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« Cose che non capiscosiamo alla frutta »

storia di B

Post n°1683 pubblicato il 18 Luglio 2012 da poison.dee
 

Conosco B da un sacco di anni.
Mi piacerebbe dire “da quando ero una bambina”, ma non è così.
In ogni modo ero giovane. Molto più giovane. Non necessariamente più bella. Non so. Non essendo mai stata bella, non saprei dire.
B a quei tempi usciva con G, una mia collega. Siamo ancora amiche, fra l'altro, io e G.
Poi, succede che B e G si lasciano. G incontra quello che diventerà suo marito, tanti saluti e baci, senza rancore. Insomma, il minimo sindacale previsto in questi casi.
Non ricordo quando successe, del resto i miei problemi con la memoria non sono storia recente, ma un giorno G mi dice, seria: “ma… perché non ti vedi con B? Scopa da dio!”
Non sia mai che deluda un’amica. Anche se B non era esattamente il mio tipo. Intanto perché è più grande (anagraficamente) di me, e io son sempre stata un po’ pedofila
, da quel lato. Poi perché avevamo davvero poche cose in comune. Ma, com’è come non è, alla fine io e B in qualche modo combiniamo per vederci.
Arriva il giorno e io mi presento a casa sua. Era un mercoledì. Ce ne sarebbero stati altri. Il pretesto – casomai ne avessimo avuto bisogno – era la partita di Champion’s League.
Lui stava cucinando. Io gli uomini che sanno cucinare li trovo dannatamente sexy, è sempre stato così, non ci posso fare niente. Banale? Probabile. Ma sai che c'è? Fa lo stesso.
Finita la cena iniziano le manovre di avvicinamento. Non ci volle molto per ritrovarci avvinghiati ad esplorarci in un intreccio animalesco di corpi, mani e bocche. Un’intesa immediata, un incastro perfetto.
Ci siamo frequentati per parecchi mesi, poi come tutte le storie che si basano esclusivamente sul sesso, ad un certo punto, come sono iniziate, finiscono. Anche le storie pervase da più nobili sentimenti a volte finiscono, ma lasciano sempre un retrogusto un po’ amaro, nel migliore dei casi.
Ti perdi di vista, semplicemente. E continui a fare la tua vita. Senza rimpianti.
Se non che, adesso io lavoro vicino alla palestra di B.
Che l’anno scorso, per caso, ho incontrato.
Baci, abbracci, come stai cosa fai, io un cazzo, al solito. Ci siamo aggiornati sul numero dei rispettivi tatuaggi, lui ha avuto una compagna, ci ha fatto un figlio, si sono separati, adesso stava frequentando una tipa, fuoco e fiamme cazzi e mazzi, patapim, patapam...
Un mese fa stavo rientrando in ufficio dalla pausa.
Arrivo all’incrocio con la palestra e me lo trovo davanti. Passano gli anni, ma continua ad avere una faccia da schiaffi fantastica. Mi dice che è tornato indietro per vedere chi fosse la proprietaria di quelle tette. Ovviamente ero io. E parte l’amarcord di come ci eravamo divertiti e di come gli sarebbe piaciuto divertirsi ancora. Si ricorda di come fossi "scatenata". Gli dico che forse si sta confondendo con qualcun altra, ma siccome farmi pregare non è la mia missione nella vita, gli dico semplicemente: “quando vuoi!”.
Rimane quasi sorpreso dalla mia risposta, e si mette a ridere.
Voleva il lunedì successivo. Nuova casa, bella, luminosa, spaziosa.
Caso vuole che non ci fosse la Champion’s League. Ma gli europei. E, mentre Shevchenko si esibiva in una doppietta di rara eleganza, anche noi, nel nostro piccolo, facevamo la nostra porca figura.
Sono passati secoli dall’ultima volta che ci siamo “visti”. Ma continuiamo ad incastrarci alla perfezione.
A volte capita che la minestra, se la riscaldi, assuma un gusto più intenso.

 
 
 
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