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LA MUSICA PERDUTA DEGLI ETRUSCHI: APPUNTI SPARSI

Post n°316 pubblicato il 15 Dicembre 2011 da zoeal
 

Gli autori greci e latini dissero che la musica accompagnava ogni gesto quotidiano degli Etruschi: suonavano i pastori pascolando il gregge, suonavano nelle gare sportive, ai banchetti, durante le battute di caccia, mentre si cucinava, durante i riti funebri e secondo qualcuno, (greco, ma và?) anche mentre si “frustavano i servi” trovando nella cosa anche una certa connotazione sadica. Di fatto, che la musica avesse assunto un ruolo importante nella vita anche quotidiana degli Etruschi, è certo: sono molte infatti le rappresentazioni di musicisti (specie flautisti e suonatori di lira) nelle bellissime pitture delle tombe tarquiniesi, chiusine e orvietane e nei vasi di ispirazione greca a figure rosse. Purtroppo a parte queste testimonianze, della musica etrusca praticamente non si sa nulla. Possiamo dedurre che si ispirasse a quella greca di cui sappiamo un po’ di più ma, se analizziamo attentamente le testimonianze grafiche, ci accorgiamo anche che gli Etruschi forse avevano saputo cambiarla o personalizzarla. Per esempio i Greci avevano il doppio flauto, anche i nostri Rasna lo avevano ma  era diverso e probabilmente emetteva un suono differente, non chiedetemi i dettagli tecnici sul perché (il musicista Stefano “Cocco” Cantini, durante l’incontro museale su “La musica perduta degli Etruschi” lo ha saputo spiegare benissimo ma io purtroppo non so fare altrettanto) credo che si trattasse di un discorso di “ancia”. Come doveva essere quel suono? Con precisione non lo sapremo mai tuttavia avrebbe potuto assomigliare a quello del doppio flauto sardo; d’altronde gli studiosi stanno approfondendo i legami tra la civiltà nuragica e quella etrusca e non si esclude che entrambe siano state correlate cosicché alcune reminiscenze del passato, perdute nell’Etruria di oggi,  siano state invece tramandate nella cultura sarda. Non è tutto, alcuni strumenti infatti sono stati inventati proprio dagli Etruschi, per esempio il grande corno che veniva portato a spalla e la tromba con l’estremità ricurva detta, per questa particolarità “lituo”. Dalle scene riportate su parecchi vasi, sembra che corni e trombe fossero privilegiati durante le attività di guerra e di caccia (ed il pensiero va alla caccia alla volpe in Inghilterra scandita dal suono dei corni), le trombe a lituo ed il grande corno a spalla (se ne trovano i resti a Villa Giulia) scandivano l’incedere dei cortei di magistrati mentre per sacrifici, banchetti e giochi si preferivano flauti e lire (di cui quella grande detta a “culla” pare essere tipicamente etrusca). I musicisti sono quasi sempre raffigurati vestiti riccamente per cui probabilmente non erano schiavi o servi ma professionisti prezzolati anche lautamente così come d’altronde avveniva in Grecia. Uno dei primi re di Roma, Numa, che organizzò i suoi cittadini in corporazioni di arti e mestieri, mise al primo posto proprio quella dei musici per cui, questi dovevano essere tenuti in grande considerazione nell’antichità. Un discorso a parte riguarda la musica nei sacrifici: sappiamo infatti che presso i Greci un sacrificio non era valido e la divinità veniva offesa se l’animale, nell’atto di essere immolato, emetteva dei gemiti; la musica serviva per coprire questi rumori indesiderati in modo che non arrivassero alla divinità che ci si voleva ingraziare.  Da tutta quest’analisi possiamo dedurre inoltre che gli Etruschi non amassero gli strumenti a percussione, conosciuti e utilizzati dai Greci ma mai raffigurati invece dai nostri progenitori che prediligevano quindi gli strumenti a fiato. Pare che questa predilezione si sia trasferita nel dna degli italici, visto che l’Italia è uno dei primi paesi al mondo a sfornare virtuosi degli strumenti a fiato.

Grazie alle dottoresse Rafanelli e Celuzza e al musicista Stefano “Cocco” Cantini per la bella ed istruttiva conferenza sul tema della musica etrusca.

 
 
 
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"MITI, SEGNI E SIMBOLI ETRUSCHI" di Giovanni Feo (Etruschi, da dove venivano e a quali leggende sono collegati)

"GEOGRAFIA SACRA" di Giovanni Feo (la "magia" e l'"astronomia" dalla preistoria agli Etruschi)

"UNA GIORNATA NELL'ANTICA ROMA" di Alberto Angela (immaginiamo di fare un viaggio nel tempo e di ritrovarsi nella Roma del I secolo dopo Cristo)

"IL SEGRETO DEI GEROGLIFICI" di Christian Jacq (guida semplice e simpatica sull'interpretazione dei geroglifici egizi)

" IL FARAONE DELLE SABBIE" di Valerio Massimo Manfredi, azione e suspence ambientate nel clima dei conflitti attuali che affliggono il Medio Oriente.

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POETA ESTEMPORANEO

In ricordo di Morbello Vergari, ultimo poeta Etrusco

Il reperto archeologico

Riuniti insieme, un gruppo di signori

stavano discutendo di un oggetto

un giorno appartenuto ai padri etruschi.

Il dottor Tizio disse ai suoi colleghi:

-La mia giovane eta', non mi consente

di pronunciarmi il primo e francamente

ammetto che non ci capisco molto.

Il dottor Caio esprime il suo parere

dicendo-Per me, questo è un utensile

che usavano gli etruschi,

per servire vivande sulla mensa

D'altro parere il professor Sempronio

e in questo modo dice il suo giudizio:

Questo per me, è un vaso da ornamento

che serviva su un mobile di lusso

a contenere fiori profumati.

Infine il professor Tal dei Tali:

Con questo afferma usavano gli antichi

nelle grandi e solenni cerimonie

offrire a gli dei superi d'Olimpo

e il loro sacerdote in pompa magna,

libava e alzava questo vaso al cielo;

quindi spruzzava santamente l'ara,

del vin pregiato in esso contenuto.

-Giusto-dicono tutti gli altri in coro-

la Sua tesi convince, professore.

Due etruschi ch'iabitaroni in quei luoghi

in permesso quassu' dai Campi Elisi.

Si fermarono ad osservar la scena.

-Tarcone-Aule chiese-cosa fanno

quelle persone riunite insieme?

-Non so',non saprei dirti veramente;

non riesco a comprendere il dialetto,ma

quel che sembra un tantinello strano

è, che stan discutendo con passione,

tenendo un nostro orinalaccio in mano.

 

 
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