ASCOLTA TUA MADRE

LE LACRIME DI UNA MADRE NON ASCOLTATA

 

FERMIAMO LA LEGGE CONTRO L'OMOFOBIA

 

TELEFONO VERDE "SOS VITA" 800813000

CHE COSA E' IL TELEFONO "SOS VITA"?
 
È un telefono “salva-vite”, che aspetta soltanto la tua chiamata. E' un telefono verde, come la speranza la telefonata non ti costa nulla,
Vuole salvare le mamme in difficoltà e, con loro, salvare la vita dei figli che ancora esse portano in grembo.
E quasi sempre ci riesce, perché con lui lavorano 250 Centri di aiuto alla vita.
 
Il Movimento per la vita lo ha pensato per te
 
Puoi parlare con questo telefono da qualsiasi luogo d’Italia: componi sempre lo stesso numero: 800813000.
 
Risponde un piccolo gruppo di persone di provata maturità e capacità, fortemente motivate e dotate di una consolidata esperienza di lavoro nei Centri di aiuto alla vita (Cav) e di una approfondita conoscenza delle strutture di sostegno a livello nazionale. La risposta, infatti, non è soltanto telefonica.
 
Questo telefono non ti dà soltanto ascolto, incoraggiamento, amicizia, ma attiva immediatamente un concreto sostegno di pronto intervento attraverso una rete di 250 Centri di aiuto alla vita e di oltre 260 Movimenti per la vita sparsi in tutta Italia.

 
DUE MINUTI PER LA VITA

Due minuti al giorno è il tempo che invitiamo ad offrire per aderire alla grande iniziativa di
preghiera per la vita nascente che si sta diffondendo in Italia dal 7 ottobre 2005 in
occasione della festa e sotto la protezione della Beata Vergine Maria, Regina del Santo Rosario.
Nella preghiera vengono ricordati ed affidati a Dio:
 i milioni di bambini uccisi nel mondo con l’aborto,
 le donne che hanno abortito e quelle che sono ancora in tempo per cambiare idea,
 i padri che hanno favorito o subito un aborto volontario o che attualmente si trovano accanto ad
una donna che sta pensando di abortire,
 i medici che praticano aborti ed il personale sanitario coinvolto, i farmacisti che vendono i
prodotti abortivi e tutti coloro che provocano la diffusione nella società della mentalità abortista,
 tutte le persone che, a qualsiasi livello, si spendono per la difesa della vita fin dal concepimento.
Le preghiere da recitarsi, secondo queste intenzioni, sono:
 Salve Regina,
 Preghiera finale della Lettera Enciclica Evangelium Vitae di Giovanni Paolo II
 Angelo di Dio,
 Eterno riposo.
Il progetto è quello di trovare 150.000 persone, che ogni giorno recitino le preghiere. Il numero corrisponde a quello - leggermente approssimato per eccesso – degli aborti accertati che vengono compiuti ogni giorno nel mondo, senza poter conteggiare quelli clandestini e quelli avvenuti tramite pillola del giorno dopo. Per raggiungere tale obiettivo occorre l’aiuto generoso di tutti coloro che hanno a cuore la difesa della vita.

“Con iniziative straordinarie e nella preghiera abituale,
da ogni comunità cristiana, da ogni gruppo o associazione,
da ogni famiglia e dal cuore di ogni credente,
si elevi una supplica appassionata a Dio,
Creatore e amante della vita.”
(Giovanni Paolo II, Evangelium Vitae, n. 100)

Ulteriori informazioni su: www.dueminutiperlavita.info
 

PREGHIERA A MARIA PER LA VITA GIOVANNI PAOLO II

O Maria, aurora del mondo nuovo, Madre dei viventi,
affidiamo a Te la causa della vita:
guarda, o Madre, al numero sconfinato di bimbi cui viene impedito di nascere,
di poveri cui è reso difficile vivere, di uomini e donne vittime di disumana violenza, di anziani e malati uccisi dall'indifferenza o da una presunta pietà.
Fà che quanti credono nel tuo Figlio sappiano annunciare con franchezza e amore agli uomini del nostro tempo il Vangelo della vita.
Ottieni loro la grazia di accoglierlo come dono sempre nuovo,
la gioia di celebrarlo con gratitudine in tutta la loro esistenza
e il coraggio di testimoniarlo con tenacia operosa, per costruire,
insieme con tutti gli uomini di buona volontà, la civiltà della verità e dell'amore
a lode e gloria di Dio creatore e amante della vita.
Giovanni Paolo II


 

AREA PERSONALE

 

Messaggi di Gennaio 2010

ECUMENISMO NON VUOL DIRE CHE TUTTE LE RELIGIONI SONO "GIUSTE"

Post n°3019 pubblicato il 31 Gennaio 2010 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Non per polemizzare o fare dell’inutile proselitismo, ma ritengo doveroso, dato l’attuale scenario di finto buonismo religioso e di tolleranza pseudo new age, sottolineare che imperversa una “ignoranza di comodo” che ha dell’assurdo e sfocia addirittura nella più fervida e carnevalesca interpretazione popolare del termine “Ecumenismo”. Il vocabolo ecumenismo indica il movimento che tende a riavvicinare e a riunire tutti i fedeli cristiani e quelli delle diverse Chiese. La base di partenza, su cui si erge il concetto stesso della Chiesa ecumenica, è la collettiva fede nella Trinità: in Dio Padre, in Gesù Cristo Figlio e in Dio Spirito Santo. Il termine stesso deriva dalla parola a “oikouméne”, che indica sin dal principio la parte abitata della Terra; la scelta indica come una sorta di indirizzo nella ricerca di una sempre più stretta collaborazione e comunione tra le varie chiese cristiane che abitano il mondo. Per ben comprendere la necessità di dover redigere una “riforma ecumenica” è doveroso considerare due concetti cardinali che si amalgamano tra loro. In primis è bene analizzare la differenza tra errore o disobbedienza e la ben più grave ed intollerabile eresia, unitamente alla storia del Cristianesimo, contrassegnata da svariati scismi e/o tradimenti. Questa è la definizione di eretico che da la Chiesa: "Poiché non si deve chiamare subito eretico uno che abbia peccato contro la fede, ma se, disprezzata l'autorità della Chiesa, difende pertinacemente le sue empie opinioni" (Catechismo Tridentino, 103). Per pertinacia si intende insistenza. Ora il celibato sacerdotale, tanto per citare un esempio, non è un argomento di fede (tipo la Presenza Reale o la Trinità o l'infallibilità del Papa, ecc...), ma è una regola. Si deve obbedienza, ma se non la si pratica non certo si nega una verità di fede, tuttavia si incorre in un persistente errore che è accomunabile alla disobbedienza. Sant'Agostino, tuttavia, disse: "Roma ha parlato, il caso è chiuso". Come ci tenne, in merito alle verità di fede, a specificare Leone XIII: Da quanto si è detto appare dunque che Gesù Cristo istituì nella chiesa "un vivo, autentico e perenne magistero", che egli stesso rafforzò col suo potere, lo informò dello Spirito di verità e l'autenticò coi miracoli; e volle e comandò che i precetti della sua dottrina fossero ricevuti come suoi. Quante volte dunque questo magistero dichiara che questo o quel dogma è contenuto nel corpo della dottrina divinamente rivelata, ciascuno lo deve tenere per vero, poiché, se potesse essere falso, ne seguirebbe che Dio stesso sarebbe autore dell'errore dell'uomo, il che ripugna: "O Signore, se vi è errore, siamo stati da tè ingannati". Quindi, rimossa ogni ragione di dubitare, a chi mai sarà lecito ripudiare una sola di queste verità, senza che egli venga per questo stesso a cadere in eresia e senza che, essendo separato dalla chiesa, rigetti in blocco tutta la dottrina cristiana? Tale è infatti la natura della fede, che nulla tanto le ripugna come ammetterne un dogma e ripudiarne un altro. Infatti la chiesa professa che la fede è una "virtù soprannaturale, con la quale, ispirati e aiutati dalla grazia di Dio, crediamo che sono vere le cose da lui rivelate, non già per l'intrinseca verità delle medesime conosciuta con il lume naturale della ragione, ma per l'autorità dello stesso Dio rivelante, che non può ingannare ne essere ingannato". Se dunque si conosce che una verità è stata rivelata da Dio, e tuttavia non si crede, ne segue che nulla affatto si crede per fede divina. Infatti quello stesso che l'apostolo Giacomo sentenzia del delitto in materia di costumi, deve affermarsi di un'opinione erronea in materia di fede: "Chiunque avrà mancato in un punto solo, si è reso colpevole di tutti". (Gc 2,10). Anzi a più forte ragione deve dirsi di questa che di quello. Infatti meno propriamente si dice violata tutta la legge da colui che la trasgredì in una cosa sola, non potendosi vedere in lui, se non interpretandone la volontà, un disprezzo della maestà di Dio legislatore. Invece colui che, anche in un punto solo, non assente alle verità rivelate, ha perduto del tutto la fede, in quanto ricusa di venerare Dio come somma verità e "proprio motivo di fede": perciò sant'Agostino dice: "In molte cose concordano con me, in alcune poche con me non concordano; ma per quelle poche cose in cui non convengono con me, a nulla approdano loro le molte in cui con me convengono". E con ragione; perché coloro che della dottrina cristiana prendono quello che a loro piace, si basano non sulla fede, ma sul proprio giudizio: e non "rendendo soggetto ogni intelletto all'obbedienza a Cristo" (2Cor 10,5) obbediscono più propriamente a loro stessi che a Dio. "Voi - diceva Agostino – che nell'evangelo credete quello che volete, e non credete quello che non volete, credete a voi stessi piuttosto che all'evangelo". (Leone XIII - Enciclica Satis Cognitum). Ovviamente, tutte le vecchie e i contadini, il popolino per intenderci, nati per loro sventura in altre tradizioni religiose, che non sanno niente di tutto ciò e sono convinti di essere nella verità (in buona fede) e non solo, non sono eretici, proprio perché non gli è mai stato annunciata per bene la verità, né si sono mai rifiutati con ostinazione di credere con l'ossequio dell'intelletto ad eventuali verità di fede della Chiesa Cattolica dopo aver capito che cosa è la Chiesa Cattolica e cosa stanno facendo loro: "Chi, trovandosi senza sua colpa, ossia in buona fede, fuori della Chiesa, avesse ricevuto il Battesimo, o ne avesse il desiderio almeno implicito; cercasse inoltre sinceramente la verità e compisse la volontà di Dio come meglio può; benché separato dal corpo della Chiesa, sarebbe unito all'anima di lei..." (Catechismo di San Pio X). Terminata questa breve ma obbligatoria parentesi, cercherò di soffermare la vostra attenzione sulle radici storiche delle eresie, riportando sinteticamente un riassunto degli scismi avvenuti nella Chiesa. “Anche se non sono mai mancati elementi di contrasto, dottrinali e pratici, già nelle primissime comunità (come testimoniano gli Atti degli Apostoli e alcune lettere di San Paolo), le prime divisioni tra cristiani, i cui effetti durano ancora oggi, hanno avuto inizio circa quattrocento anni dopo la morte di Gesù, intorno alle questioni di fondo sulla sua natura, come vero Dio e vero uomo. In particolare alcune Chiese tra le quali l'armena copta, l'etiope e la siriaca rifiutarono la definizione che fu data durante il Concilio di Calcedonia, nell'anno 451, secondo il quale la natura divina e la natura umana di Gesù sono unite «senza confusione e senza separazione». Oggi queste Chiese vengono chiamate ortodosse orientali o precalcedonesi perché condividono con gli altri cristiani solo le decisioni dei concili precedenti a quello di Calcedonia. Le fratture più profonde in venti secoli di storia della Chiesa sono state quella tra Chiesa di Costantinopoli e Chiesa di Roma nel 1054 e quella verificatasi tra Cattolicesimo e Protestantesimo a partire del XVI secolo. Entrambe, da cause di natura politica e religiosa, hanno presto portato ad una differenziazione in alcuni contenuti della fede, nonché nella diversa pratica della vita cristiana. Naturalmente, vi è un patrimonio di fede - corrispondente al periodo della Chiesa indivisa - ancora in comune tra le tre principali confessioni cristiane: il Battesimo e, con alcune diverse interpretazioni, l'Eucaristia come sacramenti centrali per la salvezza; la fede nel Dio trinitario che si è rivelato ad Israele e in maniera piena in Gesù Cristo; la centralità della Bibbia nella riflessione e nella vita cristiana, e così via” (Wikipedia). Altra questione è la Chiesa Anglicana, che nasce con Enrico XIII nel XVI secolo a seguito di una presuntuosa presa di posizione del reggente, il quale voleva sposarsi per la seconda volta in Chiesa. Le ordinazioni sacerdotali anglicane, per esempio, non sono valide, dato che Leone XIII con la bolla Aostolicae Curae, dichiarò apertamente che l’Anglicanesimo è eresia. L'eresia, dunque, è un termine utilizzato per indicare una dottrina o affermazione contraria ai dogmi e ai principi di una chiesa e condannata con prese di posizione delle gerarchie ecclesiastiche di qualsiasi credo o natura esse siano. Come avete notato, difatti, nel breve sunto storico succitato non ho assolutamente menzionato la altre filosofie di vita o credi errati, proprio perché questi si configurano palesemente nell’ambito delle eresie, ovviamente a seguito dell’avvenuta conoscenza di Cristo. Ma torniamo al “falso mito” da sfatare: l’Ecumenismo. Durante il Concilio Vaticano II, iniziato da Giovanni XXIII e concluso nel 1965 sotto la presidenza di Paolo VI, furono invitati come "delegati fraterni" membri autorevoli delle Chiese separate, vennero annullate le reciproche scomuniche pronunciate nello scisma d'Oriente del 1054 tra la chiesa di Roma e quella di Costantinopoli; inoltre, uno dei nove decreti prodotti dal lavoro conciliare dei vescovi, assistiti dai consulenti teologici, è dedicato specificamente all'ecumenismo: Unitatis Redintegratio (Il ristabilimento dell'unità), del 21 novembre 1964. Il decreto definisce il movimento ecumenico quale:  “l'insieme di attività e iniziative che, a seconda delle varie necessità della Chiesa e opportunità dei tempi, sono suscitate e ordinate a promuovere l'unità dei Cristiani”.  (Unitatis Redintegratio, 4). Nel decreto vengono successivamente esposte le condizioni con cui si esercita l'azione ecumenica e i principi che la regolano: per promuovere l'unità dei cristiani è necessario intessere un dialogo costituito da desiderio di conoscere gli altri, senza precostituire falsi giudizi, e dalla stima reciproca. Sono perciò necessari “in primo luogo, tutti gli sforzi per eliminare parole, giudizi e opere che non rispecchiano con equità e verità la condizione dei fratelli separati e perciò rendono più difficili le mutue relazioni con essi; poi, in congressi che si tengono con intento e spirito religioso tra Cristiani di diverse Chiese o Comunità, il dialogo avviato tra esponenti debitamente preparati, nel quale ognuno espone più a fondo la dottrina della propria comunità e ne presenta con chiarezza le caratteristiche”. È dunque fondamentale e preliminare la corretta conoscenza reciproca che elimini errori e fraintendimenti, affinché siano ricercate l’equità e la verità, la concordia e la collaborazione, la carità fraterna e l’unione, cosicché per questa via a poco a poco, superati gli ostacoli frapposti alla perfetta comunione ecclesiastica, tutti i cristiani, nell'unica celebrazione dell’Eucaristia, si riuniscano in quella unità dell’unica Chiesa di Cristo. Perché tutti i cristiani percepiscano di condividere gli stessi valori, è indispensabile che “i cattolici con gioia riconoscano e stimino i valori veramente cristiani, promananti dal comune patrimonio, che si trovano presso i fratelli separati”. L'ecumenismo è da allora costantemente sostenuto dalla Chiesa Cattolica e, lo stesso attuale Pontefice, anni fa, dichiarava: "l'ecumenismo è anzitutto un atteggiamento fondamentale, è un modo di vivere il cristianesimo. Non è un settore particolare, accanto ad altri settori. Il desiderio dell'unità, l'impegno per l'unità dipende dalla struttura dello stesso atto di fede, perché Cristo è venuto per riunire insieme i figli di Dio che erano dispersi". (Card. Ratzinger presso la Facoltà Valdese). E’ proprio da questa frase che, sperando di aver svolto un utile lavoro di sintesi, vi invito a riflettere ed a rispettare l’idea cattolica di ecumenismo; evitiamo di lasciarci confondere dal lassismo buonista e disinteressato che ci circonda, questo è “figlio” del governo globale, che forte di interessi economici e pressioni massoniche, tende unicamente a distogliere la nostra attenzione dal reale significato della fratellanza ecumenica e ci avvicina al pericolosissimo mondo del “chiesa universale new age”, dove tutto è lecito e dove l’opinione personale e l’ego hanno priorità assoluta a discapito dell’interesse collettivo. Ecumenismo è dialogo e fratellanza, nel senso cattolico del termine, finalizzando il tutto alla paziente conversione ed al necessario ravvedimento degli erranti, conversione in nome del Cristo Risorto, che rivive in eterno nella Chiesa di Roma. - di Carlo Maria di Pietro - Pontifex -

 
 
 

ACCADE PERCHE'...

Post n°3018 pubblicato il 30 Gennaio 2010 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Quando un povero muore di fame,
non è perché Dio si sia dimenticato di lui.
Accade perche né io ne voi,
ci siamo preoccupati di offrirgli ciò di cui aveva bisogno.
Ci siamo rifiutati di agire
come strumenti di amore nelle mani di Dio,
per offrire al povero, uomo o donna che sia, un pezzo di pane,
per procurargli una veste con cui ripararsi da freddo.
Questo accade perchè non abbiamo riconosciuto Cristo
quando, ancora una volta, si è mostrato
sotto le sembianze del dolore
nel corpo di un fratello intirizzito dal freddo,
morente di fame,
quando si è rivolto a noi come un essere solo,
come un bambino perduto
alla ricerca di un luogo in cui ripararsi

(Madre Teresa di Calcutta)

 
 
 

"E SE CI LASCIASTE VIVERE?"

Post n°3017 pubblicato il 30 Gennaio 2010 da diglilaverita
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E se ci lasciaste vivere?” hanno urlato all'unisono una mamma e il suo bambino in pancia. Questo è stato lo slogan della VI Marcia europea per la vita di Parigi per l'anno 2010. La risposta è stata quella di 25 mila persone, in gran parte giovani, che hanno marciato per la vita nella capitale francese domenica 17 gennaio. Nascono nuove associazioni, si rinforzano quelle esistenti, aumentano le delegazioni europee, arrivano quelle oltreoceano. Sempre più Vescovi d'Oltralpe si espongono per difendere la vita umana. E’ come una “ola” si moltiplicano marce pro vita in tutta Europa: Dublino, Berlino, Amsterdam, Bruxelles, Londra, Strasburgo, Bordeaux e chissà forse anche a Roma. Tutto questo il 17 gennaio 2010 quando a Parigi da Place de La Republique a Place de l'Opera si è mossa la VI Marcia per la vita organizzata dal Collettivo “En marche pour la Vie” (in Marcia per la vita), già Collettivo “30 anni, basta!”, che raggruppa le maggiori associazioni pro ‘vie’ francesi. È un’iniziativa per i nostri tempi: una marcia dove i vari pro-life d’Europa si sono trovati e si sono esposti per difendere la vita umana fin dal concepimento. E’ stato entusiasmante camminare per le strade di Parigi con striscioni di tutti i tipi, in tutte le lingue, sfidando gli insulti di quelli che non erano d’accordo. È l’Europa che ritrova la sua unione, la sua anima, il suo perché.  Una manifestazione che segna la fine del tempo del silenzio, della sudditanza alla cultura di morte. Il Collettivo francese, nato nel 2005 per i 30 anni della legge francese sull'aborto, ha proposto già da allora la Marcia, perché si sentisse la voce dei “dissidenti” pro vita e pro donna. La Marcia di Parigi è presto diventata marcia europea. Quella del 2010 è stata la marcia più partecipata dal 2005 ad oggi. La giovane delegazione italiana del Movimento per la Vita (MPV) è alla sua terza partecipazione: quest'anno eravamo in 23, quasi tutti dalla Lombardia, la maggior parte da Bergamo. A guidare la delegazione italiana Leo Pergamo, responsabile giovani MPV nazionale, Diego Negrotti, responsabile giovani FederVita Lombardia, e la sottoscritta, consigliere nazionale MPV e vicepresidente FederVita Lombardia, in qualità di portavoce del MPV italiano. Dall'Italia c’era anche l'associazione “Voglio Vivere” con Julio Loredo, un habitué della Marcia parigina. Quest' anno il tema della Marcia è stato coniugato con “l’ informazione alla donna e la sua sofferenza in seguito all'aborto: consenso informato della donna prima dell'intervento abortivo e sindrome post aborto”. Un dossier di sensibilizzazione su “Donna e aborto”, scaricabile da internet, è stato distribuito, insieme ai vari volantini. Sempre sul sito del Collettivo (http://enmarchepourlavie.info/) c'è una petizione per promuovere il “Diritto all' informazione alle donne incinte”, per tutelare la dignità della donna. Le donne non abortiscono mai liberamente, sono sempre costrette da qualcosa, anche da una legge. Pochi le informano, quasi nessuno le aiuta, generalmente, né prima né dopo questo dramma. E' fondamentale organizzare manifestazioni come quella di Parigi. E' una speranza. Lasciamo vivere la donna, come chiede. Lasciamo vivere il figlio. “La donna incinta - si legge sul sito -, ha un urgente bisogno di una reale solidarietà dell'intero corpo sociale. E' tempo che la società faccia una scelta di speranza, abolendo l'aborto... e fornendo tutti i mezzi necessari per accogliere la vita”. Tre gli appelli dei marcianti: “perché ogni nascituro sia accolto e trovi il suo posto nella famiglia umana”; “per una vera compassione verso le madri sofferenti”; “per una vera libertà fondata sul diritto alla vita”. La marcia, come lo scorso anno, è stata preceduta, per i credenti, da una veglia di preghiera il sabato sera nella chiesa di S. Francesco Saverio: si è pregato per i bambini non nati, per le loro madri, per i medici, per la marcia, per la vita. La preghiera, è continuata anche durante la marcia: in fondo, per ultimi, a chiudere la marcia vi era un gruppo di persone in preghiera. L'ostilità dei media francesi si è mostrata con il silenzio quasi assoluto sull'evento. A rompere il silenzio ci han pensato gli slogan a voce alta dei marcianti. La Marcia è laica, apartitica, aconfessionale, aperta a tutti, non violenta, nel rispetto gli uni degli altri, nel rispetto della donna che ha abortito. I politici potevano parteciparvi - la difesa della vita del resto è il nodo centrale della politica - ma non sono intervenuti sul palco. Si tratta di una giusta precauzione per evitare che la difesa della vita sia “strumentalizzata” da un partito piuttosto che da un altro. La vita non è né di sinistra né di destra e neppure di centro. La vita è vita ed è di tutti e per tutti. “Se fossi Presidente della Repubblica farei leggi per la vita” si è cantato a squarciagola marciando. E forse, qualcuno tra i marcianti (c’erano tanti bambini) diventerà davvero Presidente della Repubblica! - Elisabetta Pittino - Zenit -

 
 
 

GUARIRE IL MATRIMONIO DAI PROBLEMI DI CONTROLLO, DOMINIO E MANCANZA DI RISPETTO

Post n°3016 pubblicato il 30 Gennaio 2010 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Sempre più coppie e famiglie sono interessate in questo periodo da problemi di controllo e fiducia, afferma Richard Fitzgibbons, ma attraverso i sacramenti e la pratica delle virtù questi problemi possono essere superati. E' stato questo il tema di un seminario recente inserito in una serie di incontri promossa dall'Institute for Marital Healing (Istituto per la Cura Coniugale), che offre risorse per le coppie, i consulenti e il clero su aspetti fondamentali della genitorialità, della vita familiare e del matrimonio. Fitzgibbons, direttore dell'Istituto, ha lavorato con migliaia di coppie e ha parlato e scritto molto su questi temi. Nel 2008 è stato anche nominato consulente della Congregazione vaticana per il Clero. In questa intervista rilasciata a ZENIT, parla delle cause moderne delle questioni relative alla fiducia, della distinzione tra essere forte ed essere una persona che tende a esercitare un controllo e delle virtù che forniscono un antidoto a questi problemi.

Lei dice che la sezione più popolare del suo sito web è quella sul controllo del coniuge o del parente. Perché, secondo lei, questo argomento interessa così tanto?
Fitzgibbons: Ci aspettavamo che la parte più consultata fosse quella del coniuge o del parente irritato, e all'inizio siamo rimasti sorpresi dall'accoglienza riservata alla sezione dedicata al controllo coniugale. Visto che pensavo e pregavo su questo aspetto, sono giunto a una comprensione più profonda dei seri fattori personali e culturali che contribuiscono alla tendenza a dominare o a non fidarsi degli altri, da cui deriva la necessità di esercitare una forma di controllo.
Potrebbe descrivere brevemente alcune della caratteristiche di una persona che tende a esercitare il controllo?
Fitzgibbons: La debolezza più grave della persona che tende a esercitare una forma di controllo, e può accadere a tutti noi qualche volta, è il fatto di trattare il coniuge, che è un dono di Dio, con mancanza di rispetto. La persona che controlla si ripiega in se stessa e quindi non riesce a vedere il bene nel coniuge. L'altra grande debolezza è abbandonarsi rapidamente a un'ira eccessiva. II coniugi e i parenti che esercitano il controllo sono irritabili e spesso tristi perché non si può controllare chiunque, visto che tutti abbiamo la dignità e la forza dei figli di Dio. Le tendenze di controllo, inoltre, danneggiano un matrimonio sano e di donazione e rafforzano l'egoismo, una delle cause principali dei comportamenti di controllo.
Che danni possono derivare dal controllare coniugi o parenti?
Fitzgibbons: I comportamenti basati sul controllo danneggiano l'amicizia coniugale, l'amore romantico e l'amore tra fidanzati, tre settori fondamentali della donazione coniugale che Giovanni Paolo II ha descritto in “Amore e Responsabilità”. La mancanza di rispetto porta il coniuge a sentirsi triste, irato, diffidente e insicuro. Se questo conflitto non viene affrontato in modo corretto, possono svilupparsi seri problemi, tra cui malattie depressive, disordini legati all'ansia, abuso di sostanze, infedeltà, separazione e divorzio.
Nella nostra società in rapida trasformazione, in cui alla gente è richiesto di controllare o gestire tanti aspetti della propria vita – finanze, salute, lavoro, famiglia, ecc. –, una natura che porta al controllo non è più che altro un beneficio, perfino una necessità per sopravvivere? Vede un aspetto positivo in questo tipo di personalità?
Fitzgibbons: La fiducia e la forza sono tratti di personalità positivi che ci permettono di rispondere alle tante sfide nel grande sacramento del matrimonio e della vita familiare. La crescita quotidiana nella virtù è tuttavia necessaria perché un coniuge non passi il limite diventando una persona che tende a controllare. Le virtù fondamentali per bilanciare il dono della forza sono la gentilezza, l'umiltà, la mitezza, l'abnegazione e la fede. Un grande successo del matrimonio è essere forti e sicuri, ma non controllare. Esorto molti mariti forti a pregare San Pietro perché li protegga, aiutandoli a non diventare leader che controllano in casa propria.
Secondo lei, alla base di una personalità che tende a controllare ci sono questioni legate alla fiducia. Potrebbe spiegare meglio questa affermazione?
Fitzgibbons: Una delle cause principali della tendenza a controllare o a dominare è il risultato di un danno alla capacità della persona di avere fiducia o di sentirsi sicura nell'infanzia. Di conseguenza, i coniugi possono essere inconsciamente portati dalla paura a controllare, cioè si sentono sicuri solo quando mantengono il controllo, che ovviamente non hanno mai. Conflitti infantili comuni sono l'alcolismo, gli scontri tra i genitori e l'esperienza di un genitore che tendeva a controllare. Cause più recenti di gravi danni alla fiducia infantile sono la cultura del divorzio e l'epidemia di egoismo tra i genitori, dovuta in gran parte a una mentalità contraccettiva. Molti uomini insicuri assumono un comportamento basato sul controllo anche nel tentativo di infondere sicurezza alla propria fiducia maschile. Un importante fattore spirituale che non si dovrebbe tralasciare viene poi descritto nel Catechismo della Chiesa Cattolica: “Ogni uomo fa l'esperienza del male, attorno a sé e in se stesso. Questa esperienza si fa sentire anche nelle relazioni fra l'uomo e la donna. Da sempre la loro unione è stata minacciata dalla discordia, dallo spirito di dominio, dall'infedeltà, dalla gelosia e dai conflitti che possono arrivare fino all'odio e alla rottura” (CCC, n. 1606).
Come si possono affrontare questi problemi, cambiando la natura che tende a controllare? Come si può aiutare qualcuno che viene considerato una persona che controlla?
Fitzgibbons: Il primo passo è scoprire questa seria debolezza coniugale. Se i coniugi avessero più fiducia nella presenza di Dio nel loro matrimonio, non avrebbero paura a sottolineare questa difficoltà e a chiedere un cambiamento. Il cambiamento necessario può avvenire con un impegno a crescere nella fiducia in Dio e nel coniuge, con un processo di perdono nei confronti di chi ha danneggiato la fiducia nell'infanzia, decidendo di fermare i comportamenti tendenti al controllo di un genitore, meditando regolarmente sul fatto che è il Signore che controlla, crescendo in tante virtù come il rispetto, la fede, la gentilezza, l'umiltà, la magnanimità e l'amore. Il ruolo della fede può essere molto efficace nel far fronte a questa seria debolezza caratteriale. Abbiamo visto notevoli miglioramenti nella lotta contro questa caratteristica dannosa attraverso la grazia del sacramento della riconciliazione. Esortiamo i cattolici con una tendenza al controllo a cercare la propria guarigione in questo potente sacramento. Le mogli che tendono a controllare beneficiano dall'approfondimento della loro relazione con la Madonna, rivolgendosi a lei come modello e acquisendo le sue virtù, descritte da San Luigi di Montfort nel “Trattato della vera devozione alla Santa Vergine”. I mariti che controllano possono beneficiare dalla meditazione su San Giuseppe, chiedendogli di aiutarli ad essere gentili, protettivi, sensibili, guide dedite del proprio matrimonio e della propria famiglia.
Come psichiatra, quando suggerirebbe di cercare aiuto all'esterno, rivolgendosi a un sacerdote o a un consulente per guarire le ferite emotive della persona?
Fitzgibbons: Raccomando di recarsi da un sacerdote prima che da un consulente, perché troppi professionisti della salute mentale sostengono l'attuale cultura dell'egoismo. Brad Wilcox, un giovane sociologo cattolico della University of Virginia, ha scritto sull'influenza della salute mentale sul matrimonio: “La concentrazione della rivoluzione psicologica sulla realizzazione individuale e la crescita personale ha portato a vedere il matrimonio come un mezzo per un'etica auto-orientata del romanticismo, dell'intimità e della realizzazione”. “In questo nuovo approccio psicologico alla vita matrimoniale, il primo dovere non era nei confronti della propria famiglia, ma di se stessi; il successo coniugale veniva quindi definito non dal far fronte positivamente ai doveri verso il coniuge e i figli, ma da un forte senso di felicità soggettiva nel matrimonio – da trovare in genere in e attraverso un'intensa relazione con il proprio coniuge”. Crediamo che un sincero impegno da parte di ogni coniuge a crescere quotidianamente nell'autoconoscenza e nelle virtù possa risolvere il conflitto del coniuge con tendenze al controllo senza bisogno di ricorrere a una terapia matrimoniale. Ad ogni modo, sui siti web dei Terapisti Cattolici e della Psicoterapia Cattolica sono disponibili nuove fonti sul matrimonio fedeli all'insegnamento di Cristo su questo sacramento. L'intercessione della Madonna alle nozze di Cana ha portato al primo miracolo del Signore per dare più gioia a una giovane coppia. Esortiamo le coppie cattoliche che lottano con conflitti di controllo e di egoismo a rivolgersi a Lei per un altro miracolo per il loro matrimonio. - Genevieve Pollock - Zenit -

 
 
 

LA MORTE NON E' LA FINE, MA L'INIZIO DI UNA NUOVA VITA. CHI NEGA QUESTA VERITA' DI FEDE NON E' UN CREDENTE

Post n°3015 pubblicato il 30 Gennaio 2010 da diglilaverita
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"La morte non é la fine di tutto, ma solo l'inizio di una nuova vita": lo afferma il noto teologo,sacerdote e docente, professor Renzo Lavatori. Professore, talvolta anche cattolici o gente che va a messa, sostiene di non credere o dubitare affermando che dopo la morte non esiste più nulla: " mi permetta di dissentire decisamente. Questa non é una visione cristiana e cattolica del mondo e chi pensa così, non penso che possa definirsi credente, con tutto il rispetto che questi merita". Insomma, qual é il non facile rapporto tra morte e vita?: " dunque, la morte non é mai la fine di tutto. La morte non trionfa, altrimenti la nostra fede sarebbe un fallimento, meglio chiudere bottega. La morte fisica rappresenta solo il passaggio ad un altro stadio della nostra esistenza, in sostanza la vita cambia, ma non ci viene tolta". E l'esistenza terrena?: " proprio in terra dobbiamo sforzarci, con quello che si potrebbe definire un periodo di prova, e prepararci degnamente alla vita eterna, all'altra dimensione. Quello che facciamo ora sarà il banco di prova per l'altra vita, quando per le nostre azioni saremo giudicati". Che cosa vuole dire?: " che al termine del nostro viaggio terreno, ed in attesa della parusia, la seconda venuta gloriosa di Cristo, ci aspettano due terminal. Il Paradiso, se giudicati saremo ritenuti degni di essere ammessi a contemplare nella gloria il volto di Dio,o l' inferno se la condotta nostra avrà offeso la bontà di Dio. Poi esiste il Purgatorio, diciamo una tappa intermedia per scontare i peccati veniali". In sostanza non bisogna aver paura della morte: " il timore é lecito, per carità. La morte non é un evento naturale, anzi é contro natura perchè cozza con l'istinto della conservazione. Ma questo timore, giustificato da un punto di vista terreno, viene vinto da Cristo che ha sconfitto la dimensione della morte". In che modo si può considerare colui il quale nega la vita eterna?: " spiacevolmente questa tendenza esiste ed é il frutto di una fede che necessita di crescita e di fortificazione. Non bisogna scoraggiare questi fratelli, ma cercare di convincerli dolcemente che esiste una vita eterna, che é la nostra speranza, che da sempre é esistito, sin da Platone, un anelito alla trascendenza. Chi la pensa all'opposto, si abbandona ad una visione materialista del mondo, in base alla quale con la morte tutto cessa. In fondo, questa é una forma di pensare pessimista. Il primo materialista della storia fu Epicuro". A proposito di morte,esiste un popolo che di questa ha un forte concetto, i messicani che in occasione della commemorazione dei fedeli defunti organizzano i tradizionali altari dei morti e depongono sulle tombe dei cari cibi e bevande: " certo, le tradizioni sono una bella cosa e questo attaccamento é apprezzabile nella  ispirazione. Ma nella forma lo trovo pagano, in quanto banalizza l'evento trascendente ". - Bruno Volpe - Pontifex -

 
 
 
 
 

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Un blog di: diglilaverita
Data di creazione: 16/02/2008
 

 

LE LACRIME DI MARIA

 

MESSAGGIO PER L’ITALIA

 

Civitavecchia la Madonna piange lì dove il cristianesimo è fiorito: la nostra nazione, l'Italia!  Dov'è nato uno fra i più grandi mistici santi dell'era moderna? In Italia! Padre Pio!
E per chi si è immolato Padre Pio come vittima di espiazione? Per i peccatori, certamente. Ma c'è di più. In alcune sue epistole si legge che egli ha espressamente richiesto al proprio direttore spirituale l'autorizzazione ad espiare i peccati per la nostra povera nazione. Un caso anche questo? O tutto un disegno divino di provvidenza e amore? Un disegno che da Padre Pio agli eventi di Siracusa e Civitavecchia fino a Marja Pavlovic racchiude un messaggio preciso per noi italiani? Quale? L'Italia è a rischio? Quale rischio? Il rischio di aver smarrito, come nazione, la fede cristiana non è forse immensamente più grave di qualsiasi cosa? Aggrappiamoci alla preghiera, è l'unica arma che abbiamo per salvarci dal naufragio morale in cui è caduto il nostro Paese... da La Verità vi Farà Liberi

 

 

 
 

SAN GIUSEPPE PROTETTORE

  A TE, O BEATO GIUSEPPE

A te, o beato Giuseppe, stretti dalla tribolazione ricorriamo, e fiduciosi invochiamo il tuo patrocinio dopo quello della tua santissima Sposa.
Per quel sacro vincolo di carità, che ti strinse all’Immacolata Vergine Madre di Dio, e per l’amore paterno che portasti al fanciullo Gesù, riguarda, te ne preghiamo, con occhio benigno la cara eredità, che Gesù Cristo acquistò col suo sangue, e col tuo potere ed aiuto sovvieni ai nostri bisogni.
Proteggi, o provvido custode della divina Famiglia, l’eletta prole di Gesù Cristo: allontana da noi, o Padre amatissimo, gli errori e i vizi, che ammorbano il mondo; assistici propizio dal cielo in questa lotta col potere delle tenebre, o nostro fortissimo protettore; e come un tempo salvasti dalla morte la minacciata vita del pargoletto Gesù, così ora difendi la santa Chiesa di Dio dalle ostili insidie e da ogni avversità; e stendi ognora ciascuno di noi il tuo patrocinio, affinché a tuo esempio e mediante il tuo soccorso, possiamo virtuosamente vivere, piamente morire e conseguire l’eterna beatitudine in cielo.
Amen
San Giuseppe proteggi questo blog da ogni male errore e inganno.

 
 
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