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Il depopolamento e il vessillo del diavolo. La donna vestita di sole - Seconda parte
Post n°52 pubblicato il 08 Settembre 2021 da daniela.g0
Tag: Apocalisse, Cataldo Naro, cellule fetali, Chiesa Cattolica, Cuore Immacolato Maria, Francesco Lo Coco, Giovanni Falcone, Giuseppe, Giuseppe De Donno, globalismo, John Magufuli, Jovenel Moise, magistratura, malori improvvisi, Maria Santissima, martirio, Massimiliano Kolbe, massoneria, morte sospetta, Nuovo Ordine Mondiale, Paolo Borsellino, persecuzione, Pierre Nkurunziza, vaccini CoVID
La donna vestita di sole «Nel cielo apparve poi un segno grandioso: una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e sul suo capo una corona di dodici stelle. Era incinta e gridava per le doglie e il travaglio del parto.» Apocalisse 12,1-2. Fra' Massimiliano Kolbe, testimone nel 1917 di quella manifestazione massonica dal vessillo raffigurante Lucifero, da cui rimase molto impressionato, si domandò come mai la massoneria fosse così attiva, anche attraverso svariate pubblicazioni, mentre i cristiani invece rimanessero nell'ombra. Si disse allora: «Bisogna reagire!» Fu così che pochi mesi dopo, - come riporta Simone Valtorta su Storico.org - il 16 ottobre 1917, con il consenso dei suoi superiori, insieme a sei giovani confratelli fondò la Milizia dell'Immacolata, un'associazione religiosa il cui fine era la conversione e la santificazione di tutti gli uomini attraverso l'offerta incondizionata di sé alla Vergine Maria: «L'Immacolata è la via più breve per arrivare fino a Dio», spiegò. Nel disegno prestabilito da Dio, infatti, la salvezza passa attraverso la devozione al Cuore Immacolato di Maria e la necessità della conversione degli uomini. «L'enorme drago rosso, con sette teste e dieci corna e sulle teste sette diademi» (Apocalisse 12, 3), è il nemico più acerrimo della donna vestita di sole. Non potendo prevalere su di essa, scatenerà la sua incontenibile rabbia verso «il resto della sua discendenza, contro quelli che osservano i comandamenti di Dio e sono in possesso della testimonianza di Gesù» (Ap 12,17), sapendo «che gli resta poco tempo» (Ap 12,12). «Il grande drago, il serpente antico, colui che chiamiamo il diavolo e satana e che seduce tutta la terra» (Ap 12,9a), sa bene infatti che la fine dei tempi si avvicina, e con essa, la sua sconfitta finale; dopo essere già stato precipitato sulla Terra, insieme agli angeli suoi, da «Michele e i suoi angeli» (cfr. Ap 12,7 ss.) in un combattimento celeste. Nel 1846 in Francia, apparendo a due bambini a La Salette, un paesino tra le Alpi francesi, la Madonna aveva preannunciato come la potenza di Satana si sarebbe innalzata «fino al cielo», mentre la città di Roma «avrebbe perso la fede» e sarebbe divenuta un giorno «la sede dell'Anticristo». San Massimiliano Kolbe rese fino alla fine la sua testimonianza a Cristo, quando «il 17 febbraio 1941, Padre Kolbe fu arrestato dalla Gestapo e incarcerato nel Pawiak di Varsavia. Maltrattato e percosso perché rifiutava di abbandonare il Crocifisso che portava al collo, costretto ad indossare un abito civile perché il saio francescano adirava i suoi carcerieri, il 28 maggio Massimiliano fu deportato nel campo di sterminio di Auschwitz; fu messo insieme agli Ebrei perché sacerdote, con il numero 16.670, e costretto ai lavori più umilianti - come il trasporto dei cadaveri al crematorio. Alla fine di luglio fu trasferito al Blocco 14, dove i prigionieri erano addetti alla mietitura dei campi; uno di loro riuscì a fuggire e, come rappresaglia, il comandante Fritsch decise di condannare dieci prigionieri dello stesso blocco a morire di fame e di sete nel sotterraneo della morte. Alcuni di quei condannati dimostrarono notevole coraggio, gridarono «Viva la Polonia»; ma uno di loro, il giovane sergente polacco Francesco Gajowniczek, cadde in ginocchio. "Mia moglie! I miei figli!" piangeva. A questo punto, Padre Kolbe capì che era venuto il momento di cingere la corona rossa del martirio; lentamente, con umiltà, uscì dalle file dei prigionieri, si presentò al comandante Fritsch e, togliendosi il cappello, disse: "Vorrei prendere il posto di quell'uomo!". Il comandante rimase sconcertato e turbato di fronte a quel gesto per lui incomprensibile: "Ma tu... chi sei?". "Un prete cattolico". "Sta bene. Accetto!". Così, Padre Kolbe scese con gli altri nove nel sotterraneo della morte, consolandoli, assistendoli e benedicendoli. Li invitava a cantare, a lodare Dio. Un po' alla volta, tutti si rassegnarono alla loro sorte e morirono ad uno ad uno, pregando, mentre le loro voci oranti si riducevano sempre più. Dopo quattordici giorni solo quattro erano ancora in vita, fra cui Padre Kolbe. Giacché la cosa stava andando troppo per le lunghe, le SS decisero di finirlo con un'iniezione di acido fenico. Il frate francescano tese volontariamente il braccio, mormorando: "Ave Maria"; furono le ultime sue parole. Era il 14 agosto 1941, vigilia dell'Assunta. Il giorno successivo, il suo corpo fu bruciato nel forno crematorio e le sue ceneri sparse al vento».
I "nuovi martiri" Tuttavia, il sangue dei Martiri è come una semente, come scriveva Tertulliano, per la rinascita della Chiesa. Così si legge nel terzo segreto di Fatima: «[...] Sotto i due bracci della Croce c'erano due Angeli ognuno con un innaffiatoio di cristallo nella mano, nei quali raccoglievano il sangue dei Martiri e con esso irrigavano le anime che si avvicinavano a Dio.» Martiri si devono chiamare tutti coloro che hanno dato la vita confessando davanti agli uomini Gesù Cristo e ricevendo da Dio la corona del martirio, come padre Kolbe. Tuttavia, in questi ultimi tempi, stiamo assistendo ad un fenomeno in un certo senso nuovo, una miriade di "nuovi martiri", di cui molti non si possono considerare tali nel senso stretto del termine, perché non ne conosciamo la fede: alcuni di loro probabilmente non l'hanno neppure mai avuta, forse non avendo ricevuto dai cristiani una testimonianza credibile. Ma essi hanno comunque donato la loro vita senza riserve per l'amore verso il prossimo e la causa della giustizia. Ci sono passati accanto, offrendo silenziosamente la loro testimonianza. Ad essi, oggi, non spetta nemmeno la corona del martirio pur manifestando la loro fede in Cristo; viene riservato invece soltanto qualche breve trafiletto di giornale, dichiarante: "Si è suicidato..." o "è morto per attacco cardiaco..." o "è stato vittima di aneurisma...". Il cardinale e teologo Charles Journet avvertiva già: «Può accadere che l'epoca in cui siamo entrati conoscerà una forma di martirio molto povera, molto spoglia, senza nulla di spettacolare per la fede della comunità cristiana - dato che lo spettacolare sta passando tutto nel campo della Bestia - , in un'epoca in cui sarà chiesto ai martiri, prima di morire corporalmente per Cristo, d'essere avviliti e di rinunciare alla gioia di poter confessare Gesù in faccia al mondo». Cosicché essi ci sono passati accanto del tutto inosservati, togliendo il disturbo senza far rumore. Qualche nome? Il più recente è quello di Giuseppe De Donno, medico pneumologo che non ha accettato compromessi. Non ha conflitti di interessi con le case farmaceutiche. Ha curato e guarito i suoi malati dal COVID per mezzo della terapia con il plasma iperimmune. Già pochi giorni dopo la sua morte, Wikipedia oscura la pagina su di lui, perché in fase di aggiornamento... La riapre subito dopo con una doppia citazione sull'inutilità della terapia col plasma iperimmune, che pure ha salvato già 95.000 americani. Ad affermare questo è uno studio scientifico pubblicato sul sito ufficiale della John Hopkins School of Public Health di Baltimora. E avrebbe potuto salvarne ben altri 29mila se solo fosse stata maggiormente adottata negli ospedali degli Stati Uniti.
La pagina della John Hopkins School dove si afferma come altre 29mila persone avrebbero potuto salvarsi
Ma non è l'unico medico che si suicida all'improvviso. Qualche anno addietro lo fa anche il dott. Francesco Lo Coco, ematologo palermitano di fama internazionale, che si getta nel Tevere poco dopo aver pranzato con la sua compagna e aver progettato una vacanza insieme con lei. Lui ha studiato e messo a punto una terapia per i malati di cancro, affetti da "leucemia fulminante", che consente di evitare la chemioterapia e presenta un grosso difetto: funziona e costa poco. Un altro nome da ricordare? Quello di mons. Cataldo Naro, arcivescovo di Monreale, morto a soli 55 anni in circostanze che non sono mai state del tutto chiarite. Aggredito fisicamente nel giugno 2005 da un gruppo di «buoni cattolici» (non estremisti o teppisti) sul sagrato di una chiesa di Cinisi, al termine di una celebrazione, non solo non ottiene immediato soccorso dalle forze dell'ordine chiamate insistentemente, ma diviene oggetto anche di avvertimenti, minacce e di una lettera oscura, scritta da «una fascia di preti» che si dicono «vittime di un'élite di mafiosi in abito talare», che però «non si ribellano, coprendosi con la maschera dell'anonimato: che è truccatura di mafia», come avrebbe scritto poi in un suo saggio il prof. Francesco Mercadante, professore emerito di Filosofia del diritto alla Sapienza di Roma. Dopo l'aggressione arriva la calunnia che si trasforma «in arma letale. Naro e mafia infatti stanno agli antipodi»: il suo impegno contro la mafia è noto, come rilevante e significativa è divenuta nel tempo la sua indagine storica sul rapporto fra Chiesa e mafia. La lotta che l'arcivescovo Naro decide di opporre al fenomeno mafioso non è costituita dai soliti proclami e dalle solite proteste, bensì promuovendo invece un'intensa attività pastorale e culturale, alla luce del Vangelo. Ma nel frattempo, si moltiplicano gli scambi epistolari con il Vaticano e i «taciti patti» fra il predecessore dell'arcivescovo Naro, mons. Salvatore Cassisa - che si rifiuta di abbandonare il Palazzo vescovile - e il potente cardinale Re, all'epoca Prefetto della Congregazione dei vescovi. «Qui a Monreale - scrive Cassisa a Re - Naro non è al posto giusto [...] Si cerchi un'altra sede, si provveda dall'alto [...] Dietro quella tenda sto nascosto, ma vigile, faccio finta di non sentire e di non vedere, ma il mondo è piccolo. Ed ora sono io, mons. Cassisa, ad escludermi da ogni anche minima corresponsabilità residua, alla luce degli ultimi amari eventi». Come osserva il prof. Mercadante, «l'allusione è alla giornata amara di Cinisi», espressa «con il linguaggio del trionfatore». Ma, continua il professore emerito, Cassisa non è un terzo osservatore: «egli è nella mischia, egli è l'antagonista [...], cui nessuno può succedere, se non lo abbia prima ucciso». La morte improvvisa arriva, invece, il pomeriggio del 29 settembre 2006, per Cataldo Naro. La causa è un «aneurisma», come si legge nel referto medico; dopo «l'inefficienza dei soccorsi, il mancato intervento chirurgico d'urgenza, la irreperibilità di un posto in sala operatoria». Non scriverò qui del giudice Rosario Livatino, assassinato ad Agrigento a soli 37 anni nel 1990 e definito dallo stesso Cataldo Naro "martire di giustizia", perché recentemente è stato dichiarato beato e riconosciuto martire dalla Chiesa Cattolica. Ricorderò invece i nomi dei giudici palermitani Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, che indagarono sugli affari tra massoneria, mafia, politica e appalti nella Tangentopoli di Palermo. La morte sarebbe arrivata puntuale per mano della mafia: almeno, questa è la versione ufficiale che ci è stata consegnata. Ma come affermato qualche tempo fa dal magistrato Paolo Ferraro, vittima a sua volta di un TSO ingiusto e illegale, «Giovanni Falcone camminava ogni giorno per le strade di Palermo senza scorta, eppure nessuno lo aveva mai toccato». Mentre Paolo Borsellino, al ritorno dal suo ultimo viaggio a Roma nel luglio del 1992, avrebbe confidato alla moglie di aver respirato, durante la sua permanenza nella capitale, «odore di morte».
I giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, in una storica immagine
E la lista di magistrati deceduti in circostanze poco chiare si allarga a macchia d'olio. Riporto un interessantissimo estratto da un articolo pubblicato sul blog CDD (Comitato di Coordinamento Difendiamo la Democrazia), dal titolo: "La vicenda del magistrato Paolo Ferraro prova del golpe scientifico targato Tavistock". «Poi ci sono tutte quelle strane morti d'infarto di molti magistrati sicuramente non cardiopatici (ad eccezione della familiarità per il dott. Saviotti). Il 5 gennaio 2012 muore di infarto Pietro Saviotti, procuratore aggiunto a Roma. Era a capo del pool anti-terrorismo. Un infarto stronca Pio Avecone, procuratore aggiunto presso la Procura di Napoli. Il 25 luglio 2012 un camion si scontra frontalmente con una Land Cruiser che si dirige verso Otijwarongo in Namibia. I tre occupanti dell'auto muoiono sul colpo, tra loro c'è il giudice Michele Barillaro. Qualche settimana prima, il 9 luglio, il ministero dell'Interno aveva tolto la scorta a Barillaro, gip presso il tribunale di Firenze. In seguito, il 16 luglio, Barillaro aveva ricevuto delle minacce contenute in una lettera recapitata all'Adnkronos. Il giudice Barillaro si occupò tra l'altro del processo Borsellino ter. Il giorno successivo (26 Luglio 2012) moriva Loris D'Ambrosio di infarto fulminante senza che ne fosse disposta l'autopsia. Spariva così il custode delle suppliche di Mancino, imputato al processo di Palermo per i collegamenti mafia-Stato. Ed infine il 13 ottobre del 2012 il procuratore aggiunto di Roma Alberto Caperna muore a 61 anni per attacco cardiaco. Caperna era il responsabile del pool dei reati contro la pubblica amministrazione ed in questa veste coordinava le indagini relative a fatti su corruzione, peculato ed altri. Era titolare dei casi Fiorito e Maruccio. Caperna si è anche occupato dal caso Lusi, della vicenda della casa dell'ex ministro Scajola, dell'appalto nell'ambito dell'inchieste sul G8 della scuola Marescialli di Firenze, dell'indagine Parentopoli romana, del filone romano dell'inchiesta Parmalat, della presunta compravendita di senatori. Forse era scomodo anche perché conosceva bene l'esistenza dell'indagine Fiori nel Fango 2, poteva riconoscere e conosceva la portata della vicenda Ferraro e sapeva bene del contesto in cui erano state portate a termine le iniziative contro il magistrato». Concludo con un brevissimo sguardo all'estero, benché il triste elenco potrebbe allungarsi ancora, quasi all'infinito: I leader di tre diversi Paesi sono morti dopo aver bloccato la distribuzione dei vaccini sperimentali COVID-19. Tutti e tre i Paesi hanno preso la decisione di distribuire i vaccini ai loro cittadini solo dopo la morte dei loro leader. Uno di questi era il presidente haitiano Jovenel Moise, che è stato assassinato nel mese di luglio nella sua casa di Port-au-Prince da un gruppo di mercenari. Poco tempo dopo che il presidente della Tanzania John Magufuli aveva dichiarato i vaccini come pericolosi, è morto a causa di un "disturbo cardiaco". Subito dopo la scomparsa di Magufuli, la Tanzania ha ordinato un enorme carico di prodotti del valore di milioni di dollari per i suoi 60 milioni di cittadini. Magufuli, che era un ex insegnante di chimica, aveva anche cestinato i test PCR dimostrando come una capra e un frutto di papaia fossero risultati entrambi positivi al COVID-19. Il punto di vista di Magufuli sui test PCR è condiviso dall'avvocato internazionale dott. Reiner Fuellmich che ha lanciato una storica class action in Germania e negli Stati Uniti contro Christian Drosten e gli altri scienziati che hanno creato il protocollo di test PCR utilizzato per "diagnosticare" il COVID-19. Il Burundi è stato il secondo Paese africano a rifiutare i vaccini COVID nel febbraio del 2021. Il ministro della salute, Thaddee Ndikumana, ha dichiarato ai giornalisti che la prevenzione è più importante, e "poiché più del 95% dei pazienti si sta riprendendo, stimiamo che i vaccini non siano ancora necessari". Il defunto presidente del Burundi Pierre Nkurunziza era stato duramente criticato per non aver avanzato la nozione di iniezioni contro la SARS-CoV-2. L'attuale presidente Evariste Ndayishimiye, come è noto, descrive il virus come il "peggior nemico" del Burundi. E' così che, poco alla volta, e per una singolarissima coincidenza, tutti coloro che in ogni parte del mondo si sono schierati contro il sistema costruito dall'élite dei potenti della Terra e dalle massonerie, ne sono stati in qualche modo travolti. Fra le cause di morte si annoverano: suicidio, malori improvvisi, incidenti... o altro. Il dott. Stefano Montanari di recente ha affermato che, se mai dovesse essere rinvenuto morto, non si sarà certamente trattato di suicidio. Le medesime parole sono giunte anche dall'avvocato sardo Linda Corrias, che si sta battendo in Italia per i diritti civili dei cittadini.
La Città Santa «Vidi poi salire dalla terra un'altra bestia, che aveva due corna, simili a quelle di un agnello, che però parlava come un drago. Essa esercita tutto il potere della prima bestia in sua presenza e costringe la terra e i suoi abitanti ad adorare la prima bestia, la cui ferita mortale era guarita. Operava grandi prodigi, fino a fare scendere fuoco dal cielo sulla terra davanti agli uomini. Per mezzo di questi prodigi, che le era permesso di compiere in presenza della bestia, sedusse gli abitanti della terra dicendo loro di erigere una statua alla bestia che era stata ferita dalla spada ma si era riavuta. Le fu anche concesso di animare la statua della bestia sicché quella statua perfino parlasse e potesse far mettere a morte tutti coloro che non adorassero la statua della bestia. Faceva sì che tutti, piccoli e grandi, ricchi e poveri, liberi e schiavi ricevessero un marchio sulla mano destra e sulla fronte; e che nessuno potesse comprare o vendere senza avere tale marchio, cioè il nome della bestia o il numero del suo nome. Qui sta la sapienza. Chi ha intelligenza calcoli il numero della bestia: essa rappresenta un nome d'uomo. E tal cifra è seicentosessantasei.» (Apocalisse 13,11-18). Il progetto della Microsoft di Bill Gates che usa microchip sottocutanei per "poter comprare o vendere" tramite una criptovaluta, ha - come già detto - il numero di brevetto 060606, che richiama il numero 666, lo stesso della bestia dell'Apocalisse. Mentre il documento di quattro vescovi e un cardinale «Sull'illiceità morale dell'uso dei vaccini a base di cellule derivate da feti umani abortiti» afferma chiaramente come i vaccini, contenenti cellule fetali umane abortite, derivati quindi dalle cellule di «bambini non nati, crudelmente assassinati, hanno un carattere chiaramente apocalittico e possono presagire il marchio della bestia (cfr. Ap 13,16)». Ma coloro che si contrappongono, i fedeli dell'Agnello (Ap 5,6), segnati con il suo nome e il nome del Padre (Ap 7,4; 12,17), che si saranno rifiutati di portarne il marchio sulla fronte e sulla mano, resistendo fino alla fine fra la furia e le persecuzioni che il mondo riserva loro, saranno salvati. Essi rappresentano il resto della discendenza della donna vestita di sole, coloro che osservano i comandamenti di Dio e sono in possesso della testimonianza di Gesù (cfr. Apocalisse 12,17). E' attraverso la devozione a Lei, indiscussa Regina Coeli, cui Bergoglio ha negato qualche tempo fa anche il titolo di Regina, e la cui stirpe - Cristo Gesù - schiaccerà la testa all'antico serpente (cfr. Genesi 3,15), che si riaprirà definitivamente per l'umanità nuova la via sbarrata all'«albero della vita» dal peccato dell'uomo (cfr. Genesi 3,22; Apocalisse 22,2). «Vidi poi un nuovo cielo e una nuova terra, perché il cielo e la terra di prima erano scomparsi e il mare non c'era più. Vidi anche la città santa, la nuova Gerusalemme, scendere dal cielo, da Dio, pronta come una sposa adorna per il suo sposo. Udii allora una voce potente che usciva dal trono: "Ecco la dimora di Dio con gli uomini! E Colui che sedeva sul trono disse: "Ecco, io faccio nuove tutte le cose".» (Apocalisse 21,1-5a).
8 settembre 2021 Natività della Beata Vergine Maria Qui la prima parte dell'articolo.
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