AMETISTA
PERLE
DONO DI PRINCIPESSASMERALDA
Post n°189 pubblicato il 03 Settembre 2010 da m.furnaro
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Post n°188 pubblicato il 30 Agosto 2010 da m.furnaro
Julia Pastrana, detta la “donna-babbuino” aveva peli su tutto il corpo e una folta barba che le incoronava il mento. Il suo impresario e marito disse che era stata trovata abbandonata, ancora neonata, in una remota regione desertica dell’America. Morì di parto nel 1860, e il suo corpo di 135 cm venne imbalsamato. Purtroppo nel mondo ogni giorno milioni di donne vengono sfruttate, trattate come schiave e illuse dietro lo spauracchio di un briciolo d'amore. Ma la sua agonia non finì nemmeno con la morte, dopo la quale fu ancora un ricchissima fonte di guadagno per il suo presunto compagno di vita che la imbalsamò per mostrare al mondo quella che non era una donna ma solo un fenomeno da baraccone. Incerte le notizie sulla sua nascita avvenuta nel 1834 il suo agente-amante Theodore Lent, la spacciava per figlia di una messicana che abitava in un luogo popolato da animali selvatici facendo intendere con malignità che il padre fosse da ricercare proprio in quegli ambienti. Appena incontrò quella ragazza ricoperta di fitti peli neri (fatta eccezione solo per i palmi di mani e piedi) capì che si trovava di fronte ad una bella montagnetta di soldi. In breve tempo la convince ad andare in Inghilterra: Julia ha 23 anni, è dolce e minuta , sa leggere, scrivere, ha una discreta voce da mezzo soprano e conosce a memoria le più famose romanze spagnole ed inglesi. Lent fa esibire Julia in tutte le fiere e teatrini d'Inghilterra e la gente fa la fila per vedere le gesta della donna barbuta. tenere ancora più stretta Lo sprazzo di normalità arriva con una gravidanza che si trasformerà in tragedia: Julia partorirà una bimba, anch'essa ricoperta di peli, ma morirà poco dopo il parto assieme alla sua bambina. Lent imbalsama i corpi di Julia e della piccola e ricomincia il suo giro per le fiere in giro per l'Inghilterra. Le sue spoglie sono ancora custodite nell'istituto di medicina legale di Oslo. |
Alcune fonti indicano che il mito della taranta derivasse dall'antica Grecia ai tempi di Zeus. La leggenda narra di una giovane ragazza, Arakne, sedotta da un marinaio il quale partì dopo la prima notte d'amore, visse in attesa del ritorno del suo amore. Una mattina vide una barca avvicinarsi alla costa e, Arakne, fece il segnale convenuto con il suo marinaio. La barca rispose: era tornato. Ma a pochi metri dal porto ci fu un attacco verso la barca, la quale, fu affondata e coloro che erano a bordo furono uccisi. Arakne vide morire il suo amore dopo anni di attesa. Così, alla sua morte, Zeus la rimandò in terra per restituire il torto ricevuto, non come ragazza ma come tarantola. Secondo la leggenda la tarantola con il suo morso provocherebbe crisi isteriche. La tradizione popolare ritiene che alcuni musicanti fossero in grado, con la musica, di guarire lo stato di "pizzicata". Le fondamenta della pratica del ballo come antidoto al veleno dei ragni non sono mai state svelate. Le ipotesi sono molteplici: psicosi, autosuggestione. Il Tarantismo , un genuino fenomeno di folklore , attrae molti turisti affascinati dalle note della Pizzica.
Come spesso accade per i rituali a carattere magico e superstizioso, anche a questa tradizione si cercò di dare una "giustificazione" cristiana: così si spiega il ruolo di San Paolo, ritenuto il santo protettore di coloro che sono stati "pizzicati" da un animale velenoso, capace di guarire per effetto della sua grazia. La scelta del santo non è casuale poiché una tradizione vuole che egli sia sopravvissuto al veleno di un serpente nell'isola di Malta. Attraverso una suonata, che poteva durare anche giorni, cercavano di trovare la combinazione di vibrazioni con le note dei loro strumenti. |
Post n°186 pubblicato il 14 Agosto 2010 da m.furnaro
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Post n°185 pubblicato il 08 Agosto 2010 da m.furnaro
Figlio di Tifone ed Echidna, il Leone Nemeo era un ferocissimo leone invulnerabile che Era inviò nella zona di Nemèa allo scopo di compiere stragi di uomini e bestie. Il leone incuteva terrore per la sua potenza e voracità, nessuno sapeva come fermarlo tranne il contadino Molorco il cui figlio era stato ucciso dalla bestia. Fu Eracle, che giunto nella città di Molorco volle sapere il segreto per sconfiggere la fiera. Decise di ucciderla all’interno della sua grotta con frecce e clava, poi, non riuscendo l’affrontò corpo a corpo, la sollevò da terra (solo in questo modo infatti perdeva la sua invulnerabilità) e la strangolò. Fu la prima fatica di Eracle, ancora sedicenne, e fu talmente dura che si narra l’eroe dormì per trenta giorni consecutivi. Con la pelle dell’animale si fece un mantello e dal cranio ricavò una specie di casco. Zeus, per onorare il figlio assunse il leone nel cielo stellato.
Simbolo di potenza, sovranità e giustizia il leone è una costellazione che viene spesso associata al Sole, alla luce, il “solleone” deriva proprio dal fatto che è in questo periodo dell’anno, quando il sole è nella costellazione, che si hanno i giorni più caldi. |
Post n°184 pubblicato il 04 Agosto 2010 da m.furnaro
Il titolo di Madonna della Neve, affonda le sue origini nei primi secoli della Chiesa . Nel IV secolo, sotto il pontificato di papa Liberio (352-366), un nobile e ricco patrizio romano di nome Giovanni, insieme alla sua altrettanto ricca e nobile moglie, non avendo figli decisero di offrire i loro beni alla Santa Vergine, per la costruzione di una chiesa a lei dedicata. La Madonna apparve in sogno ai coniugi la notte fra il 4 e il 5 agosto, tempo di gran caldo a Roma, indicando con un miracolo il luogo dove doveva sorgere la chiesa. Infatti la mattina dopo, i coniugi romani si recarono da papa Liberio a raccontare il sogno fatto da entrambi, anche il papa aveva fatto lo stesso sogno e quindi si recò sul luogo indicato, il colle Esquilino e lo trovò coperto di neve, in piena estate romana. Il pontefice tracciò il perimetro della nuova chiesa, seguendo la superficie del terreno innevato e fece costruire il tempio a spese dei nobili coniugi. A Roma il 5 agosto, nella patriarcale Basilica di S. Maria Maggiore, il miracolo veniva ricordato con una pioggia di petali di rose bianche In molte zone d’Italia, in omaggio alla Madonna della Neve, si usa mettere alle neonate i nomi di Bianca, Biancamaria, o più raro il nome Nives. |
Post n°183 pubblicato il 02 Agosto 2010 da m.furnaro
Un semplice conoscente,quando viene a casa tua, agisce come un invitato. Un vero amico apre il tuo frigo e si serve. Un semplice conoscente non ti ha mai visto piangere. Un vero amico ha le spalle temprate alle tue lacrime. Un semplice conoscente non conosce i nomi dei tuoi genitori. Un vero amico ha i loro numeri di telefono nell'agenda. Un semplice conoscente porta una bottiglia di vino alle tue feste. Un vero amico arriva presto per aiutarti a cucinare e rimane fino a tardi per aiutarti a pulire. Un semplice conoscente detesta che tu lo chiami dopo l'orario in cui è abituato ad andare a dormire. Un vero amico ti chiede come mai hai messo tanto tempo a chiamarlo. Un vero amico si informa della tua romantica storia d'amore. Un semplice conoscente potrebbe fare dell'ironia su questa. Un semplice conoscente pensa che l'amicizia è finita dopo una disputa. Un vero amico ti chiama dopo una disputa. Un semplice conoscente si aspetta che tu sia sempre pronto per lui. Un vero amico è sempre pronto per te. |
Post n°182 pubblicato il 29 Luglio 2010 da m.furnaro
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Post n°181 pubblicato il 26 Luglio 2010 da m.furnaro
Secondo l'antica cosmogonia egizia, dal bocciolo di un fiore di loto nacque Ra. Il dischiudersi del bocciolo illuminò di luce divina le acque limacciose del Nun (il Caos Informe) che si ritirarono mostrando la terra asciutta. Ra se ne compiacque e salì verso le stelle per diventarne la più luminosa ed illuminare la terra che aveva appena creato ... egli divenne Aton , il disco solare . Ora non vi era più solo Caos ed Oscurità , poichè Ra aveva portato Luce ed Ordine nel mondo. Il fiore di loto è uno dei simboli più frequenti nell'iconografia indù. Denota l'auto-creazione o l'auto-esistenza Rappresenta la terra e nel suo sviluppo indica l'aspetto evolutivo del mondo e degli esseri.
Benché esso nasca da acque stagnanti e putrescenti, dà origine ad un fiore bellissimo e candido. Proprio per tale peculiarità è considerato un simbolo di purezza: nato dal fango ma non macchiato da esso. Nella simbologia indiana le acque stagnanti rappresentano l'indistinzione primordiale del caos e il loto che da esse sorge rappresenta l'elevazione spirituale. Il poeta Rabindranath Tagore scrisse "Il loto fiorisce in acque profonde: chi può coglierlo?" Il loto, dunque, rappresenta l'auto-creazione, la nascita della terra dal caos e, nello stesso tempo, la luce e l'ordine, l'aspetto evolutivo del mondo e degli uomini.
Quando compare nei sogni il loto suggerisce le potenzialità presenti nel sognatore, le qualità che possono manifestarsi e possono “sbocciare” anche in condizione non idonee. Vederlo in boccio nei sogni è immagine simbolica di tutte le esperienze e le situazioni che sono pronte ad evolvere, di tutte le risorse cui poter attingere e di cui a volte non si è consapevoli, delle possibilità insite in ogni realtà. Vedere nei sogni il loto aperto e sbocciato, può collegarsi alla maturazione ed al compimento di qualche progetto, alla pienezza ed intensità con cui si vivono le situazioni, alla realizzazione di se stessi e del proprio potenziale individuale.
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Post n°180 pubblicato il 20 Luglio 2010 da m.furnaro
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