Creato da: rivedelfiume il 26/06/2006
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Post N° 34

Post n°34 pubblicato il 18 Novembre 2006 da rivedelfiume

Una città senza Donne

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Al sabato “Repubblica”, da diversi anni, impone un supplemento, “D – La Repubblica delle donne”, che per quanto mi riguarda è una antologia di foto pubblicitarie interrotte casualmente dalla presenza di rubriche degli apprezzatissimi Zucconi, De Gregorio, Coyaud, Galimberti, qualche reportage che anni fa sarebbe finito sul “Venerdi”, e poco altro.
Ovviamente, il clou, sottilmente celato, sono le rubriche di moda.
Ieri, mentre aspettavo pazientemente di essere sdoganato nell’ambulatorio della mia medico, mi è capitato tra le mani un vecchio numero, ed ho voluto un po’ divertirmi a capire “che donna ci aspetta per l’autunno inverno”.
Appurato che il sottoscritto è coniugato con una donna normale, mi vedro’ drammaticamente esiliato dalla Donna della Repubblica delle Donne.
Una D-donna che “per ottenere un nuovo look, per respirare il feeling on the air, non sbaglierà ad abbandonare lo stile casual per recuperare capi eleganti, via il bomber e su la longuette”.
Imparo con dovizia che “la donna metropolitana al lunch indosserà un maxidécolleté con top di paillettes da sera, di strass la blouse sul total nero, a sexissime squame il tubetto attillato, rosa pink e ultrashocking la camicia di raso lavorata gauffré”.
E poi “nell’ottobre romano (..) protagonista il blazer, l’intramontabile blazer che nelle ore del giorno si incontra in panno blu navy o verde army o in lana tweed effetto hand-made. E sotto il blazer, bermuda corti e boxer, ombelico ovviamente in vista”.
Apprendo con rammarico che sono out “i pull, tutti i tipi di pull, sia ben chiaro” (dopo la follia che ho speso l’anno scorso per il suo compleanno, acc…).
Segue lunga teoria di fotografie in bianco e nero di una ragazza che probabilmente sarebbe disposta a concedere persino favori sessuali per un buon panino, imbottito con speck e formaggio, da cui è evidente la lunga astinenza, magari con un buon rosso corposo a combatterne l’esanguità.
In contrasto, ogni dieci pagine, la foto di una modella salita alla ribalta per una questione di droga: alla notizia, Giovanardi, le mani giunte, si è rivolto alla Immacolata Concezione, e Fini si è persino scomposto la scriminatura nel capello virilmente ben curato.
Intanto, lo stilista riconosciuto come un guru, tra una piastrella ed un profumo, pontifica che “lo spolverino è extralong in cashmere nero, l’overjacket di suède con ampi revers e, why not?, il mariner di città in panno waterproof, la giacca con i taschini a patches per un look country, sui cavalry pants.” Alle lettrici propone un “meeting nel nuovo showroom per applaudire la collezione di pantaloni in chevron contrastato, i volanti e le rouches per la mezza sera,  e il regimental touch nella ragazza non necessariamente androgina, anzi, morbida nelle forme italian style.” Ovviamente è un alfiere “del buon nome dell’ Italia nel mondo”.

Ma non finisce qui il linguaggio della moda.

Ed il mio drammatico sentirmi out. Un servo della gleba nella Repubblica delle Donne.
Altri articoli ci convincono  -foto pubblicitarie confermano- che esiste un abbigliamento elegante “intercambiabile uomo-donna”, con modelli/e che sollevano dubbi su una loro esatta classificazione; scopro che l’underwear può essere “mozzafiato”, le lunghezze “coprenti”, il cappello “donante”, (si poserà infatti su una “testa postmoderna”), i gioielli “big”, il car-coat è “sceso a livello della jeanseria”, il sedere sarà “enfatizzante” ma “con spirito erotico”, il crew-neck è “d’ordinanza” ma solo se ha profili blu, il turtle-neck “rampante”, i bijoux “corsari o dissacranti”, mentre ritornano “l’astratto gioco di pattern geometrici anni Sessanta” oppure, poche pagine dopo “la ludica liberata follia anni Settanta”.

Ma “nu’gins e na’maglietta”, proprio no?

In attesa di vedere se anche la dottoressa (nel senso del medico) indosserà una “maglia artistica e trasgressiva con disegni optical”, mi chiedo come mai nell’immaginario collettivo i camici bianchi siano legati all’idea di una donna che il giornale definirebbe “non più solo sexy, ma sexissima”.
Ah, non ci fossero quegli orribili camici quasi sempre “oversize”…..

 
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