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« Umanità in camminotristezza »

considerazioni in ordine sparso (o quasi)

Post n°50 pubblicato il 31 Gennaio 2017 da Ra.In.Me

VIE DI FUGA - Quante vie di fuga conosciamo? Sono necessarie per sopravvivere, o meglio, per poter affrontare serenamente la quotidianità. Per me la musica è via di fuga, questo blog è via di fuga, tutto il mondo virtuale, e qualsiasi strumento che mi permetta di comunicare ed esprimermi in modo più o meno virtuale è via di fuga. La meditazione è via di fuga. L'arte è via di fuga. La spiritualità è via di fuga. Esiste una sconfinata quantità di vie di fuga: attività o situazioni, prese di posizione, ideali a cui si dedica un'intera vita.
Vie di fuga, efficaci e salutari finchè non diventano prepotente priorità, oppure vuoto e rigido castello di "regole", moda, ossessione o mezzo strumentalizzato ad un interesse, che sia economico o di "potere"sugli altri.


IL TROPPO STROPPIA - A volte strumenti e situazioni che permettono di "fuggire" dal grigiore diventano facile capro espiatorio per chi ama criticare: gli strumenti tecnologici e tutto il mondo virtuale, ad esempio, sono spesso oggetto di critica.
Un tempo era "tutta colpa della televisione": ogni male che affliggeva la società sembrava originarsi dall'invadenza dei programmi televisivi; adesso la tv è passata in secondo piano, il diavolo è il web.
Però la colpa non è degli strumenti, ma del modo più o meno equilibrato di utilizzarli. L'esagerazione, a seconda dei casi, può diventare strumento di sopraffazione, oppure droga che genera dipendenza. Qualsiasi cosa, anche la più buona e virtuosa di questo mondo, può generare mostri se non si è capaci anche di prenderne le giuste distanze.

Anche riguardo alla fiducia nelle proprie capacità, nelle proprie conoscenze o nella propria struttura di regole "morali", gli eccessi possono essere dannosi: la troppa sicurezza nel valutare o nel giudicare gli altri fa sì che non ci si metta mai in discussione e che si commettano errori in grado di danneggiare le persone con cui si ha a che fare, soprattuttole più deboli.

ANCORA A PROPOSITO DI "ETICHETTE" - Come ho già avuto modo di esprimere, quanto le etichette (ormai sempre più diversificate e diffuse) che vengono date a bambini e ragazzi soprattutto in ambito scolastico, condizioneranno la loro vita futura? Quanto tarperà loro le ali ingabbiare la  prospettiva di sviluppo di ciascuno entro limiti stabiliti da adulti "esperti"? Limiti che vengono stabiliti solo in base all'acquisizione di un bagaglio culturale strettamente legato all'ambito delle discipline scolastiche, e che non valorizza capacità che esulano da tale ambito.
Voglio chiarire che considero sacrosanto comprendere le debolezze di un ragazzo per cercare di aiutarlo a crescere e a sviluppre la propria persona in modo pieno ed adeguato ma, come affermavo prima, sono convinta che l'esagerazione possa essere dannosa anche quando si parte dalle buone intenzioni.

SE SEI BELLO TI TIRANO LE PIETRE - "Se sei buono ti tirano e pietre, se sei cattivo tirano le pietre". E' proprio vero: sia che si abbia un detrminato atteggiamento, o che se ne adotti uno diametralmente opposto, c'è sempre qualcuno che manifesta scontento, e anche questa leggerezza nel manifestare con aggressività il proprio scontento nasce dall'incapacità di mettersi in discussione e dalla difficoltà ad accettare modi di vivere o pareri diversi dal proprio.

A volte manifestare il proprio scontento, il proprio dissenso, diventa priorità. A Natale, su facebook, è stata postata la foto dell'albero di Natale della mia città. Che discussione infinita è nata tra i commenti! Un mare di critiche: chi la voleva cotta, chi la voleva cruda, a volte con toni accesi. E poi per cosa? Un albero di Natale.
Qualcuno afferma che "è tutta colpa dei social network", che permettono di dire qualsiasi cosa a persone talvolta protette dall'anonimato, o che danno voce a chi non ha il coraggio di dire le cose in faccia. Io invece, come sempre, dico che il social network è un prezioso strumento di condivisione e di espressione. Il problema è di ciascuno di noi, della fatica ad immedesimarsi nell'altro, quell'"altro" che riceve la critica. Inutile scappare da questa realtà e cercare un capro espiatorio.

Sicuramente anch'io sono caduta e forse cado ancora in questa incapacità di prevedere le conseguenze di ciò che scrivo. Mi faccio comunque mille domande prima di affermare qualcosa, e, dopo aver pubblicato, mi tormenta il pensiero che il mio scritto abbia potuto nuocere a qualcuno. Però, evitando di esprimere il mio pensiero con l'arroganza di chi crede di avere in mano vertà assolute, spero e mi auguro di non ferire nessuno.

L'IMPORTANZA DELL'ANONIMATO - Il perchè dell'anonimato l'ho già spiegato quando ho aperto il blog e in parte l'ho ribadito in questo post: ogni cosa che si esprime, soprattutto se non si conforma al pensiero comune, crea problemi nella vita reale di chi scrive: chi, utilizzando il web, si mostra fiero e felice della propria esistenza e condivide con gli altri la bellezza e il piacere di ciò che fa viene considerato una persona piena di sè e vanitosa; chi sfoga debolezza e/o rabbia viene visto come un "perdente", un "fallito": e la nostra società non accetta il fallimento. Tempo fa in tv ho visto un film carino: "Noi e la Giulia", che metteva l'accento sul valore dell'amicizia in una sgangherata compagnia di persone autodefinitesi "fallite", ovvero"inappetibili"per la società. 
Anche e soprattutto in ambito lavorativo, su chi si mostra debole non si fa nessun affidamento; se poi è vero che "la lamentela spegne i neuroni", dalle persone insoddisfatte si fugge anche per non farsi contagiare. Ma non sarebbe più giusto aiutare queste persone a vedere la vita  in modo più positivo? La tristezza non è una malattia infettiva! Se poi in alcuni momenti sei contento e in altri triste sei "bipolare"...

L'UTOPIA DELLA "NORMALITA'" - "Bipolare"... anche questa, è un'"etichetta" tra le tante. Ad ogni atteggiamento, modo di essere, sembra che oggi venga associata una "patologia" della sfera psicologica o cognitiva. Chi sono i "normali"? Sempre di meno, ma non perchè l'umanità stia progressivamente impazzendo o perdendo delle capacità, soltanto perchè esiste questa smania sempre più pesante di definire una normalità... obiettivo impossibile da raggiungere perchè ogni persona è un mondo a sè, ognuno di noi è diverso dal'altro (e meno male!).
Abbiamo difficoltà sempre maggiori ad accettare qualsiasi tipo di diversità, anche quelle un tempo considerate positive. Sto leggendo "una barca nel bosco" della Mastrocola, che esprime bene questa tendenza.

 
 
 
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che aveva il tuo stesso

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ma la divisa

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(F. De Andrè, La Guerra di Piero)

 

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