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Si vince e si perde. Più spesso si perde

Post n°153 pubblicato il 18 Aprile 2013 da Mr.Nice.Guy
 

Da bambino mi dicevano che “l’importante è partecipare”, ma questa cosa non mi ha mai convinto. L’importante è vincere, perdere fa schifo in modo assurdo. Tuttavia non si può vincere sempre, anzi, sono più le volte che si perde, e anche di brutto. Se a questo aggiungete che ho la spiacevole tendenza al “mi spezzo, ma non mi piego”, è facile immaginare che ho perso tantissime volte. Eppure, considero la sconfitta molto più importante della vittoria.

Di mio, sarei una persona molto competitiva, al punto che preferisco direttamente non mettermi in competizione con qualcuno, perché la sfida tira fuori il peggio di me. Generalmente quando si gioca con gli amici, rispetto le regole nel modo più assoluto e cerco sempre di farmi coinvolgere il meno possibile, perchè se vedo qualcuno che fa il furbetto o che vuole vincere a tutti i costi, mi girano le eliche come due turbine.

Purtroppo però non ci sono solo i giochi nella vita, per cui vittoria e sconfitta nel quotidiano sono all’ordine del giorno. Piccole e grandi vittorie, piccole e grandi sconfitte. Una cosa che ho capito, comunque, è che le vittorie tendono ad essere transitorie, mentre le sconfitte hanno la brutta abitudine di voler essere permanenti. Soprattutto quando ci si accanisce a non voler accettare la sconfitta, insistendo in tutti i modi per sopportare, resistere, combattere e ritentare. Quasi sempre invano.

A tutti quanti sarà capitato almeno una volta di insistere per un tempo lunghissimo su qualcosa, che ad un occhio esterno sarebbe sembrato tranquillamente senza speranza di successo. Tutti ci siamo intestarditi nell’ottenere un risultato, credendo che la sola forza di volontà potesse sovvertire l’ordine delle cose. Magari abbiamo addirittura sopportato l’insopportabile, nella convinzione che “l’ultimo sforzo” avrebbe portato alla vittoria. E senza ottenere dei risultati.

Nessuna delle cose che mi sono sforzato di sopportare, alla fine è arrivata a piacermi, o almeno ad essermi indifferente, e nessuna delle palesi sconfitte che ho subito, è mai diventata una vittoria solo perché ho dato l’anima, stretto i denti e resistito fino al limite estremo delle mie capacità. E alla fine mi sono convinto che “resistere fino alla morte”, non porta alla vittoria. Altrimenti dicevano “resistere fino alla vittoria”.

Qualche giorno fa parlavo con la Mirty proprio di questo argomento. Le dicevo che ho capito che se una cosa ti fa stare male, va bene sopportare, ma alla fine anche no. Che nonostante tutte le energie che hai speso per ottenere un risultato, quando il risultato non ti piace, ad un certo punto è ora di cambiare. C'è un capitolo di un libro di marketing che parla proprio delle ditte che continuano ad investire in un prodotto che non tira, solo perchè ci hanno investito un capitale consistente. Continuare ad investire è sbagliato, lo dimostrano i fatti, quello è il momento della "exit strategy", ossia la strategia che ti fa uscire dal mercato minimizzando le perdite.

E allora ho realizzato che la sconfitta è la parte più importante della vita, intanto perché si hanno più sconfitte che vittorie, e poi perché è dalla sconfitta che si apprendono le lezioni più importanti. I propri errori, le proprie debolezze, la durezza della realtà, la capacità di tenere duro, e anche quella di mollare. La capacità di cadere e di rialzarsi, magari facendo una capriola, evitando possibilmente di piantare la faccia sul pavimento.

Una delle frasi motivazionali che mi fanno venire la pelle d’oca con più violenza è “winners never quit, quitters never win”, chi vince non molla, chi molla non vince. La trovo una cazzata allucinante. Intanto perché non è vera, e soprattutto perché è una cazzata. Per rispondere con un altro dei miei onnipresenti modi di dire, vincere una battaglia non vuol dire vincere la guerra, e si può vincere una guerra, anche se si sono perse parecchie battaglie. Senza contare che la “ritirata strategica” è stata usata dai generali di tutti i tempi, proprio nelle occasioni in cui a continuare, si rischiava di perdere tutto.

Intendiamoci, non voglio sostenere che tutte le sconfitte, devono essere vissute come ritirate strategiche, né che una persona debba rifuggire la sconfitta ritirandosi di continuo. Solo che quando hai perso, hai perso, punto e basta. Bisogna saper riconoscere quando si ha perso, e bisogna farlo in tempo per non essere annientati definitivamente. Il punto è che diventa incredibilmente difficile farlo, quando si sono investiti tempo, denaro ed energie in un progetto, perché sembra di aver buttato via tutto quanto.

Eppure, non è vero. Accettare la sconfitta non vuol dire buttare via tutto. Vuol dire riconoscere quando qualsiasi altro sforzo, sarebbe soltanto uno spreco. A quel punto, l’unica cosa da fare è cercare di minimizzare le perdite. Cercare di uscire dalla situazione in cui siamo finiti, non scappando, ma limitando i danni. Uscire non vuol dire mollare, uscire richiede tempo e determinazione, vuol dire accettare le perdite, ma fare di tutto per ridurle. Tutto quello che si riesce a ridurre, è un guadagno. Anche quando si perde, insomma, c’è sempre la possibilità di una piccola vittoria.

Una volta un famoso giocatore di poker ha detto che non bisognerebbe mai giocare tutto quanto su una mano sola, perché prima o poi si perde tutto, e a quel punto è finita. Come nel poker, anche nella vita bisogna accettare che ci sono delle mani che saranno perse, ma l’importante è non perdere tutto, perché a quel punto ci si deve alzare dal tavolo. Tutte le speranze di salvezza svaniscono, perché l’unico modo per rifarsi, è rimanere al tavolo e fare un’altra mano. Una mano diversa, migliore e che giocherai meglio. Per vincere, devi continuare a giocare, non devi mai perdere tutto. Per vincere, devi imparare a perdere.

Salvando tutto quello che puoi.

 
Rispondi al commento:
moon4ever
moon4ever il 18/04/13 alle 10:15 via WEB
Tanto per cambiare mi ritrovo in molte cose: nel "mi spezzo ma non mi piego", nella competitività, nel "giramento di turbine" verso chi non rispetta le regole giocando XD La differenza tra me è te è che il mio livello di sopportazione è mal regolato sul "troppo alto" e faccio esattamente come quelle aziende di cui parli tu, che continuano ad investire..solo perchè in passato hanno investito un capitale consistente. So che non è un atteggiamento vincente ma tendo all'"accanimento terapeutico" nel lavoro come nella vita privata, nella speranza (che è sempre l'ultima a morire) che le situazioni con il tempo possano modificarsi a mio favore...forse perchè i cambiamenti radicali, in fondo in fondo, un po' mi spaventano...
 
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Mr Nice Guy: espressione inglese per indicare il "classico bravo ragazzo".

Il mio punto di vista è quello di una persona assolutamente normale. Sono il classico bravo ragazzo. Se ci fosse una definizione di bravo ragazzo medio, nel dizionario, beh, ci sarebbe la mia foto di fianco. Ma nella mia esperienza, essere un bravo ragazzo non ha vantaggi di sorta. Solo sfighe.
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Inviato da venus.veronensis il 30/10/08 @ 12:39 via WEB
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Inviato da marematite il 21/10/08 @ 10:45 via WEB
ma vaffanculo...

Inviato da  mr.controcorrente il 18/09/08 @ 13:15 via WEB
... e, aggiungo, da perfetto cattolico quale sei, dovresti sapere che uno dei 7 peccati capitali è la SUPERBIA.

Inviato da vargoli il 01/09/08 @ 16:31 via WEB
Beh, sai, forse hai trovato solo stronze egoiste perché, come si dice, "similes cum similibus congregantur".
 
 

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