Creato da: rivedelfiume il 26/06/2006
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Post n°5 pubblicato il 30 Giugno 2006 da rivedelfiume
 
Tag: musica

Mettendo ordine tra tutti i vecchi padelloni in vinile, ho ritrovato un disco che mi ero perduto nella memoria, “The best of Otis Redding” e dentro gli appunti della trasmissione che ai tempi della radio gli avevo dedicato.
E riscoprirli attuali.
Soul music senza tempo, classe superiore, coinvolgimento emotivo sempre intenso.
Partiamo dal racconto che fa di lui Steve Cropper, che con lui firmò due successi come “Fa, Fa, Fa, Fa, Fa” e “Dock 0f The Bay”, fungendo da arrangiatore e da musicista d’accompagnamento in molte delle sue registrazioni. « Lo incontrai per la prima volta nel 1962. A quel tempo, Otis era un po’ il factotum di Johnny Jenkins and the Pinetoppers, faceva il road manager, il cantante, l’autista. Un giorno, il complesso si trasferì a Memphis per registrare alcune canzoni; Otis rimase per tutto il tempo seduto in un angolo dello studio, alzandosi ogni tanto per dire: “Per favore, vi prego, fatemi incidere qualcosa”. Così, quando Jenkins ebbe terminato, c’erano ancora quaranta minuti a disposizione e tutti insieme dissero: “Va bene, vediamo un po’ cos’è capace di fare questo ragazzino”. »
Così, quasi per caso, iniziò l’ascesa di quello che in seguito sarebbe diventato forse il più grande e il più amato cantante di soul degli anni Sessanta. La canzone era “These Arms Of Mine”, un brano che Otis aveva scritto due anni prima; pubblicata su disco, avrebbe venduto qualcosa come ottocentomila copie. Con quel brano, non cominciò soltanto la carriera di un nuovo artista, ma ebbe inizio anche un nuovo genere di soul, miscela sperimentale comprendente gospel, rhythm and blues, i fiati a corrente alternata.
In contrasto con l’educato soul cittadino o con la musica della Motown, Otis sviluppò uno stile originale particolarmente grezzo: la musica faceva presa soprattutto perché spontanea, sincera, non filtrata. Il suono riprodotto su disco era quello che veramente accadeva in studio (la casa di Otis, la Stax-Volt, non poté permettersi equipaggiamenti stereo sino al 1966). La presa immediata di una canzone come “Respect” deriva in parte dal fatto che il brano venne scritto in un giorno, arrangiato in venti minuti, registrato praticamente senza prove. Otis era tipo da incidere un album intero in due giorni soltanto, cogliendo al volo le sue immense energie. «Quando entro in studio a registrare una canzone » ebbe a dire l’artista, a proposito del suo modo di affrontare la musica «ho in mano solo il titolo e qualche volta il verso d’inizio. Il resto lo invento durante la registrazione. Si prova tre o quattro volte e si tirano fuori soluzioni diverse ogni volta.., niente trucchi, si registra tutti insieme, fiati, sezione ritmica, voce, anche sei canzoni in cinque ore.» Questo metodo spontaneo spiegò larga influenza nel mondo del soul e del rock bianco. Sulle orme di Otis, Aretha Franklin e Wilson Pickett si mossero alla volta di Memphis per incidere molti dei loro più grandi successi, usando i musicisti della Stax e il loro particolarissimo stile; in seguito, lo stesso sarebbe accaduto per gli Allman Brothers e i Rolling Stones, alla ricerca di un po’ di Memphis Soul da inserire nel proprio bagaglio.
Otis risultava efficace sia nei brani svelti che nelle ballate più lente. La facciata B del suo primo successo, “Hey, Hey, Hey”, è tipica dello stile selvaggio alla Little Richard con cui l’artista aveva iniziato; è possibile ritrovare lo stesso « gesto vocale» in brani più tardi, Shake, di Sam Cooke, o I Can’t Turn You Loose, canzoni tanto ricche d’energia da togliere il respiro. Otis idolatrava Little Richard e proprio con un’imitazione quasi perfetta di Show Bamalarna, uno dei brani più celebri del grande ispiratore, incisa nel 1960 per l’etichetta Bethlehem, Redding cominciò a sviluppare un proprio stile, caratterizzato da una estrema disinvoltura e dalla voce roca, venata d’angoscia; è il suono di brani come Mister Pitiful, Respect, l’ve Been Loving You Too Long, incisi tra il 1964 e il 1965. I gesti ritmici stringati dei complessi della Stax con cui incise (gli incandescenti fraseggi bassistici di Duck Dunn, i « punti invisibili » della chi tarra di Steve Cropper, gli agitati ritornelli dei Markeys) aiutarono Redding a sviluppare il proprio caratteristico stile ritmico.
Fu la personale versione di Satisfaction, dei Rolling Stones (una canzone fortemente influenzata dal fraseggio aperto dell’artista) a far conoscere Redding attraverso le stazioni radio di musica bianca; pure, quella canzone era quasi una parodia dello stile vocale sincopato allora per la maggiore. Tra il 1965 e l’anno seguente, Redding ebbe un certo numero di canzoni di successo; l’ve Been Loving You Too Long, con timido vibrato vocale su ritmo lento, d’atmosfera, Fa, Fa, Fa, Fa, Fa e la supplichevole, lamentosa Try A Litile Tenderness. Ma fu solo nel 1967, grazie ad una celebre esibizione al Monterey Pop Festival, che l’artista sfondò tra gli appassionati di pop. In quel lo stesso anno, Redding spodestò Elvis dal trono di « miglior cantante maschile », aggiudicandosi il referendum del “Melody Maker”; ci volle un incidente aereo (il charter che lo trasportava si schiantò contro i ghiacci di un lago del Wisconsin) per fermare il suo cammino, per toglierlo dallo scranno di Principe Ereditario del Soul.
Otis ambiva a riempire il vuoto lasciato dalla morte di Sam Cooke, avvenuta nel 1964 e, nonostante il taglio grintoso di molte sue canzoni, fu proprio il garbo che lo accomunava a quel grande artista a renderlo diverso dalla maggior parte dei cantanti soul della sua epoca. Otis non veniva dal gospel ma seppe sviluppare uno stile ibrido di musica sacra e R & B che permise alle sue composizioni di durare nel tempo con inalterata efficacia. Più di ogni altro artista soul, Otis cercò di comunicare l’intimo entusiasmo del gospel, il suo vigore; la fede che sta alla base di quella musica venne tradotta in un codice universale, valido per le emozioni di tutti. Una delle ragioni del grande successo risiedeva nella sua personalità; vulnerabile com’era, come la voce lasciava intendere, Redding si dimostrò valido sia per il pubblico di colore che per i giovani bianchi, laddove cantanti più grintosi sul tipo di James Brown e di Wilson Pickett non riuscirono mai ad imporsi nell’ambito pop.
Dock Of The Bay fu il primo disco di Otis a raggiungere la vetta delle classifiche ma l’artista non visse abbastanza per vederne il successo. Con il suo testo ispirato, la delicata cadenza, la raffinata tensione, il brano è un po’ il compendio dell’arte e della vita di Redding, con tutta la particolare amarezza che la vita portò con sé. Per usar le parole di Steve Cropper, in una vecchia intervista a “Hit Parader”: « Non ho mai cambiato idea su Otis; era un uomo puro. Tutte le sue canzoni testimoniano del suo amore per la gente. Le sue storie parlavano sempre di rappacificazioni, di ritorni con l’amata; e anche quando lei era uscita dalla sua vita, restava la cosa più importante del mondo. I suoi rapporti con le cose erano sempre positivi ».

 
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