Amina Narimi
con la fragilità che io immagino degli angeli quando spostano tra i fiori un buio d'aria
RRWI...
C’è un linguaggio totale che continua a propagarsi dove sbuca d’improvviso la tua assenza con Istanti di pienezza sulla baia dei cipressi la potente melodia di una rientranza sulla strada, c’è il rumore originario il nesso che mi lega e ti allontana da una soglia che separa e torna a unire la percezione del paesaggio al suono cogliendo nel colore dello sfondo noi l’anima di una gioia lancinante, il gemito, dei cipressi senza braccia, che dona il compimento del brusio l’intimità del canto che si spiega nel respiro -siamo nell’assenza delle immagini il silenzio-
Vivono in disparte in cima al campo prossimi ciascuno all’altro, un corpo solo in mezzo a loro il buio impenetrabile può attraversarti di una luce commovente che non puoi dimenticare. E questo avviene E li chiamo i miei Amici come avessimo una mano sola nella comunione. Siamo così. Ci ascoltiamo. raccolti a sera se chino il capo una pena si fa grande, se lo innalzo comprendo la loro forza dentro il vento a celebrare quello che han vissuto- se li tocchi iniziano a parlare coi profumi- con un canto per non smarrirmi anch’io dico di me delle ore coi pianeti nella stanza di quel dolore. Quando chiedono di Te, nel principio e nella fine, si sostengono l’un l’altro sfiorandomi la solitudine, solenni, come fossi dentro di loro e in ogni tronco la preghiera della sera, un dramma, il compimento le loro braccia insieme, un Padre Nostro, nulla e un piccolo anello inesauribile di sillabe fino a sentire il loro sonno sul mio petto. Allora vado Via fino a domani.
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Post n°932 pubblicato il 14 Novembre 2013 da claudia.sogno
Appoggiati al muro e muti tra due suoni fedeli al duro accordo di sanare le parole rafforzando la grazia dell’ascolto pur temendone il dolore in quel silenzio gli odori sono usciti dalle porte Un muro inerte- dici che saremo che sarà faticoso nelle stanze contando i tuoi respiri ricordare del bacio ad Istanbul. All’incrocio con Dalgic Cikmazi socchiudo gli occhi a pagina cinquanta nello spazio di un piccolo Museo dell’innocenza, l’epifania intoccabile di un miracolo più ancora cadendo al muro giura sulla promessa estrema- con il petto lavato tra le pietre- dischiude la sua accoglienza e il tempo infine non fa male Come una mano potrebbe aprire un origami ci ha sconvolto così il vuoto spazio dell’amore il velo irripetibile fino a dove ci siam spinti levava le parole di ogni giorno e ora la sera viene sopra, a poco a poco, al Nostro primo tacere, da un lato nuovo chiudimi pure gli occhi, io vedrò come un fratello col mio cuore a vita nuova amarsi Orhan Pamuk- Masumiyet Müzesi |
Post n°931 pubblicato il 14 Novembre 2013 da claudia.sogno
Sono lunghi anni di Vento che fanno spargere il mattino la luce custodita dentro gli occhi -luce antica di una nube sui telai- che illumina la mente naturale uscendo dal sè ,come la rosa nell’armonia con il creato e l’anima sul fondo dell’occhio trasparente come membra nelle membra del diluvio nelle celle persistono le immagini, anche dopo la scomparsa del frastuono la disgiunzione del tempo nel diorama.
esposto sulla neve al boscovecchio dopo il Ponte lungo lo scalone ti accoglie un frammento luminoso, nell’universo inquieto come un volto, tra volti ebraici che non si possono fermare- tramonta l’uno e l’altro sorge lento dei settantadue trattenuti nella gola- o come l’acqua, mai per caso, che diventa qualcos’altro col Vapore, con un salto flottano a urli nel buio delle palpebre i pigmenti con la canapa e i pennelli mentre Lui corre al petto dei viventi suggerendo eternità a perdifiato nel sangue, nel sudore del ricordo, ci camminano di fianco i nostri morti respirando, come in sogno io li porto dove gli occhi ritornano puliti per entrare ancora chiari nei colori Joseph Mallord William Turner Luce e Colore – La mattina dopo il diluvio
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È un centro così forte che colpisce ” E tu?”- ed io, se dici una Dicono che il mare accoglie il mare
sfiorami i tuoi occhi, se lo puoi, aspetta solo San Nicola l’ora più in alto siede, dov’è l’oscurità Opere di Emilio Merlina |
Post n°929 pubblicato il 08 Novembre 2013 da claudia.sogno
Alef Bet Ghimel Dio l’Altro- Noi che portiamo l’acqua dal deserto nella terza lettera dell’alfabeto C’è un canale buio sotterraneo che sbuca nella piccola cappella di Quinta da Regaleira appena fuori Sitra È lì che ho ricordato di Zakor - da un’acqua tra le rocce rosa la propria parte dolce e Femmina, per l’unione dei gameti fecondando fino ad esserti la sposa Un fiato caldo dal deserto, l’Uomo, risalito da quel pozzo, in cui sará -dopo le statue dei guardiani contendenti la conchiglia dei midolli- spina dorsale, e battezzato Adam sei alla luce e quasi non ti accorgi dell’orma tua più grande .della vergine. nel percorso immacolato del compiuto nella grotta dell’inizio e di te stesso nel ritorno non “ricordi” ? Ti fai sposo. Le montagne son di nuovo le montagne Così ti ho sentito risalire, appena fuori Sitra, supina ad aspettare, dal tallone verso le caviglie incrociando sopra il cuore per raggiungere la gola pulsare al canto interno dell’occhio luminoso penetrarmi dal cervello fino al cielo Sei nel foro delle lacrime Del mare il radicale insieme della madre unendo ciò che crea con chi nutre Alef Fai ponte tra l’istinto e il razionale il due che dividendo non separa: è il battito: il tuo bet che m’innamora l’alternanza con l’opposizione il movimento che più amo di Zakor l’inclinazione intima di un uomo le disposizioni a donna del suo cuore Su quella linea di separazione, tra l’acqua e il legno ti ho incontrato nella mia propria pelle contro il seno s’è chiuso il cerchio con le spalle di Quinta da Regaleira sul tuo viso
Quinta da Regaleira, |
Post n°928 pubblicato il 05 Novembre 2013 da claudia.sogno
Ritmi fratture segni e torni indietro al confine di dicembre col Rosario imparata dal seme lentamente tranne il Mistero della messe che muore per dar vita. È tutto qui la nostra fragilitá come dimora nel farsi preghiera muove l’aria nella debolezza cova un fuoco un gris-gris per la buonasorte dal goccio di saliva trattenuto quando afferravi Qui ciascuna rosa
Così trasformiamo queste cose con gli occhi aperti di animali, volti nelle loro pupille calde come bimbi nelle lacrime rese di contemplazione consegnate una a una nel lavacro per i semi ancora verdi sopra l’ll cuore e dentro le ossa Implori di tornare dove hai nascosto Rilke tra le crepe nella casa abbandonata come tempio tra gli alberi da frutto e il loro peso ” Puoi ancora piangere.. -Ti chiedo- ripetere le stesse cose ?”
Sino a rendere pesanti gli occhi come frutti ho bisogno di te giorno per giorno_ _tutti ugualmente lontani da quel Dio- di ora le tue mani bianche sono la pianta e l’Angelo soltanto la rugiada che non conosco. Aiutami come in sogno alla sorgente antica dov’è l’Amore che matura gli occhi- alla legge del giorno di coraggio la passione della Notte di Novalis prima di addormentarmi nel Libro delle Immagini, anche Tu sei maternità tra l’intimo dell’acqua e il secchio la coppa che raccoglie la sua origine nel medesimo silenzio che ci unisce al Parto. io sento la tua sorte dal nulla che ci attornia le terre emerse la spinta che diffonde quando è Ora
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Post n°927 pubblicato il 03 Novembre 2013 da claudia.sogno
Per il bosco Così leggera Ti ho nascosto sulle spalle Finisci con il fuoco- pensavo- Incominci per il sole Colore e luce Incorniciano la notte Voci notturne Silvane Nel verso lungo spezzato insieme Nel ritrarsi di mia madre Si esprime l’infinito Nel contrarre spazio L’urna Accudisce il Vuoto Dal punto indivisibile e inesteso Si misura con l’anima l’attesa Nel muovere in avanti il suo per.dono
Tra l’anca e l’osso sacro Mi rimetti in piedi Con le fontanelle ancora aperte come mani Che l’Uomo vide per la prima volta appartenergli e si capì Persona: esserci nella mia stanza. Domini come il Monte Ida la piana di Mesarà di Creta il vaso con la dedica di Athena
Coi gesti morbidi del bianco Colmi di anticipazione La chiarità dell’occhio il suo contorno Nella curva dei capelli Strugge lo sguardo e sei seduta Dalla vista alla visione Col viso avido di stelle Ti chiedevo Amore Da dove viene Tutto questo chiarore Dopo l’oscurità Me lo hai detto per i morti : “ Rimani Dove posso raggiungerti Per lo spostamento È per questo che seguito a tornare Per i tuoi boschi “
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Post n°926 pubblicato il 24 Settembre 2013 da claudia.sogno
Tag: albero, bambini, Bauci, canto, Carne, commozione, condivisione, Fango, Filemone, fratelli, legante, mani, mantenimento, mattone, persuasione, rami, soglia, tempio, unione L’altro versante non si addormenta dove risiede l’Altro schieramento il suono feroce degli occhi chiari .l’ottava bassa che ritorna. nel reciproco pensiero umani ciò che resta di loro : sa come aprirsi nell’inferno il Canto degli Angeli
viene da lì il corpo che entra ogni notte. insieme si rifà dal primo abbraccio la carne cresce come una farfalla nel fiume dei Fiumi per ricominciare dal fango, come a Djennè con falde di terra cruda bagnata come un mattone come legante e fasci dei nostri rami curvi di quercia, dei tigli a tenere la dilatazione che piove che dilava ogni notte che erode la grande Moschea protetta dalle sue mura, dal delta del Niger-
giocandoci dentro possiamo impastando con l’acqua, e Noi rimescolare l’argilla in continuo_ _bambini preparando le scale di legno alle mani grandi che stendono il nuovo strato di pelle concreta e fragile assieme, come la Casa di Ise in Giappone, sacra. Fino al desiderio di Filemone e Bauci Ci alzeremo in piedi come le spighe, nel giorno del fidanzamento, dorati per l’unione delle forze. nelle anime uniti per il tronco. Fratelli sulla soglia del tempioVecchio commossi come un Canto di Natale.
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Post n°925 pubblicato il 21 Settembre 2013 da claudia.sogno
Una figlia tra le più fragili ritorni madre mi pieghi nelle lacrime del quarzo di ogni notte attesa confessione trasparente da un mondo all’altro placenta lucida. la colpa. senza carne dai piedi il sangue alle tue mani è sempre fresco di perdono quando tocchi appena le mie pietre che non sanno divenire pane- le ferite un anno e un filo troppo breve di esercizi- nella gola stessa in cui respira l’anima stretta tra le dita. cristalline ci riconosciamo. nel mistero .apprendistato di frontiere all’invisibile. nel matrimonio di silenzi in ogni angolo di casa e del giardino -tra lampi di luce insostenibile e ancora il rosso nella mente- incorporea quiete, come nei boschi, ci elargisce l’aria insieme quando smuovi i miei capelli corti
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Post n°924 pubblicato il 21 Settembre 2013 da claudia.sogno
Ho allungato la strada di casa per fare minore la notte fin su alla Rocca di Badolo, dalla mia quercia, a toccare se trattiene ancora il calore del giorno Vedessi che bella che è con le punte illuminate non sai dove finiscono i rami ed hanno inizio le stelle.
Sono scesa dall’auto sfilando via la giacca pungeva l’aria pochi passi..poi non più tutta la schiena era contro, dentro di Lei che chiedeva: “Come va con il dolore, l’anima?”
Come poggiare all’orecchio una conchiglia se spingi forte la schiena contro la quercia di Badolo puoi sentire addosso la carne di tutto il cielo di Herat e le stelle ti vengono contro senza dolore. Non so dire di più, ma non è meno di così. chi ami, se solo sapesse a che ora una quercia preme a quel modo la schiena se aprisse a quell’ora ognivolta i palmi delle sue mani troverebbe parole indicibili e chiaro negli occhi. incessante un taglio.un dito dopo l’altro. sulle mani “ ti amo”. come un dolore perfetto. Quanti calici di parole ancora vergini troveranno nelle tracce degli anelli che non sono state proferite. Com’è forte la carne dov’è debole l’anima nella foresta sacra! |
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