Amina Narimi
con la fragilità che io immagino degli angeli quando spostano tra i fiori un buio d'aria
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Un solo giorno ancora
da colmare
sostiene l’Anno
sull’orlo della vista
Più del Nome mi chiama
ciò che resta
l’aprirsi senza fine-
nascosto nella stanza
lucida di male e creme di avene-
delle garze d’acqua che ti porgevo
le hai scambiate col bicchiere
aprendo le mani nude
le alzavi fino al viso
afferrando l'aria
come a portare un peso
dal deserto della gola
all'invisibile di luce
non so fin dove
perché avevi degli angeli alle labbra
la grazia nel tenere niente
l'll mistero delle egrette sacre
a bere Nulla
riempio la sera, ancora,
come una pita
la ciotola di latte grigia
e suono intorno
un lamento bianco
circolare
nello sguardo ebbro
di sentire
quel vuoto lieve
tra le mani
che resta dell’assenza
come spazio
del suo Essere sublime
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Della mussola e' impalpabile l'armatura,si fa mussolina la notte però come dell'uovo la pelle dove s'impressiona,a Mussul.
La piu leggera delle citta' che ho vissuto sulla riva del Tigri, nel Diarbek.
Avvolgevo le mie piantine di mussola esposte al sole ma protette dal suo forte calore,
scrivevo sopra le ninive,poesie sottili come trine,preghiere fasciate di garze,filtrate una a una nascoste come bimbi sotto la mussola dalle zanzare.Ninive da portare in Europa su un camion di stoffe in piccole crepe,ferite intimissime senza cuciture ,un film trasparente sotto la pelle,ritratti e atti da donarti nelle pieghe dei giorni sollevando appena un po' di vento di amina,Satyam Shivam Sundaram
Quell'uomo di Hatrac, guidava all'Europa il suo camion,
mogùgnava come un derviscio sa fare, si udì un urlo
Amina scrive,lo fa toccando le corde più tese, incarta ninive di madelaine, in lingua che nessuno potè più parlare
