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IL FANUM VOLTUMNAE: lo stanno ancora cercando

Post n°231 pubblicato il 22 Maggio 2009 da zoeal
 

Il fanum Voltumnae, secondo quanto riferito dallo storico romano Tito Livio, era il luogo delle riunioni annuali dei rappresentanti della lega delle città etrusche per dibattere di importanti questioni anche di politica estera, come accadde per esempio a proposito dello scontro fra Veio e Roma. Durante questi incontri oltre alle cerimonie religiose, si svolgevano anche fiere, mercati, spettacoli teatrali e giochi solenni che era proibito interrompere. Il luogo quindi doveva essere vasto e provvisto di grandi spazi per accogliere i numerosi partecipanti al convegno politico religioso e per le altre manifestazioni.

La localizzazione geografica del fanum è stata ricercata, senza successo, fin dal XV secolo. I tentativi sono stati molteplici ma i risultati non sono stati mai confortati da una prova decisiva. Le ipotesi hanno interessato molte località, da Viterbo a Bolsena, da Viterbo e Montefiascone fino al Voltone, nei pressi di Farnese. In realtà l'unico indizio scritto sulla localizzazione del fanum si trova in un'epigrafe di età imperiale romana, molti secoli dopo la fine dell'indipendenza dell'ultima città etrusca.

Si tratta del cosiddetto rescritto di Spello, una disposizione con la quale l’imperatore Costantino concede agli Umbri di poter celebrare le loro annuali cerimonie religiose ed i ludi ad esse connessi secondo una antica tradizione, proprio a Spello e senza doversi più recare, per celebrarli con gli Etruschi "apud Volsinios".  Era perciò sicuramente presso Volsini il luogo dove tradizionalmente si svolgevano le cerimonie politico religiose della federazione etrusca, perlomeno in epoca romana. C'è naturalmente da credere che ciò avvenisse anche quando gli Etruschi erano i dominatori incontrastati dell'Italia centrale.

Un problema sorge quando si pensa che Volsini per i romani era il nome di Orvieto prima che venisse da essi stessi distrutta, ma fu anche il nome di Bolsena dopo che gli abitanti di Orvieto vi furono deportati. Poi c'è da comprendere il significato di quell' "apud" che potrebbe anche voler  dire nei dintorni e chissà in quale raggio.

Negli ultimi anni le ricerche del fanum si stanno concentrando, a cura degli studiosi dell'Università di Macerata, proprio nei pressi di Orvieto, in una località denominata Campo della Fiera situata ad Ovest del pianoro tufaceo sul quale sorge la città del Duomo. Qui si apre una estesa area pianeggiante che deve il proprio nome al fatto di essere stata per secoli sede di fiere e mercati periodici. In questa zona già allo scorcio del XIX secolo si avviarono indagini archeologiche che rivelarono la presenza di un rilevante luogo di culto etrusco. Nel 1876, nella contrada denominata “Giardino della Regina”, tornarono infatti in luce resti di strutture murarie in tufo con elevati fino a m. 1,50 e si recuperarono le interessanti e pregevoli terrecotte architettoniche attualmente conservate al Pergamon Museum di Berlino.
 

Gli scavi condotti un decennio più tardi  evidenziarono l’esistenza di una strada basolata e resti di edifici di epoca romana, terrecotte architettoniche di epoca etrusca, sepolture etrusche e romane, epigrafi sepolcrali ancora di età romana.

Lo scavo nell’area è stato riavviato nel 2000 ed è proseguito con campagne annuali che hanno restituito, di volta in volta, materiali e strutture sempre più numerose. La superficie dell’area indagata finora è di circa tre ettari e si presenta particolarmente articolata. In uno dei settori  più elevati è stato messo in luce un poderoso muro (largo oltre m. 2.50), realizzato a secco e con paramento in opera poligonale su un lato, probabilmente eretto in età augustea; immediatamente a valle è stata individuata una sorta di platea che copriva, in parte, uno scarico di terrecotte architettoniche di notevole qualità e di diversa cronologia.
 

Poco a Sud-Est del grande muro ed in posizione altrettanto prominente, è tornata in luce una potente struttura in conci di tufo nella quale è verosimile leggere il basamento di un imponente edificio, con ogni probabilità di destinazione templare; questa è affiancata da un recinto che delimita un’area occupata da una fontana monumentale per la quale è possibile suggerire un ruolo importante per lo svolgimento del culto. L’area di scavo posta a quota leggermente inferiore rispetto a quelle cui si è appena fatto cenno è attraversata da due strade basolate, una delle quali si dirige proprio l’area ove insistono basamento e fontana. Tale percorso viario, di epoca etrusca e da identificare come la Via Sacra del santuario, si sovrappone ad uno precedente realizzato in epoca arcaica. E’ attualmente in luce per più di 60 metri ed in alcuni punti supera i sei metri di larghezza.
 

La seconda strada basolata, di epoca ellenistica, è stata al momento scoperta per una lunghezza di circa 50 metri: questo tracciato, largo 5 metri e caratterizzato in molti punti da solchi provocati dal passaggio di carri, collegava Orvieto con Bolsena. La porzione centrale dell’area è occupata da un vasto recinto all’interno del quale è insiste un tempio affiancato da due pozzi e preceduto da due altari, uno in trachite, l’altro in tufo, ai quali sia appoggiano strati caratterizzati da residui di inequivocabili azioni sacrificali; lungo uno dei lati dell’altare di tufo è stato inoltre opportunamente apprestato un thesaurus, rinvenuto ancora integro (il contenitore conservava ancora il proprio “coperchio”), che ha restituito più di duecento monete di bronzo e di argento.
 

Del tempio, oltre a due filari della fondazione in conci di tufo, si conserva anche il livello pavimentale in cocciopesto che frammenti lapidei policromi e crocette bicrome rendono più raffinato. Nello spazio compreso tra gli altari ed il tempio è inoltre tornato in luce un busto marmoreo, per il quale è stata proposta l’identificazione con quello dell’imperatore Geta, accuratamente seppellito in una fossa, dato che sembra imputabile alla damnatio memoriae subita dallo stesso imperatore.

Tra i numerosi reperti rinvenuti per qualità e quantità spiccano sicuramente le terrecotte architettoniche. Caratterizzate perlopiù da una policromia ancora estremamente vivida, coprono un arco cronologico piuttosto ampio, compreso tra la fine del VI e gli inizi del III sec. a.C. Cospicuo anche il ritrovamento di consistenti  frammenti di ceramiche attiche, a figure nere e rosse, appartenenti a crateri e coppe di grandi dimensioni, probabili doni votivi offerti al santuario. Seppure di dimensioni contenute anche i numerosi bronzi figurati forniscono una preziosa conferma della sacralità dell’area.

Nonostante i molti indizi l'invito alla cautela è d'obbligo e proviene da fonti decisamente autorevoli. Il professore Giovanni Colonna, ordinario di Etruscologia e Archeologia italica all'Università "La Sapienza" di Roma, nonché Accademico dei Lincei afferma: "Prima di gridare all'eccezionalità del ritrovamento del santuario federale degli Etruschi, ci andrei cauto, serve prudenza, perché mancano ancora elementi importanti che ci possano far affermare che siamo davvero in presenza del Fanum Voltumnae". Importanti le obiezioni sollevate dall'archeologo. "Si è un po' sconcertati dalle piccole dimensioni dell'edificio sacro rinvenuto - spiega il professor Colonna - che sono di soli 6 metri per 6. Anche se questo non è un elemento dirimente. Ma soprattutto -aggiunge- invito alla prudenza perché non sono stati ancora ritrovati doni votivi e non sono state ancora rinvenute le iscrizioni al dio Voltumna. Prima di dire che questo è il santuario federale, il 'Concilium Voltumnae' -sottolinea- attenderei questi elementi". Alcune circostanze, invece, secondo il professor Colonna, potrebbero "deporre a favore del luogo in cui è stato fatto il ritrovamento. L'ubicazione della Lega etrusca a Volsinii - conclude l'archeologo - risale infatti a re Porsenna, all'ultimo quarto del VI secolo avanti Cristo". L'importanza di ritrovare l'iscrizione sacraria è sottolineata anche dal professor Mario Torelli, ordinario di Archeologia Classica all'Università di Perugia ed esperto di etruscologia. "Personalmente credo alla scoperta, ma la mia convinzione personale è ben diversa e lontana dall'essere un fatto scientifico. Comunque, non si potrà avere la certezza assoluta finché non si ritroverà l'iscrizione, ma, francamente, credo sia improbabile che succeda".

Evidentemente la certezza di aver scoperto il mitico Fanum Voltumnae degli Etruschi è ancora lontana.

 Fonte Canino info

 
 
 
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POETA ESTEMPORANEO

In ricordo di Morbello Vergari, ultimo poeta Etrusco

Il reperto archeologico

Riuniti insieme, un gruppo di signori

stavano discutendo di un oggetto

un giorno appartenuto ai padri etruschi.

Il dottor Tizio disse ai suoi colleghi:

-La mia giovane eta', non mi consente

di pronunciarmi il primo e francamente

ammetto che non ci capisco molto.

Il dottor Caio esprime il suo parere

dicendo-Per me, questo è un utensile

che usavano gli etruschi,

per servire vivande sulla mensa

D'altro parere il professor Sempronio

e in questo modo dice il suo giudizio:

Questo per me, è un vaso da ornamento

che serviva su un mobile di lusso

a contenere fiori profumati.

Infine il professor Tal dei Tali:

Con questo afferma usavano gli antichi

nelle grandi e solenni cerimonie

offrire a gli dei superi d'Olimpo

e il loro sacerdote in pompa magna,

libava e alzava questo vaso al cielo;

quindi spruzzava santamente l'ara,

del vin pregiato in esso contenuto.

-Giusto-dicono tutti gli altri in coro-

la Sua tesi convince, professore.

Due etruschi ch'iabitaroni in quei luoghi

in permesso quassu' dai Campi Elisi.

Si fermarono ad osservar la scena.

-Tarcone-Aule chiese-cosa fanno

quelle persone riunite insieme?

-Non so',non saprei dirti veramente;

non riesco a comprendere il dialetto,ma

quel che sembra un tantinello strano

è, che stan discutendo con passione,

tenendo un nostro orinalaccio in mano.

 

 
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