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I LIBRI DI WALTER CAPUTO

NON E' COLPA DELLA STATISTICA - 1° edizione 2023 - in versione cartacea

LA PIZZA AL MICROSCOPIO (con Luigina Pugno) - 1° edizione 2016 (rassegna stampa)

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NON E' COLPA DELLA STATISTICA

Come acquistare il libro "Non è colpa della statistica"

La recensione di Gaetano Lisco

La recensione di Paride Iuso

La recensione di Antonella Amato

Indagine sui limiti della calcolabilità: intervista al Prof. Alfredo Garro

Un approccio non matematico alla statistica per le scienze mediche

Video su Tik Tok a cura di "Libriperdavvero" in cui viene presentato il libro "Non è colpa della statistica" e letta l'introduzione


Su Instagram, con il nome di "Statbunker", l'autore si occupa di debunking statistico e probabilistico


 
 
 
 
 
 
 

Messaggi di Febbraio 2015

 

TEMPI STRETTI PER LA NUOVA CERTIFICAZIONE UNICA

Post n°725 pubblicato il 27 Febbraio 2015 da paghe_contributi
 

Addio al vecchio C.U.D., ovvero alla Certificazione Unica Dipendenti. Ora c'è la C.U., Certificazione Unica e basta. Ma - a parte la denominazione - le novità sono molte, e rappresentano un aggiornamento per il corso base di paghe e contributi.

Innanzitutto la nuova Certificazione Unica 2015, con riferimento ai redditi 2014, comprende anche i redditi di lavoro autonomo e i redditi diversi (oltre a quelli di lavoro dipendente).

Va consegnata ai lavoratori entro il 28 febbraio 2015. Ma questo non è l'unico adempimento dei sostituti d'imposta. Questi ultimi devono anche trasmettere la C.U. all'Agenzia delle Entrate entro il 7 marzo (termine da intendersi prorogato al 9 marzo, in quanto il 7 cade di sabato).

I tempi sono quindi piuttosto stretti. I lavoratori devono controllare le C.U. e confermarne la correttezza ai datori di lavoro. D'altronde - per i sostituti d'imposta - è prevista una sanzione pari a 100 euro per ogni certificazione omessa, tardiva o errata. Tuttavia, in caso di errata trasmissione, qualora l'invio della corretta certificazione avvenga entro i 5 giorni successivi alla scadenza del 7 marzo, la sanzione non si applica.

Walter Caputo - 27 febbraio 2015

 
 
 

BUONI PASTO ELETTRONICI ESENTI FINO A 7 EURO

Post n°724 pubblicato il 17 Febbraio 2015 da paghe_contributi
 

Nell'ebook Corso base di paghe e contributi si forniscono (anche) gli elementi per calcolare una busta paga dall'inizio alla fine, per essere precisi: dal lordo al netto.

Per poter redigere una busta paga occorre sapere quali voci vengono colpite da contributi previdenziali e quali da IRPEF (Imposta sul Reddito delle PErsone Fisiche). Infatti, i contributi e le ritenute fiscali sono le due principali trattenute che i lavoratori vedono in busta paga.

Certo, sono moltissime le voci di retribuzione imponibili ai fini previdenziali e fiscali (ciò significa che su quegli importi vanno calcolati i contributi previdenziali e l'IRPEF e poi vanno detratti in busta paga), ma ci sono delle eccezioni. Ovvero esistono degli importi che - pur rappresentando una forma di retribuzione per il lavoratore - non vengono "tassati" (talvolta solo fino ad una determinata soglia).

Ad esempio, a pag. 149 dell'ebook citato si legge: "La prestazioni sostitutive del servizio mensa (es. buoni pasto) sono esenti da contribuzione fino a 5,29 euro per ogni giornata di lavoro". L'art. 1, co. 16 e 17 della Legge di Stabilità 2015 ha innalzato la soglia di esenzione a 7 euro, ma solo per i buoni pasto rilasciati in formato elettronico. Tale novità scatterà dal prossimo 1° luglio 2015.

Quindi la soglia di esenzione (sia contributiva che fiscale) dei buoni pasto cartacei resta invariata a 5,29 euro, mentre quella dei buoni pasto elettronici passa a 7 euro. Un esempio? Prendiamo un mese qualunque con 20 giorni lavorativi e un lavoratore che riceve un buono pasto elettronico da 10 euro per ciascuno di quei 20 giorni. Il lavoratore ottiene 200 euro (10 euro x 20 giorni). Di quei 200 euro, solo 60 euro (= 3 euro x 20 giorni) vengono tassati: in busta paga, verranno detratti i contributi previdenziali a carico dipendente (poco meno del 10% di 60 euro) e l'IRPEF (come minimo il 23% di 60 euro, salvo detrazioni per lavoro dipendente e carichi di famiglia).

Walter Caputo - 17 febbraio 2015

 

 

 

 
 
 

LA FORMA DEL CONTRATTO DI APPRENDISTATO

Post n°723 pubblicato il 10 Febbraio 2015 da paghe_contributi
 

Oggi parliamo del contratto di apprendistato. Tale contratto va stipulato in forma scritta? La forma scritta è obbligatoria per qualunque contratto di lavoro?

No, la forma scritta non è obbligatoria per qualunque contratto di lavoro, ma è spesso scelta per poter - più facilmente - provare l'esistenza di un rapporto di lavoro.

In alcuni casi, quando oltre al rapporto di lavoro - nel senso del normale scambio fra prestazione lavorativa e retribuzione - c'è qualcos'altro, spesso è obbligatoriamente richiesta la forma scritta.

E' il caso del contratto di apprendistato. Infatti l'art. 2, comma 1, lettera a) del D.lgs. n. 176/2011, come modificato dalla legge n. 78/2014, di conversione - con modificazioni - del D.L. n. 34/2014 (c.d. Jobs Act), prevede la redazione in forma scritta del contratto, del patto di prova e del piano formativo individuale (quest'ultimo può essere redatto anche utilizzando moduli e formulari stabilita dalla contrattazione collettiva o dagli enti bilaterali).

Ma come si calcola la busta paga di un apprendista? Basta seguire le semplici regole contenute nell'ebook "Corso base di paghe e contributi".

 

 
 
 

CONTROLLO DI GESTIONE: COME CONSIDERARE LA CAPACITA' PRODUTTIVA INUTILIZZATA?

Post n°722 pubblicato il 03 Febbraio 2015 da paghe_contributi
 

Circa una settimana fa ero presso il Consaf per insegnare Controllo di Gestione ai direttori socio-sanitari. 

Mentre si discuteva del concetto di saturazione della capacità produttiva, è saltato fuori un quesito molto interessante, che non riguarda esclusivamente l'ambiente socio-sanitario.

Infatti, durante la lezione - mentre spiegavo utilizzando materiale estratto dal mio ebook "Le basi del controllo di gestione" - in particolare una studentessa ha ipotizzato che la mancata saturazione della capacità produttiva possa essere vista come una risorsa e non come una disgrazia.

Mi spiego meglio: tutti sanno che è sicuramente opportuno saturare la capacità produttiva, ad es. se uno stabilimento è in grado di produrre 100000 pezzi all'anno, deve produrre esattamente quella quantità, poichè sostiene costi fissi per quella dimensione di impresa. Produrre meno del massimo, cioè meno di 100000 pezzi, significa non saturare la capacità produttiva, e ciò implica avere costi di produzione più alti rispetto a quei concorrenti che invece lavorano a pieno ritmo.

Ciò capita perché - detto alla buona - il totale dei costi fissi (es. affitti, canoni fissi utenze ecc.) non cambia, ma può essere diviso per 100000 oppure per (ad esempio) 80000: in questo secondo caso il costo fisso unitario (che incide su ogni pezzo prodotto) sarà maggiore. 

Tuttavia può capitare che un'azienda non produca 100000 pezzi, semplicemente perché non riesce a venderli (in quanto ha dei concorrenti, o comunque la sua dimensione non è ottimizzata rispetto ad un periodo di crisi economica). Questa situazione può essere più grave per quelle imprese che hanno una capacità produttiva che non può essere facilmente adattata alle fluttuazioni del mercato.

Mi riferisco, ad esempio, ad un'aereo semivuoto oppure ad un albergo semideserto. Nel corso presso il Consaf, il problema riguardava le strutture per anziani, che possono essere anche sature in un certo momento, ma poi - purtroppo - le persone muoiono, e i posti letto restano vuoti. E i costi unitari salgono. Quindi si tratta di un problema di controllo di gestione.

Questa situazione, normalmente, viene considerata un "disgrazia" e si cerca di fare il possibile (e l'impossibile) per saturare la capacità produttiva. Però, a livello di budget, la capacità produttiva non utilizzata (es. il valore economico dei posti letto vuoti) potrebbe essere calcolata come una risorsa economica utilizzabile (un po' come viene fatto per le rimanenze di prodotti finiti, ovvero prodotti invenduti il 31/12, ma vendibili l'anno successivo).

Quindi, se vediamo la capacità produttiva non utilizzata come una risorsa economica, essa dovrebbe essere valorizzata sia nel budget patrimoniale come "rimanenza di capacità produttiva", sia nel budget economico, come "variazione di rimanenza di capacità produttiva". 

Cosa ne pensate?

Walter Caputo

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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L'AUTORE DEL BLOG: CHI E' WALTER CAPUTO ?

Ha un diploma universitario in Amministrazione Aziendale, con specializzazione in Finanza. E’ laureato in Economia e Commercio e in Scienze Statistiche. Insegna sia materie matematico - fisico – statistiche che economico - giuridico - fiscali. Su questi temi: contabilità, controllo di gestione, paghe e contributi, divulgazione scientifica ha scritto decine di libri. Inoltre ha pubblicato più di 300 articoli di divulgazione scientifica. Da giugno 2016 è coautore del blog Cibo al microscopio. Da novembre 2012 è cofondatore di Risparmiare Fare Guadagnare. Da novembre 2008 è science writer per Gravità Zero, corporate blog di divulgazione scientifica. Da giugno 2007 è autore di un Blog di Scienze naturali ed economiche.

I suoi articoli si leggono qui.

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