla. Per parte mia, comincio a chiedere scusa a tutti i tifosi e a tutti i giocatori. In questi mesi, ai tifosi è stato fatto credere che il campionato fosse una farsa. Che chiunque poteva mettere le mani su uno scudetto andando a cena con Bergamo e Pairetto. Non è vero. Lo spettacolo in questi anni è stato genuino ed è stato onorato dall´impegno dei calciatori. Chi l´ha vinto meritava di vincerlo. Io l´ho vinto perché ero più bravo degli altri e perché la Juve era più forte. Guardate quest´anno. La Juventus ha vinto il campionato di serie A, il campionato Primavera e Allievi e ha portato in finale di Coppa del Mondo i suoi migliori giocatori di oggi e di ieri. Senza contare Marcello Lippi, Ciro Ferrara fino al fisioterapista Aldo Esposito. O vogliamo dire che anche i Mondiali non sono puliti? Vedo, però, che tanti altri responsabili, come me, di come è andato il calcio in questi anni nemmeno si sognano di chiedere scusa».
Ci faccia qualche nome.
«Mica ve ne faccio soltanto uno».
Chi è il primo che dovrebbe chiedere scusa?
«L´ormai ex presidente federale Franco Carraro. Dice che faceva soltanto il vigile urbano e si limitava a dirigere il traffico. Peccato che facesse passare con il rosso chi voleva lui».
Ma all´elezione di Carraro ha contribuito anche lei.
«Questa è una barzelletta. Io in Federazione non contavo nulla. Non avevo alcun ruolo e nemmeno la possibilità di partecipare alle assemblee».
Bisogna partecipare alle assemblee per contare?
«No. Ma bisogna contare nelle migliaia di società dilettantistiche, per esempio. E io avevo altro da fare. Poi, che io non contassi in federazione lo dice anche Carraro. È l´unica verità che gli ho sentito dire in questi mesi».
Carraro deve chiedere scusa. Chi altro?
«Vorrei dedicare un pensierino anche a Galliani e Confalonieri. Confalonieri dice che il Milan è vittima da 15 anni del "regime di Moggi". Stimo Confalonieri per il lavoro che fa. Dovrebbe parlare soltanto di quello e non di cose che non conosce. Se viene a parlarmi di regime - proprio lui, poi - devo ricordargli che il presidente della Lega si chiamava Adriano Galliani. Nome che a Confalonieri non dovrebbe essere sconosciuto. Come non dovrebbe dimenticare che Galliani si dava da fare per sistemare un suo protetto finanche al vertice della Commissione arbitri di serie C. Per non parlare dei diritti televisivi».
Parliamone invece. Per i non addetti, non regge la sua difesa che più o meno suona così: «Il mio concorrente aveva tra le mani quello straordinario strumento di persuasione e business che è la televisione e noi da Torino dovevamo arrangiarci in qualche modo per non essere spazzati via». Ora però, la Juve non ha mai avuto problemi di diritti tv, e allora?
«E allora non avete capito niente. Dovete guardare non alla Juve, ma alle piccole squadre che tirano avanti con i denti e hanno bisogno del denaro della televisione. E quel denaro non lo distribuivo io, lo distribuiva il mio concorrente. Volete una prova? Guardate quel che succedeva in Lega per la nomina del presidente. Diatribe che duravano mesi e poi, d´improvviso, puff: Galliani presidente. Dov´erano più le polemiche? Spazzate via dalla distribuzione dei diritti televisivi. Chi era il più forte allora? Moggi o Galliani? E perché si parla sempre di Moggi e mai di Galliani? Fatemi capire».
Visto che siamo in area Mediaset, racconti una buona volta - e non se ne parli più - del suo incontro con Silvio Berlusconi.
«Berlusconi mi chiama e mi propone una candidatura in "Forza Italia", e vabbé queste sono stupidaggini. Mi chiede di andare al Milan. Sono lusingato, gli dico, ma sono un dirigente di azienda vincolato con un contratto a tempo indeterminato con la Juve. Gli rispondo che ci devo pensare. Lui mi dice che ne parlerà con Galliani».
Lei ha capito se Berlusconi aveva già preso visione o era stato informato del dossier con le prime intercettazioni spedito a Carraro dalla Procura di Torino?
«Penso proprio di sì. So che, dopo quel colloquio, Berlusconi ne parla con Galliani e comincia la slavina. Guarda caso, toh!, con le prime indiscrezioni pubblicate dalla Gazzetta dello Sport».
Alla Gazzetta, signor Moggi, hanno fatto solo il loro lavoro. Hanno dato le notizie che avevano.
«Mettiamola così. Mi piacerebbe sapere se, dopo il colloquio con Berlusconi, e il mio possibile arrivo al Milan, non siano stati Galliani e Carraro a scatenare la bufera attraverso la Gazzetta dello Sport».
Lei è furioso, ma il risentimento non può farle dimenticare le sue responsabilità, che vengono da molto lontano. Secondo alcuni, risalgono a vent´anni fa quando lei sostituì il mago Merlino del calcio di allora: Italo Allodi. È così?
«Il sistema Allodi era molto semplice. Era il sistema dell´ascendenza sulle società di calcio. C´era ai suoi tempi e io l´ho ereditato».
Che significa "ascendenza".
«Il sistema delle regole tacite. Un esempio. Se la squadra A non ha più nulla da pretendere dal campionato e incontra la squadra B che lotta per la salvezza gli lascerà la partita. La giocherà mettendo qualche "primavera" in campo e, in ogni caso, con una formazione non competitiva. Non c´era bisogno di accordi».
Questo nel mondo di Allodi. E nel mondo di Moggi?
«Ognuno tesseva il filo che aveva. Tentando di non farselo tagliare con le forbici. Guardate il mio rapporto con Galliani. Ora dicono che eravamo pappa e ciccia. In realtà lui mi guardava dal buco della serratura e io dalla finestra socchiusa. Il fatto è che io dovevo soltanto proteggere un grande gruppo e una grande società dalle porcate. Questa era la mia preoccupazione costante, oltre a fare grande la squadra».
Non ci dirà adesso che la necessità di avere 20 mila schede telefoniche svizzere nasceva soltanto da un bisogno di protezione dalle aggressioni altrui. Che cosa doveva nascondere?
«È proprio così: mi dovevo proteggere dalle aggressioni. Innanzitutto quelle schede non sono ventimila, ma venti e, normalmente, le buttavo via dopo 15 giorni. Le prendevo soltanto per non rendere facile violare la privacy del mio lavoro. Abbiamo una legge sulla privacy con un Garante che non garantisce e c´è molto spionaggio industriale. L´unico mezzo era eclissarmi. Trattavo in quel periodo Cannavaro, Ibrahimovic ed Emerson. Li volevano anche altri. Anche l´Inter, per esempio. E quando le cose si mettono così, il giocatore o lo si paga troppo o lo si perde. Con quelle 20 schede mi sono soltanto cautelato da intrusioni che pure ci sono state».
E la scheda riservata consegnata al designatore Paolo Bergamo, che c´entra con la privacy e con il mercato?
«Fu Bergamo a chiedermi la scheda per problemi esclusivamente suoi. Quella scheda non la usava per comunicare con me».
Eppure, uno dei suoi colpi di mercato più clamorosi come l´arrivo di Capello sulla panchina della Juve tanto riservato non era, visto che divenne uno scoop di Giorgio Tosatti.
«Non diedi io la notizia a lui. Lui la diede a me. Io avevo già deciso per un altro allenatore. Fu Giorgio a dirmi che se avessi fatto il tentativo con Capello qualcosa avrei raccolto. Così feci».
Questo per Capello. Ma per le «intrusioni», i suoi sono soltanto sospetti?
«No. Sono certezze».
Ci racconti un episodio.
«Ragazzi, non potete pretendere che dica tutto, subito, e in una sola soluzione. Vi ho detto che in futuro voglio fare il rompicoglioni».
Il suo lavoro ha avuto, forse, la migliore definizione con le parole dell´Avvocato.
«Quali?».
Non dica che non sa che l´Avvocato diceva di lei che «lo stalliere del re deve conoscere i ladri di cavalli».
«Io non l´ho sentita, ma l´ho letta da qualche parte e comunque è solo una di quelle battute che piaceva fare all´Avvocato. Con lui avevo un eccellente rapporto. Ci sentivamo anche dieci volte al giorno. Ora mi tocca leggere che mentivo finanche a lui».
Beh, non gli disse che stava vendendo Bobo Vieri.
«È falso. Le cose andarono così. Il giorno prima della vendita di Vieri, l´Avvocato mi chiese notizie. Stava andando a una riunione dell´Ifil. Gli dissi che avrei tenuto il giocatore. Il giorno dopo, Vieri viene in sede, vuole tanti miliardi, il posto da titolare e non so che altro. Per di più aveva anche litigato con Lippi. Io alzo il telefono, parlo con l´Atletico Madrid e i 28 miliardi della prima proposta diventano 34. Cercai subito l´Avvocato per dirglielo, ma non lo trovai. Era a Montecarlo. Il tentativo di sporcare anche il mio rapporto con l´Avvocato mi fa molto arrabbiare. Ho sempre ammirato la sua straordinaria passione per la Juve. Voleva sempre la squadra più forte, e se non si spendeva troppo era meglio. È una regola che ho seguito fino allo scorso anno. Squadra forte, bilancio sano. Ricordo che vidi l´Avvocato il giorno prima che morisse. Mi chiamò e mi disse di andare a casa insieme a Marcello Lippi. Ci disse: "Vi ho voluto qui, perché forse non ci vedremo più"».
L´atteggiamento della famiglia Agnelli e della società sembra essere cambiato nei suoi confronti.
«L´atteggiamento della Juve è comprensibile. È necessario salvaguardare gli aspetti economici del club. Ma non ho visto nessuna contestazione o censura su come si è comportato il sottoscritto».
Ammetterà che i rapporti tra lei e Lapo Elkann non erano idilliaci. La voleva allontanare dalla Juventus e, come lei saprà, tra le cose che si sentono dire da qualche mese, è che lei avrebbe organizzato la fuga di notizie sull´incidente occorso a Lapo.
«È un´infamia. Io a quel ragazzo voglio bene e sono rimasto umanamente dispiaciuto delle sue difficoltà».
Ammetterà che, quando era in auge, non ha mai smentito dicerie di questo genere.
«È stato un errore. Ho sempre lasciato correre perché provavo piacere nel veder crescere il mito del "Re del mercato". Ho capito troppo tardi che quegli osanna annunciavano il disastro. Non mi sono accorto per tempo che quel mito che circondava ogni mia parola o intenzione o azione - spesso enfatizzato dalla stampa - serviva soltanto a creare il mostro che bisognava distruggere per lasciare tutto come era. Se ho fatto un errore, e sicuramente ne ho fatti, questo è il più grave. Mi sono fatto giocare dalla mia stessa vanità».
Che cosa pensa della sentenza della Caf di Ruperto?
«È una sentenza che serve soltanto a colpire, attraverso Giraudo e me, la Juve. È una sentenza che ha selezionato 40 telefonate, secondo convenienza, su una massa di 100 mila. Devo aggiungere altro? Vedete, io leggo "il libro nero del calcio" pubblicato dall´Espresso. Lo annoto e in questo block-notes prende forma il mio libro nero. Appunti contro i falsi moralizzatori. Sarà il mio nuovo lavoro perché questa rivoluzione nel calcio assomiglia a quella storia della fine della Prima Repubblica che ha lasciato credere nella nascita di una Seconda, mentre poi abbiamo scoperto che, se si esclude qualche nome, nulla è cambiato». (Intervista di Carlo Bonini e Giuseppe D'Avanzo - tratta da La Repubblica)

 
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