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Un blog creato da Mthrandir il 11/01/2005

Schegge di vetro

Ad averlo saputo prima, me ne stavo nel Beleriand! (Le immagini riprodotte su queste pagine sono di proprietà dei rispettivi autori, sperando che la dichiarazione mi sollevi dalla promozione di cause civili, che non ho tempo)

 
 

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UN FINE UMORISTA

Post n°49 pubblicato il 29 Giugno 2005 da Mthrandir
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Il presidente dell'ANM Ciro Riviezzo, a proposito dell’approvazione in Senato della riforma Castelli sulla Giustizia (per chi abbia il desiderio di conoscere qualche dettaglio in più, basta un clic - il sito è la Repubblica, così non mi si taccia di essere fazioso), ha affermato che il vero intento della riforma sarebbe quello di  «selezionare i magistrati in base ad un sistema di idee prestabilito» aggiungendovi che la riforma impedirà l’indipendenza e l’imparzialità della magistratura stessa.

AH AH AH AH AH AH AH
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(Nella foto, il logo dell'ANM prima dell'OPA del PCI)

 
 
 

CONTRIBUTI ESSENZIALI

Post n°48 pubblicato il 27 Giugno 2005 da Mthrandir
 
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Finalmente, dopo “anni di attesa”, l’Amministrazione Comunale di Roma ha raggiunto un accordo di epocale importanza destinato a restituire la Città Eterna ai fasti dell’antico splendore. L’anno  MMDCCLVII ab urbe condita, anno in cui ha ricoperto la carica di Aedilis Walter Veltroni, sarà ricordato dai posteri come il momento più alto mai raggiunto da Roma in tutta la sua quasi trimillenaria storia.  I cittadini conoscono bene la virtus dell’Aedilis, la cui proverbiale modestia ha consigliato i collaboratori del Magistrato di limitarsi a definire il provvedimento soltanto come: “un momento significativo per la tutela di una tradizione importante nella nostra Città”, ma noi sentiamo il dovere insopprimibile di manifestargli la nostra più profonda riconoscenza tributandogli il giusto onore che la nota del Municipio riporta nella conclusione. “E’ un contributo essenziale alla più generale campagna dell’Amministrazione per il decoro cittadino”.

Era ora che i cavalli che trainano le “botticelle” cominciassero a portare le mutande!

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(Nella foto, il bozzetto per la moneta commemorativa che sarà coniata per celebrare l’evento)

 
 
 

MA GUARDA UN PO’……..

Post n°47 pubblicato il 22 Giugno 2005 da Mthrandir
 
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Da: Corriere della Sera, 22 giugno 2005 Intervista di Marco Imarisio a Sergio Cofferati

«Sulla legalità la sinistra sbaglia. Io continuerò con gli sgomberi»

BOLOGNA - «Tutto brutto. Brutta la violenza, ovviamente, verso la ragazza e il suo fidanzato. Ma brutto anche perché era una giornata di festa, un pomeriggio di primavera, un parco pubblico. Anche i luoghi sono importanti. Dicono non soltanto della follia degli assalitori, ma anche della sfacciataggine, della loro assoluta mancanza di condizionamento ambientale. Mettono in conto di poter usare violenza agli altri senza preoccuparsi di nulla».
Il caso è chiuso, come si usa dire.

Ma Sergio Cofferati non è certo contento. La pietà verso le vittime e le loro famiglie, ma non solo. Il sindaco di Bologna sa bene che l’arresto di due marocchini non è la fine di questa storia, ma un inizio. Perché si somma alla vicenda di Varese, alla violenza di Milano, alla brutta aria che tira verso gli extracomunitari.

Come si evita il rischio di mettere tutti insieme?
«Bisogna essere rigorosissimi nel perseguire i reati, e altrettanto rigorosi nel non lasciare che i reati vengano strumentalizzati».

Lei pensa che ci sia davvero, questa strumentalizzazione?
«A Bologna il riflesso condizionato di tutti è stato quello di accusare i rumeni che da sempre qui sono considerati un problema. Questa è una semplificazione, che bisognerebbe sforzarsi di evitare».

Ammetterà che non è facile.
«È difficilissimo. Non nascondiamoci dietro un dito: quando i reati vengono commessi da persone straniere, si accentua un clima di comprensibile paura. Questi sono dati oggettivi».

Non è indicativo che a Bologna lei venga osannato dai cittadini per gli sgomberi degli extracomunitari?
«Qui c’è una fragilità di fondo che si traduce nel timore di perdere l’attuale condizione di benessere. È una paura comprensibile che merita risposte chiare. Gli sgomberi continueranno, perché gli insediamenti abusivi sono illegali».

L’equazione criminalità uguale extracomunitario va di moda.
«Secondo me è sbagliata. Ma purtroppo è quello che pensa una parte della popolazione. E il senso comune non va ignorato. Quell’equazione può essere corretta a una sola condizione: agire con grande rigore di fronte ai reati».

Ma la solidarietà può essere coniugata con la legalità?
«Le politiche di accoglienza sono fondamentali, ma per essere efficaci hanno bisogno di una crescita della cultura della legalità, che vale per i cittadini nati qui e per quelli che ci arrivano».

A parole è semplice. Poi c’è la realtà.
«Di fronte a un insediamento abusivo, io mi devo porre il problema della solidarietà verso bimbi e donne che vivono in quel luogo».

E dopo?
 «Fatto questo, l’insediamento va abbattuto. Non è accettabile l’idea che siccome ci sono persone che soffrono, ci si ferma, non si agisce. Un esercizio sbagliato della solidarietà, anzi, non è vera solidarietà».

A sinistra queste sue parole non riscuotono grandi consensi. Perché?
«La sinistra ha un problema su questi temi. Per qualche tempo si è radicata l’idea che solidarietà e giustizia sociale possano per loro natura prescindere dalla legalità».

Ne è davvero convinto?
«Sì. È come se ci fosse una scissione: mi commuovo, partecipo, agisco solidalmente, dunque sono coerente con i miei valori e non mi pongo il problema della legittimità di alcune azioni».

A Bologna lei è stato pesantemente contestato per quegli sgomberi.
«La sinistra radicale non si rende conto che il bisogno di sicurezza è una delle esigenze dei suoi elettori».

Lo «sceriffo» Cofferati elogiato da Giuliano Ferrara e contestato dalla sinistra. Non è un paradosso?
«Mi rendo conto dell’apparente contraddizione. Ma sulla legalità a sinistra si continua a sbagliare. Ci siamo fatti scippare questo tema dalla destra. Non è una novità».

Quali sono gli altri «scippi»?
«Riguardano alcune parole simbolo. Libertà: l’abbiamo lasciata alla destra, che l’ha trasformata in arbitrio. Patria: termine che la sinistra ha sempre usato con imbarazzo, lo stesso con il quale maneggia la legalità».

E «immigrazione»?
«È strettamente collegata al concetto di legalità. Sono temi riguardo ai quali un certa sinistra ha un evidente problema».

Quale?
«Non è stata capace di dare messaggi chiari. Sono incertezze che poi si pagano».

Chi invoca la castrazione lancia un messaggio chiaro, ma non per questo...
«Un’azione più efficace e concreta da sinistra serve anche per togliere spazio a tesi aberranti ».

A Bologna, Rifondazione non voleva firmare l’ordine del giorno sulla ragazzina stuprata perché conteneva la parola legalità. Questo le sembra un messaggio chiaro?
«No. È incomprensibile e preoccupante. Se di fronte a un fatto così grave chi ha funzioni di rappresentanza politica non è in grado di decidere nel modo più chiaro e opportuno e in tempi brevi, si fornisce un messaggio negativo per il cittadino».

Quanto pesa il suo passato nelle critiche che le arrivano da sinistra su legalità e immigrazione?
«Abbastanza. Nella mia attività precedente mi sono battuto per la solidarietà e il rispetto dei diritti. Qualcuno pensa che questa mia caratterizzazione debba accompagnarsi a una sorta di lassismo sul rispetto della legge. Sbagliato ».

Luca Casarini si ricorda di lei al Forum di Porto Alegre, quando si parlava di Cofferati come il futuro leader dei no global. Qualche ragione ce l’hanno anche loro, no?
«Sono stato spesso in Brasile, sono amico di Lula, ma non sono mai stato al Forum di Porto Alegre. Quella di Casarini è una bugia. E comunque, non mi risulta che a Porto Alegre si sia mai teorizzato che partecipazione significhi anche negazione delle leggi. Proprio non mi risulta».

Breve nota personale: Se il sindaco di Bologna fosse ancora Guazzaloca e avesse detto le stesse cose (che sono di buon senso, in fondo) molte prefiche non avrebbero esitato ad emettere i loro ululati striduli piangendo sul cadavere della tolleranza e della solidarietà umana. Ma tant’è, Cofferati sta dalla parte giusta a prescindere. Non serve nemmeno chiedersi perché questo Signore, il cui numero di ore lavorate in tutta la carriera si misura in gradi Celsius, faccia affermazioni di questo tenore e non ne tragga le logiche conseguenze politiche. Il motivo è semplice: a Bologna, come nel resto dell’Emilia, vige un curioso compromesso in virtù del quale la gente accetta di sostenere un’ideologia a patto che ci si guardi bene dall’applicarla. E poi, hanno anche la faccia bronzea di fare sofismi sulla deontologia berlusconiana. E’ proprio vero: una faccia, una razza.

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Dimenticavo: che la "destra" abbia "scippato" la "sinistra" delle tre paroline concetto si potrebbe discutere:

1. Legalità non mi sembra il tema dominante del programma, anzi. Qualcuno, da quella parte, si imbarazza ancora (lo ammette lui stesso);
2. Libertà, da quelle parti, ha una accezione del tutto particolare;
3. A chi pronunciava il termine Patria hanno rotto le ginocchia fino a poco tempo fa.

Così, giusto per dovere di cronaca

(Nella foto, un ex sindacalista rosso)

 
 
 

UN COLPO AL QUORUM

Post n°45 pubblicato il 14 Giugno 2005 da Mthrandir
 
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Il recente esito del referendum mi ha spinto a farmi una semplice domanda, retorica quanto si voglia, ma che, credo, abbia un suo senso.

Perché per ritenere valida l’espressione diretta di volontà del popolo – referendum - sovrano (risolino) è necessario che si esprima il 50% più uno degli aventi diritto al voto, mentre quando si tratti di stabilire la delega al potere - elezioni politiche o amministrative - la percentuale di votanti non ha effetto alcuno sulla validità del pronunciamento elettorale?

Ora, posto che si sono raccolte firme per chiedere al popolo sovrano (scusate, ma trovo questa definizione irresistibilmente comica) di esprimersi su qualsiasi argomento – attendo con ansia la richiesta di poter dire la mia sul modo più corretto di realizzare un acceleratore di particelle – mi chiedo perché non si combatta con altrettanto accanimento a favore di un referendum che tocchi il disposto dell’Art. 75 della Costituzione.

Ad esempio, oltre alla faccenda del quorum, sarebbe carino sapere perché, almeno in linea teorica, ci si sia potuti esprimere contro il nucleare (1987), ma non sia possibile farlo quando la legge riguardi tributi, bilancio, amnistia, indulto, autorizzazione e ratifica di trattati internazionali.

Ovviamente, ci saranno ragioni formali, impedimenti e quant’altro che giustificano la tregua nei confronti di queste disposizioni e saranno anche tutte perfettamente argomentabili.

Altrettanto ovviamente, si tratta di argomenti dove la modifica del quorum non sarebbe necessaria perché lo si raggiungerebbe senza patemi e a dispetto di qualsiasi raccomandazione ideologica e/o religiosa.

Ma, forse, la questione non trova asilo perché il pronunciamento popolare avrebbe l’esito pressoché scontato di mandare al mare non gli elettori, ma gli eletti.

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(Nella foto, un gesto simbolico senza valore concreto)

 
 
 

CONSIDERAZIONE 

Post n°44 pubblicato il 13 Giugno 2005 da Mthrandir
 
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Quando Dio ha fatto l'uomo e la donna, non li ha brevettati. Così, da allora, qualsiasi imbecille può fare altrettanto”.
(G. B. Shaw)

Aggiungo, modestamente, a prescindere dalla tecnica utilizzata.

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(Nella foto, G.B. Shaw guarda lontano)

 
 
 

SONO CONFUSO

Post n°43 pubblicato il 07 Giugno 2005 da Mthrandir
 
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Tra qualche giorno si vota e io, pur avendo letto argomenti pro e contro, vago al buio in cerca di risposte che non arrivano. O meglio, alcune arrivano e altre continuano imperterrite a nascondersi negli anfratti più ombrosi della mia coscienza. Stavolta, al contrario di mille altre (ad esempio, nel caso delle politiche o delle amministrative) non posso contare sull’astensione perché non andare significa comunque prendere una posizione, per il NO. E non sono certo che si tratti di una scelta “giusta”. Dunque, mentre non mi crea grattacapi il quesito sulla fecondazione eterologa, dal momento che è largamente praticata fin dall’inizio dei tempi e su scala molto vasta (sebbene con tecniche meno sofisticate), le altre questioni sono di soluzione meno semplice, molto per questioni di condivisione di valore etico, un po’ per alcune scelte legislative che faccio fatica a spiegarmi.

Oggi la legge consente l’accesso alla fecondazione anche alle coppie conviventi, ma l’avrebbe consentito trent’anni fa? Perché il numero strettamente necessario è sicuramente inferiore a tre? Chi stabilisce il tempo necessario all’impianto se la legge lo definisce “appena possibile”? E su quali basi? Perché è fatto salvo quanto previsto dalla Legge sull’aborto? Dove sta la differenza sul piano del principio? Quali sono le metodologie alternative la cui assenza giustifica la sperimentazione? Più in generale, COSA E’ LA VITA E QUANDO COMINCIA?

Il punto sta tutto nella risposta che si intende dare alle ultime due domande che i quesiti referendari non pongono in modo diretto, ma che è l’argomento sul quale, in fondo, siamo chiamati ad esprimerci. E la risposta non può che essere “confessionale” o “ideologica”.  Personalmente, sono poco convinto che quattro cellule facciano un essere umano, anche se l’esistenza di Bossi sembrerebbe suggerire il contrario. Credo che la vita sia qualcosa in più di una condizione biologica, di un numero imprecisato di combinazioni molecolari. E questa considerazione mi spinge verso il SI. Credo anche, però, che questa razza umana alla quale apparteniamo non sia un granchè affidabile sul piano della ragionevolezza e che, quindi, barrare quattro SI possa indurre più di qualcuno nella tentazione di confondersi con Dio. E questo, mi fa propendere decisamente per il NO. In realtà, come al solito, si tratta di scegliere tra teoria (probabilmente, il SI) e pratica (ragionevolmente, il NO). Quindi, dal momento che una scelta va necessariamente fatta, accorderò un SI alla fecondazione eterologa, ma sul resto mi prendo ancora tempo per riflettere.

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(Nella foto, una vita umana?)

 
 
 

CHE RIDERE....

Post n°42 pubblicato il 24 Maggio 2005 da Mthrandir
 
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“- Sì, quella che ha fatto lo spogliarello nella piscina del Cube sono io. Che ridere - . E ride di gusto, Tamara Soro, 29 anni [nella foto, n.d.M.] muscoli superpalestrati, di giorno fruttivendola al mercato di San Benedetto (box 120) e di notte animatrice («non spogliarellista») in discoteche e addii al celibato. Ride nonostante le polemiche: dieci giorni fa, nel locale di via Venturi, vestita (più o meno) da infermiera, è entrata in una piscina e ne è uscita, grondante, indossando solo un minuscolo slip. Per la gioia (e i videofonini) di un centinaio di ragazzini in età da liceo: a loro, appunto, sono riservate le prime serate, gli appuntamenti danzanti delle 20. ……..”.

Da: L’Unione Sarda del 24 maggio 2005

Sinceramente, non vedo cosa ci sarebbe di così divertente. Forse sono i circa 300,00 Euro (la cifra è la tariffa comunicata dalla signora nel resto dell’articolo) che la nostra fatalona intasca (esentasse?) per ogni svestizione pubblica. Forse saranno le faccette dei baldi giovani che restano a bocca aperta per le apparizioni scimmiottanti Ursula Andress (spero che la Andress non me ne voglia per il paragone)  che mette in scena nei locali dove si esibisce. Chissà….

Prima che qualcuno insorga stracciando nell’ordine le proprie vesti contro il solito bacchettone e le mie scatole, affermo che non ho nulla contro strip teasers, lap dancers, donnine da night eccetera eccetera (anzi!….). Ciò che trovo triste è la situazione nel suo complesso e per un motivo che ha poco a che fare con la moralità dei singoli (la morale è, in fondo, una costruzione di valori personale ed ognuno è libero, sempre nel rispetto delle leggi, di usare la sua), abbastanza con la liceità dello spettacolo (propongo di ipotizzare uno spettacolo speculare riservato a tenere verginelle quindicenni per vedere se qualcuno non vi ravvisasse gli estremi delle molestie a minorenni), e moltissimo con un altro aspetto. Ricordo bene i miei pruriti adolescenziali (e non solo adolescenziali) e ricordo anche quanto ci fosse di fantastico ed immaginato nella scoperta del sesso. Cognizioni tecniche approssimative derivate da sbirciatine furtive nelle edicole, fantasie peccaminose sulle scollature di colei che occupava il banco davanti al mio, attese notturne per i filmetti passati da una tv privata artigianale che simulava la fine delle trasmissioni alle 23 prima di mandare i porno in tedesco, il senso della conquista per aver violato un vietato ai minori di anni…. al cinema in cambio di molto meno di un paio di tette buttate lì, lunghe costruzioni teoriche in merito ad una prima volta, desiderata e temuta nella stessa misura, realizzata ripetutamente tra le confortanti mura del bagno di casa a completa insaputa delle involontarie protagoniste. Insomma, un progressivo disvelamento fatto di moltissima fantasia ed astrazione con rari, e stupefacenti, contatti con la realtà. E’ stata un’esperienza importante che ha lasciato il segno anche nel prosieguo e grazie ad essa ho imparato ad apprezzare le molte facce che può assumere l’intimità fisica (e non solo) con una donna.

Bene, ciò che mi rattrista è proprio lo scippo di questo percorso realizzato ai danni di chi, senza l’ostacolo bonario dei divieti, che son sempre stati autentici colabrodo, ma richiedevano pur sempre uno sforzo per superarli, si trova senza patemi davanti alla rivelazione del mistero, per altro già abbondantemente e quotidianamente anticipata da veline e letterine.

Accettare che il traguardo si possa tagliare senza fatica e senza sudore sarà anche sintomo di adeguatezza ai tempi e di ampiezza di vedute. Se così è, continuo a preferire i miei paraocchi e le mie nostalgie (quando si scrivono certe cose, per un attimo si viene colti dalla sgradevole sensazione di essere diventati vecchi) per un periodo in cui anche l’erezione mentale aveva il suo fascino.

Sono sicuro che il riso di Tamara sia sincero, perché riuscire a stimolare la salivazione di un nugolo di quindicenni è, probabilmente, il massimo risultato per lei raggiungibile. Per il resto, ci vorrebbe cervello e, per coprire il suo, anche il perizoma più audace rischierebbe di apparire un lenzuolo.

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(Nella foto, una vera artista controcorrente) 

 
 
 

VOGLIA DI NORMALITA'

Post n°41 pubblicato il 04 Maggio 2005 da Mthrandir
 
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E’ vero, il mondo guarda al nostro Paese con ammirazione incondizionata dal momento che ci considera una sorta di laboratorio di sperimentazione sociale in attività permanente. Ci sarebbe da andarne fieri, se non fosse che gli esperimenti ai quali dobbiamo la nostra fama non hanno l’aria di poter essere considerati dei successi scientifici. D’altronde, è evidente che il desiderio di mantenersi sempre all’avanguardia e di cercare schemi innovativi di convivenza civile possano, qualche volta, condurre ad adottare soluzioni così avanzate da creare agli osservatori esterni qualche difficoltà di comprensione. Bisogna ammettere che non è facile spiegare a chi non vive da queste parti che l’idea di affidare il recupero di aspiranti ex tossicodipendenti ad un ergastolano pluriomicida è qualcosa che, in un certo senso, supera la concezione di Beccaria relegando quel vecchio forcaiolo al ruolo di squallido giustizialista. La galera è un modello antiquato incapace di produrre autentico recupero del soggetto. E se capitasse che il soggetto in questione ripetesse l’errore? In questo caso, non si dovrebbe avere timore di ammettere che, con lui, la società continua a sbagliare. Sarebbe necessario ripensarsi e trovare una soluzione più efficace perché, se gli esperti certificano che il soggetto ha la necessità assoluta di emozioni violente per sentirsi vivo, allora negargliele diventerebbe un gesto di inaccettabile crudeltà nei confronti dei bisogni del singolo. E ogni negazione, anche la più piccola, è un piccolo passo verso la tirannide.

Allo stesso modo, un Paese che voglia definirsi civile ha il dovere di continuare a cercare la verità, anche se questa estenuante missione dovesse protrarsi per decenni. L’importante è che la verità emerga, che la gente sappia, che i veri responsabili degli errori vengano identificati e destinati a svolgere funzioni sociali compatibili con le loro caratteristiche, ad esempio incoraggiandoli ad investire nel settore dei fuochi pirotecnici. Le Istituzioni hanno il dovere di esaminare minuziosamente ogni particolare, in questi casi, e di approfondire il più possibile e se si dovesse scoprire che altri cittadini, con l’aggravante dell’associazione, hanno imposto di mandare a processo degli innocenti, lo Stato ha il dovere di chiedere loro non solo il risarcimento dei costi sostenuti per i vari gradi di giudizio, ma anche quello relativo ai danni sopportati dal patrimonio immobiliare pubblico. Lo stesso valga per i danneggiamenti ai mezzi di trasporto (treni ed aerei in particolare).

Da ultimo, se si intende mantenere la leadership culturale, lo stesso metro deve essere applicato nei rapporti con gli altri Paesi. Perché negare la propria “amicizia” ad un alleato solo perché si è verificato un incidente? E’ cortese pretendere che il Paese alleato si umili pubblicamente facendo nomi e cognomi di coloro che hanno sbagliato? O, forse, non è meglio metterci una pietra sopra e dimenticare per non aggravare una situazione di per sé spiacevole aggiungendovi anche il potenziale danno alla carriera di chi, in fondo, è ancora vivo?

Ecco, perché dovremmo rinunciare a tutte le nostre conquiste, al ruolo guida che andiamo consolidando nella comunità internazionale, per dare ascolto alla voce stridula dei soliti disfattisti che predicano un rallentamento nelle sperimentazioni in nome di una banalissima voglia di normalità?

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(Nella foto, un esperimento complicato per essere normali)

 
 
 

LIBERALE

Post n°40 pubblicato il 02 Maggio 2005 da Mthrandir
 
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Alexis de Tocqueville: "Vedo chiaramente nell'eguaglianza due tendenze: una che porta la mente umana verso nuove conquiste e l'altra che la ridurrebbe volentieri a non pensare più. Se in luogo di tutte le varie potenze che impedirono o ritardarono lo slancio della ragione umana, i popoli democratici sostituissero il potere assoluto della maggioranza, il male non avrebbe fatto che cambiare carattere. Gli uomini non avrebbero solo scoperto, cosa invece difficile, un nuovo aspetto della servitù… Per me, quando sento la mano del potere appesantirsi sulla mia fronte, poco m'importa di sapere chi mi opprime, e non sono maggiormente disposto a infilare la testa sotto il giogo solo perché un milione di braccia me lo porge".

Alexis de Tocqueville: "Se cerco di immaginare il dispotismo moderno, vedo una folla smisurata di esseri simili ed eguali che volteggiano su se stessi per procurarsi piccoli e meschini piaceri di cui si pasce la loro anima… Al di sopra di questa folla, vedo innalzarsi un immenso potere tutelare, che si occupa da solo di assicurare ai sudditi il benessere e di vegliare sulle loro sorti. È assoluto, minuzioso, metodico, previdente, e persino mite. Assomiglierebbe alla potestà paterna, se avesse per scopo, come quella, di preparare gli uomini alla virilità. Ma, al contrario, non cerca che di tenerli in un'infanzia perpetua. Lavora volentieri alla felicità dei cittadini ma vuole esserne l'unico agente, l'unico arbitro. Provvede alla loro sicurezza, ai loro bisogni, facilita i loro piaceri, dirige gli affari, le industrie, regola le successioni, divide le eredità: non toglierebbe forse loro anche la forza di vivere e di pensare?".

Alexis de Tocqueville: “Un corpo legislativo composto in modo tale che esso rappresenti la maggioranza senza essere necessariamente schiavo delle sue passioni; un potere esecutivo che abbia una forza propria e un potere giudiziario, indipendente dagli altri due poteri; avrete allora un governo democratico e non vi sarà più pericolo di tirannide ".

Alexis de Tocqueville: “Le società democratiche, ma non libere, possono essere ricche, raffinate, piene di buoni padri di famiglia e onesti commercianti, ma ciò che non si vedrà mai in queste società sono i grandi cittadini e, soprattutto, un grande popolo. Il comune livello delle menti e degli animi non s’arresterà mai, nel suo abbassamento, fino a che l’uguaglianza e il dispotismo andranno insieme congiunti”

Luigi Einaudi: Liberalismo [...] è quella politica che concepisce l’uomo come fine. Si oppone al socialismo il quale concepisce l’uomo come un mezzo per raggiungere fini voluti da qualcuno che sta al di sopra dell’uomo stesso, sia esso la società, lo Stato, il governo, il capo”.

Karl Popper: “Per evitare malintesi desidero chiarire compiutamente che uso sempre i termini “liberale”, “liberalismo”, ecc., nel senso in cui questi sono tuttora generalmente usati in Inghilterra [...] Per liberale non intendo una persona che simpatizzi per un qualche partito politico, ma semplicemente un uomo che dà importanza alla libertà individuale ed è consapevole dei pericoli inerenti a tutte le forme di potere e di autorità”.

John Locke: "Dove non c'è legge non c'è libertà"

E’ una sintesi, mi rendo conto, ma credo che renda l’idea su cosa significhi essere “liberali”. In realtà, come giustamente sostenuto altrove, non si tratta dell’adesione ad una particolare ideologia, ma di un modo di porsi nei confronti di alcuni concetti chiave che regolano la convivenza sociale ed il ruolo del singolo individuo. Ci sono liberali cattolici, liberali laici, liberali “progressisti” e liberali “conservatori”. In molti casi, capita che abbiano diversi programmi “pratici”, ma quelli “veri” si distinguono dallo stesso atteggiamento mentale. E’ altrettanto condivisibile l’affermazione che non sia un modo di porsi largamente diffuso, un ideale, per così dire, di massa. Non è stupefacente che sia così. E’ meno condivisibile sostenere che chiunque si dichiari tale non sia altro che qualcuno che, ignorandone il significato, si fregi di un’etichetta.

Mthrandir

Sia detto per inciso, ma ho trovato che, quando serve, nessuno esita a fare riferimento al nostro buon de Tocqueville. Nessuno.

 
 
 

Post N° 39

Post n°39 pubblicato il 27 Aprile 2005 da Mthrandir
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LETTERA APERTA

Inviato da 72rosalux72 il 27/04/2005 @ 14:45:00 via WEB
..."I Partigiani furono di utilità militare insignificante, strategicamente quasi dannosi e tatticamente superflui.".. finalmente uno che parla chiaro...son caduti nel trabocchetto centinaia di rappresentanti del popolo, quelli che hanno hanno fatto la costituzione e che credevano che l'antifascismo fosse un valore, conquistato...e conquistato non tanto per dire. Ma i partigiani sono stati grandi stronzi e, ehm... i fascisti come li definisci?
(Rispondi) 

Cara Rosa,
scusa se utilizzo un intero messaggio per risponderti, ma desidererei avere più spazio per articolarla e cercare di limitare al minimo fisiologico gli equivoci.
Partiamo dal “valore” dell’antifascismo: esiste un’equivalenza in base alla quale chiunque creda nella democrazia, anche nel senso del “meno peggio”, sia necessariamente contrario ad ogni forma di totalitarismo, qualunque sia il colore che lo contraddistingue. In base a detta equivalenza, non è detto che valga il reciproco: si può tranquillamente essere “antifascisti” (o “anticomunisti”) senza credere necessariamente nella democrazia. Ecco, io sono democratico e liberale e, con questo, suppongo di aver chiarito il mio “credo”.  Non ho mai provato eccessive simpatie per il fascismo, né per i suoi rappresentanti, anche se furono totalitari all’italiana. Mi spiego con un esempio: la promulgazione delle leggi razziali è una delle pagine più vergognose della storia italiana e non credo si possa considerare un’attenuante il fatto che vennero applicate, rispetto a quanto accadde altrove, all’acqua di rose. Sul piano del principio, non esiste alcuna possibilità di concedere il beneficio di inventario. Per quanto attiene ai singoli, tra le camicie nere si può contare un numero di criminali assai superiore a quello ascrivibile ai nostri eroi partigiani (per tutti, valgano in blocco i 2.300 componenti della “Legione Autonoma Mobile - Ettore Muti”, costituita nel 1944 da Franco Colombo, che si macchiarono di atti di ferocia in tutto equivalenti a quelli delle loro controparti resistenti e i circa ventimila che aderirono alla SS italiane), anche perché numericamente in maggioranza soverchiante. Il punto sta proprio qui: continuiamo a parlare dei criminali, specie limitandoci ad una sola parte, dimenticando i pochi a cui si deve sul serio quel rimasuglio di onore che ha conservato il nostro Paese e quello straccio di dignità che dovrebbe accompagnare il festeggiamento del 25 aprile. Militari italiani che non mollarono e continuarono a combattere al fianco degli Alleati (chi si ricorda, ad esempio, di Montelungo?), civili che aderirono alla Repubblica Sociale non per entusiasmo nero, ma per coprire cariche meramente amministrative e per fare da cuscinetto tra gli occupanti nazisti (e i loro sgherri italiani) e la popolazione civile – e che furono, spesso, oggetto di agguati vigliacchi – la gran parte dei Carabinieri, che pagarono nel Nord Italia un prezzo altissimo per aver tenuto fede al loro motto, centinaia di migliaia di americani e di inglesi che vennero a morire qui per difendere i loro interessi e che, indirettamente, fecero anche i nostri, “imponendo” la svolta verso la democrazia ad un Paese che, ancora oggi, non sa bene cosa sia. Aggiungiamoci, per generosità, qualche idealista sincero: per fare qualche esempio, i Fratelli CERVI, di cui ho accennato nel messaggio precedente, “BANDIERA”, uno sprovveduto e romantico  azionista che credeva di poter dare battaglia alla Wehrmacht da solo e “IL SOLITARIO” – Giorgio Morelli, credo si chiamasse – che ci rimise le piume per aver sfidato l’establishment marxista reggiano. Ma furono una minoranza davvero esigua.
Utilità militare dei Partigiani: ribadisco quanto ho affermato e scritto. Sul piano strategico, non furono mai in grado di creare eventuali teste di ponte che potessero agevolare l’avanzata degli Alleati, né di aprire varchi sulle linee del fronte (gli unici varchi li utilizzò “ARMANDO” – Mario Ricci - per portare in Toscana i suoi uomini e preservarli per il dopo guerra). Anzi. Le ripetute dispute su chi dovesse entrare per primo nelle città abbandonate dalla Wehrmacht (a “liberare” città ormai deserte non ci vuole proprio un’elite militare) rallentarono spesso la marcia degli eserciti regolari. Sul piano tattico, essendo troppo impegnati a compiere attentati contro singoli individui o piccoli gruppi, non riuscirono a creare alcun problema ai nazifascisti né sul controllo delle vie di comunicazione, né li impegnarono eccessivamente in operazioni di polizia, né minacciarono seriamente le linee degli approvvigionamenti.
Manca l’ultimo capitoletto, quello relativo a coloro che definisci “rappresentanti del popolo”. Questa qualifica, sebbene con qualche riserva, si può attribuire soltanto a coloro che furono eletti dopo la guerra (18 aprile 1948). Durante, non rappresentavano nessuno se non loro stessi e l’ideologia che servivano (qualunque essa fosse). Le cosiddette “elezioni” tenutesi a Montefiorino, nel periodo della “Repubblica”, si svolsero a scrutinio palese, nel centro della piazza principale, per alzata di mano e alla presenza delle guardie rosse con il colpo in canna. La democrazia (e la rappresentatività) sono un’altra cosa. Almeno, dal mio punto di vista.

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