La Sindrome di Stendhal, detta anche "Sindrome di Firenze, la città in cui si è spesso manifestata, è una affezione psicosomatica che provoca tachicardia, capogiro, vertigini, confusione e allucinazione in soggetti messi al cospetto di opere d'arte di straordinaria bellezza, specialmente se esse sono compresse in spazi limitati. Il nome di questa sindrome è attribuito allo scrittore francese Stendhal (1783/1842), che ne fu personalmente colpito durante il suo Grand Tour effettuato nel 1817, e ne diede una prima descrizione che riportò nel suo libro "Roma, Napoli, Firenze" - "Ero giunto a quel livello di emozione dove si incontrano le sensazioni celesti date dalle arti ed i sentimenti appassionati. Uscendo da Santa Croce, ebbi un battito del cuore, la vita per me si era inaridita, camminavo temendo di cadere"
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La bellezza è l'insieme delle qualità percepite tramite i cinque sensi, che suscitano sensazioni piacevoli che attribuiamo a concetti, oggetti, animali o persone nell'universo osservato, che si sente istantaneamente durante l'esperienza, che si sviluppa spontaneamente e tende a collegarsi ad un contenuto emozionale positivo, in seguito ad un rapido paragone effettuato consciamente e inconsciamente, con un canone di riferimento interiore che può essere innato oppure acquisito per istruzione o per consuetudine sociale. Nel suo senso più profondo, la bellezza genera un senso di riflessione benevola sul significato della propria esistenza dentro il mondo naturale. (Wikipedia)
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Il Pandolce Genovese
Post n°152 pubblicato il 19 Dicembre 2016 da Kasimir.Malevic
La Storia Del Pandolce Genovese Secondo lo storico Luigi Augusto Cervetto (1834-1923), il Pandolce ha origini persiane, soprattutto per una ritualità ad esso legata: appena spuntava l’alba del giorno di Capodanno, il più giovane fra i sudditi portava al Re come dono beneaugurante un grande pane dolce, pieno di mele e canditi, che veniva diviso fra tutti i dignitari di Corte. Secondo altri deriva dall’antichissimo pane ligure detto "pan co-o zebibbo", con l’uva secca, arricchito negli anni di cedro o zucca candita, acqua di fior d’arancio, semi di finocchi e pinoli. Oggi il pandolce si compra già fatto, ma un tempo le donne lo preparavano in casae ciascuna aveva la sua ricetta segreta e il suo modo particolare di confezionarlo. La lievitazione è importantissima per questo dolce. ha bisogno di caldo costante e così alcune signore fino al secolo scorso, se lo portavano addirittura a letto, mettendolo in fondo, sotto le coperte. Poi lo si cuoceva nella cucina a legna o si portava dal fornaio di fiducia. Come voleva la tradizione, era il Capofamiglia che a Natale, terminato il pranzo, tagliava solennemente il pandolce: la prima fetta era destinata alla Mamma per l’assaggio, e successivamente veniva distribuito a tutti i convitati, tranne una fetta che, avvolta in un tovagliolo, veniva messa da parte per essere mangiata – un pezzettino a testa – il 3 febbraio, giorno di San Biagio protettore della gola. Ingredienti Farina - 300 g Burro (temperatura ambiente) - 85 g Zucchero - 100 Uova - 1 - Sale fino - un pizzico Uvetta - 230 g Arancia candita - 80 g Pinoli - 20 g Lette intero 80 g Lievito in polvere per dolci - 10 g Preparazione
In una terrina diluite il lievito con poca acqua tiepida e un cucchiaino di zucchero, poi mescolatelo con 50 grammi di farina, coprite e lasciate fermentare per circa 30 minuti. Mescolate la restante farina con il sale, disponetela a fontana sul piano di lavoro, al centro mettete lo zucchero avanzato, il burro a pezzetti e il lievito, lavorate l’impasto con acqua tiepida fino a ottenere una liscia consistenza. Incorporatevi l’uvetta bagnata e strizzata, l’arancia candita tritata, pinoli e semi di finocchio. Trasferite l’impasto in una terrina imburrata, coprite e lasciate lievitare per 2-3 ore lontano dalle correnti d’aria. Quando la pasta avrà raddoppiato il volume, trasferitela sul piano di lavoro, datele una forma rotonda e adagiatela in una teglia foderata con l’apposita carta. Copritela con un telo da cucina e fatela lievitare ancora per circa 2 ore. Al momento di cuocerla praticate dei tagli sulla superficie e mettete in forno caldo a 190° per circa 1 ora (consigliabile per i primi 30 minuti in forno ventilato). Ritirate, lasciate raffreddare a temperatura ambiente, quindi trasferite il pandolce sul piatto da portata, infilate sulla sommità un rametto d’alloro e servite. |
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