Creato da I_mie_racconti il 17/04/2013

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« Insegnami a essere figli...Insegnami a essere figli... »

Insegnami a essere figlia: La consapevolezza.

Post n°12 pubblicato il 01 Maggio 2013 da I_mie_racconti

Insegnami a essere figlia: La consapevolezza.
Post n°562 pubblicato il 15 Marzo 2013 da lascrivana

 

Ripongo il quaderno nello zainetto sbuffando insofferente. Il problema si stava rivelando più difficile del previsto e tra poco sarebbe iniziato l'allenamento. Rimpiango le medie, da quando frequento le superiori il tempo a mia disposizione si è accorciato a dismisura, mi sembra di vivere sempre a cento all'ora. L'oratorio è ormai un lontano ricordo, ormai sono titolare nella squadra junior della mia città e domenica abbiamo uno scontro al vertice. Guardo di nuovo lo zainetto e alzo le spalle, al diavolo mi dico, ci penserò stasera. Afferro la borsa da calcio e vi butto dentro una focaccia, quindi mi dirigo deciso verso la porta e la spalanco scendendo di corsa le scale. La mia bici si trova nel sottoscala, a due passi dal cancelletto che sento aprirsi col solito leggero cigolio. Alzo la testa e mi paralizzo. La sagoma di mio padre avanza nella semi oscurità dell'androne. Ho giusto il tempo di chiedermi cosa ci faccia a casa a quest'ora, di solito arriva molto più tardi, che me lo ritrovo davanti in tutta la sua mole.- Ma sei sempre di corsa tu? Hai fatto quello che dovevi fare?- Mi abbaia togliendosi l'immancabile sigaretta dalle labbra. Come sempre mi blocco dinanzi a lui, ci vediamo poco e non parliamo mai per più di trenta secondi di seguito.- Si papà...- riesco a sussurrare.- Sarà meglio per te e comunque ne riparliamo a cena...- ribatte mentre schiaccia la cicca sotto le scarpe. Quindi si sposta ed io ne approfitto per fuggire via. "Ne riparliamo a cena" Le sue ultime parole mi fanno sorridere. Come non sapessi che, una volta seduti a tavola, nessuno avrebbe aperto bocca, pena l'esilio in camera propria. Mio padre è infatti un fanatico della televisione, persino mamma fatica a distoglierlo dallo schermo. Il fatto che la questione dei compiti resti tra me e lei è un sollievo, basta solo questo pensiero a farmi mettere le ali ai piedi.


Arrivo al campo d'allenamento in un baleno, le bici dei miei compagni sono già tutte appoggiate al muretto.- Ciao Davide...- Per la seconda volta in pochi minuti il mio cuore ha un sussulto, mi attardo col lucchetto della bici cercando di prendere tempo.- Beh?...non si saluta più?- Finalmente trovo il coraggio di voltarmi e me la trovo davanti. Danila sta diventando una bellissima ragazza. Non ci vediamo moltissimo, suo padre le ha negato infatti la possibilità di andare alle superiori. Se possibile, è ancora più severo e duro del mio, una sorta di padre padrone inflessibile.- Hai l'allenamento?- mi chiede timidamente. Io non riesco ancora a rispondere, incantato da quegli occhi vispi e penetranti mentre, come accade ogni volta che l'incontro, il sapore di quel bacio lontano mi riaffiora sulle labbra, improvviso e traditore. Si, ho allenamento, e tu che ci fai qui...non dovresti essere con le tue amiche?- Il sorriso si spegne sul suo volto a quelle parole...parole dette quasi con fastidio, petulanti e cattive. Lei non dice nulla e si volta allontanandosi lentamente, le braccia strette al corpo.- Aspetta!- Mi guardo attorno cercando capire chi abbia parlato, poi mi rendo conto che quella semplice parola è uscita dalle mie labbra. Lei si blocca di colpo ed io, in due passi, la raggiungo. Osservo le spalle esili alzarsi e abbassarsi con affanno, la testa leggermente reclinata in avanti.- Scusa...- dico piano. Poi, col braccio, afferro il suo costringendola a voltarsi. Lo stomaco mi si attorciglia vedendo i suoi occhi luccicare, gonfi di lacrime. Da quella prima volta, non siamo mai stati così vicini. Sento il suo profumo entrarmi nelle narici, mentre il sapore sulle labbra si fa sempre più intenso. E quando le sue sfiorano le mie, una scarica elettrica mi percorre tutto il corpo, il senso del tempo svanisce.- Davide!...ehi Davide..ma ti muovi?- Mi stacco e mi volto di colpo, la vista leggermente annebbiata. Il mio allenatore, fermo sul portone di ferro del campo, mi osserva con un mezzo sorriso stampato sul volto, quindi sparisce all'interno. 

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