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Elogio della lentezza. Paul Valéry e la forma della poesia di Giuseppe Panella (1)

Post n°365 pubblicato il 11 Agosto 2009 da Hiram.sc

«La calma nell’azione. Come una cascata diventa nella caduta piùlenta e sospesa, così il grande uomo d’azione suole agire con più calmadi quanto il suo impetuoso desiderio facesse prevedere primadell’azione»
(Fredrich Nietzsche, Umano, troppo umano, I)



1. La soluzione etica della poesia

Fedele ammiratore della snella levigatezza della danza, Valéry temela fretta e la concitazione della corsa, ha timore della frenesiaconcatenata alla perdita di sensibilità del moto senza tregua.

Più che dal vuoto (1), appare atterrito dal movimento infinito esenza senso che incontra ad ogni pie’ sospinto: il rifiuto di “ogniprodigioso incremento di fatti e di ipotesi” (2) compare in quasi tuttele sue opere. Basteranno alcuni specimina a dimostrarlo:

« – Vuole dire che più si trova, più si cerca ; e che più si cerca, più si trova?

- Esatto. Certe volte mi sembra che fra la ricerca e la scoperta sisia formata una relazione paragonabile a quella che i stabilisce fra ladroga e l’intossicato.

- Molto curioso. E allora tutta la trasformazione moderna del mondo…

- Ne è il risultato; e ne rappresenta, del resto, un altro aspetto …Velocità. Abusi sensoriali. Luci eccessive. Bisogno dell’incoerenza.Mobilità. Gusto del sempre più grande. Automatismo del sempre più“avanzato”, che si manifesta in politica, in arte, e … nei costumi» (3).

L’idea fissa, dialogo tra il Narratore ed un medico, è del 1931 (4) mentre in quella raccolta di études de circonstance che è il volume Regards sur le monde actuel(1945) spicca proprio un articolo, “Propos sur le progres”, che insistesul carattere “terroristico” della velocità e della fretta.

Consapevole del fatto che la nozione di progresso come eventopositivo e la sua negazione come “nuova barbarie” siano entrambi luoghicomuni, Valéry ritiene il progresso e la morte inestricabilmenteconnessi. In un passo che sembra anticipare Theodor Wiesengrund-Adornonei Minima Moralia (5), l’atteggiamento astorico della velocitàdel cambiamento viene coniugato con la consapevolezza (che ad esso ècollegata) della sicura caducità del mondo:

«L’un des effets les plus sûrs et les plus cruels du progrès estdonc d’ajouter à la mort une peine accessoire, qui va s’aggravantd’elle-même à mesure que s’accuse et se précipite la révolution descoutumes et des idées. Ce n’était pas assez que de périr ; il fautdevenir inintelligibles, presque ridicules ; et que l’on ait été Racineou Bossuet, prendre place auprès des bizarres figures bariolées,tatouées, exposées aux sourires et quelque peu effrayantes, quis’alignent dans les galeries et se raccordent insensiblement auxreprésentants naturalisés de la série animale» (6).

Se il progresso come tale implica la sempre più veloce erosione delpassato, se la capacità di consumo della bellezza diventa sempre piùelevata e l’illeggibilità del mondo una consuetudine, è anche vero chela sintesi che l’impetuoso sviluppo produttivo delle risorsedisponibili impone serve ad unificare ciò che apparentementesembrerebbero quantità inconciliabili : potenza e precisione (7).

Il discorso finora abbozzato non deve servire soltanto a mostrare unaspetto del Valéry polemista, analizzatore delle vicende a luicontemporanee e partecipe in misura critica di modificazioni che nonsempre arriva ad accettare (anche se si tratta pur sempre di unasfaccettatura della produzione valéryana che non sempre è stata tenutanel giusto conto (8), sacrificandola alla retorica del “puro cantodell’ Io” e del “linguaggio più puro della tribù” (9)).

L’azione poetica consiste sempre per il poeta autentico in lenteprogressioni, in circonvoluzioni avvolgenti, in avvicinamenticircospetti e, tuttavia, ambiziosi: Valéry vuole sempre giungere alla totalità e alla totalità sacrifica la possibilità, permettendo ad essa di rifluire in quella, coinvolgendole entrambe nella stessa dinamicità.

La verità si coglie attraverso la linea serpentina della bellezza(10), la “lunga impazienza” (11) durante la quale si tessono “ileggerissimi sistemi” della creazione artistica (12), non certomediante la malia ansiosa della facilité. Artefici sono ragni e serpenti, platani e palme, filatrici e ballerine (13).

I poeti sono rigorosi costruttori di improbabilità, coloro che sannoprocedere per paragoni e analogie (14), coloro la cui intelligenza sirivela dans un ordre insensé (15), coloro che sanno improvvisare senza smettere di pianificare o di pensare.

Il fare poetico coincide con il pensiero e l’intelletto si palesa come poesia. Perquesto motivo, le immagini della poesia coincidono con quelle dellamente e le parole non possono che essere subordinate ad esse.

Ha scritto Chateaubriand che “si dipinge bene il proprio cuore soltanto attribuendolo a un altro” (Memorie d’oltretomba). Il proposito di Valéry, tuttavia, pur essendo simile a quello dello scrittore romantico, sembra quello di sostituire coeur con cerveau (16) e, soprattutto, di attribuire al proprio tutti i cervelli altrui possibili.

Il suo punto di partenza è sempre quello con cui si chiude la narrazione della vita intellettuale di Monsieur Teste:

«Si tratta di passare da zero a zero. – E’ la vita –Dall’incosciente e dall’insensibile all’incoscienza edall’insensibilità. Passaggio impossibile a vedersi, poiché esso passadal vedere al non vedere dopo esser passato dal non vedere al vedere.Il vedere non è l’essere, il vedere implica l’essere» (17).

Da ciò si può intravedere, allora, l’importanza del progresso étonnant [...] que a fait la lumière (18),la fondamentale necessità della visione netta e precisa per lacomposizione ed il tratto, l’amore mai sopito per “la precisione” e “lacertezza” che emanano dalle figure delle ballerine (19).

Il passaggio dallo zero allo zero non è la fine o la cancellazionetotale della visione, come, a prima vista, si potrebbe intendere(oppure mera eco del Descartes della Diottrica (20) ), ma una sua estensione,

la sicurezza che il vuoto del visibile aiuti o annunzi il di più che viene colto e conosciuto mediante l’atto della visione:

«Étrange pouvoir de l’absence ! – Plus je te forme et te ressens,plus je souffre – Plus je suis maître de ton image, plus esclave decelle-ci ; et plus elle est vrai, plus est vaine » (21).

L’assenza, il vuoto, la mancanza non sono gli aspetti negativi dellavisione, ciò che la rendono impossibile; sono, invece, ciò che lasostanza visibile mostra di sé insieme a quello che viene veduto. Cosìl’apparente mancanza di sforzo delle ballerine dei quadri di Degasmostra ciò che nasconde mentre rivela la fatica aerea del rimaneresempre in movimento e mai poter riposare – ciò che per Socrate accomunalo spirito alla danza.

Allo stesso modo, “il male dell’attività ” che coglie il dottore in L’idea fissa è reso per simulazione:

«Riassumendo, appena mi sento assegnare un’ora, un luogo, unatteggiamento del corpo o dello spirito ai fini dello svago, tutto ilmio essere protesta: sbadiglia, fugge…Mi metto a pensare agli affarimiei, ai miei malati, al mio mestiere, a una cosa qualsiasi…» (22).

Il dottore “simula” di perdere tempo per non doverlo fare perdavvero (ha detto precedentemente di dormire a teatro, di essereesasperato al cinema, di stancarsi viaggiando, di trovareinsopportabili i romanzi) (23) ; in questa modo, si stancaartificialmente quando non può farlo sul serio. Lo stesso avviene perl’attività artistica dove lo sforzo della creazione non può essererivelato se non nel momento in cui è già in atto. La costruzionecompiuta, solo apparentemente ricoperta dal fascino della facilitàdell’invenzione, si rivela alla visione come assenza e,contemporaneamente, come affermazione di ciò che comporta in termini disforzo e fatica.

La danza, come la poesia, emerge attraverso il suo prevaleresull’assenza e per la prepotenza della sua tensione ideale rispetto alvuoto che caratterizza la massima tra le mancanze: la vita. La danza(ancora come la poesia) costruisce su un vuoto (che è quello della vitaordinaria) la sua piramide di esaltazione e di ebbrezza:

«Fedro. Ma da parte mia, Socrate, la contemplazione dellaballerina quante cose mi rende concepibili, e quanti legami di cose chesul momento si mutano nel mio proprio pensiero e in qualche modopensano in luogo di Fedro. Sorprendo in me bagliori che non avrei pernulla ottenuto dall’unica e sola presenza della mia anima» (24).

Ma la poesia (come la danza) non è soltanto esaltazione ; è, alfondo dell’azione creativa, riflessione, consolidamento, destino.

In una parola, produzione consapevole a partire dalla capacità dicostruzione del nesso (o di nessi plurimi, possibili) tra parola esensazione, tra idea e sua trasformazione in opera. Valéry sintetizzaquesto procedimento, arricchendolo delle sue valenzededuttivo-epistemologiche, in un neologismo: l’implexe (25).

« [...] l’ Implesso non è attività. Tutto il contrario. E’ capacità.La nostra capacità di sentire, reagire, fare, comprendere –individuale, variabile, più o meno percepita da noi – , e sempre inmaniera imperfetta, e sotto forme indirette (come la sensazione difatica), spesso ingannevoli. A ciò bisogna aggiungere la nostracapacità di resistenza …[...] Riassumendo, intendo per Implesso ciò in cui e per cui siamo eventuali … Noi, in generale ; e Noi, in particolare …» (26).

Eventualità coincide con possibilità e, inevitabilmente, con opportunità. L’Implesso non solo individua ciò che è necessario nel momento in cui lo è (tropismo dell’ Implesso),ma prova a trasformarlo in qualcosa che possa sempre essere attirato edutilizzato al momento giusto. La sua funzione produttiva, dunque,diventa sostanzialmente gnoseologica portandosi al limite estremo dellaconoscenza per afferrare quel “residuo nascosto” che è il margine dellepossibili verifiche alla sua operatività. L’ Implesso valéryano rende possibili conoscenze che altrimenti, in quello stesso momento, tenderebbero a rendersi a loro volta méconnaissables.

La ragion d’essere dell’implexe è, dunque, tutta nella sua capacità di sviluppare le potenzialità (espresse o inespresse che siano).

« L’Implesso, infatti, è definito come una memoria potenziale ofunzionale proprio in opposizione alla memoria storica, legata cioè airicordi personali [...] . Poiché il passato ha valore solo comeelemento d’avvenire, le reliquie della vita vissuta sono del tuttoprive d’interesse: per Valéry, ciò che conta davvero è l’eventuale,l’implicito. Ed è per questo che il rifiuto della sensibilità, avviatonel 1892 e realizzato sia in Teste sia in Gladiator con la sostituzionedi un essere puro ad un essere storico, si attuerà pienamente inNapoleone, l’individuo sovrastorico padrone del futuro» (27).

Per la sua capacità di “secernere il domani” (28), nel suo abbandonopieno ed incondizionato al “male dell’attività”, Napoleone vienerappresentato da Valéry come il modello dell’uomo moderno, che non vivese non nell’anticipazione del futuro, attraverso il presente, nonponendosi il problema del passato. La sua figura attraversacontinuamente la ragnatela dei rapporti che produce e, pur essendosempre presente nell’insieme delle relazioni che senza di lui nonpotrebbero essere, non si risolve completamente in essi. In ciò èsingolarmente vicino all’esperienza (spirituale e corporea insieme – difusione totale, quindi) che la danza trasmette e produce. Come continuaValéry :

« – [...] Dottore, sa che Napoleone ne ha dato una definizione splendida ?

- Ancora Napoleone?

- Ogni tanto. D’altronde è il modello dell’uomo moderno, dell’uomoche ha perduto il tempo, visto che non sapeva perdere il proprio.

- E cosa ha detto Napoleone?

- Un giorno, in una lettera, ha scritto: “Io vivo sempre due anni in anticipo”. Per quest’uomo il presente non esisteva.

[...]

- [...] si tratta di sapere cosa dia la sensazione di vivere di più, se la presenza estrema …dell’istante, o la presenza estrema … del possibile» (29).

La danza, in misura maggiore delle altre attività artistichedell’uomo, concede questa sensazione “estrema del possibile”. In nomedella vita che sempre vuole rinnovarsi per poter ritrovare se stessa,“misterioso moto che col giro d’ogni evento mi trasforma senza treguain me stesso” (30), la danza partecipa della realtà e, nello stessotempo, se ne distacca serenamente ed aerodinamicamente per ritornarvipoi ed essere restituita alla terra.

Tra danza e vita esiste un rapporto lieve, fatto di una rassomiglianza impalpabile, eppure immediatamente riconoscibile:

«La vita è una donna che danza – dice Socrate ad Erissimaco, nel dialogo L’anima e la danza– e che finirebbe divinamente d’esser donna se lo slancio che lasolleva, potesse lei obbedirvi sino alle nuvole. Ma come noi nonpossiamo andare all’infinito, né in sogno né in veglia, egualmente leitorna sempre se stessa: termina d’esser piuma, uccello, idea, e insommaogni cosa in cui al flauto piacque di tramutarla, in quanto la terramedesima che la respinse ora la richiama e la restituisce anelanteall’indole sua di donna e all’amato» (31).

La figura di questa esperienza al limite può essereindividuata in quel geniale repertorio della danza e delle sue arteficimirabili che costituisce l’opera pittorica di Degas (32) e la sua ratio sistematica nel volumetto che Valéry dedicò al grande pittore parigino (33).

Ma prima di passare ad esaminare le ragioni estetiche dell’implexee della loro comunicabilità attraverso un’esperienza artistica chesembra raggiungere la propria acme in una sorta di velocissimaimmobilità figurale, sarà opportuno interrogare le ragioni etiche chespingono Valéry a subordinare la fretta ed il parossismo della velocitàcontemporanea alla lentezza delle “secrezioni” delle possibilità.

E’ indubbio che, per Valéry, esista una specie di “imperativocategorico” dell’estetica e del fare poetico senza del quale nonsarebbe possibile creare o, per lo meno, aspirare a pro-durre arte eletteratura. Tale necessità “imperativa” impedisce di negare, da unpunto di vista esclusivamente estetico, la fatica e la pesantezza dellacostruzione di ogni opera d’arte ed esperimenta l’esistenza di unostacolo di natura etica, il quale, come avviene spesso nella sferadelle opzioni morali, nasce da una scelta opposta a quella delsimpatetico aderire alle flessuose curvature dell’esistenza.

La bellezza della ballerina (sempre in movimento, apparentementesenza fatica, nella sospensione dell’attimo della felicità estatica) sicontrappone alla volontà e alla scelta della vita come rotturadell’equilibrio creato da quell’attimo, come mossa volontaria cherimette in volo la freccia ferma della conoscenza.

La scoperta della lentezza annulla l’ idea fissa dellacontinua attività come auto-realizzazione così come la comprensionedella suprema armonia dell’accordatura del mondo annulla la necessitàdi un continuo moto atto e ostinato nell’intento di poterla raggiungere.

Lentezza e perfezione si sposano in una ininterrotta attesadell’opportunità del possibile, nella paziente ricerca della zona diconfine e del margine adeguato a far transitare il noto nell’ignoro, lavita nell’arte, la scelta di essere sempre e comunque al posto diquella di sprofondare nel suo oblio naturale.

(fine prima parte)

Note

(1) Il rimando è alla splendida analisi condotta da Valéry sullabase del frammento di B. PASCAL che consiste in “Le silence éternel deces espace infinis m’effraie” (lo si trova in Pensées, III, 206 dell’edizione a cura di Léon Brunschvig).

Cfr. P. VALÉRY, “Variazioni su una pensée“, in Varietà, a cura di S. Agosti, Milano, Rizzoli, 1971, pp. 101-108.

(2) P. VALÉRY, L’idea fissa o due uomini al mare, trad. it. ecura di V. Magrelli, Roma-Napoli, Theoria, 1985, p. 45. Sui temicontenuti in questo straordinario dialogo filosofico di Valéry, cfr.quanto ne dice lo stesso Magrelli nel suo Vedersi vedersi. Modelli e circuiti visivi nell’opera di Paul Valéry, Torino, Einaudi, 2002.

(3) P. VALÉRY, ibidem.

(4) La prima edizione del dialogo è del 1932 (per le edizioni deiLaboratoires Martinet di Parigi) ; la seconda edizione, che reca lacelebre frase d’esordio: “Questo libro è figlio della fretta”, è del1933 (per Gallimard di Parigi).

(5) L ‘allusione non è tanto al saggio “L’artista come vicario” (in T. WIESENGRUND-ADORNO, Note per la letteratura I, trad. it. di E. De Angelis, Torino, Einaudi, 1979) quanto ad alcuni “cammei” presenti nei Minima Moralia (in particolare, cfr. T. WIESENGRUND-ADORNO, Minima Moralia, trad. it. di R. Solmi, Torino, Einaudi, 19742, pp. 153-154). Sul rapporto Adorno-Valéry, cfr. A. TRIONE, Valéry. Metodo e critica del fare poetico, Napoli, Guida, 1983, pp. 19-20 e passim.

(6) P. VALÉRY, Regards sur le monde actuel, Paris, Gallimard, 1945 e sgg. , p. 147.

(7) P. VALÉRY, Regards sur le monde actuel cit. , p. 148. Purapprezzando molto gli sforzi titanici dei traduttori di Valéry, miguardo bene dal provare a tradurlo in proprio. La prosa di Valéry ètroppo chiara per poter essere resa facilmente comprensibile a tutti.

(8) Interessanti eccezioni a questo destino, oltre ai volumi di Magrelli e di Trione già citati, mi sembrano E. DI RIENZO, Il sogno della ragione,Roma, Bulzoni, 1982 ; R. VIRTANEN, “The Egocentric Predicament. Valéryand Some Contemporaries”, in “Dalhousie French Sudies”, (III), 1981,pp. 99-117 ; M. E. BLANCHARD, “Paul Valéry, Walter Benjamin, AndréMalraux. La littérature et le discours de la crise”, in “L’EspritCréateur”, (XXIII), 4, 1983, pp. 38-50. Ma tutto il problema del Valéry” politico” mi sembra ben lungi dall’essere esaurito.

(9) Nonostante la miriade di scritti sui rapporti Valéry-Mallarmè (cfr., ad esempio, il bel libro di E. NOULET, Suites. Mallarmé, Rimbaud, Valéry,Paris, Nizet, 1964), il miglior saggio su Mallarmé mi sembra pur sempreil “Talvolta, dicevo a Stéphane Mallarmé…” dello stesso Valéry (cfr. P.VALÉRY, Varietà cit. , pp. 241-257). Sull’argomento cfr. la recente raccolta di scritti di Valéry, Mallarmé et moi, a cura di E. Durante, Pisa, ETS, 1999. Di notevole interesse il contributo di Y. BONNEFOY su “Valéry et Mallarmé” in Aa. Vv. Valéry: le partage de midi. “Midi le juste”,Atti del Convegno internazionale (Collège de France, 18 novembre 1995),a cura di J. Hainaut, Paris, Champion, 1998, pp. 59-72.

(10) L’allusione alla linea sinuosa quale simbolo della bellezza compiuta è nel trattato settecentesco di W. HOGARTH, L’analisi della bellezza,pubblicato nel 1753 (la linea serpentinata compare sul frontespiziodell’opera). Sul pensiero estetico di Hogarth, cfr. l’ ancora ottimosaggio di Filiberto Menna, William Hogarth. L’analisi della bellezza, Salerno, Edizioni 10/17, 1988 (su cui rimando alla mia recensione pubblicata in “Belfagor”, (XLIV), 3, 1989, pp. 356-358).

(11) P. VALÉRY, “Disegno di un Serpente”, in Poesie, trad. it. e cura di B. Dal Fabbro, Milano, Feltrinelli, 19692, p. 128.

(12) P. VALÉRY, “Disegno di un Serpente”, in Poesie cit., p.126. Sul tema del serpente in Valéry come simbolo del potere dellanatura e della sua potenza dispiegata quale forma della bellezza, laletteratura secondaria è numerosa. Cfr. A. R. CHRISHOLM, “Valéry’s Ébauche d’un serpent“, in “Journal of Australasian Universities Language and Literature Association”, 1961, 15, pp. 19-29 ; J. M. COCKING, “Towards Ébauche d’un serpent.Valéry and Ouroboros”, in “Australasian Journal of French Studies”,1969, 6, pp. 187-215 ; H. LAURENTI, “Le monstre valéryen”, in “Bulletindes études valéryennes”, 1974, 2, pp. 23-48 ; J. R. LAWLER, “TheSerpent, the Tree and the Crystal”, in “L’Esprit créateur”, (IV),primavera 1964, 4, pp. 34-40 e M. SCOTTI, Ces vipères de lueurs. Il mito ofidico nell’immaginario valéryano, Roma, Bulzoni, 1996.

(13) ” Toute araignée m’attire ” (scrisse una volta Valéry a Gide – cfr. André Gide – Paul Valéry, Corrispondance 1890-1942,Paris, Gallimard, 1955, p. 390). Gli altri personaggi dello “scenariomentale ” di Valéry sono tratti dal “Disegno di un Serpente”, da “AlPlatano”, da “Palma” (nel volume di versi Charmes del 1922), da “La filatrice” e “Le vane ballerine” (nel volume Album de vers anciens 1890-1900,stampato nel 1920) e, naturalmente, dall’opera pittorica di EdgarDegas. Sul “primo periodo” dell’opera di Valéry, senpre utili i volumidi M. T. GIAVERI, L’ “Album des vers anciens” de Paul Valéry. Studio sulle correzioni d’autore edite e inedite, Padiva, Liviana, 1969 e G. A. BRUNELLI, Paul Valéry “giovane poeta”, Roma, Bonacci, 1987 e

(14) “Signorina de l’Espinasse. No, sentite, dottore ; mispiegherò con un paragone, che è forse l’unica forma di ragionamentodelle donne e dei poeti… “(D. DIDEROT, Sogno di D’Alembert,trad. it. di P. Campioli, Milano, Rizzoli, 1967, p. 41).L’interlocutore della signorina de l’Espinasse (il cui vero nome era,però, Julie de Lespinasse), per tutta la vita compagna di letto e diattività culturale di D’Alembert, è il dottor Théophile Bordeu che saràuna delle autorità mediche dell’illuminismo francese prima e dell’idéologie poi propugnando fino in fondo, insieme a Paul-Joseph Barthez, la teoria del “vitalismo” organico in medicina.

(15) ” Une se lève d’elle-même, et se met à la place d’une autre ;nulle d’entre elles ne peut être plus importante que son heure. Ellesmontent, originales ; dans un ordre insensé ; mystérieusement muesjusque vers le midi admirable de ma présence, où brûle, telle qu’elleest, la seule chose qui existe ; l’une quelconque” – è la conclusionedel frammento ooetico-narrativo Agathe del 1898 (un testo mai terminato da Valéry e che, con il titolo Manuscrit trouvé dans une cervelle, doveva costituire la continuazione di Monsieur Teste). Sulla fondamentale importanza di questo breve scritto per l’evoluzione del pensiero del poeta francese, cfr. P. VALÉRY, Oeuvres, I, Paris, Gallimard (Bibliothéque de la Pléiade), 19772, pp. 1388-1393 ; S. AGOSTI, “Pensiero e linguaggio in Paul Valéry”, Introduzione a P. VALÉRY, Varietà cit., in particolare alle pp. 14-15 ; M. BLANCO, “Ninfe su fondo nero. Note su Agathe e Cantate de Narcisse di Valéry” in Aa. Vv. Valéry : la philosophie, les arts, le langage,a cura di R. Pietra, in “Cahiers du groupe de recherche sur laphilosophie et le langage”, 11, Grenoble, Université de Grenoble, 1989,pp. 239-248 ; N. CELEYRETTE-PETRI, “Agathe” ou “Le manuscrit trouvé dans une cervelle” de Valéry. Genèse et exegèse d’un conte de l’entendement, Paris, Minard, 1981 ; M. TSUKAMOTO, “L’écriture et la simulation dans Agathe“, in Paul Valéry. L’Avenir d’une écriture,Atti del Convegno internazionale di Montpellier (2-4 novembre 1994), in“Rémanances”, 1995, 4/5 (numero speciale su Valéry), pp. 131-140 e,infine, M. HONTEBEYRIE, Paul Valéry. Deux projets de prose poetique: “Alphabet” et “Le manuscrit trouvé dans une cervelle”, Paris, Minard, 1999.

(16) Cfr. S. S. NIGRO, “Tra Montaigne, Valéry e Freud: la biografiaper paradossi”, in “Sigma”, (XVII), 1-2, 1984, pp. 112-115, cheaffronta il problema attraverso coordinate generali di indubbiaimportanza. Sempre su Valéry, cfr. il bel saggio di A. MAZZARELLA, La potenza del falso. Illusione, favola e sogno nella modernità letteraria(Roma, Donzelli, 2004) che contiene notevoli pagine proprio sul temadella soggettività e del sogno nel poeta francese (su di esso, mipermetto di rimandare alla mia nota di recensione apparsa su“Comparatistica. Annuario italiano”, (XIV), 2005, pp. 203-208.

(17) P. VALÉRY, Monsieur Teste, trad. it. di L. Solaroli, acura di G. Agamben, Milano, Il Saggiatore, 1980, p. 101. Sulla figuradi Monsieur Teste appare rilevante il saggio di J. STAROBINSKI,“Monsieur Teste face à la douleur”, in Aa. Vv. Valéry, pour quoi ? , Paris, Les Impressions Nouvelles, 1987, pp. 93-120.

(18) P. VALÉRY, Regards sur le mond actuel cit. , p. 149.Significativamente Walter Benjamin aveva già posto l’accento su questotesto di Valéry nel suo “Paul Valéry. Per il suo sessantesimocompleanno”, ora in W. BENJAMIN, Avanguardia e rivoluzione, trad. di A. Marietti Solmi, Torino, Einaudi, 19732, p. 46.

(19) P. VALÉRY, “L’anima e la danza”, in Poesie cit. , p. 173.

(20) Non a caso, Giorgio Agamben nella sua Introduzione (” L’Io, l’occhio, la voce”) all’ed. it. di Monsieur Teste già citata pone l’accento sull’importanza della Dioptrique cartesianaper i futuri sviluppi teorici dell’impresa intellettuale di Valéry. E,d’altronde, anche ne “L’anima e la danza” si legge: “Gli inganni, leapparenze, i giochi della diottrica intellettuale scavano e animano lamisera sostanza del mondo” (p. 193). Visione ed essere, immagine esostanza si inseguono continuamente nella ricerca valéryana dellatotalità.

(21) P. VALÉRY, Cahiers, II, Paris, Gallimard, 1974, p. 253.Sono debitore di questa citazione in relazione alla lettura dell’ottimosaggio del compianto G. GABETTA, “La costruzione dell’ “Immemoriale” inPaul Valéry “, in “Nuova Corrente”, (XXXII), 1985, pp. 485-510. DiGabetta va tenuto presente, inoltre, “La scepsi verso la storia. Sul Valéry diLöwith”, in “aut-aut “, 222 (1987), pp. 39-50, significativamentededicato alla rilettura del miglior libro finora dedicato a Valéry“filosofo” (cfr. K. LÖWITH, Paul Valéry, trad. it. di G. Carchia, Milano, Celuc Libri, 1986).

(22) P. VALÉRY, L’idea fissa cit. , pp. 63-64.

(23) Sul medico come “maschera” in Valéry, cfr. V. MAGRELLI, “Lafigura del medico nell’opera di Paul Valéry”, in “Saggi e ricerche diletteratura francese”, (XXIX), 1990, pp. 203-214. Interessanti anchegli spunti di riflessione contenuti in A. PIZZORUSSO, “Valéry e l’ideadi soggetto”, in Aa. Vv. Figure del soggetto, Pisa, Pacini, 1996, pp. 93-121.

(24) P. VALÉRY, “L’anima e la danza” cit. , p. 188.

(25) Sull‘ Implesso, cfr. G. GABETTA, “La costruzione dell’“Immemoriale” in Paul Valéry” cit. e R. VIRTANEN, “Valéry’s Reflectionson Discovery and Invention”, in “Kentucky Romance Quarterly “, (XXVII),1980, pp. 105-119. Buoni spunti anche in H. KAAS, “Der Dämon derMöglichkeit. Bemerkungen zui Methode Valérys”, in “Akzente”, (XXVII),1, 1980, pp. 47-56. Importante per l’insieme di tutta questatematizzazione nell’ambito della poesia di Valéry è il volume di N.BASTET, Valéry à l’extrême. Les au-de-là de la raison, Paris, L’Harmattan, 1999.

(26) P. VALÉRY, L’idea fissa cit. , pp. 78-79.

(27) V. MAGRELLI, Introduzione a P. VALÉRY, L’idea fissacit. , p. 16. Lo scritto introduttivo di Magrelli, pur essendo moltochiaro e spesso assai perspicuo nella ricostruzione storica e teorica,manca, tuttavia, il confronto “filosofico” (e decisivo !) con Il Cimitero marino.

(28) P. VALÉRY, L’idea fissa cit. , p. 64.

(29) Ibidem.

(30) P. VALÉRY, “L’anima e la danza”, in Poesie cit. , pp. 172-173.

(31) Ibidem.

(32) Per una buona introduzione all’opera di Degas, cfr. D. CATTON RICH, Degas,Milano, Garzanti, 1960 (con un’amplissima appendice iconografica). Peraneddoti e notizie biografiche su Degas, cfr. M. SÉRULLAZ, Degas. Donne, Milano, Mondadori, 1959 (che raccoglie tutti i ritratti di donna dipinti da Degas).

(33) Cfr. P. VALÉRY, Degas danza disegno, trad. it. e cura di B. Dal fabbro, Milano, Feltrinelli, 1980.

 
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PREGHIERA ETERNA

 

Per trasformarsi in libere sorgenti
bisogna prima diventare
righelli, squadre e compassi

 

L'AMORE VUOLE SOLO AMARE

 

LIBERI TUTTI

 

AVATAR

"Sono viaggiatore e navigatore. E tutti i giorni scopro un nuovo continente nelle profondità della mia anima"   Kahlil Gibran

"Tu non sei un essere umano che sta vivendo un'esperienza spirituale ma un essere spirituale che sta vivendo un'esperienza umana" Wayne W. Dyer

 

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tutti rincorriamo una verità... tutti ne possediamo una

 

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VISIONE DI SAGGEZZA T.Y.S. LAMA GANGCHEN

LA PACE INTERIORE E' NELLE NOSTRE MANI,

DOBBIAMO SOLO SCEGLIERE SE SEGUIRE I BUONI SENTIMENTI

O RIMANERE INTRAPPOLATI IN QUELLI NEGATIVI.

 

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AREA PERSONALE

 

IPSE DIXIT

sono sicuro che la reincarnazione esiste veramente,

che essa trae la sua origine dalla morte,

e che le anime dei morti continuano a vivere.  

SOCRATE

...Nè vi fu tempo mai in cui IO non fossi, nè tu,

nè questi dominatori d'uomini,

nè quindi innanzi cesseremo di Esistere mai più.

BHAGAVAD-GITA- Canto 2°-12

L'idea della mentempsicosi è forse il dogma più antico dell'universo conosciuto

VOLTAIRE

 

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