Satine Rouge

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Arti femminili

Post n°155 pubblicato il 06 Marzo 2007 da Satine_78
 

Non nel senso di braccia e gambe, ma nel senso di attività pseudoartistiche solitamente riservate alle donne, tipo il lavoro a maglia e il cucito. Cose che potrebbero fare anche gli uomini, per carità, se solo desiderassero essere presi per il culo a vita da tutti i loro amici.

Se fosse una questione genetica, io sarei una vera scienziata in questi campi. Una Rita Levi Montalcini dell'uncinetto.

Purtroppo non credo sia così.

Mia madre ha sfornato nel corso della sua vita una produzione industriale di maglioni, cappelli, centri, presine, e perfino cestini portacaramelle, decorazioni per l'albero di Natale e portacandeline, tale da poter rivestire l'intera popolazione della Bielorussia.
E con una velocità che al confronto Flash pare un bradipo.

Le mie esperienze con il lavoro a maglia, invece, risalgono al secolo scorso. Anzi. Diciamo pure agli anni '80.
Raf si chiedeva in una famosa canzone cosa sarebbe rimasto di quegli anni.
Io potrei rispondergli: i miei tentativi di imparare a lavorare a maglia.
Cominciava così: mia madre metteva i punti sul ferro, mai più di venti, perchè sapeva bene come andava a finire, e io partivo decisa, convinta ed esaltata: faccio una gonna per la mia Barbie. No comment sul mio gusto infantile in fatto di abbigliamento (una gonna di lana ora non la farei indossare nemmeno alla mia peggior nemica).
Dopo aver fatto due righe di lavoro pensavo: potrei farle una minigonna. Già avevo un'idea più trendy, non fosse per risparmiare fatica.
Dopo cinque righe, il pensiero era diventato: le faccio una sciarpa.
E passavo i ferri a mia madre, che calava i punti e finiva il lavoro.
Credo che la mia Barbie, nel corso degli anni, abbia collezionato qualche decina di sciarpe e nessuna gonna.
A me sarebbe tanto piaciuto avere la Maglieria Magica, quella che giravi una manovella e ti faceva un tubo di lana a maglia rasata (la terminologia l'ho imparata, però!).
Mia madre non me l'ha mai regalata.
Sapeva meglio di me, che me ne rendo conto solo ora, che la magia per farmi imparare non sarebbe bastata nemmeno mettendo insieme Merlino, la fattucchiera Amelia e il maestro Do Nascimiento.

Tutt'altro discorso con l'uncinetto. Quello proprio non c'era di verso di capire come diavolo funzionasse. Il fatto che un bastoncino con la punta ricurva e un filo di cotone potessero dar vita ad una tovaglia perfettamente lavorata era per me un mistero paragonabile a quello del Triangolo delle Bermude.
Qualche anno fa però ce l'ho fatta. Nel 2003 o 2004, non ricordo bene. Ho capito il funzionamento di Capitan Uncinetto e mi sono messa a fare una presina. Tutta uguale, senza decorazione, ovviamente. Mi sono presa solo il lusso di cambiare colore ogni cinque o sei giri, passando dalll'azzurro, al rosa, al verdino, al giallo.
Credo che in qualche recondito angolo della mia casa, nascosta in un cassetto mai più aperto, riposi ancora in pace quella mezza presina mai finita.
Con l'uncinetto ancora attaccato.

Mia nonna, invece, buonanima, era una sarta formidabile. A ottant'anni suonati ancora ricuciva perfettamente strappi, faceva orli a pantaloni e gonne, creava tasche con una precisione e una cura che io mai ho avuto finora nella mia vita. Figurati se le avrò a ottant'anni, sempre che ci arrivi.
Se lei attaccava un bottone, questo non lo staccavi più. Potevi utilizzare le cesoie da giardiniere, invocando tutte le bestemmie, conosciute e non, in lingua aramaica al contrario, ma il bottone rimaneva lì. Fissato a vita come una cozza allo scoglio.

Se io avessi ereditato da lei, oltre che il nome, un minimo di quel suo talento, probabilmente ora lavorerei per l'atelier di Giorgio Armani.
Invece niente.
E' più facile che, con un ago in mano, io riesca a far passare il famoso cammello per la sua cruna, che non attaccare un bottone.
L'ultima volta che ho ricucito uno strappo in un paio di miei pantaloni (era stato un caso di emergenza ed estrema necessità), ho ottenuto un magnifico bubbone che sembrava che quei pantaloni avessero contratto qualche rara malattia tropicale.

Per fortuna ora ci sono nuovi interessantissimi hobbies tipicamente femminili ai quali posso dedicarmi.

La pasta di sale, per esempio.
Poichè la cucina, stranamente, è l'unica attività femminile nella quale possa dirmi discretamente ferrata, ho pensato che la pasta di sale potesse esservi associata.
Così ho fatto dei biscotti con questa pasta.
Bellissimi.
Facevano un effeto scenico veramente spettacolare.
Peccato solo che le persone alle quali li ho offerti, ora stiano ancora maledicendo me, la mia famiglia e anche i miei antenati.
In compenso, i loro dentisti mi mandano tutti gli anni a Natale panettone e spumante.

Ma, soprattutto, ora c'è il decoupage!

Per chi non lo sapesse, il decoupage consiste nel prendere un oggetto, per esempio una scatola, e appiccicarci sopra figure di ogni genere, ritagliate da giornali o da qualsiasi altra parte.

E in questo, devo ammettere, non senza una punta di orgoglio, di essere estremamente all'avanguardia, perchè io il decoupage lo praticavo già assiduamente quando ancora era attività praticamente sconosciuta e niente affatto di moda.

Succedeva quando andavo all'asilo.

 
 
 
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