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Amina Narimi

con la fragilità che io immagino degli angeli quando spostano tra i fiori un buio d'aria

 

 

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La profezia di Baku

Post n°773 pubblicato il 18 Maggio 2012 da claudia.sogno
 

"Non invano hanno soffiato i venti,
non invano c'è stata la tempesta.
Un misterioso qualcuno ha colmato
i miei occhi di placida luce.

Qualcuno con primaverile dolcezza
ha placato nella nebbia azzurrina
la mia nostalgia per una bellissima,
ma straniera, arcana terra.

Non mi opprime il latteo silenzio,
non mi angoscia la paura delle stelle.
Mi sono affezionato al mondo e all'eterno
come al focolare natio.

Tutto in esso è buono e santo,
e ciò che turba è luminoso.
Schiocca sul vetro del lago
il papavero rosso del tramonto.

E senza volerlo nel mare di grano
un'immagine si strappa dalla lingua:
il cielo che ha figliato
lecca il suo rosso vitello."

 

Forse esistono  profezie, pronunciate con voce  tenue, intime, quelle fedi che si scolpiscono fra le persone, quelle bisbigliate ad un orecchio in lacrime, quelle che vedono un successo negli occhi di qualcuno, o una felicità imminente, quelle che ti leggono dentro ciò che dice la tua scintilla - ma di queste è bene non parlare: esistono sacri troppo sacri o ridicoli da pronunciare...

(la parola del giorno è:Profezia;oggi mi hanno detto che venerdì dovrò recarmi a Baku..ecco mi è parsa una pro-fezia)

Badu-kube..la città dove soffia l'll vento,

manciate di semi di luce che colpiscono l'll viso

un khazri burrascoso,

chiuso tra  montagne come deserti,l'Azerbaijan

bianco di neve, lino ebraico, abito di donna caduto tra due solchi di terreno

prima dell'alba,dopo la tempesta 

Avamposti così raccolti assieme da sembrare in lontananza fortezza invalicabile 
selvaggia oltre l'udito, le sue frontiere,l'll canto

fa volteggiare le parole,la voce precipita in un bisbiglio,un debole sospiro di Mugham

regole  e improvvisazioni penetrano le valli 

 radure tenere,dove fa più caldo l'll Caucaso è sempre verde

.
Sono gli alberi delle foreste, l’erba dei pascoli, l'll grano dei campi,

i frutteti degli orti,reticolati che spuntano fuori dalla neve come lunghe litanie

acqua che cola come le acque le Bosforo

Bakù è distanza, bellezza di lontananza,
murata città

Al centro del tappeto una donna

Parla con l’aria: “Tu non ferisci”, dice,
ma l’aria brucia e rade

 sembra tenere i piedi affondati in mucchi di neve,

nelle mani i segni di maggio

 e tutto ciò che di irripetibile sogna, le scuote l'anima

spinta dal cuore che batte soltanto più forte

nel bene,nel male

sul piatto azzurro del cielo la notte sogna

tende le dita,dentro l'anello di Baku

si prepara a partire

a cercare perfetta,

 la propria scomparsa

 

 

 
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Utente non iscritto alla Community di Libero
Profeta preoccupato il 18/05/12 alle 18:13 via WEB
Si racconta, nel Caucaso, la storia di un pazzo. Di un principe. Pazzo. L'unica cosa saggia che sapeva fare era viaggiare.
Visse ai tempi della Rivoluzione francese, ne era tanto entusiasta che voleva che arrivasse e si accendesse persino nel suo paese. Servi e sudditi suoi non capivano perché il loro principe li esortasse a pretendere libertà, uguaglianza e fraternità. Così, lo cacciarono.
Portava nei suoi viaggi un samovar per fare il té. Per tutto il tempo che ha viaggiato, per più di vent'anni, ogni sera il principe beveva il suo té e prima di coricarsi con un sottile smeriglio lucidava quel pomello. Solo il pomello, con grande meticolosità e dedizione. Una cosa senza senso che solo un pazzo può fare. Con gli anni lo smeriglio ha smangiato l'ottone del pomello. Lentamente, molto lentamente, da non accorgersene nemmeno, se non sei tu a farlo sera dopo sera. Infine è venuta la sera che il pomello è diventato della grandezza giusta che aveva in mente il principe. Smangia e smangia per anni e anni, alla fine era quello che ci voleva. Allora il principe pazzo ha staccato dal samovar il vecchio pomello d'ottone che era diventato una lucida pallina, lo ha infilato nella canna della sua pistola, ha preparato l'innesco e se lo è sparato nella tempia.
Nessuna spiegazione scritta o lasciata. Nessuno sa il perchè di quel gesto. Forse pensava che il pomello del samovar fosse il suo orologio, un orologio che caricava tutte le sere alla rovescia. Ben sapendo quando, come, tutto sarebbe finito.

Vi sono profezie che ci appartengono ancor prima di venire al mondo. Attendono il nostro primo passo su questa terra e da lì, come un profumo misterioso, o una melodia magica, ci conducono a nostra insaputa, molto lentamente - anche il tempo sa attendere, quando il premio è la Luce - tra gli incecifrabili labirinti dei giorni e degli eventi, sino al compimento di ciò che già è. Così, la Perfetta, che non deviava il proprio cammino, perchè sapeva senza sapere, che ancora la sua preghiera attendeva la chiesa adatta. Lo sentiva Potocki, il principe tanto erudito e saggio che scelse la "follia" per ingannare la macina del tempo.

Qualcuno con primaverile dolcezza
ha colmato i miei occhi di placida luce.


Ecco, anche questa vivida dolcezza, quella che sa dire le cose mute, è profezia. Un Mugham che pare lamentela, è vita. Incantesimi antichi, come il pane cotto sulla pietra. E fare il pane è come nuotare, come allattare. Come pregare.... Ed è allora che lo sguardo diviene sogno. E' in quell'istante, che tu, con lei, percepite il tutto. Come se la storia naturale del mondo, non potesse andare diversamente. Così è la Bellezza che non si spiega. Sacralità. Profezia.

Io mi studio, mi studio col cuore di serbare
negli occhi il fiore del ciliegio selvatico.
Solo nel ritegno i sentimenti si scaldano
quando una falla rompe il petto.



Insomma parti per il grande Caucaso. Baku non è distante da Tuzla, da dove proveniva la Perfetta. Territori non 'facili', dove un festival musicale non rende certo giustizia alle troppe verità nascoste. E pagate con la vita. ...
In ogni caso, affila la sciabola! Sai mai? Non vorrei scomparissi!!! :)
 
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