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Messaggi del 23/04/2021

Giornate della Terra con disincanto

Post n°1591 pubblicato il 23 Aprile 2021 da fedechiara
 


A signal of hope (s.p.q.r.) -  23 Aprile 2016
E come dice la voce fuori campo della pubblicità della 'serenoa repens', alias 'Prostamol': 'Non hanno più scuse': quei 117 capi di stato e di s-governo che hanno firmato il protocollo O.n.u. sulla salvezza del pianeta e del suo clima. Emblematico è che a dirlo, in solenne cerimonia, sia il protagonista amatissimo di quella scena con commovente e aerea colonna sonora girata con una Kate Winslet splendida polena a prua del transatlantico Titanic, - simbolo catastrofico di questa nostra umanità di infami (che non lasceranno fama) che ballano insensatamente nel salone mentre la nave già affonda.
E sarà da vedere se davvero quei 117 assumeranno tutti e con regolarità il miracoloso farmaco e ci salveranno, noi 7 miliardi e passa di essere umani in crescita irrefrenabile - e le risorse del pianeta ormai consumate da mo' a scapito delle future generazioni.
E' lecito dubitarne – e le verifiche si faranno già solo dopo un anno: incrociando i dati statistici sulle emissioni di gas-serra e sull'aumento relativo delle temperature globali con relativo 'scioglimento dei ghiacci del polo', vulgo: guardatevi i prossimi documentari della Bbc su rai5 e perderete/emo 'la speranza dell'altezza', come capitava al Sommo Poeta incontrando una lonza, un leone e una lupa che gli impedivano il cammino di salvezza.
Chi vivrà vedrà e i ghiacci disciolti sono suoi e chissà se l'orso bianco sarà presto classificato tra le moltissime 'specie estinte' della meravigliosa ricchezza biologica del pianeta prima dell'avvento della razza umana allo s-governo del pianeta Terra.
'A signal of hope', come ha detto l'Imbonitore nostro nazionale col suo inglese un filo comico. Molto tenue, come segnale, e, certo, di improbabile realizzazione.

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Viaggi ed altri viaggi.

Post n°1590 pubblicato il 23 Aprile 2021 da fedechiara
 

Cachi - 26 marzo 2019 -
E gli ampi spazi degli altopiani ci fanno venire a mente il gran correre dell'Inca di vetta in valle nel suo ampio impero di alte quote e come tempri il fisico l'altitudine e l'aria rarefatta e come siamo capaci noi umani di straordinario adattamento, nel corso delle generazioni e le evoluzioni millenarie.
E questa gran voglia di impero è una costante della storia dell'uomo: sopraffazione e imposizione manu militari della propria forza di popolo e cultura, ma anche, non sempre, integrazione e commistione di culture diverse - e convivenze durate secoli, ma spezzate dall'arrivo delle tre caravelle ondeggianti al largo e l'apparire sulle spiagge del mostro a cavallo vestito d'acciaio e munito di lunga spada che le vittime designate di un lontano olocausto dissero 'el Conquistador'.
Ed è vero che la cultura dell'indio prevedeva l'addormentare i pargoli reali e dell'aristocrazia ubriachi nelle tombe di alta quota e il gelo che li congelava ancora vivi – e le mummie del museo di Salta sono impressionanti per avere ottimamente conservato carne e bulbi oculari e capelli, ma più le espressioni tristi di quei poveretti dalla brevissima vita che la loro religione diceva 'i fortunati', sacrificati agli dei potenti e provvedenti – e tuttavia la cultura del conquistador non sembra aver dato frutti migliori e condivisibili e credibili, con tutta quella schiera di santi e madonne nelle chiese vestiti come bambole settecentesche e il 'corpo e sangue' di Cristo transustanziato che ha sostituito i sacrifici umani che diciamo costumanze barbare e pagane.
E via dalla città-monstre si respira l'universo e il silenzio è intessuto del canto dei venti che discendono le Ande e i villaggi sono apparentemente deserti: quinte cinematografiche di improbabili films 'western'; e i visi dei bis nipoti degli indios sono cotti dal sole e felici di abitare i paesaggi degli avi e sorridono al turista dell'industria nuova che garantisce un discreto 'desarollo' di trattorie e artigianato naif e tessuti di alpaca e vigogna: timidi camelidi che osservi brucare in lontananza il poco cibo che ruminano quieti - ed è immagine che commuove e intenerisce e dice il mondo ancora abitabile e gli ampi spazi vuoti che resistono, malgrado e oltre la spinta antropica che tutto asservisce e appiattisce e uniforma nelle orride croste urbane.
Alex Crow - ApocalyptoNessuna descrizione della foto disponibile.

 
 
 
 
 

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