Creato da lost4mostofitallyeah il 04/03/2009
CON QUEL TRUCCO CHE MI SDOPPIA LA FOCE
 

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Guarda che luna. Capitolo terzo.

Post n°268 pubblicato il 14 Dicembre 2015 da lost4mostofitallyeah








Mi accomodai come meglio potei la giacca da capitano sulle spalle, poi tornai a sfilarmela, levandomi al contempo le mostrine da sottufficiale. Infine indossai ancora i segni distintivi del Capitano Eberhard e tornai a squadrare quel gruppo omogeneo come fosse realmente parte della mia Unità. Mi stupiva la compattezza, la serietà e la determinazione di quei giovani uomini africani e, per un attimo, provai anche una profonda ammirazione verso di loro e la loro versatilità di combattenti. Qualcosa che era stato avvolto dalla leggenda come le loro azioni sul campo non poteva che instillarmi sentimenti di rispetto e comprensione. Ma cosa, in nome del cielo, Li aveva spinti a ribellarsi proprio quando le sorti dello scontro volgevano in favore del nostro schieramento? Cosa Li aveva convinti a passare armi e bagagli a un nemico ormai in rotta? Abbassai lo sguardo sui miei stivali. Era la stessa domanda che avrei potuto pormi Io stesso senza nessun tipo di meraviglia: cosa Mi aveva convinto a liberarmi del mio esercito mentre era in atto un'offensiva poderosa con tanto di truppe nemiche prigioniere e stritolate dentro sacche vastissime, il cui magro destino era solo quello di essere sezionate e sterminate chirurgicamente? Cosa aveva spinto carnefice e vittime a trovarsi nella stessa amara condizione e ad avere solo una vaga e vaporosa idea su come uscirne senza subire una meritata corte marziale, se non la fucilazione sul campo? Mi passai la mano sul viso e la ritirai madida di sudore, poi alzai gli occhi verso un giovanissimo tenente che non la smetteva di scrutarmi con curiosità :"Ma perché?....Intendo dire....quale ragione può avervi spinto a....." Il tenentino con una strana saggezza mi prese una mano inerte e cominciò a scuoterla :"Posso farle la stessa domanda, ufficiale. cosa l'ha spinta così lontana dalle sue linee? Come mai si aggirava per i capannoni semidistrutti di un complesso industriale in disuso? cosa la stava spingendo negli uffici deserti di una compagnia che non esiste più...forse da secoli?" Irrigidì il polso e strinsi quella mano ossuta quasi a cercare di catturarne un po' di calore e comprensione :"Ero semplicemente stanco e provato. Ho appena vent'anni e un mucchio di responsabilità sulle spalle. Non vado in licenza da dieci mesi
e ho una ragazza, dietro le linee, che sta per partorire. Mia madre non ha mie notizie e questa guerra mi sta affogando. Sto arrivando con la bocca alla linea di galleggiamento e presto arriverò alle bollicine d'aria. Ho deciso, semplicemente, di incamminarmi. Di sortire dalle nostre postazioni per vedere se c'era qualcosa di diverso qualche centinaia di metri più avanti, se veramente stavamo vincendo questa Battaglia o se era un'altra delle offensive a corto respiro destinate a naufragare in nulla. In poche parole: avevo bisogno di respirare gli spazi." "è un filosofo?" Mi fece sorridente uno dei soldati con il petto coperto di patacche decorative. "Sono un uomo. E come tutti gli uomini non riesco ad aggrapparmi alla sola Realtà". Il Capitano Eberhard, che era rimasto in silenzio fino a quel punto, sollevò l'indice e me lo puntò contro :"Lei è un credente, Ufficiale?" "Diciamo che cerco di credere." "Male, molto male. Impossibile non avere una lanterna quando si brancola nel buio. Guardi Noi: ci confondiamo con le tenebre. siamo più neri della pece, eppure siamo riusciti a trovarla! Lei, la nostra personale salvezza. A volte capita che a risplendere troppo ci si fa notare. è una cosa che Noi, Africani, abbiamo appreso in fretta." Li raccolsi quasi tutti in uno sguardo perplesso e mi resi conto che mi stavano considerando veramente il loro passaporto per la sopravvivenza. Io, che ero sfuggito ai miei compagni con una gran confusione in testa e senza la più pallida idea di sapere dove stavo muovendomi, e in cerca di che cosa.
Ora il Capitano Eberhard pareva avere mutato d'umore e di stare per arrabbiarsi parecchio :"Davvero credeva di mettersi in una terra di nessuno e di aspettare che la Battaglia sfuriasse per poi riunirsi ai suoi compagni come se Nulla fosse successo? Davvero riteneva che la sua assenza ingiustificata non sarebbe stata notata e che avrebbe salvato la pelle ficcandosi in un buco
di ufficio in una fabbrica diroccata? Questo mi sorprende e mi fa innervosire se proprio lo vuole sapere. Lei è un vigliacco signor sottufficiale." Rabbrividì e un moto di reazione mi salì alla gola insieme alla rabbia per essere trattato per quello che non ero: un disertore. "La mia era una fuga del tutto personale, Capitano! Non ho mai avuto l'intenzione di passare al nemico né di imboscarmi in un luogo desolato per paura o codardia. Mi sono esposto con la mia divisa e se v'era una vocazione, forse, inconsciamente, era quella al martirio. Forse aspettavo solo il proiettile di un cecchino nascosto in questa brughiera. Si è impossessata di me una pulsione ad abbattere le barriere e le trincee. Quando ho saputo che l'Offensiva stava avendo successo la sensazione di spazio e Vittoria mi ha sormontato e ha preso possesso della mia anima, costringendomi a camminare verso la Libertà e a incamminarmi, in un certo senso, verso il Ritorno a Casa." Il Capitano aveva cessato l'aria ostile e ora mi sogguardava dal basso in alto, accoccolato vicino al fuoco "Non ha piastrina di riconoscimento con Sé. E visto che d'ora in avanti sarà il nostro Graduato maggiore, beh, possiamo avere l'onore, Noi poveri africani, di sapere con chi stiamo parlando?" Pensai subito che sarebbe stato inutile continuare una frusta commedia e mormorai a bassa voce, quasi soprappensiero :"Defant. sottotenente Ariele Defant." Subito il silenzio, che già era di marmo intorno a me, si fece d'acciaio.






 
 
 
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