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10 DICEMBRE: GIORNATA MONDIALE DEI DIRITTI UMANI
Il 10 dicembre del 1948 l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite proclamava la Giornata Mondiale per i Diritti Umani
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CONDANNA DEL COMUNISMO
Risoluzione del Consiglio di Europa n.1481 del 25 gennaio 2006 - Condanna del Comunismo
Il 25 gennaio 2006 l'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa approva la Risoluzione n. 1481, che condanna i crimini dei regimi comunisti
europei.http://www.democraticicristiani.it/europa/ris_1481.html
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Foibe: 10 febbraio - La Giornata del Ricordo
Post n°126 pubblicato il 09 Febbraio 2008 da a_tiv
60 anni di silenzi e di omissioni. Ma nascondere la storia delle viltà è come esser vili due volte! Sono stato a Bassovizza lo scorso anno. E’ una località appena fuori Trieste, sede di una cavità utilizzata dalle milizie comuniste di Tito per occultare i cadaveri di italiani, in particolare triestini, contrari al comunismo ed all’invasione dei miliziani di Tito a Trieste. Bassovizza è una delle localizzazione delle cavità carsiche chiamate “foibe”, una delle due rimaste in territorio italiano, ed è monumento nazionale. Ho girato per quei luoghi e sono stato oltre l’attuale confine, in territorio sloveno e croato, una volta terre italiane. Mi sono lasciato trasportare dai ricordi storici e dalla memoria delle tensioni politiche. Ho così raccolto il ricordo delle mie letture sulla fine del fascismo, sulla repubblica sociale di Salò, fino alla conquista della democrazia in Italia. Ho ripercorso le tappe che hanno segnato la storia di questo pezzo di terra italiana, luoghi bellissimi che ci sono rimasti cari: un territorio così crudelmente martoriato e ferito. Ho ricordato il Trattato di Pace di Parigi, nel 1947, che tolse alla sovranità italiana Zara, Fiume e l’Istria e pose Trieste ed il suo territorio circostante sotto controllo delle Nazioni Unite. Il Territorio Libero di Trieste. Il fantasma di una nuova entità nazionale mai sorta E poi nel ’54 la divisione del T.L.T. in due zone, la A e la B, ed il passaggio della città di Trieste sotto controllo italiano, ma anche l’ulteriore tristezza dell’occupazione slava della zona B a sud di Trieste. Capodistria ed altre piccole realtà abitate prevalentemente da italiani dove la pulizia etnica era iniziata sin dai primi giorni dopo il 25 aprile, subito dopo la fine della guerra di liberazione. Il 25 aprile per Trieste è stato l’inizio di una immane tragedia: un incubo per gli abitanti e per coloro che sognavano un’Italia libera dagli orrori della guerra e delle dittature. Un sogno vilmente infranto nella indifferenza del mondo, ma anche e ciò è ancora più doloroso nella disattenzione della politica e della informazione italiana. La divisione geopolitica delle due zone di Trieste fu poi sancita definitivamente con il Trattato di Osimo del 1975. Una lunga storia di deportazioni, di omicidi, di violenze, di repressione, di pulizia etnica, di crudeltà, di barbarie. Come non ricordare la storia degli esuli istriani e degli italiani cacciati o messi in condizione di lasciare le loro terre ed i loro averi, sottoposti alle angherie del regime comunista del Maresciallo Tito? I morti si sono contati a decina di migliaia, anche se non è stato mai possibile un censimento e 350.000 sono stati valutati gli esuli fuggiti in Italia. Uomini, donne, vecchi e bambini derubati di tutto, senza un soldo, un lavoro, spesso solo con i vestiti indossati e spinti oltre frontiera dal terrore di essere ammazzati. La memoria dei martiri in questo caso non può essere solo il consueto omaggio alle vittime delle guerre in genere. Ciò che è successo a Trieste ed in Istria va oltre gli atti di guerra: si è trattato di crimine. E’ nostro dovere gridarlo e ricordarlo in ogni occasione. Il crimine non può passare sotto silenzio, non lo si può liquidare solo come le azioni di viltà che ogni conflitto ripropone. Così risulta vile anche il tentativo di nascondere, di far finta di niente, di sottacere…di compiacere. Fu viltà anche quella degli italiani militanti nel pci che si prestarono a collaborare con la ferocia di Tito e dei comunisti slavi a danno di altri italiani. A Trieste, ad esempio! La lotta di liberazione in Italia per alcuni fu solo un’occasione per tentare la conquista del potere, un pretesto per esercitare le vendette politiche e personali, un teatro in cui rappresentare le proprie spinte ideologiche. Non fu vile Togliatti che spingeva a barattare Gorizia con Trieste? Non fu vile nel minimizzare e parteggiare con quei dittatori che usavano gli stessi metodi dei nazifascisti? Non fu vile la sua affermazione, naturalmente falsa, “la maggioranza del popolo di Trieste, secondo le mie informazioni, segue oggi il nostro partito”? E che dire dell’odioso cinismo della sua espressione nel giustificare le vittime delle foibe: “una giustizia sommaria fatta dagli stessi italiani contro i fascisti”? Ho reso così omaggio lo scorso anno alle vittime delle foibe. Non avevo idea di queste cavità carsiche ed in verità continuo a non averne. Ho trovato un grosso coperchio di ferro, un quadrato di circa 20 metri di lato che copriva la bocca della cavità. Mi è rimasta la curiosità di queste gole in verticale tra le rocce. Mi aspettavo di vedere questo buco nero nella terra che poi è tra i buchi oscuri della nostra storia nazionale: quella che finora nessuno ha avuto il coraggio di raccontare per davvero. Tutto intorno una pavimentazione pietrosa con sensazione di trascuratezza e di abbandono. Sono rimasto deluso! Mi aspettavo un luogo curato, tenuto bene come accade per i sacrari in Italia. Invece non ho avuto l’impressione della sacralità e dell’invito a riflettere. Anzi l’idea di un posto come tanti, come uno dei tanti luoghi teatro della nostra storia ma senza particolare rilievo. Come se non fossero stati nostri fratelli da onorare quei morti, tra cui vecchi, donne e bambini, colpevoli solo d’essere italiani. E l’impressione che tutti avessero voluto dimenticare e nascondere si è così consolidata. Se si leggono le cronache dell’epoca, le testimonianze dei profughi, se si legge la storia, emerge quanto questa terra fosse stata amata e quanto i suoi abitanti avessero sentito fortemente l’attaccamento all’identità nazionale italiana. Un cippo con l’indicazione negli anni delle profondità poi ricoperte con residuati bellici, scarichi di materiali di risulta e di corpi umani di provenienza diversa. Tra questi appunto quelli dei molti italiani che sul finire della guerra, anzi a guerra finita, sono stati trucidati o gettati ancora vivi dai comunisti del maresciallo Tito. Qualche corona d’alloro rinsecchita, un muro, una scritta, due lapidi: una in memoria di 97 finanzieri italiani trucidati e l’altra in ricordo di tutti i militari italiani e stranieri uccisi nel maggio-giugno 1945 a guerra finita. Tutto qui. Tutto qui a Bassovizza per ricordare quanto l’Italia civile abbia pagato sia per la follia del fascismo che per la viltà del comunismo. Se si pensa a quale pericolo l’Italia abbia corso! Subito il pensiero, atroce: e se le truppe di Tito al finire della guerra non fossero state fermate dagli alleati a Trieste? Un brivido lungo la schiena: l’Italia ha rischiato davvero! Come poi dimenticare la storia dei profughi? Come dimenticare la viltà dei sindacalisti della Camera del Lavoro che impedirono la sosta a Bologna al treno carico di profughi istriani affamati ed assetati, in transito mentre erano diretti a Roma? Come dimenticare il giudizio severo e sommario che i comunisti italiani tranciarono su questi fratelli italiani fuggiti dall’orrore? Ecco ciò che scriveva l’organo del pci, l’Unità: “Non riusciremo mai a considerare aventi diritto ad asilo coloro che si sono riversati nelle nostre grandi città. Non sotto la spinta del nemico incalzante, ma impauriti dall'alito di libertà che precedeva o coincideva con l'avanzata degli eserciti liberatori”. Se non fu questa viltà! Come si può essere orgogliosi d’essere italiani, se non si è in grado di aver dolore e pietà per coloro che sono morti invocando la libertà ed il riconoscimento della propria identità nazionale? |
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GIORNATA DELLA MEMORIA
27 gennaio 2007 Il giorno della memoria
Per non dimenticare
Dove eravamo?
Li ho rivisti ieri sera, in bianco e nero, anime tragiche, tragici volti stupiti, adunati come gregge sperduto, chiuso tra cani pastori con sembianze d'uomo.
Latrati incomprensibili davano tremito nascosto alle loro membra, al loro il cuore; la loro anima immobile di terrore, i loro pensieri mortificati da abusi su corpi e anime.
Era sempre inverno in quegli anni, anche in primavera e in autunno e in estate.
Dov'eravamo noi, allora?
Conducevamo quei treni, tragici forzieri d'umano carico, o li aspettavamo tra la neve, quei convogli?
Li ho rivisti ieri sera, in bianco e nero, e un attimo eterno di disperazione mi ha investita.
Disarmata e impotente ho sparso inutili lacrime nel guardarli, e ho chiesto un inutile perdono alla vita, per me e per tutti coloro che, allora, calpestarono esistenze innocenti con gli occhi dell'anima bendati.
Ringrazio sentitamente una mia cara e sensibile amica, autrice delle parole. Parole che ho condiviso e chiesto di rendermele disponibili.
GRIDO DI LIBERTà
"Signor Presidente, lei si vanta di aver dato al nostro paese una libertà della quale non ha mai goduto, mentre l'unica libertà che ancora non ci è stata tolta è quella di respirare e camminare, per il resto non abbiamo mai vissuto in una situazione peggiore per quanto concerne le libertà individuali e collettive.
Probabilmente non condividiamo il significato della parola libertà.
In una società libera gli studenti non sono cacciati dalle università in quanto dissidenti, non sono pestati regolarmente dai suoi sostenitori perché contrari al suo governo, non si vedono negare il diritto a organizzarsi in associazioni o a pubblicare riviste.
Lei ci ha accusato di essere agenti di potenze straniere, se riuscirà a dimostrare questa sua accusa ci autoimpiccheremo per aver tradito il nostro paese.
Quelle grida che lei ha ascoltato lunedì, non erano voci individuali, era la voce di un popolo che chiede libertà, democrazia e giustizia.
Impari ad ascoltarla."
Lettera scritta dagli studenti dell'Università di Teheran al Presidente Ahmanidenejad - Teheran dicembre 2006
ICH BIN EIN BERLINER! (J. F. KENNEDY 26.6.1963)
![](http://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/thumb/5/5d/Berlinermauer.jpg/250px-Berlinermauer.jpg)
«Ci sono molte persone al mondo
che non comprendono, o non sanno,
quale sia il grande problema tra
il mondo libero e il mondo comunista.
Lasciateli venire a Berlino!
Ci sono alcuni che dicono che
il comunismo è l'onda del futuro.
Lasciateli venire a Berlino!
Ci sono alcuni che dicono che,
in Europa e da altre parti,
possiamo lavorare con i comunisti.
Lasciateli venire a Berlino!
E ci sono anche quei pochi che
dicono che è vero che
il comunismo è un sistema maligno,
ma ci permette di fare progressi economici.
Lasst sie nach Berlin kommen!
Lasciateli venire a Berlino! [...]
Tutti gli uomini liberi,
ovunque essi vivano,
sono cittadini di Berlino,
e quindi, come uomo libero,
sono orgoglioso di dire,
Inviato da: aldo.giornoa64
il 25/03/2015 alle 21:09
Inviato da: aldo.giornoa64
il 26/01/2015 alle 21:57
Inviato da: Vince198
il 23/09/2014 alle 17:09
Inviato da: Kalim44
il 12/08/2014 alle 10:51
Inviato da: a_tiv
il 14/07/2014 alle 07:48