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IL FANUM VOLTUMNAE: lo stanno ancora cercando

Post n°231 pubblicato il 22 Maggio 2009 da zoeal
 

Il fanum Voltumnae, secondo quanto riferito dallo storico romano Tito Livio, era il luogo delle riunioni annuali dei rappresentanti della lega delle città etrusche per dibattere di importanti questioni anche di politica estera, come accadde per esempio a proposito dello scontro fra Veio e Roma. Durante questi incontri oltre alle cerimonie religiose, si svolgevano anche fiere, mercati, spettacoli teatrali e giochi solenni che era proibito interrompere. Il luogo quindi doveva essere vasto e provvisto di grandi spazi per accogliere i numerosi partecipanti al convegno politico religioso e per le altre manifestazioni.

La localizzazione geografica del fanum è stata ricercata, senza successo, fin dal XV secolo. I tentativi sono stati molteplici ma i risultati non sono stati mai confortati da una prova decisiva. Le ipotesi hanno interessato molte località, da Viterbo a Bolsena, da Viterbo e Montefiascone fino al Voltone, nei pressi di Farnese. In realtà l'unico indizio scritto sulla localizzazione del fanum si trova in un'epigrafe di età imperiale romana, molti secoli dopo la fine dell'indipendenza dell'ultima città etrusca.

Si tratta del cosiddetto rescritto di Spello, una disposizione con la quale l’imperatore Costantino concede agli Umbri di poter celebrare le loro annuali cerimonie religiose ed i ludi ad esse connessi secondo una antica tradizione, proprio a Spello e senza doversi più recare, per celebrarli con gli Etruschi "apud Volsinios".  Era perciò sicuramente presso Volsini il luogo dove tradizionalmente si svolgevano le cerimonie politico religiose della federazione etrusca, perlomeno in epoca romana. C'è naturalmente da credere che ciò avvenisse anche quando gli Etruschi erano i dominatori incontrastati dell'Italia centrale.

Un problema sorge quando si pensa che Volsini per i romani era il nome di Orvieto prima che venisse da essi stessi distrutta, ma fu anche il nome di Bolsena dopo che gli abitanti di Orvieto vi furono deportati. Poi c'è da comprendere il significato di quell' "apud" che potrebbe anche voler  dire nei dintorni e chissà in quale raggio.

Negli ultimi anni le ricerche del fanum si stanno concentrando, a cura degli studiosi dell'Università di Macerata, proprio nei pressi di Orvieto, in una località denominata Campo della Fiera situata ad Ovest del pianoro tufaceo sul quale sorge la città del Duomo. Qui si apre una estesa area pianeggiante che deve il proprio nome al fatto di essere stata per secoli sede di fiere e mercati periodici. In questa zona già allo scorcio del XIX secolo si avviarono indagini archeologiche che rivelarono la presenza di un rilevante luogo di culto etrusco. Nel 1876, nella contrada denominata “Giardino della Regina”, tornarono infatti in luce resti di strutture murarie in tufo con elevati fino a m. 1,50 e si recuperarono le interessanti e pregevoli terrecotte architettoniche attualmente conservate al Pergamon Museum di Berlino.
 

Gli scavi condotti un decennio più tardi  evidenziarono l’esistenza di una strada basolata e resti di edifici di epoca romana, terrecotte architettoniche di epoca etrusca, sepolture etrusche e romane, epigrafi sepolcrali ancora di età romana.

Lo scavo nell’area è stato riavviato nel 2000 ed è proseguito con campagne annuali che hanno restituito, di volta in volta, materiali e strutture sempre più numerose. La superficie dell’area indagata finora è di circa tre ettari e si presenta particolarmente articolata. In uno dei settori  più elevati è stato messo in luce un poderoso muro (largo oltre m. 2.50), realizzato a secco e con paramento in opera poligonale su un lato, probabilmente eretto in età augustea; immediatamente a valle è stata individuata una sorta di platea che copriva, in parte, uno scarico di terrecotte architettoniche di notevole qualità e di diversa cronologia.
 

Poco a Sud-Est del grande muro ed in posizione altrettanto prominente, è tornata in luce una potente struttura in conci di tufo nella quale è verosimile leggere il basamento di un imponente edificio, con ogni probabilità di destinazione templare; questa è affiancata da un recinto che delimita un’area occupata da una fontana monumentale per la quale è possibile suggerire un ruolo importante per lo svolgimento del culto. L’area di scavo posta a quota leggermente inferiore rispetto a quelle cui si è appena fatto cenno è attraversata da due strade basolate, una delle quali si dirige proprio l’area ove insistono basamento e fontana. Tale percorso viario, di epoca etrusca e da identificare come la Via Sacra del santuario, si sovrappone ad uno precedente realizzato in epoca arcaica. E’ attualmente in luce per più di 60 metri ed in alcuni punti supera i sei metri di larghezza.
 

La seconda strada basolata, di epoca ellenistica, è stata al momento scoperta per una lunghezza di circa 50 metri: questo tracciato, largo 5 metri e caratterizzato in molti punti da solchi provocati dal passaggio di carri, collegava Orvieto con Bolsena. La porzione centrale dell’area è occupata da un vasto recinto all’interno del quale è insiste un tempio affiancato da due pozzi e preceduto da due altari, uno in trachite, l’altro in tufo, ai quali sia appoggiano strati caratterizzati da residui di inequivocabili azioni sacrificali; lungo uno dei lati dell’altare di tufo è stato inoltre opportunamente apprestato un thesaurus, rinvenuto ancora integro (il contenitore conservava ancora il proprio “coperchio”), che ha restituito più di duecento monete di bronzo e di argento.
 

Del tempio, oltre a due filari della fondazione in conci di tufo, si conserva anche il livello pavimentale in cocciopesto che frammenti lapidei policromi e crocette bicrome rendono più raffinato. Nello spazio compreso tra gli altari ed il tempio è inoltre tornato in luce un busto marmoreo, per il quale è stata proposta l’identificazione con quello dell’imperatore Geta, accuratamente seppellito in una fossa, dato che sembra imputabile alla damnatio memoriae subita dallo stesso imperatore.

Tra i numerosi reperti rinvenuti per qualità e quantità spiccano sicuramente le terrecotte architettoniche. Caratterizzate perlopiù da una policromia ancora estremamente vivida, coprono un arco cronologico piuttosto ampio, compreso tra la fine del VI e gli inizi del III sec. a.C. Cospicuo anche il ritrovamento di consistenti  frammenti di ceramiche attiche, a figure nere e rosse, appartenenti a crateri e coppe di grandi dimensioni, probabili doni votivi offerti al santuario. Seppure di dimensioni contenute anche i numerosi bronzi figurati forniscono una preziosa conferma della sacralità dell’area.

Nonostante i molti indizi l'invito alla cautela è d'obbligo e proviene da fonti decisamente autorevoli. Il professore Giovanni Colonna, ordinario di Etruscologia e Archeologia italica all'Università "La Sapienza" di Roma, nonché Accademico dei Lincei afferma: "Prima di gridare all'eccezionalità del ritrovamento del santuario federale degli Etruschi, ci andrei cauto, serve prudenza, perché mancano ancora elementi importanti che ci possano far affermare che siamo davvero in presenza del Fanum Voltumnae". Importanti le obiezioni sollevate dall'archeologo. "Si è un po' sconcertati dalle piccole dimensioni dell'edificio sacro rinvenuto - spiega il professor Colonna - che sono di soli 6 metri per 6. Anche se questo non è un elemento dirimente. Ma soprattutto -aggiunge- invito alla prudenza perché non sono stati ancora ritrovati doni votivi e non sono state ancora rinvenute le iscrizioni al dio Voltumna. Prima di dire che questo è il santuario federale, il 'Concilium Voltumnae' -sottolinea- attenderei questi elementi". Alcune circostanze, invece, secondo il professor Colonna, potrebbero "deporre a favore del luogo in cui è stato fatto il ritrovamento. L'ubicazione della Lega etrusca a Volsinii - conclude l'archeologo - risale infatti a re Porsenna, all'ultimo quarto del VI secolo avanti Cristo". L'importanza di ritrovare l'iscrizione sacraria è sottolineata anche dal professor Mario Torelli, ordinario di Archeologia Classica all'Università di Perugia ed esperto di etruscologia. "Personalmente credo alla scoperta, ma la mia convinzione personale è ben diversa e lontana dall'essere un fatto scientifico. Comunque, non si potrà avere la certezza assoluta finché non si ritroverà l'iscrizione, ma, francamente, credo sia improbabile che succeda".

Evidentemente la certezza di aver scoperto il mitico Fanum Voltumnae degli Etruschi è ancora lontana.

 Fonte Canino info

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Commenti al Post:
adamsmith76
adamsmith76 il 23/05/09 alle 19:03 via WEB
Ciao ZOE:)) In questi giorni riesco appena a salutare. Mi scuso per non averti fatto gli auguri di compleanno; mi spiace ancor di più perchè proprio quel giorno mi ero collegato velocemente ma non ho letto ( non le leggo mai in realtà) le news di libero ( ammesso che la data fosse quella giusta). Anche se in tremendo ritardo tanti auguri!!!!!
 
 
zoeal
zoeal il 27/05/09 alle 14:37 via WEB
non fa niente, grazie lo stesso Adam!
 
Yorky_Terry
Yorky_Terry il 26/05/09 alle 07:05 via WEB
Buongiorno signorina bella. Lei non mi conosce, ma io sono la cagnolina della sua amica Bea....ehm so che lei è un felino, ma dato che ho fatto amicizia con quel cattivone del gatto aretino, allora mi sono detta perchè non chiederlo anche a lei? :D :D :D
 
maritodizoe
maritodizoe il 26/05/09 alle 14:02 via WEB
dobbiamo fare un'adunanza per cambiare tutto, proprio come una volta . ciao
 
NEREIDI_201
NEREIDI_201 il 26/05/09 alle 14:30 via WEB
un bacio per te Zoeal...si va a mare?baci
 
marys80
marys80 il 26/05/09 alle 19:04 via WEB
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adamsmith76
adamsmith76 il 26/05/09 alle 22:48 via WEB
Sono sempre di fretta( ma al 30 maggio ci penso). Un saluto ZOE:)))
 
cateviola
cateviola il 27/05/09 alle 12:57 via WEB
Un bacione, Rasna, una certezza è che qui si scoprono sempre tante cose interessanti :*
 
bea_75
bea_75 il 28/05/09 alle 07:55 via WEB
Perchè l'altro ieri leggevo bene il post e ora ci sono tutti ghirigori? O_o .... sto seriamente pensando di abbandonare Firefox.....non mi fa entrare in metà dei blog amici e poi mi fa questi scherzetti......ZOEAL MENO DUEEEEEE!!!
 
shiktlah
shiktlah il 28/05/09 alle 12:34 via WEB
Brava Zoe!! Ottimo post....interessantissimo.Mi hai fornito un sacco di nozioni ed idee... ed inoltre mi hai dato una bella lezione di storia.Grazie,grazie ^__^ Baciotti dal lupo (attenta alla zannine eh?)
 
adamsmith76
adamsmith76 il 30/05/09 alle 14:49 via WEB
Oggi è il tuo giorno ZOE!!! Spero che tu sia tranquilla in questo momento. Poi ci racconterai, spero. Andra tutto benissimo, tranquilla!!!!
 
odio_via_col_vento
odio_via_col_vento il 31/05/09 alle 11:00 via WEB
del resto un mistero è bello proprio perché presenta tante difficoltà nello sciogliersi. e, anzi, proprio l'idea che non si troverà mai una risposta soddisfacente per tutti, lo rende ancora più intrigante.
(come è andata ieri? mi immagino sia stato un enorme successo!)
 
Utente non iscritto alla Community di Libero
Alberto Palmucci il 11/06/09 alle 20:51 via WEB
IL FANUM VOLTUMNAE A TARQUINIA ? di Alberto Palmucci Il Fanum Voltumnae era a Tarquinia per le ragioni che esporrò in questo lavoro. Il geografo greco Strabone scrisse: “Si racconta che Tarconte [...] fondò dodici città; e da lui prese il nome la città di Tarquinia. A quel tempo, dunque, gli Etruschi, governati dal un sol capo, furono molto potenti”. Aulo Cecina di Volterra (Scholia Ver. Eneid. 200), poi, storico etrusco, negli Scolia Veronensia raccontò che “Tarconte, passato l’Appenninio con l’esercito, fondò la città che chiamò Mantova […]. Lì ordinò il calendario, e parimenti consacrò il luogo dove fondare dodici città”. E’ l’area di Tarquinia il vero epicentro dell’espansione dapprima verso l’Etruria propria, e poi verso la Padana. Le vicende di questa fase formativa della nazione sono riflesse, infatti, in quelle della figura di Tarconte, fondatore di Tarquinia, e delle altre città dell’Etruria propria e della Padana. Infatti, durante l’età del Bronzo finale e del Ferro, Tarquinia e il suo territorio hanno restituito le più antiche testimonianze archeologiche. Ceramiche di tipo Tarquiniese si ritrovano anche in altre regioni dell’Etruria e della valle Padana, ma sono posteriori. *** Si diceva che mentre Tarconte, secondo altri Tarquinio, arava la terra attorno a Tarquinia, da un solco tracciato in maggiore profondità emerse un bambino che aveva la sapienza di un vecchio. Questi fu chiamato Tagete perché figlio della terra e del Genio di Giove, uno degli dèi Penati etruschi. “Poiché l'aratore”, raccontava Cicerone nel De Divinazione, “stupito da questa apparizione, mandò alte grida di meraviglia, ci fu un accorrere di gente in massa; e, in breve tempo, tutta l'Etruria convenne in quel luogo” (II, 5). Tagete, allora, prendendo Tarquinia come centro, divise il cielo in sedici parti, assegnò ad ognuna di esse una divinità, e dettò a Tarconte (o a Tarquinio) e agli altri lucumoni delle città etrusche lì convenuti l’arte di interpretare i fulmini a seconda della parte di cielo dalla quale fossero venuti. Prese poi un fegato di pecora, e, come aveva fatto con il cielo, stabilì il centro, divise il bordo in sedici parti, e dettò le norme per leggervi il volere degli dèi. Tarconte, infine, ne compose un poema in forma di dialogo poetico in lingua etrusca. Nel linguaggio mitico, il raggio d'azione del grido dell'aratore ( Tarquinio o Tarconte) che da Tarquinia si stende per tutta l'Etruria, esprime il prestigio che la città aveva sulla nazione. Il concorso, poi, di tutti gli Etruschi sul luogo donde era partito il richiamo esprime la capacità aggregante e l'autorità che Tarquinia aveva sulla Confederazione. L’essere infine il luogo della rivelazione di Tagete, e del dettato di norme religiose a tutti i capi degli Stati etruschi, nonché il trovarsi al centro dell’universo celeste, fanno di Tarquinia il centro religioso e politico della nazione. Nella città, si formerà una scuola di aruspicina che poi i Romani istituzionalizzeranno nel Collegio dei Sessanta Aruspici al quale ognuna delle dodici città federate doveva inviare cinque allievi (Cicerone, Divinazione, I, 90). Sui graffiti di uno specchio etrusco, trovato a Tuscania, presso Tarquinia, si vede il dio Veltune (lat. Veltumna, Vertumnus) che assiste alla scena in cui Tagete insegna a Tarconte e agli altri le norme dell’aruspicina. E’ già significativo il fatto che questa è l’unica rappresentazione del dio che si sia mai trovata. Veltune era la divinità venerata sul luogo delle riunioni federali. Evidentemente, aveva pertinenza col luogo della rivelazione di Tagete, e quindi con Tarquinia. Egli era il “dio principe dell’Etruria”, e presso il suo tempio (il fanum Voltumnae) si radunavano in congresso i capi degli Stati federali. Il luogo della rivelazione di Tagete, e con ciò Tarquinia, doveva esser dunque il centro della federazione Etrusca. Nel IV secolo a.C., a Tarquinia, il grande tempio della città, detto significativamente Ara della Regina, raggiunge la sua massima espansione fino a diventare il maggiore d’Etruria. Si ritiene che il nome di Veltune (lat, Voltumna, Vertumnus) appartenga ad una particolare connotazione del supremo dio etrusco Tinia (il Giove romano); e non a caso è stato recentemente trovato un cippo appartenente all’interno del grande tempio tarquiniese, dal quale si apprende che in epoca romana esso era dedicato proprio a Giove “etr. Tinia” (M. Torelli, in Archeologia in Etruria Meridionale, p. 262). Peraltro, le più antiche iscrizioni votive a Tinia provengono da Tarquinia (Cristofani, Diz. Civiltà etr., s.v. Tinia). Sulla destra, poi, della fronte del tempio di Giove/Tinia c’è una sontuosa vasca romana con la scritta “pro ludis (per il ludi)”. Come Torelli ha evidenziato, è il contenitore dell’olio usato nei ludi che si svolgevano nella vasta area antistante il tempio (Torelli, loc. cit.). Pubbliche gare atletiche sono numerosamente documentate nelle pitture tombali di Tarquinia. Ricordiamo quelle delle Olimpiadi e delle Bighe. In quest’ultima sono addirittura raffigurate le strutture lignee dello “stadio” che racchiudeva i giochi, ed il pubblico che vi assisteva vivacemente. Dinanzi al tempio s’è trovato anche un cippo di marmo (II-III sec. d.C.) che in origine recava una scritta di cinque righe. Di queste, le prime quattro sono scalpellate (per damnatio memoriae?), ma la quinta reca ancora Tarquinienses Foeder[ati] (M. Torelli, Elogia Tarquiniensia, p. 162). E’ possibile che il testo integrale contenesse l’elenco dei popoli etruschi federati, o federati a Roma, compresi i Tarquiniesi. Il tempio dinanzi al quale era il cippo dovrebbe esser comunque quello della Federazione Etrusca. Nei rilievi del cosiddetto Trono di Claudio, eretto dagli Etruschi di Cere, sono rappresentati i dodici popoli della Federazione; e Tarquinia, personificata da Tarconte (o da Tagete) che ha in mano i Libri Tagetici, occupa il primo posto della rassegna. *** Strabone scrisse: “Dopo la fondazione di Roma, venne Demarato portando popolo da Corinto. I Tarquiniesi lo accolsero amichevolmente, e da una donna del paese gli nacque Lucumone. Questi, fattosi amico di Anco Marcio re dei Romani, gli successe nel regno, e cambiò il suo nome in quello di Lucio Tarquinio Prisco (V, 2,2) […]. Demarato aveva portato con sé dalla sua patria una ricchezza tanto grande in Etruria, che egli stesso non solo regnò sulla città che lo aveva accolto (Tarquinia), ma il suo figlio fu fatto re anche dei Romani (VIII, 6,20) […]. Da Tarquinio, e prima dal padre, fu molto abbellita l'Etruria. Il padre, grazie alla quantità di artisti che lo avevano seguito da Corinto; il figlio con le risorse di Roma. Si dice pure che da Tarquinia furono trasportati a Roma gli ornamenti dei trionfi, dei consoli e, in generale, di tutte le magistrature, così pure i fasci, le scuri, le trombe, i sacrifici, la divinazione e la musica di cui fanno uso pubblico i Romani (V, 2,2)”. I particolari del trasporto da Tarquinia a Roma delle insegne federali furono raccontati da Dionigi d’Alicarnasso. Egli scrisse che i capi delle singole città etrusche, dopo una guerra perduta contro Tarquinio Prisco re di Roma, si riunirono più volte in concilio, e lo riconobbero anche come capo della loro Federazione. Essi poi inviarono ambasciatori che trasferirono in Roma, e consegnarono a Tarquinio “le insegne della supremazia, con le quali essi adornano i propri re: una corona d'oro, un trono d'avorio, uno scettro con l'aquila alla sommità, una tunica di porpora con fregi in oro, e un mantello di porpora ricamato, proprio come lo indossavano i re della Lidia e della Persia [...]. Gli recarono anche, come dicono, dodici scuri, portandone una da ogni città. Era, infatti, usanza degli Etruschi che il re d’ogni città camminasse preceduto da un littore recante un fascio di verghe e una scure. Quando poi si effettuava una spedizione comune delle dodici città, le dodici scuri venivano consegnate a colui che in quel momento aveva il potere supremo [...]. Per tutto il tempo della sua esistenza, Tarquinio portò dunque una corona d'oro, indossò una veste di porpora ricamata, tenne uno scettro d’avorio, sedé su un trono eburneo; e dodici littori, recanti le scuri con le verghe, gli stavano intorno se amministrava la giustizia” (III, 73). Tarquinia era dunque il centro della Federazione Etrusca. A Tarquinia, littori con fasci si vedono su fregi di sarcofagi e di pitture parietali di tombe; in una fossa votiva degli inizi del VII sec. a.C., poi, sono state trovate le insegne etrusche del potere: una tromba-lituo, uno scudo ed una scure ripiegati insieme. *** La tradizione romana che un Tarquinio fosse stato insieme capo della federazione etrusca e re di Roma trova riscontro in Etruria nelle pitture della tomba François di Vulci. Qui si vedono alcuni personaggi vulcenti che sorprendono nel sonno e uccidono i capi disarmati d’una coalizione di città etrusche: le vittime sono un anonimo soanese, un anonimo volsiniano, un anonimo blerano e un Tarquinio Romano (Tarchunie Rumach). In linea con la tradizione sopra esposta, dobbiamo considerare il Tarquinio Romano a capo di una coalizione di città subordinate fra cui Volsini. Il fatto che le vittime vengano sorprese nel sonno in un’unica località fa pensare che l’eccidio avvenga durante un concilio federale tenuto a Roma a o Tarquinia. Forse vi partecipavano gli stessi assalitori vulcenti. *** Tarquinio, come abbiamo visto nelle tradizioni sopra riferite (Strabone, Dionigi), è un re di Tarquinia che diviene anche re di Roma, e come tale utilizza le risorse di Roma per abbellire Tarquinia; e mentre è re di Roma egli diventa pure capo della Federazione Etrusca: questa investitura gli viene proprio da Tarquinia. Il tutto trova un perfetto parallelo nella tradizione virgiliana secondo la quale, in epoca mitica, Tarconte, re di Tarquinia e della Federazione Etrusca, da Corito (Tarquinia), inviò ad Evandro, re del Palatino di Roma, le insegne del potere per cedergli spontaneamente la “corona del regno etrusco”. Il troiano Enea, poi, delegato da Evandro, si recherà a Corito “Tarquinia” (Eneide IX 1), nel campo federale che Tarconte aveva posto lungo il fiume Mignone (Eneide VIII 597ss ; Servio, all’Eneide, VIII 597ss). Questo sfociava e sfocia a nord di Centumcellae, cioè fra la odierna Civitavecchia e Tarquinia (Servio X, 183). Lì, Tarconte gli cederà il comando supremo della Federazione Etrusca (Eneide X 147). Questo avviene proprio il 13 agosto, giorno in cui a Roma si celebrava la festa di Vertumnus, dio della federazione etrusca.Verosimilmente, durante la monarchia dei Tarquini, insieme alle insegne federali del potere era stato introdotto a Roma anche il culto del dio federale Vertumnus. *** A Tarquinia, peraltro, ci sono attestazioni epigrafiche, sia pure d’epoca repubblicana, della presenza del capo della Lega: lo Zilath mechl Rasnal o lo Zilch Cechaneri “(Per lo Zilath: CIE Tarquinia 5360; 5472; 5811; ThLE, s.v. Zilath; per lo Zilch: CIE Tarquinia, 5385; 5423”. Pallottino ha affermato che la grande preminenza che ha Tarquinia nelle leggende primitive d'Etruria fa pensare ad un periodo di egemonia tarquiniese, e che più tardi questa antica unità potrebbe aver assunto il carattere di confederazione religiosa con adunanze al Fanum Voltumnae (Etruscol. ,1956, p.174). Questo Fanum però non era a Volsini, bensì a Tarquinia. Livio (IV 23; 25; 61; V 17; VI 2) spiegò che le riunioni dove gli Etruschi, durante la prima metà del IV secolo, eleggevano il capo supremo avvenivano al Fanum Voltumnae, cioè nel tempio di Voltumna. Egli però non disse presso quale città si trovasse il tempio; pose comunque Tarquinia a capo di un esercito federale condotto contro Roma alla metà dello stesso secolo. In ogni caso, è da escludere ch’egli intendesse che il Fanum fosse a Volsini. Egli, infatti, in altra occasione, parlerà di Volsini, Perugia e Arezzo, e le presenterà tutt’ insieme come tre distinte capitali d’Etruria, ognuna del proprio singolo stato (X 37). Lo specchio etrusco sopramenzionato, dove si vede il dio federale Veltune (lat. Voltumna o Vertumnus) presente a Tarquinia, è proprio del IV secolo. Nello stesso secolo, nelle tomba François, come abbiamo visto, è un Tarquinio Romano e non un Volsiniese il capo della coalizione alla quale la stessa Volsini apparteneva. *** Quando Roma sottomise Tarquinia, il ruolo di centro, limitato all’Etruria settentrionale ancora indipendente, dovette essere svolto da Volsini. E dopo che nel 264 a.C. il console M. Fulvio Flacco ebbe sottomesso anche Volsini, altre città, come Chiusi e Arezzo, dovettero via via assumere il ruolo di centro federale per l’Etruria settentrionale; ma, completata l’occupazione romana, Tarquinia dovette riestendere il ruolo di centro sull’intera nazione. E’ qui infatti che troviamo ancora le sepolture di personaggi che in vita hanno rivestito la carica di presidente della Federazione; ed è qui che i Romani, istituzionalizzarono l’antica scuola di aruspicina nel Collegio dei Sessanta Aruspici dove ognuno dei principi delle dodici città federate doveva inviare i propri figli a studiare. Nei rilievi del cosiddetto Trono di Claudio, eretto dagli Etruschi di Cere, sono rappresentati i dodici popoli della Federazione; e Tarquinia, personificata da Tarconte (o da Tagete) che ha in mano i Libri Tagetici, occupa il primo posto della rassegna. La Tabula Peutingeriana (IV sec. d.C.) pose Tarquinia al centro delle grandi vie di comunicazione; inoltre, mentre ogni altra città, Volsini compresa, vi fu raffigurata con due torrette, solo Milano (capitale dell’Impero Romano d’Occidente) e Tarquinia (capitale d’Etruria) lo sono da due torrette poste su un piedistallo. La città, peraltro, era la sede del consularis Tusciae. Qui troviamo la sepoltura del praetor Etruriae P. Tullio Varrone (CIL, 3364). Dagli Acta Santorum (9 agosto), poi, sappiamo che, attorno al 250 d.C., Secondiano fu inviato da Roma a Colonia (Gravisca), il porto di Tarquinia, dove fu processato e giustiziato da Marco Promoto, consularis Tusciae, la cui residenza era evidentemente Tarquinia. Il martire su sepolto in Colonia. A Tarquinia dove il santo divenne patrono se ne conserva ancora un braccio. Un governatore della Tuscia e dell’Umbria, poi, sotto Diocleziano, veniva chiamato Tarquinius, nome che potrebbe essere significativo della città dov’egli svolgeva la sua funzione (L. Cantarelli, La diocesi italiciana, p. 116). *** Volsini, tuttavia, aveva mantenuto un suo ruolo. Esiste un rescritto col quale l’imperatore Costantino, nel 337 d.C., concesse agli umbri di Spello l’esonero di recarsi a Volsini per celebrare le feste religiose. Manca ogni accenno a divinità antiche o federali. Le funzioni religiose di Volsini dovevano comunque essere il residuo del ruolo centrale che la città, dopo la caduta di Tarquinia, aveva assunto verso le ancor libere città della media valle del Tevere. L’estensione all’Umbria è poi dovuta alla riforma di Augusto che unì questa regione all’Etruria.
 
zoeal
zoeal il 11/06/09 alle 22:29 via WEB
ah però! Grazie professore del suo interessantissimo e prezioso intervento! io con estrema sicurezza potrei solo affermare che il Fanum non era a Rusel!
 
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GIOCO LETTERARIO

Ho partecipato al gioco letterario promosso da Writer

INCIPIT

 clicca su IL FOLLE se vuoi leggere il mio racconto

ho scritto anche:

 LA FINE E L'INIZIO

e per la serie RACCONTI BREVI:

HIRUMINA IL PERUGINO

DEUXIPPO (prima parte)

DEUXIPPO (seconda parte)

DEUXIPPO (terza parte)

DEUXIPPO (ultima parte)

L'INFAME (prima parte)

L'INFAME (ultima parte)


 

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ENIGMATICO APOLLO DI VEIO:IL SORRISO CHE AMMALIA

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LA LETTURA NOBILITA LA MENTE

"CHIMAIRA" di Valerio Massimo Manfredi (giallo-storico)

"MITI, SEGNI E SIMBOLI ETRUSCHI" di Giovanni Feo (Etruschi, da dove venivano e a quali leggende sono collegati)

"GEOGRAFIA SACRA" di Giovanni Feo (la "magia" e l'"astronomia" dalla preistoria agli Etruschi)

"UNA GIORNATA NELL'ANTICA ROMA" di Alberto Angela (immaginiamo di fare un viaggio nel tempo e di ritrovarsi nella Roma del I secolo dopo Cristo)

"IL SEGRETO DEI GEROGLIFICI" di Christian Jacq (guida semplice e simpatica sull'interpretazione dei geroglifici egizi)

" IL FARAONE DELLE SABBIE" di Valerio Massimo Manfredi, azione e suspence ambientate nel clima dei conflitti attuali che affliggono il Medio Oriente.

"L'ULTIMA LEGIONE":di Valerio Massimo Manfredi, una vicenda avvincente ambientata nel periodo del declino dell'Impero Romano, tra leggenda e realtà, si legge tutto d'un fiato

 

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il 08/10/2013 alle 17:45
 
grazie e buon 2013 anche a te
Inviato da: zoeal
il 20/05/2013 alle 15:08
 
buon compleanno e buon 2013
Inviato da: ninograg1
il 20/05/2013 alle 08:03
 
 

PIACEVOLI DISCUSSIONI

POETA ESTEMPORANEO

In ricordo di Morbello Vergari, ultimo poeta Etrusco

Il reperto archeologico

Riuniti insieme, un gruppo di signori

stavano discutendo di un oggetto

un giorno appartenuto ai padri etruschi.

Il dottor Tizio disse ai suoi colleghi:

-La mia giovane eta', non mi consente

di pronunciarmi il primo e francamente

ammetto che non ci capisco molto.

Il dottor Caio esprime il suo parere

dicendo-Per me, questo è un utensile

che usavano gli etruschi,

per servire vivande sulla mensa

D'altro parere il professor Sempronio

e in questo modo dice il suo giudizio:

Questo per me, è un vaso da ornamento

che serviva su un mobile di lusso

a contenere fiori profumati.

Infine il professor Tal dei Tali:

Con questo afferma usavano gli antichi

nelle grandi e solenni cerimonie

offrire a gli dei superi d'Olimpo

e il loro sacerdote in pompa magna,

libava e alzava questo vaso al cielo;

quindi spruzzava santamente l'ara,

del vin pregiato in esso contenuto.

-Giusto-dicono tutti gli altri in coro-

la Sua tesi convince, professore.

Due etruschi ch'iabitaroni in quei luoghi

in permesso quassu' dai Campi Elisi.

Si fermarono ad osservar la scena.

-Tarcone-Aule chiese-cosa fanno

quelle persone riunite insieme?

-Non so',non saprei dirti veramente;

non riesco a comprendere il dialetto,ma

quel che sembra un tantinello strano

è, che stan discutendo con passione,

tenendo un nostro orinalaccio in mano.

 

 
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