Imperatore Ghiaccio

Principessa di Ghiaccio

nessuna martellata

Non so bene cosa sono

ma so cosa vorrei essere.

Il mio battito pulsa lento e batte qui

dentro la tempia vicino ai pensieri,

 un martello che mi parla

inchiodando le sue parole

nel sistema nervoso.

A volte, fra un colpo e l’altro,

mi proteggo con le dita

ma ormai non c’è più carne

per ammortizzare il rumore delle

ossa che si frantumano dolcemente

sorridendo beffarde.

Non so bene come sono

ma non saprei come essere

se smettessi di farmi male

se finissi di farmi del male

se sfinissi il mio male

sarebbe meglio?

No sarei uno dei tanti

involucri vuoti che

sopravvivono senza un lamento

senza una emozione

senza una martellata.

notte

questa notte non riesco a dormire,

allora osservo le mie dita

dipingere nelle parole

emozioni

che nascono dalle lacrime.

mi piace sporcarmi di vernice

la pelle e sentire

il sangue pulsare nei brividi

che la notte sfregia nel mio respiro

di febbre stanca.

sfioro i miei occhi in cerca

di quella stilla che giustifichi

l'inquietudine di essere ciò che sono,

ma non vuole darmi

ragione,

e così vago nei miei colorati incubi.

occhi spalancati

aspettando che il sonno

plachi il mio desiderio

di avere un fato

fatto

di fiato

disfatto.

? domande ?

la tua voce

la tua voce cammina sulla spiaggia

corrode il buio di una notte

abbracciata al mare inquieto.

la tua voce scava nel vento

che scivola fra le onde immense

che seducono la sabbia.

la tua voce è emozione

illuminata da stelle distanti

che camminano sopra la mia testa.

la tua voce è il sogno

che mi veste la pelle

di fiamme e salsedine.

e di te

Scivolare con le parole lungo la pelle di un sogno,

Inventare nuove immagini da dipingere nella carne,

Infilando le parole nel ventre di una emozione,

E scavare nei brividi, graffiando il fiato

che annaspa fra le lenzuola del tempo.

Percorrere le stagioni del tuo sorriso

Affogando nelle pieghe dei tuoi sguardi

Fatti di occhi e di gelo e di voglia.

grazie Regina

grazie 

chiodi ricurvi

questa notte ha uncini esperti

che segnano di sangue la mia carne

sono arabeschi di follia che arredano

di dolore la pelle che mi protegge dal mondo.

queste vene pulsano la dove l'arma

ha aperto il suo disegno d'artista

sono fiumi di fremiti che riversano

gemiti nelle sabbie mobili del corpo.

queste crepe sono una coda infetta del sogno

e se volessi svegliarmi senza ferite

dovrei smettere di procurarmi incubi

o iniziare a comprare cerotti per la mia anima.

questi sfregi sono incisioni intagliate

nel ghiaccio che contiene i miei

imperscrutabili brividi o le vertigini

di quel gelo che mi brucia dentro,

che ti incendia fino a dissolvere.

arma

sei arma che inabissa il suo gioco

dentro la mia carne, e lo sai

come sai dove ferire con tuo filo

di baci affilati da pensieri taglienti.

sei tortura che rende schiavo il corpo

delle tue carezze, e lo sai

come sai affondare crudele i tuoi sguardi

provocando l’idea di un amplesso.

sei peccato che percorre la pelle

insinuando l'inferno del piacere, e lo sai

come sai indurre il tentazione

liberandomi dal mio abisso adesso.

sei la cura e la mia malattia, e lo sai

sì lo sai.

Gelo

Adara amava più di tutto l'inverno, perché quando il mondo diventava freddo arrivava il drago di ghiaccio. Non era mai sicura se fosse il freddo a portare il drago, oppure il drago a portare il freddo. Era il tipo di domanda che in genere tormentava suo fratello Geoff, di due anni più grande di lei e insaziabilmente curioso, ma a Adara non interessava più di tanto. Finché il freddo, la neve e il drago di ghiaccio arrivavano come previsto, lei era contenta. (George R.R. Martin)

.

Diaccio adorava il bianco inferno che gli divorava l'anima, ancor prima di mangiargli la carne con diademi di denti affilati. Era stato un Drago, in passato, e lui viveva di freddo e gelo, anzi il ghiaccio era il suo vestito più caldo. Non era certo di quando tutto questo fosse iniziato o finito. Quello era il genere di risposta alla quale evitava accuratamente di porre la domanda. Finché c'era neve a fargli da coperta avrebbe dormito tranquillo, e soprattutto avrebbe sognato. (Aronne Micael Belial)

sì

i sogni a volte

ti ho svegliato questa notte

fra le dita che camminano  

dentro i tuoi sogni,

e le tue lamentele che tramutano

i gemiti in brividi sommessi,

fra l'assolato sentiero di piaga madida  

nel sonno interrotto dal gesto.

le mani afferrano i capelli

che inarcano di schiena a penetrare

le volte della voglia ora sveglia,

le labbra a mordere di denti

la pelle che guaisce di carne esplosa

come l'urlo che gridi

nell'ultimo sì.

che c'è nel dolore?

che c'è nel dolore?

a parte le lacrime e il pianto

a parte le tue carezza ormai svanite,

o labbra leggere di zucchero al velo

a parte il rumore che suona

e suona

e suona

è suono che perdo e suoni che trovi,

a parte gli strappi e le cicatrici

a parte quell'odore pungente che graffia

le narici e il sangue vibra

e vibra

e vibra

e vibro di paura e vibri di rumore.

a parte ogni pensiero che fa parte del pensiero

è parte di ogni pensiero che ritma la parte di me

a parte.

L'impronta dell'Alba

Quando una storia finisce a seguito di un fatto traumatico, riesci in qualche modo a darti una scusante, una giustificazione per tentare un nuovo inizio, ma quando il flusso si interrompe senza un motivo, senza una spiegazione, rimani sospesa, in uno stato di stasi permanente, e non tenti nulla per cambiare questa stadio di morte apparente.

per pe tra re

"ti amerò per sempre...
solo per sempre?
già... solamente per sempre." (Salirà dal Mare)

A volte le lacrime appaiono senza motivo ai margini dei miei occhi e vogliono riempire la mia anima e come un'onda immensa coprono ogni pensiero sino ad annullare ogni respiro che potrei ancora desiderare... a volte il dolore è solo la parte più bella di me e vivo per poterlo perpetrare.

madre...

rinuncio

al tuo respiro che profuma questa stanza

ai tuoi occhi che mi guardano senza guardarmi

alla luce che si inchina al tuo sorriso

ai tuoi pensieri arruffati nei capelli

alle tue dita che sfiorano l'aria

ai tuoi passi calpestati sul cuore

alle carezze graffiate nel mentre

il tempo attende.

perché mi piace

sapere che comunque il possesso

non è certezza

e che anche se sei

in un altro mondo, in nuovo vento,

persa in un amore che sogni

persa nei ricordi di chi

come me ha rinunciato,

sei sempre il dolore che ho dentro

come

Come un grande dolore

irriverente,

incolore,

queste pennellate vomitano

il loro migliore dipinto

in questo cielo

inesistente,

inconsistente,

forse sono le mie emozioni nascoste

una dentro l'altra

matrioske

in nero e sangue.

7A

cerco nelle parole

cerco nelle parole
rifugio ai miei peccati,
le squarcio facendole sanguinare
e le gocce stillano nel vaso
mischiandosi al limaccioso pensiero,
vorrei che fossero ali
per nuotare nella notte
cercando nuovi decolli
senza trovare solo atterraggi.
riempio fogli di inchiostro
e strappo il bianco dagli spazi
che dividono ogni lettera,
quel vuoto inutile fatto di crepe,
ma dopo torno a scrivere
per esorcizzare questo
demonio che vive nelle vene,
un  male che non può smettere
di essere sè stesso.

non smette

ho un mostro

che si è smarrito in me

che scivola dentro i miei pensieri

e

assaggia le mie carni infette

affondando i suoi denti affilati

fino al sangue

che vomito ogni notte

mentre le tue mani

accarezzano i suoi aculei divini.

ho un mostro che non mostro

per non indurre in tentazione

le vestali del bene

e

le ancelle della redenzione

che si accapigliano nell'improbabile

attesa della sua resa

ai piedi dell'altare dove lui regna altero.

ho un mostro

che non ha paura

di essere chiamato per nome

e

nemmeno di essere insultato

per il suo comportamento asociale

ma spesso si nasconde nel luogo

più buio di me

per piangere

e

non smette.