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Post n°17 pubblicato il 21 Agosto 2010 da ChokeArt
 
Tag: poesie

 

 

  


   Aspettando il treno


Un freddo della malora m'ingobbisce nel paltò, chiuso nelle mani e nella testa.

L'attesa del treno m'innervosisce, faccio una passeggiata sotto i portici,

qualche vetrina è ancora accesa, in questa serata di luna gelata.

Torno alla stazione, la luce gialla rivela una impalpabile nebbiolina.


Mi volto, li guardo, sono uguali a me, assenti, soli,

ognuno con i suoi pensieri.


Sono tre uomini non più giovani, un ragazzo, e una donna.


Uno di loro ha una  sigaretta, tira nervoso,

il cappello a grossi quadri, barba di due giorni almeno.

I pantaloni di velluto spesso rivelano che sta seduto molto,

butta la cicca, sbuffa, si guarda intorno,

deve avere un mucchio di fastidi quell'uomo inacidito.

Sì, perchè è così che sembra.

Cammina su e giù, ficca una mano in tasca, si gratta l'inguine, un'altra sigaretta.

La fiamma è un punto caldo nella notte.

Tra l'azzurro del fumo, o è il fiato?, mi adocchia,

mi soppesa, che vuoi, pare che dica.

Devo voltarmi, faccio due passi, per educazione, si sa.

Che vizio ho di legger dentro agli altri, neanche fosse possibile.


Ora la mia preda è il giovanotto con la sciarpona rossa,

identica alla mia di tanti anni fa, chissà che fine avrà fatto?

Quante volte mi ha visto correre nella mischia del sabato pomeriggio,

le pietre in mano, fiero incosciente, tutti uguali,

sciarpa rossa e giaccone verde...

Proprio su questa piazza succedeva, ed ero giovane.

Il ragazzone non fuma, non lo so per certo, ma credo sia così.

Ha un zaino nero su una spalla, si appoggia disinvolto al grosso pilastro di mattoni.

Si stacca, si allontana un po', inclina la testa e legge. Sorride.

Metto anch'io a fuoco il graffito. E' ridicolo, penso.

Ma certe volte è necessario mandare messaggi alla gente.

Abbasso lo sguardo, ha dei begli scarponi, il ragazzo,

e un bel giubbotto di pelle nera.

Fruga nelle tasche, tira fuori un giornale piegato in quattro parti.

Legge un po', lo ripiega.

Sta osservando il cielo ora, quel poco che si vede, è pieno di stelle, pulito.

Chissà se sei felice, ragazzo.


Mi passeggia davanti quel signore elegante, anche lui col cappello,

e  indossa un distinto cappotto. Al collo porta una sciarpa chiara.

Il cappello a tesa larga, e la camicia azzurra, s'intravede una cravatta in tinta.

Ha un fare, che so?, di comando, abituato allo sguardo, ha i guanti.

Le scarpe sono nere, lucide e perfette.

Tiene le mani dietro alla schiena, incrociate, è sicuro di sè.

Mi par fuor di posto, qui in stazione.

Chissà se ha famiglia.

Sarà sui sessant'anni. Forse ha dei nipoti, di sicuro dei figli.

Dico, da uomo a uomo, sarà per caso un militare?


C'è un orologio, lassù in alto, a fianco dell'insegna.

Perdìo, è tardi per davvero, sarebbe questa l'occasione, se non avessi smesso di fumare.

Mi sfilo i guanti, prendo il fazzoletto e mi asciugo il naso e le lacrime da freddo.

Sono insofferente, ormai disposto a tutto,

riprendo a sbattere per terra i piedi, e poi rimetto i guanti.

Leggo l'orario sul cartello, dovrebbe arrivare adesso quel treno maledetto.


Abbasso lo sguardo, la vedo.


Vorrei farle un cenno di saluto, ma non oso.

Non conosco quella donna, giuro che non l'ho mai veduta.

Ha negli occhi qualcosa di bello.

Mi guarda, sono grigi e luminosi, come quelli di un gatto.

Non è proprio bellissima, i capelli sono neri, divisi a metà,

sono ondulati, ribelli, le labbra chiare e fredde,

un accenno appena di tristezza, mi pare.

Indossa un nero pastrano, la borsa tra le mani davanti a sè.

Forse ha paura, non so, certo che è strana, mi fissa, poi si distrae, mi fissa ancora.

Mi domando perchè è lì, forse lavora, e torna a casa dal marito,

è sposata, ha dei figli, chissà come vive.

Cosa farà lì, da sola.

Forse è sola davvero, abita in un piccolo alloggio, fuori città di certo,

peccato che le convenzioni impediscano di far domande, di sapere.


E' solo curiosità la mia, oppure è bisogno di conoscere, di parlare?

Potrei avvicinarmi, chiedere a tutti quei signori

e a quella donna, di sedere lì, al caffè,

presentarci e poi che ognuno racconti la sua vicenda.

Non son sicuro che capirebbero.

Forse solo qualcuno di loro vedrebbe la mia voglia di non essere estraneo.


Siamo immobili adesso.


Un fischio improvviso, il vento gelido fa  rabbrividire, tutti si riscuotono, un altro fischio.

Ci avviciniamo, saliamo da porte diverse, una ragazza si sbraccia da un finestrino,

il ragazzo la saluta e corre verso lei.

Si abbracciano nel corridoio del treno, li guardo e sorrido,

è una ragazza minuta, bionda, dall'apparenza allegra.

Fa parte, in un modo o nell'altro, della vita del ragazzo,

può essere un'amica, la sorella o la fidanzatina.

Si siedono, conversano, ridono.

Incrocio lo sguardo di lei, che tenerezza i belli occhi neri.


Mi accomodo anch'io, più in là, tengo addosso il cappotto,

appoggio il cappello sulle ginocchia.

Sono stanco di questa giornata, spero che il treno riparta subito,

ho voglia di vivere la mia storia.

 

by Artchoker

pubblicato in ottobre 2009


 

 
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Commenti al Post:
PSICOALCHIMIE
PSICOALCHIMIE il 24/05/11 alle 09:16 via WEB
ahhh anche tu ricostruttore di storie che alchemicamente si fondono con le nostre :))) bella davvero
(Rispondi)
 
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