Area personale- Login
TagCerca in questo BlogMenuCitazioni nei Blog Amici: 4 I miei Blog AmiciUltimi commentiChi può scrivere sul blog
Solo l'autore può pubblicare messaggi in questo Blog e tutti gli utenti registrati possono pubblicare commenti.
|
Post n°41 pubblicato il 04 Febbraio 2007 da rivedelfiume
Il calcio era uno degli sport più appassionanti del mondo. ROMA - Niente sospensione dei campionati per il Centro Sportivo Italiano, il Csi, tranne per quei Comitati che hanno gia' aderito all'invito della Figc, dopo la morte del poliziotto a Catania. Su tutti i campi sara' osservato comunque un minuto di silenzio. Il Csi, in una nota, ha portato solidarieta' ai familiari di Raciti e del dirigente calabrese ucciso la settimana scorsa dopo una partita di Terza Categoria. "Il fenomeno nasce pravalentemente da un malessere giovanile. Bisogna lavorare con adolescenti e giovani". (Agi) Ma quale malessere giovanile, adolescenza, ribellione: la piantiamo di fare i sociologi da quattro soldi? I padroni del calcio, negli ultimi anni, hanno modificato il campionato in funzione dei diritti televisivi, hanno ottenuto dai politici che i loro debiti fossero "spalmati" per evitare la bancarotta (nessuna azienda avrebbe mai potuto godere di tali privilegi), per pagare stipendi scandalosamente spropositati si sono trovati a raschiare il fondo del barile, hanno fatto pagare agli italiani i decoder per il digitale terrestre, così nessuna casa sarebbe rimasta sprovvista -a pagamento- della razione settimanale di serie A e ora cadono tutti dalle nuvole. C'è gente come Mosca e Biscardi che sulle premesse che hanno scatenato la violenza di venerdi ci ha costruito una carriera. E poi ci sconvolgiamo? Non si è mai investito in altro sport che non sia il dio pallone, e nell'ambito del dio pallone quasi tutti i soldi sono gestiti dalla Lega Calcio, che lascia all'enorme panorama dei dilettanti solo briciole. Un ambiente marcio e corrotto, protetto dagli stessi che hanno sigillato città intere, militarizzato stadi, imposto check-point, e tutto per una partita di calcio.
Post n°40 pubblicato il 13 Gennaio 2007 da rivedelfiume
Capita di cadere dalla padella alla brace: ma, mentre con la tv accesa puo’ capitare ad ogni botta di spot di imbattersi in una casa irreale italiana, nel web uno non si aspetta di trovare una Casa Reale d’Italia. Invece, c’è. Ed è, nientemeno, che il sito ufficiale di casa Savoia, con tutte le sue sezioni, compresi messaggi alla Nazione firmati dai vari S.A.R. (Principi di Napoli e del Piemonte), comunicati stampa, indicazione degli Ordini Dinastici ed altri ammennicoli vari (tutti aboliti per legge dalla Repubblica Italiana, ovviamente…). Ma l’icona, quella che troneggia in alto a destra ed assorbe completamente la nostra umile attenzione, è quella di S.A.R. Principe di Piemonte e Venezia, in compagnia della sua giovane sposa. Il Nostro (non me ne voglia, Principe, ma io associo la sua faccia a quella delle olive che lei sponsorizzava; ma, deformazione culinaria, associo l’idea del sapore delle olive a quello del baccalà, in un piatto gustosissimo. Baccalà con le olive: così il cerchio si chiude con le giuste analogie) è protagonista di una pagina biografica grazie alla quale apprendiamo con gioia ed entusiasmo che “sin da bambino ha potuto contare sulle grandi doti umane, culturali e storiche della Regina d’Italia, Maria Josè, sua nonna, e dei genitori che sono sempre stati al suo fianco con amore, dedizione e supporto. Ed è proprio grazie all’ambiente famigliare unito e colmo di interessanti stimoli verso la crescita, non solo umana ma anche culturale e relazionale, che Emanuele Filiberto ha potuto basare il suo percorso di Principe di Casa Savoia.” Al che, un maligno ripenserebbe (ma noi non lo facciamo) all’inchiesta di Potenza, e si chiede quali “stimoli verso la crescita” (e di cosa…) possa fregiarsi il S.A.R. padre, quello che per sessant’anni non ha potuto mettere legalmente piede in Italia e che adesso, a seguito delle note vicende giudiziarie, non puo’ allontanarsene…..non ci sono più le mezze stagioni, a volte neppure nella vita,. Ma andiamo avanti nella lettura: dopo aver appreso che il Principe con le Olive “ha percepito la grande dignità, la regalità, il senso del dovere e di abnegazione” dal Nonno esiliato nel lontano Portogallo (nonno mitizzato al punto che “Lo stesso Re Juan Carlos di Spagna ha dichiarato di essersi ispirato a lui una volta divenuto Re di Spagna”, anche se nella mia ignoranza non credo che re Giancarlo abbia mai firmato leggi razziali o dichiarazioni di guerra) e questo nonostante “l’esilio in cui il giovane principe è stato costretto per trent’anni”: anni in cui, peraltro, con l’animo magnanimo dei Grandi della Storia, l’esilio stesso “ non è stato motivo di chiusura verso il suo paese, bensì è stato uno spunto per trovare modi e metodi sempre nuovi e vincenti per riuscire a trasmettere la propria immagine oltre le Alpi, quasi una sfida verso chi così ingiustamente e anacronisticamente gli negava il “Diritto dei Diritti” ossia la libertà di vivere nella propria nazione”. Chè a me non è mai apparso chiaro perché tutti quelli che sfasciano la Patria sono poi i primi a dichiarare di amarla, o a proclamarsene unici difensori, ma non avendo sangue nobile non lo capirò neppure mai. Ma andiamo avanti, imparando che Olivetto (è gentile, dai..) “è entrato nelle case degli italiani da tifoso della Juventus per divenire con il tempo un simbolo delle tradizioni e dell’amor di Patria”: dovendo scegliere e studiare le mie mosse, da veterointerista mi aggrappo ad aglio e crocifissi (o al limite, in versione country, ad una grattatina là dove non si addice)…Ma, del resto, come non provare, sotto sotto, un po’ di sana invidia nei confronti di chi puo’ vantarsi della “sua passione per la finanza (che) l’ha portato ad abbandonare gli studi universitari in architettura per lanciarsi coraggiosamente nel mondo bancario internazionale. L’acume di finanziere gli ha consentito di creare a soli ventisei anni il primo “fondo di fondi hedge” quotato alla Borsa di Zurigo”. Più che un Principe, un talismano vivente. Ma è il finale che ha in sé il fascino perverso ed inquieto della morbosità: “Il suo approccio con la Patria è stato entusiastico, e comprendendo i disagi ed i tanti problemi di cui è afflitta, Emanuele Filiberto ha deciso di lanciarsi in una nuova sfida”. Al che uno lo immagina, dato il suo “acume di finanziere”, i suoi “modi e metodi sempre nuovi e vincenti”, impegnato, una specie di Bono regale (anzi, principesco) per trovare, quanto meno, la Pietra Filosofale; invece dobbiamo accontentarci di un suo, peraltro nobile “avvicinarsi agli italiani non solo tramite i media ma personalmente, impegnandosi a trovare soluzioni concrete ai gravi disagi che affliggono il Paese, in modo particolare la gioventù”. Al che uno ripensa alle prodezze pedofile emerse nella inchiesta a carico di chi gli infuse ”interessanti stimoli familiari” e si pone un qualche dubbio; fortunatamente fugato dall’apprendere che tale impegno consiste nell’aver “fondato l’Associazione Valori e Futuro, con lui sono impegnati un gruppo di amici che credono nei valori fondanti della nostra Italia, la famiglia, il lavoro, l’ambiente, la solidarietà, la cultura e la storia, cercando di rilanciarli e di comunicarli alle giovani generazioni che sentono sempre di più in loro il senso di abbandono e che sono oramai senza punti di riferimento”. Infine, un consiglio assolutamente spassionato per i vari gruppi antimonarchici sparsi per il mondo: deponete le armi, adottate Emanuele Filiberto, portatelo nel vostro paese e lasciatelo parlare. Dovrebbe funzionare.
Post n°39 pubblicato il 30 Dicembre 2006 da rivedelfiume
Sulle bancarelle in piazza, vendono questi amuleti "cacciaspiriti". Dovrebbero servire ad allontanare spiriti maligni e guai assortiti. Li ho fotografati per voi e ve li lascio qui, in regalo, in modo che ognuno possa essere tutelato contro ogni fatto, evento, pensiero negativo nell'anno che sta arrivando. Auguri, abbracci e baci a tutti!
Post n°37 pubblicato il 23 Dicembre 2006 da rivedelfiume
IL PRESEPIO DEI SETTE ANNI di Achille Campanile Al presepio Luca cominciava a lavorare parecchi giorni prima di Natale e la preparazione di esso si svolgeva in un'atmosfera di guerra, del tutto in contrasto col carattere idillico della pia bisogna. Le prime scaramucce avvenivano quando, un paio di settimane avanti la Vigilia, si tiravan fuori gli accessori conservati dal Natale precedente. Tutti rotti o malandati. Bisognava far quasi tutto nuovo. Il che dava modo a Luca di tuonare contro il disordine della casa. Dopo di che s'aprivan le ostilità per la scelta del luogo. I primi anni, questa era caduta su un angolo della stanza da pranzo, ma, in seguito alle proteste della mamma per gli sbaffi di pittura e gli strappi che poi restavano sul parato, il Presepio, snidato e incalzato di stanza in stanza fini in un angolo dell'anticamera dove, a causa della semioscurità del luogo, fu talvolta sommerso dai cappotti dei visitatori; i quali poi se ne andavano bianchi della farina che serviva a far la neve. Terza operazione bellica: manu militari, Luca requisiva in cucina la spianatoia della pasta, che doveva servire da base al Presepio La cosa non avveniva senza le più alte strida della vecchia e combattiva fantesca, la quale tentava di contender l'oggetto al padrone, in un tira e molla che attingeva momenti d'alta drammaticità. Ciò perché, nonostante Luca assicurasse che, dopo il Presepio, avrebbe restituito intatto quell'accessorio indispensabile per la pasta fatta in casa, a cose avvenute la spianatoia tornava in cucina con una vasta zona verniciata in verde (prati) e irta dei chiodi serviti a fissare ponticelli, alberi e rocce; chiodi la cui sola vista, all'idea d'impastare a mani nude, faceva raggricciar le carni. La vernice verde era percorsa da serpeggianti strisce di vario colore, che rappresentavano le strade di grande comunicazione e i principali corsi d'acqua della Palestina. Ormai su quella spianatoia sarebbero venute soltanto lasagne verdi, a causa della vernice. Il problema laghi veniva risolto col sistema degli specchietti, da Luca che, novello Paleocapa, riusciva a dotar la regione d'un sistema idrico mirabile. Poiché i laghetti fra il muschio erano di facile e bell'effetto, egli forse ne abusava un po', coi risultato di trasformare la zona di Betlemme e dintorni, notoriamente un po' arida, in una specie di regione dei laghi, quasi una Finlandia. Questo l'obbligava a dar la caccia a tutti gli specchietti di casa e particolarmente a quelli d'una servetta che poi, riuscendo monotona una regione di laghi perfettamente tondi o quadrati, doveva assistere con un leggero pallore alla rottura di quei fragili oggetti, di cui Luca, ridottili a pezzettini, si serviva anche per effetti di cascatelle. Le rocce erano ottenute con l'acquisto, nella vicina cartoleria, d'un certo numero di fogli d'imballaggio e con l'uso di vecchi giornali che, appallottolati, ammucchiati e ricoperti dei suddetti fogli sapientemente spiegazzati, figuravano le montagne. Provvedutosi alla sistemazione orografica, non restava che popolare il paesaggio. Come in tutti i Presepi, non era chiara l'ora, in quanto vi si, vedevano contemporaneamente gruppi che gozzovigliavano all'osteria mangiando spaghetti, talvolta con le mani, greggi che pascolavano, pecorelle nel chiuso addormentate, stelle in cielo, qualche donna che lavava i panni nel torrente. " A quell'ora? " direte. A quell'ora. li Presepio era affollato di strani nottambuli se, come pareva doversi dedurre dalla presenza delle stelle, era notte: persone affacciate alla finestra, una ragazzina che guidava le oche con un giunco, un maialino che grufolava nel trogolo, una vecchia all'arcolaio, un contadino con l'asino, che andava evidentemente al mercato, un arrotino che arrotava, un panettiere che sfornava, un pizzaiolo che faceva pizze. Insomma, si facevano cose che solitamente si fanno in ore diversissime l'una dall'altra. E tutto, meno che dormire. Quella era una notte in cui non dormiva nessuno, a eccezione di poche pecorelle. C'erano persino comari che conversavano da un balcone all'altro. E, cosa straordinaria, tra greggi e grotte, s'ergeva anche qualche sontuoso palagio con colonne e peristili, ma in parte già allo stato di rudere. Ed antri muscosi, e fori cadenti. A confonder vieppiù le idee circa ora, contribuiva il contegno dei pastori, dei quali v'era una straordinaria quantità e varietà. Uno con la pecorella sulle spalle, un altro che portava sulla testa una piccola paniera con ricottine, un terzo steso a meriggiare con la siringa o il sufolo sulle labbra, un quarto che, benché per molti altri fosse notte fonda, faceva ostinatamente solecchio con la mano sulla fronte, a 'ripararsi dai cocenti raggi d'un sole, che non c'era. Non mancavano un cacciatore col fucile e il cane, né qualche cane da solo, acciambellato o abbaiante, né giocatori di carte e di dadi all'osteria, sonatori di fisarmonica, zampognari. Nell'insieme, una specie di notte di San Giovanni. A mezzanotte i ragazzi portavano in processione il Bambino Gesù, cantando in coro: Tu scendi dalle stelle, o Re del Cielo, e vieni in una grotta al freddo e al gelo... Da allora, ogni giorno i re Magi venivano spostati d'un pezzettino, in modo che mettevano esattamente quindici giorni a percorrere da un capo all'altro la spianatoia della pasta, dovendo arrivare all'imboccatura delle grotta sacra il giorno della Befana, coi doni (donde la tradizione dei doni della Befana, da Roma in giù molto più viva che quella dell'albero di Natale). Disfatto il Presepio, all'indomani della Befana, i pupazzi venivano riposti per l'anno successivo. La prima volta che fece il Presepio, Luca ignorava che, giusta una diffusa credenza, bisogna poi farlo per sette Natali di seguito, pena le più gravi disgrazie familiari; strano miscuglio di fede e di superstizione. Quando lo seppe, Luca impallidì. Non era un tipo scioccamente superstizioso, anzi non credeva a queste storie e lo proclamava altamente. Ma, dato il gran numero di guai che avevano sempre caratterizzato la sua esistenza, pensava fosse meglio non mettere, come suol dirsi, la salute in questione; meglio evitare. Cosi, continuò a fare il Presepio per sette anni. La cosa andò liscia per i primi Natali, e precisamente finché egli fu sorretto dall'incondizionata ammirazione dei ragazzi, finché i suoi Presepi ebbero in questi un pubblico entusiasta. Ma, crescendo, essi cominciarono a poco a poco,a restar freddi, di fronte agli specchietti coronati di muschio, alla cometa ritagliata nella stagnola, e a manifestare, pur senza confessarlo, qualche scetticismo, nei confronti del cotone idrofilo e della farina in funzione di neve. Invano il padre cercava di galvanizzarli, di comunicar loro un entusiasmo che ormai non era più sincero nemmeno in lui. " Guardate com'è bello questo pastore estatico " diceva. Era un'anima d'artista, un esteta e cercava di scoprire il bello anche in umili opere artigiane. I ragazzi fingevano di ammirare, per fargli piacere, per non disincantarlo nei riguardi del Presepio. Ma alla fine furono costretti a gettar la maschera, si disinteressarono di esso e cominciarono addirittura, a un certo punto, a presenziare con fatica alle solennità familiari. Cosi il padre, verso gli ultimi dei sette anni, finì per fare il Presepio da solo e quasi pro forma, per un cortese dovere, per non restare con lo scrupolo di non aver fatto tutto quanto fosse in suo potere al fine di scongiurare qualcuno almeno dei guai di cui la sorte gli fu sempre prodiga. Approssimandosi il Natale, riacciuffava la spianatoia della pasta, ma senza la balda combattività d'una volta. Si capiva che ormai lo faceva a freddo. Ritirava fuori i vecchi pupazzi e li disponeva in fretta, a caso, perfino, molto approssimativamente, tanto per non saltare un'annata, sempre per quella storia dei temuti sette anni di guai. E si videro, talvolta, strani accostamenti: gallinelle nel chiuso e pecore nel pollaio, l'eremita che spuntava dal pozzo, un cammello all'osteria, il mendicante sul tetto, l'arrotino sul balcone e i re Magi nel torrente. Inoltre, come s'è detto, da un anno all'altro più d'un pezzo si rompeva. Ma ormai visto il disinteressamento dei ragazzi, il padre non aveva più nessuna voglia di comperare pezzi nuovi. Cosi finirono per vedersi in casa Presepi sempre più affollati di pastori zoppi, osti con una gamba sola, o senza braccia; la cometa aveva la coda molto spelacchiata, l'asino l'aveva perduta addirittura, il bue era mutilato d'un corno, si vedevano cammelli a tre gambe e le persone all'osteria invano tentavano di portare alla bocca gli spaghetti, visto che erano senza testa. Di qualche pecora erano rimasti solo mezza pancia, o i quarti posteriori, e San Giuseppe somigliava a San Giovanni Decollato. Insomma, un Cottolengo. __________________ AUGURISSIMI A TUTTI!!!
Post n°36 pubblicato il 09 Dicembre 2006 da rivedelfiume
"Cubana" - Werner Seyfert Quando iniziai a lavorare, l’impatto con Maurizio fu il classico motivo per domandarmi dove fossi finito. Una vita difficile, la sua: di chi, rimasto solo troppo presto, cerca appiglio in chiunque gli possa apparire credibile. Ragazze o donne, neanche a parlarne: cresciuto in paese, per Maurizio erano solo un buco, forse due tirando sul prezzo, da riempire. Cominciavano così le spedizioni serali in città, per comperarsi un po’ di sesso, alternativa alle serate nel cinema a luci rosse o a qualche vhs nelle serate in cui la nebbia fa muro, e non c’è bisogno di torrette e guardie ad impedirne la fuga.
|
Inviato da: camillasar
il 27/04/2011 alle 13:23
Inviato da: ctthsoe
il 25/03/2009 alle 09:26
Inviato da: ctthsoe
il 25/03/2009 alle 08:40
Inviato da: ctthsoe
il 25/03/2009 alle 07:37
Inviato da: lottersh
il 25/03/2009 alle 06:59