ASCOLTA TUA MADRE

LE LACRIME DI UNA MADRE NON ASCOLTATA

 

FERMIAMO LA LEGGE CONTRO L'OMOFOBIA

 

TELEFONO VERDE "SOS VITA" 800813000

CHE COSA E' IL TELEFONO "SOS VITA"?
 
È un telefono “salva-vite”, che aspetta soltanto la tua chiamata. E' un telefono verde, come la speranza la telefonata non ti costa nulla,
Vuole salvare le mamme in difficoltà e, con loro, salvare la vita dei figli che ancora esse portano in grembo.
E quasi sempre ci riesce, perché con lui lavorano 250 Centri di aiuto alla vita.
 
Il Movimento per la vita lo ha pensato per te
 
Puoi parlare con questo telefono da qualsiasi luogo d’Italia: componi sempre lo stesso numero: 800813000.
 
Risponde un piccolo gruppo di persone di provata maturità e capacità, fortemente motivate e dotate di una consolidata esperienza di lavoro nei Centri di aiuto alla vita (Cav) e di una approfondita conoscenza delle strutture di sostegno a livello nazionale. La risposta, infatti, non è soltanto telefonica.
 
Questo telefono non ti dà soltanto ascolto, incoraggiamento, amicizia, ma attiva immediatamente un concreto sostegno di pronto intervento attraverso una rete di 250 Centri di aiuto alla vita e di oltre 260 Movimenti per la vita sparsi in tutta Italia.

 
DUE MINUTI PER LA VITA

Due minuti al giorno è il tempo che invitiamo ad offrire per aderire alla grande iniziativa di
preghiera per la vita nascente che si sta diffondendo in Italia dal 7 ottobre 2005 in
occasione della festa e sotto la protezione della Beata Vergine Maria, Regina del Santo Rosario.
Nella preghiera vengono ricordati ed affidati a Dio:
 i milioni di bambini uccisi nel mondo con l’aborto,
 le donne che hanno abortito e quelle che sono ancora in tempo per cambiare idea,
 i padri che hanno favorito o subito un aborto volontario o che attualmente si trovano accanto ad
una donna che sta pensando di abortire,
 i medici che praticano aborti ed il personale sanitario coinvolto, i farmacisti che vendono i
prodotti abortivi e tutti coloro che provocano la diffusione nella società della mentalità abortista,
 tutte le persone che, a qualsiasi livello, si spendono per la difesa della vita fin dal concepimento.
Le preghiere da recitarsi, secondo queste intenzioni, sono:
 Salve Regina,
 Preghiera finale della Lettera Enciclica Evangelium Vitae di Giovanni Paolo II
 Angelo di Dio,
 Eterno riposo.
Il progetto è quello di trovare 150.000 persone, che ogni giorno recitino le preghiere. Il numero corrisponde a quello - leggermente approssimato per eccesso – degli aborti accertati che vengono compiuti ogni giorno nel mondo, senza poter conteggiare quelli clandestini e quelli avvenuti tramite pillola del giorno dopo. Per raggiungere tale obiettivo occorre l’aiuto generoso di tutti coloro che hanno a cuore la difesa della vita.

“Con iniziative straordinarie e nella preghiera abituale,
da ogni comunità cristiana, da ogni gruppo o associazione,
da ogni famiglia e dal cuore di ogni credente,
si elevi una supplica appassionata a Dio,
Creatore e amante della vita.”
(Giovanni Paolo II, Evangelium Vitae, n. 100)

Ulteriori informazioni su: www.dueminutiperlavita.info
 

PREGHIERA A MARIA PER LA VITA GIOVANNI PAOLO II

O Maria, aurora del mondo nuovo, Madre dei viventi,
affidiamo a Te la causa della vita:
guarda, o Madre, al numero sconfinato di bimbi cui viene impedito di nascere,
di poveri cui è reso difficile vivere, di uomini e donne vittime di disumana violenza, di anziani e malati uccisi dall'indifferenza o da una presunta pietà.
Fà che quanti credono nel tuo Figlio sappiano annunciare con franchezza e amore agli uomini del nostro tempo il Vangelo della vita.
Ottieni loro la grazia di accoglierlo come dono sempre nuovo,
la gioia di celebrarlo con gratitudine in tutta la loro esistenza
e il coraggio di testimoniarlo con tenacia operosa, per costruire,
insieme con tutti gli uomini di buona volontà, la civiltà della verità e dell'amore
a lode e gloria di Dio creatore e amante della vita.
Giovanni Paolo II


 

AREA PERSONALE

 

Messaggi del 11/01/2010

PIETRO CRISAFULLI/ PORTO SALVATORE A MORIRE IN BELGIO: LA DECISIONE DOPO L'ABBANDONO DELLE ISTITUZIONI

Post n°2916 pubblicato il 11 Gennaio 2010 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Quello di Pietro Crisafulli è un grido di dolore. Un misto di rabbia e rassegnazione nel constatare l'accanimento del destino e, dice lui, l'abbandono delle istituzioni. I suoi fratelli, Salvatore e Marcello (nella foto), sono entrambi gravissimi.

LA DENUNCIA

La situazione di Salvatore la conoscete tutti, ne hanno scritto tutti i giornali. Adesso c’è stato questo gravissimo incidente di Marcello, a Natale…” La storia ve la ricorderete.  Salvatore Crisafulli è l'uomo di Catania che nel 2003 a 38 anni, padre di 4 figli, rimase vittima di un incidente con la sua Vespa, sulla quale viaggiava col figlioletto allora tredicenne. Dopo mesi di cure, il responso dei medici: stato vegetativo post traumatico.  Sono gli anni del dibattito culturale ed etico sull’eutanasia, gli anni di Welby, Terry Schiavo ed Eluana Englaro. I Crisafulli però Salvatore non lo lasciano andare. E succede che Salvatore si risveglia. È il 2005: lo chiamano il "Terri Schiavo" italiano, lui come Terri vuole vivere e i suoi fratelli, Pietro e Marcello, sono con lui in questa decisione. Ci sono le sofferenze, certo, i dolori, le piaghe da decubito, e poi la difficoltà di parola, i muscoli che non rispondono. Ma Salvatore impara un modo tutto suo per comunicare, i fratelli e la sua famiglia lo capiscono.  Poco importano la disapprovazione della stampa, di molta dell’opinione pubblica che malsopporta quel corpo straziato esibito. Quasi che il dolore fosse cosa di cui non parlare. Salvatore, invece, lo fa. Muto ed inchiodato ad un letto di ospedale, con sondini un po’ ovunque, ribadisce la sua voglia di vivere e di esserci.  E, infatti, così è.

L'INCIDENTE DI MARCELLO

"Ma adesso il mondo ci è crollato di nuovo addosso", racconta Pietro raggiunto telefonicamente da Libero. E’ il 24 dicembre 2009.
"Mio fratello Marcello, che il pomeriggio si occupava di Salvatore - lo lavava, lo vestiva, gli dava da mangiare - ha subito un incidente gravissimo.  E’ stato trasferito da un ospedale all'altro, rischia di rimanere paralizzato, ma qui non lo operano".  Domando di spiegare meglio e Pietro incalza.  La voce è ferma, non piange, non usa parolacce. Ma è la voce bassa e calma di chi una decisione l'ha presa. "Marcello si occupava tanto di Salvatore. Perché poi sa, qui non c'è nessuno che ci dia una mano. E noi siamo tutti sposati, abbiamo figli. Io stesso ho quattro ragazzi giovani, il più piccolo ha dieci anni. Però non posso lasciare solo i miei fratelli".  Spiega che Marcello, che ha diverse fratture alle vertebre, ma è cosciente,  prima viene ricoverato al "Garibaldi centro" di Catania. Lì, dopo le prime cure, i medici fanno sapere che l’uomo ha dei grossi problemi ai polmoni, che deve essere ricoverato in un ospedale diverso, curare quel problema e di non preoccuparsi che poi l'avrebbero riaccolto nella loro struttura. "Ma non è stato così. Ho sentito diversi ospedali a Milano e Pavia. Tutti dicono che Marcello deve essere operato d'urgenza, ma qui no. Tutto tace". Pietro è un fiume in piena, racconta che le ha provate tutte. “Il sindaco è irrintracciabile, ci dicono che mancano i soldi. Ma io chiedo un intervento della Regione. Qui è vero che c’è la malasanità”.
Non si ferma e butta fuori tutto. E allora ecco le giornate che trascorrono tra le pappe da preparare per far mangiare Salvatore e le corse da un ospedale all'altro per Marcello.  Pietro non risparmia i dettagli dei corpi martoriati dei fratelli, delle ferite, "della bocca aperta di Salvatore che aspetta da mangiare, e se non vado io chi ci va?".

PORTO SALVATORE  A MORIRE IN BELGIO

Così, verso la fine dell'intervista, Pietro quasi sussurra la sua decisione: "Sa, tante volte ho pensato che non si potesse andare avanti così. Però in fondo speravo che venisse qualcuno a darci una mano. Adesso no. Anche Salvatore, che ha sempre voluto vivere, vuole morire.  Ha saputo dell'incidente di Marcello, sa che suo fratello soffre quanto lui e non ne può più". Sospiro. "Ho contattato una struttura in Belgio. Settimana prossima portiamo Salvatore là. Faremo un video di denuncia, poi lo lasceremo morire”. Ricordiamo che fu lui a criticare la decisione di Beppino Englaro di lasciar morire Eluana. Silenzio. Domandiamo allora se durante le giornate qualcuno dia loro una mano. “ Ci sono gli amici, certo. Ma anche loro hanno le loro famiglie, giustamente. Fino al 31 dicembre veniva qui una badante mandata dal comune. Tre ore al giorno, dal lunedì al venerdì. Un aiuto piccolo, ma c’era. Ora nemmeno quello”. Spiega che  Salvatore ha bisogno di gente specializzata. Gente che sappia preparagli le pappe, lavarlo, capire cosa vuole, saper distinguere un cenno da uno spasmo. E tutto questo però “semplicemente non c’è”. Così, la decisione di partire, andare via, far finire tutto in un paese straniero. “In Belgio faremo un video di denuncia, poi lo lascio andare per sempre”. Riaggancia, Pietro. Richiama poco dopo. “Volevo dirle che ci siamo accorti che la gente comune ci vuole bene. Ci sostiene, hanno anche creato una raccolta fondi. Lo Stato manca, ma la solidarietà esiste. Lo scriva, questo”. - www.libero-news -

 
 
 

CATTOLICESIMO: IL NUOVO CAPRO ESPIATORIO

Post n°2915 pubblicato il 11 Gennaio 2010 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Come mai anche l’ateo più incallito si infervora sulla scomunica o meno di un vescovo scismatico? Il libertino impenitente tuona sull’insegnamento morale di una realtà che altrimenti ignora? Dal caso Williamson, all’Aids in Africa e oltre: perché quello di sparare a parole sulla Chiesa è uno degli sport più diffusi? Una provocazione del teologo francese

Le crisi sono di moda – e che moda, visto che durerà a lungo! Il fatto è che si è dimenticato il significato originale della parola crisi, in senso medico: per Ippocrate la crisi è il momento esatto in cui la natura del malato soccombe o guarisce e, provvisoriamente, trionfa sulla morte. Quindi la crisi è un fatto momentaneo: è il punto di inflessione, un istante critico, quello della decisione; è il criterio nel quale si situa lo spartiacque fra morte e sopravvivenza. Uno strano uso della parola quello che fa durare le crisi del mondo contemporaneo come se esse stesse divenissero sinonimi di malattie e come se non si riconoscessero che a cose fatte! Passando dalla scienza medica a quella delle meteore, per la Chiesa si parlerà piuttosto di perturbazioni per indicare ciò che in questi ultimi tempi ha occupato la prima pagina dei giornali. È inutile ricordarle ora, ma una domanda invece si impone: esiste una relazione fra le perturbazioni della Chiesa e le crisi della società? Per le perturbazioni che la Chiesa affronta sono stati proposti tre tipi di spiegazioni discutibili, a volte anche dai cattolici stessi. La prima spiegazione, la più diffusa, ne attribuisce la responsabilità alla stampa. I media – si sostiene – sono anticattolici: in successione hanno complottato per pubblicare inopportunatamente l’intervista televisiva a monsignor Williamson, per diffondere in tutto il mondo una falsa versione del dramma della giovane brasiliana incinta per gli stupri subiti da parte del compagno della madre, e infine per condannare il Papa per le sue dichiarazioni sulla radicale inadeguatezza dell’uso del preservativo. La seconda viene dai due estremi della Chiesa cattolica: l’insufficiente padronanza dei media e la comunicazione carente del Vaticano – si sente affermare – sono dovuti alla crisi del potere nella Chiesa o all’incompetenza all’interno del Vaticano. Si può anche aggiungere all’incompetenza l’animosità senza alterare la natura della spiegazione e indicare gli avversari del Papa nella Curia stessa: Benedetto XVI sarebbe circondato non solo da incompetenti ma anche da larvati avversari. Non c’è niente di nuovo: non c’è un solo Papa da secoli di cui non sia stato scritto questo! La terza spiegazione prende in causa la psicologia del Papa, la sua età, la sua formazione di professore, la sua leggendaria intransigenza e persino il suo temperamento di bavarese lo portano a rinchiudersi, a irrigidirsi, ad assumere le posizioni più reazionarie. Queste pretese spiegazioni politico­psicologiche sono alla portata di tutti: rimarrebbe da dimostrarne la validità. Mi sia dunque permesso di proporne un’altra, che si rifà alla natura stessa della Chiesa e più esattamente a ciò che definirei la sua consistenza: la libera adesione di coloro che credono che Gesù, il Figlio di Dio, crocifisso duemila anni fa, è oggi vivo e risorto. Questa fede, e insisto su questo, è libera, così come è libera l’appartenenza alla Chiesa. È la ragione per la quale questa società eminentemente paradossale – i cui principi non ubbidiscono alla stessa logica di quelli che reggono la nostra società, non sono cioè guidati dall’interesse – può essere per il mondo come uno specchio. Una società diversa di fronte alla nostra società nella quale questa si può scrutare. Nella Chiesa il mondo si contempla. Come spiegare altrimenti che tutti, a partire da coloro che si dichiarano non cattolici, vogliano schierarsi su posizioni disciplinari che riguardano esclusivamente i cattolici? Che la scomunica divenga improvvisamente una questione così centrale e appassionante che tutti vogliono dare il proprio parere, dentro e fuori dalla Chiesa? (Beati quei partiti politici che riuscissero a interessare a tal punto i cittadini alle loro questioni interne). Che le indicazioni del Papa sulla morale sessuale e familiare in Africa siano immediatamente discusse dal mondo intero e che il suo discorso sull’uso del preservativo divenga oggetto di un’attenzione maggiore che non la questione del sapere quale è l’effettiva efficacia del preservativo? Le poche frasi del Papa sul preservativo sarebbero più importanti di sapere se il preservativo preservi, e da cosa? La Chiesa rinvia al mondo la sua immagine e il mondo vi scopre le sue fratture, le sue linee di rottura; vedendole nella Chiesa, può odiarle, se non può esorcizzarle. Con un meccanismo a lungo studiato da René Girard, il mondo allora rende chi le rivela – la Chiesa – responsabile di queste fratture. La Chiesa, allora, nella funzione mimetica che le è propria, assume il ruolo di capro espiatorio. Vediamo brevemente in quale modo. Le parole del Papa sull’uso del preservativo hanno toccato nel vivo la questione del corpo e della sessualità. L’opinione pubblica era già stata scossa dal caso tragico della ragazza brasiliana. Non è la dottrina della Chiesa a essere messa in causa: sono i comportamenti umani, la somma dei crimini e dei peccati che mettono sotto accusa la Chiesa. La liberazione sessuale degli anni Settanta non ha raggiunto il suo scopo: lungi dal procurare agli uomini un supplemento di felicità sembra aver avuto come conseguenza la diffusione panendemica di diverse malattie, dalla depressione all’Aids. La famiglia è passata dalla realtà naturale al fatto sociale che può essere fondato da persone dello stesso sesso a cui può essere affidata l’educazione di bambini. Contemporaneamente la sessualità è diventata una funzione organica: è quindi necessario 'preservarsi', 'proteggersi'. Vi è un 'diritto al figlio' e un 'diritto all’orgasmo'. L’Occidente ha raggiunto un grado di disfacimento del tessuto familiare apparentemente unico nella sua storia. Questa sconfitta si accompagna specularmente alla colpevolizzazione della Chiesa e del Papa. La campagna infondata e sconsiderata contro le parole del Papa è un mezzo rassicurante per spostare altrove la profonda inquietudine provocata dallo sconvolgimento delle strutture parentali. Le affermazioni di monsignor Williamson che negano la realtà del genocidio sono false – e sono un oggetto di scandalo tanto più enorme dell’annullamento della scomunica che ha attirato su di lui l’attenzione. Ma proiettare questo scandalo sul Papa e sulla Chiesa rivela il malessere della nostra società riguardo alla sua memoria. A iniziare dal malessere di una parte, molto secolarizzata, dell’ebraismo moderno che a forza di rimuginare sull’orrore subito si trova in debito di avvenire e di speranza per le nuove generazioni. L’esistenza dello Stato di Israele accentua la crisi: è come se l’ebraismo continuasse a procedere speditamente abbandonando gran parte del suo vigore spirituale e riducendo il suo fattore esistenziale alla tristezza del passato e all’attaccamento a uno Stato del Medio Oriente. In tali condizioni concentrare l’attenzione sulla Chiesa permette un’unità illusoria e un recupero di attività: da qui nasce la funzione della questione 'Pio XII e gli Ebrei' o del 'Papa tedesco' che permettono all’intera società di costruirsi una buona coscienza denunciando l’antisemitismo cattolico. Di tutto il discorso del Papa all’Università di Ratisbona, è stata sottolineata una frase e giudicata offensiva per l’Islam. Ma anche qui, non si tratta innanzitutto di un problema interno all’Islam? Non è forse la grande difficoltà in cui si ritrova, di fronte alla secolarizzazione, una religione con dei tratti politici, geografici e linguistici così marcati? L’Islam oggi deve affrontare i problemi legati alla sua mondializzazione: in Asia è presente il 70% dei musulmani, mentre forti comunità si sono insediate in Paesi di tradizione cristiana. I sussulti dell’islamismo radicale sono i segni di questo difficile passaggio verso la modernità. È comodo e anche naturale riversare gli effetti di questa crisi di adattamento sulla Chiesa cattolica, proprio su di essa che nel mondo è testimone della religione. Possiamo osservare un’analoga reazione nell’insofferenza della laicità: l’evidente fallimento di 'un mondo senza Dio' e il frequente ricorso a pratiche religiose sostitutive hanno messo in crisi la laicità 'chiusa' che trova nella Chiesa cattolica un aiuto eccellente per trovarsi una nuova ragione di esistere. Non c’è ancora stata una vasta campagna per addossare alla Chiesa cattolica la responsabilità della crisi economica. La dottrina sociale della Chiesa si è sempre dichiarata contro il tipo di manipolazione a cui il capitalismo ha sottoposto il denaro e la produzione. Ciò che è successo con conseguenze così gravi per tanti milioni di persone è il risultato dell’avidità, della ricerca senza freni del profitto, del disprezzo per la dignità delle persone e dei diritti dei lavoratori. La crisi economica deriva dal rifiuto opposto al punto centrale dell’insegnamento sociale della Chiesa. Gli elementi di analisi proposti mostrano la posta in gioco in questo tempo di crisi per la società e di prove che la Chiesa sta attraversando. Essa è l’ultima figura sociale coerente nel mondo; dispone di un corpo dottrinale, di un catechismo, di una gerarchia visibile e identificata. Senza essere del mondo essa è purtuttavia nel mondo. Proprio per quello che essa è, il mondo la odia. Se fosse diversa, il mondo cercherebbe invano una vittima per giustificare il proprio malessere ed espiarlo. A causa della sua visibilità, per la coerenza del suo insegnamento, per il suo sforzo di annunciare e vivere ciò che il Vangelo esige, la Chiesa cattolica è inevitabilmente esposta. Non è il caso di stupirsi. Non è il caso di affliggersi, anzi, al contrario, dobbiamo rallegrarcene: «Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra rimpensa nei cieli. Così infatti perseguitarono i profeti che furono prima di voi» (Matteo 5,11-12).  - di Jean- Robert Armogathe - Isegnideitempi -

 
 
 

PECCATO CHE I CRISTIANI NON FACCIANO PIU' PAURA A NESSUNO

Post n°2914 pubblicato il 11 Gennaio 2010 da diglilaverita
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Cresciuta tra l’austerità dell’Ortigara e lo sciacquio dell’Astico, è l’emblema della fede semplice fatta di giaculatorie, rosari e novene. Digiuni, messe feriali e pratiche di pietà intercalate da un misterioso latino dal sapore più maccheronico che ciceroniano. Donna di fede la nonna. Affezionata a quel Papa polacco – con il quale spartiva l’età – non cessò mai di tradurmi in gesti di umile ferialità la vertigine della sua anima. Fosse viva si sarebbe infuriata in questi giorni: con la legna tra le mani o la biancheria da lavare avrebbe difeso coi denti il suo Papa. Non sarà quello polacco, ma è pur sempre il Papa. E questo le sarebbe bastato. Perché era donna precisa: al prete, al sindaco e al farmacista andavano riservati gli ossequi tra le viuzze del paese. Le devo tutto a quella vecchia contadina: la fede, la vocazione, la dolcezza della mia vita. Serenità e spensieratezza, oltrechè il gaudio di un cristianesimo acceso di passione. Anche se in questi giorni mi piacerebbe spiegarle con riguardo che quel suo cristianesimo – invidiabile nella santità e nella coerenza – sta scemando. Storia bella, arricchente, profonda. A casa mia per anni abbiamo attinto a quella fede. Peccato che sui banchi delle teologie il cristianesimo della mia nonna sia deriso, umiliato, guardato con diffidenza. Studiato con la passione dell’antiquario: ma è stato pur sempre un capitolo (e che capitolo) di storia sacra. Di fede incarnata nella storia! Non le potevo chiedere: “Perché sei cristiana, nonna?”. Era una domanda stupida per lei: era cristiana e basta. Non conosceva l’ermeneutica biblica nè la teologia dogmatica. La transustanziazione era “arabismo” ma credeva nella consacrazione eucaristica: non li sapeva sinonimi! La nonna ritrae quel cristianesimo dell’abitudine, della consuetudine che oggi vediamo zoppicare. Perchè oggi sta germogliando il cristianesimo dell’innamoramento: stupore, scelta di campo, coerenza e sudore, caparbietà e sofferenza. Il cristianesimo della gioia. La lezione degli attacchi continui inferti alla Chiesa c’avverte ch’è finito il tempo degli scherzi, del sentimentalismo, di una vaga spiritualità pagana, del “sono cristiano ma in chiesa non vado”. Dei bans, degli slogan e di una certa forma di pastorale paganeggiante. Oggi il cristiano deve esporsi, battagliare, abitare l’arena moderna e accettare le sfide del popolo indifferente. Non farsi né intimidire né imbambolare! Rompere nella società fino a diventare dei cristiani creativi. Kurt Kobain, la rockstar dei Nirvana, era un genio. Con la musica interpretava il popolo, lo lanciava fino ad accenderlo, suscitava la speranza. Un genio! Sono arrivati soldi a palate, era corteggiato dalle donne che cadevano tutte ai suoi piedi come delle oche, case in abbondanza. Tanta fama e gloria. Kurt si dimenticò di essere uomo: si staccò dalle sue radici, non riusciva più ad essere creativo. Nell’ultima lettera scritta alla moglie Courtney Love, si sfogò: “Siamo diventati ripetitivi; non ce la faccio più”. Abbandonando le sue origini era diventato arido, aveva smarrito il genio. Nella stessa lettera diceva a Francio Bean, la sua piccola di due anni e nove mesi: “Non ricordare tuo papà solo per questo gesto”. E prima della firma scrisse: “Eppure lassù qualcuno ci ama”. Dio non è un personaggio comodo, chiede scelte difficili. D’altronde, ha traghettato trent’anni di silente nascondimento nell’anonimato prezioso di Nazareth, ha scolpito nell’anima la melodia di una profezia da realizzare, ha intuito che le acque del Giordano sono per lui l’inizio di un’avventura pubblica di cui tanto s’era bisbigliato. Ci meraviglia quel suo inseguire l’uomo sin nelle acque torbide del Giordano, quel correre in anticipo tra chi merita meno, quel suo darsi in pasto alle bocche meno gradevoli. Ancor oggi ci meraviglia l’amore. Peccato i cristiani non facciano più paura a nessuno. Buona notte!  - autore: don Marco Pozza - donboscoland -

 
 
 

LETTERA DALLA TERRA SANTA/" IL CORAGGIO DI SAIWA DAVANTI AL GIUDICE"

Post n°2913 pubblicato il 11 Gennaio 2010 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Cari amici del Sussidiario, un saluto e un ringraziamento per il vostro sostegno a Lazarus Home, a Saiwa e alle sue figlie. Vi scrivo appena tornata da Ramallah (capoluogo dei territori palestinesi autonomi in Cisgiordania, ndr) dove oggi si è tenuta una nuova udienza del processo contro Saiwa. Da cinque lunghi anni Saiwa è detenuta senza motivo. E' stata gettata nell'angolo di una prigione e lasciata lì: senza garanzie, senza prospettive o esiti. Il suo avvocato non ha fatto assolutamente nulla per lei. In Palestina, se un uomo uccide una donna, riacquista la libertà il mese stesso. Ma Saiwa (che ha ucciso suo marito dopo una vita di abusi, ndr) è una donna e solo per questo motivo la sua vicenda giudiziaria sta consumandosi in un tempo che sembra non aver fine. Oggi Saiwa - per la prima volta - non ha pianto, non aveva gli occhi rossi. Ha parlato a voce alta e il giudice l'ha rimbeccata, dicendole di starsene calma. Ma lei non s'è persa d'animo e ha alzato ancora la voce. Ha protestato: «Questo processo va avanti da cinque anni e non approda a nulla. E io ho bisogno di tornare dalle mie figlie che mi stanno aspettando. Stanno diventando grandi senza di me e io soffro per questo». Ho chiesto come sempre di poter parlare a Saiwa. Ci siamo date un grande abbraccio e le ho detto degli amici italiani che ci sono vicini e che ci sostengono. E questo ci sta dando vera speranza. In Cristo, Samar

LA STORIA DI SAIWA

La storia che vorrei raccontare iniziò quando cinque bambine furono lasciate sulla porta dell’orfanotrofio, esattamente cinque anni fa. Diana era la più piccola e aveva due anni, Tabet ne aveva tre, poi Naziha, Lulu e Imtiaz, la maggiore, che aveva sei anni. Non potete immaginare i pianti e le lacrime sui gradini dell’orfanotrofio di queste bambine che avevano perso entrambi i genitori. La loro madre aveva ucciso il loro padre e nessuno sapeva dove era finita. Le prime parole di Imtiaz furono: «Questo posto è un rifugio? È questo l’orfanotrofio?». Le altre bambine le abbracciavano piangendo, perché anche loro si erano trovate in condizioni simili. La prima cosa che feci dopo aver accolto le bambine fu un giro di telefonate per cercare di sapere dove era la loro madre e alla fine la trovai in una prigione. Decisi quindi di andare a visitarla. La situazione nella prigione era difficile da immaginare, ma tutti i poliziotti erano commossi perché era la prima volta che qualcuno portava dei bambini a visitare la propria madre in quella prigione. Da quel momento e ascoltando la storia di quella donna, della sua vita piena di maltrattamenti e abusi, ho deciso che doveva diventare un membro della mia famiglia della Casa di Lazzaro. Ho detto di lei a tutti i miei amici e con gli amici italiani di Valmontone (che aiutano la nostra casa) siamo andati due volte nell’ufficio del Presidente dell’Autorità Palestinese, Abu Mazen, per chiedere pietà per lei. La donna non è mai stata visitata da nessuno in prigione, neppure dai suoi genitori: gli unici visitatori siamo noi della Casa di Lazzaro. Una volta ho chiamato l’avvocato nominato per la sua difesa e gli ho chiesto se vi sarebbe stata pietà per Saiwa: la risposta è stata che non vi sarebbe stata nessuna pietà per una donna simile. Gli dissi: «Pietà almeno per le figlie» e la risposta fu «Neppure le sue figlie devono conoscerla». Il direttore della prigione è stato sempre molto accogliente durante le nostre visite alla prigione, ma anche lui ha parlato allo stesso modo: «Meglio non creare speranze in una situazione dove non c’è nessuna speranza». Mi ha detto anche che mi consigliava di non continuare a portare le bambine con me durante le visite alla madre, ma di tenerle lontano. Su Saiwa incombe la vendetta della famiglia e di tutta la tribù del marito, così tutti sono convinti che lei morirà comunque. Il prossimo 10 gennaio andremo ancora in tribunale per assistere all’udienza di Saiwa. È normale che ci siano molte aggressioni e in tribunale ci saranno tutti i parenti del marito, mentre lei sarà sola. Quando vede me e Padre Roberto - un prete che viene con me e altri amici alla prigione - lei sorride. Noi veniamo normalmente presentati come la famiglia di Saiwa. Questo le dà la speranza che c’è qualcuno che le vuol bene per quello che lei è; lei ha capito completamente la sua miseria e difende i propri diritti nella speranza di tornare libera e di riunirsi alle proprie figlie, che stanno vivendo e aspettando perché lei torni da loro. (da una lettera di Samar Sahhar) - ilsussidiario -

 
 
 

UNA DROGHERIA DI EBREI REGALO' LA COCCARDA AI FUNERALI DI PIO XII:COME RICONOSCENZA PER LE VITE EBRAICHE SALVATE

Post n°2912 pubblicato il 11 Gennaio 2010 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

"Una drogheria di ebrei ci regalò la coccarda  nera per la bandiera dell' Azione cattolica in occasione dei funerali di Pio XII": il particolare, inedito, lo rivela il Vescovo Emerito di Saluzzo, Monsignor Diego Natale Dalla Bona. Il Prelato ricorda così l'avvenimento: " allora mi toccò guidare i giovani dell' Azione Cattolica da Pietralata a Roma per i funerali di Papa Pio XII. Quella giornata era lutto nazionale e tutti i negozi erano chiusi". Che cosa accadde?: " a metà cammino, mi resi conto che sul nostro gonfalone mancava la lista nera di lutto, la tradizionale coccarda. Mandai a cercare una merceria, ma ogni tentativo risultò vano". E allora?: " dopo varie ricerche, anche affannose, vidi una serranda mezza aperta e lessi la insegna di merceria in via Dei Cestari". Precisa il Vescovo: " timidamente bussai e mi risposero. Chiesi se avessero per caso una coccarda funebre e spiegai il motivo. La avevano. Al momento di pagare, mi fu detto: siamo ebrei, ma non ci dovete nulla". Il motivo?: " mi dissero commossi: é il minimo che possiamo fare per riconoscenza verso quel Papa che ha contribuito a salvare molte vite di ebrei durante le persecuzioni razziali". Dunque Papa Pacelli era amato: " da quel che mi risulta certamente. Io non sono stato direttamente testimone durante gli eventi della guerra, perché prima stavo in Piemonte. Ma da quanto ho appreso da molta gente, Pio XII si é operato con generosità e prudenza per salvare molte vite di ebrei e dunque non fu tollerante,ma cercò di usare la prudenza per evitare guai peggiori". Lei ha conosciuto bene anche Giovanni Paolo II: " certamente, anche dopo la sua elezione é venuto alla mia parrocchia a Roma, alla Garbatella". Che idea aveva di Pio XII?: " lo trattava con molto rispetto e considerazione, credo che ne avesse una buona idea". Eccellenza, da vari giorni, per merito del Segretario Generale della Cei, Monsignor Crociata, é in corso un dibattito sul tema delle omelie. Monsignor Crociata ha lanciato un allarme, pienamente giustificato e giustificabile, definindole a volte, immangiabili. Come fare una buona omelia?: " deve attenersi al vangelo del giorno e alla Parola di Dio. Ma per essere convincente e bella, é necessario che il primo ad essere convinto di quanto dice, é lo stesso celebrante, chiamato a metabolizzarla per sé stesso. Se non ne é padrone lui, difficilmente viene fuori una buona omelia". Che cosa conta?: " non tanto la esegesi e la interpretazione dei testi, quanto domandarci con scrupolo ed  amore, che cosa si sta compiendo oggi davanti a noi. Ritengo che una omelia convincente e valida non debba stancare i fedeli e dunque non superi mai i quindici minuti". Il celebrante deve collegarsi con episodi della realtà attuale?: " ma senza fare comizi e divagazioni politiche o sociologiche. Meno ancora quelle troppo teologiche. La omelia sicuramente deve essere contestualizzata ai tempi in cui viviamo e parlare di temi concreti partendo sempre dalle letture del giorno". - Bruno Volpe - Pontifex -

 
 
 

DURA LOTTA PER LA FAMIGLIA E LA VITA NEL MONDO

Post n°2911 pubblicato il 11 Gennaio 2010 da diglilaverita
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Non c’è tregua nella lotta per la famiglia e la vita nel mondo ed anche l’ultimo periodo del 2009 è stato caratterizzato da molti tenaci tentativi di operare soprattutto tramite la legislazione contro famiglia e vita e da altrettanto tenaci sforzi di mobilitazione a loro protezione. Cattive notizie dagli Stati Uniti. L’attenzione generale era rivolta alla votazione del Senato americano sulla Legge di riforma sanitaria del Presidente Obama, soprattutto per l’emendamento Harry Reid contenente un compromesso sui finanziamenti all’aborto. La votazione sull’emendamento è stata effettuata il 21 dicembre con l’approvazione, mentre il 24 dicembre, alla vigilia di Natale, l’intera legge è stata approvata. I vescovi degli Stati Uniti si erano opposti al “Compromesso Reid”, che permette al governo federale di finanziare i piani di assicurazione privata che coprono le spese di aborto. Tendenze contrastanti in Messico. Il 18 dicembre 2009 il Congresso dello Stato messicano del Chiapas ha approvato la modifica dell’articolo 4 della Costituzione in cui si protegge il diritto alla vita dal concepimento alla morte naturale, con esclusione quindi di aborto ed eutanasia. Sono così diventati 18 gli Stati messicani ad aver approvato la blindatura del diritto alla vita: Veracruz, Querétaro, Baja California, Chihuahua, Campeche, Colima, Puebla, Durango, Jalisco, Nayarit, Quintana Roo, Guanajuato, Yucatán, Sonora, Morelos, San Luis Potosí y Oaxaca. Sempre in Messico, però, il 21 dicembre 2009 l’Assemblea legislativa del Distretto federale di Città del Messico (a maggioranza di sinistra) ha approvato una nuova legge sulle unioni matrimoniali civili tra omosessuali. Costoro potranno godere della comunione dei beni per ottenere crediti bancari, ottenere benefici dall’assistenza sociale e anche adottare bambini. Il Cardinale Rivera, arcivescovo di Città del Messico, ha detto che "non esiste alcun fondamento razionale od etico per assimilare o stabilire analogie, nemmeno lontane, tra le unioni omosessuali e il disegno di Dio sul matrimonio e la famiglia". Il 17 dicembre 2009 la Corte suprema irlandese ha emesso una sentenza che qualcuno ha definito storica. In fedeltà alla propria Costituzione e in contrasto con la Convenzione europea sui diritti dell’uomo ha stabilito i diritti del genitore biologico anche se si tratta di un donatore di sperma. La decisione annulla una precedente sentenza di una corte di livello inferiore la quale, richiamandosi all’articolo 8 della Convenzione europea, aveva negato ad un genitore donatore di seme l’accesso al figlio e la sua custodia. La Corte irlandese ha affermato che una “coppia di fatto” non è una famiglia. La sentenza è doppiamente importante: essa ribadisce il carattere biologico della famiglia e il primato delle Costituzioni nazionali rispetto alla Convenzione europea. Il 16 dicembre 2009 il governo portoghese ha approvato un disegno di legge che prevede il riconoscimento pubblico del matrimonio tra omosessuali, quantunque senza possibilità di adozione. Il disegno passa ora al dibattito parlamentare. La Conferenza dei vescovi ha dichiarato che una simile legge avrebbe “gravi conseguenze”, perché “la famiglia viene danneggiata quando si prendono decisioni che alterano la sua struttura fondamentale”. L’opinione pubblica cattolica spagnola si sta mobilitando contro la volontà del governo di insegnare nelle scuole la propria visione della sessualità. La legge spagnola sull’aborto – “Ley de Salud Sexual y Reproductiva y de Interrupción Voluntaria del Embarazo” – contiene anche direttive educative e il governo ha messo a punto un piano per imporre la propria visione della sessualità: moduli di istruzione obbligatoria a tutti i livelli scolastici svolta da “esperti”. Lo scopo dichiarato è “diminuire le gravidanze non desiderate e le malattie trasmesse sessualmente”, ma quello finale è di imporre una visione materialistica della sessualità e della persona umana. - *Benedetta Cortese fa parte dell’Osservatorio internazionale “Cardinale Van Thuân” sulla dottrina sociale della Chiesa. - Zenit -

 
 
 

LA LOBBY OMOSESSUALISTA E LA BUFALA DELL’OMOFOBIA

Post n°2910 pubblicato il 11 Gennaio 2010 da diglilaverita
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Da diverse settimane su internet, sui quotidiani ed in televisione siamo bombardati da slogans contro l’omofobia. La campagna è promossa con un largo impiego di risorse finanziarie da parte del ministero per le pari opportunità guidato da Mara Garfagna . Attraverso internet, la televisione, i giornali e una cattiva educazione sessuale si è riusciti a creare una opinione pubblica non ostile alla pratica omosessuale in base alla quale chi sostenga il contrario viene liquidato come intollerante, retrogrado, sessuofobo, roba da medioevo, da mandare appunto dietro le sbarre perché reo del crimine di omofobia e di conseguenza diviene il bersaglio favorito dai mass media. Ma cos’è questa omofobia, termine ovunque sbandierato nelle varie iniziative che vorrebbero vietare ogni critica della omosessualità e anche indirettamente di tutte le altre “diversità sessuali”? Va anzitutto notato che l’espressione “omofobia” è terminologicamente sbagliata, poiché indica una cosa ben diversa da ciò che chi la utilizza come arma da combattimento vorrebbe significare. Infatti la parola greca omo-fobia è inesistente ma comunque, se fosse presa sul serio, indicherebbe letteralmente “ avversione per il proprio uguale o simile”: dunque quasi l’opposto di quella “ avversione” per l’omosessuale in quanto diverso” che semmai dovrebb’essere indicata con la parola omosessuo-fobia intesa come forma di etero-fobia. Già questa improprietà linguistica del termine “ omofobia” indica chiaramente che esso è stato artificialmente elaborato da una lobby ideologica e poi imposto dalla propaganda mass- mediatica, con lo scopo di favorire la creazione di una realtà inesistente : appunto l’omofobia, ossia una fittizia anomalia che può essere attribuita al nemico che si vuole di volta in volta demonizzare, condannare e neutralizzare. Il termine “omofobia” è stato quindi inventato per essere usato come strumento di una sleale campagna psicologica che mira ad intimorire e ad imbavagliare chi osi esprimere critiche sull’omosessualità, e sulla sua parificazione alla normalità sessuale e al matrimonio. Chi viene tacciato di omofobia  riceve infatti la seguente accusa: “ se tu avversi l’omosessualità, lo fai perché ne hai paura, e ne hai paura perché sei dominato da una ideologia repressiva o da una psiche repressiva dalle quali devi guarire” da qui lo slogan di Luxuria “ di omofobia si può guarire”. Insomma “ se tu critichi l’omosessualità vuol dire che sei anormale, sei un malato da curare”, magari sei un omosessuale latente che rifiuti la tua omosessualità combattendo i gay. E’ interessante quindi rilevare che proprio coloro che hanno assolto l’omosessualità dall’accusa di essere una devianza o una malattia, trasferiscono ora quest’accusa a chi non è d’accordo con loro: i veri anormali  sarebbero coloro che difendono la sessualità eterosessuale, quella cioè secondo natura. Pertanto l’accusa di “ omofobia” riassume tuta una ideologia libertaria, omosessualista che non solo non si limita ad abolire ogni giudizio morale sulla sessualità, ma che pretende di rovesciare questo giudizio, giustificando il vizio e condannando la virtù. Il presentare la normalità come anomalia e la devianza come vera normalità era il sogno del marchese De Sade, il quale proponeva che tutti potessero realizzare le loro “ tendenze sessuali”, specie se perverse…e così realizzare la vera fraternità rivoluzionaria. Rispetto al XVIII secolo, la novità oggi è che mentre De Sade fu condannato alla prigione- manicomio dagli stessi giacobini, oggi i giudici potrebbero internare chi vorrebbe opporsi a questa ideologia omosessualista. La verità è che l’omosessualità è una condizione patologica che ostacola lo sviluppo integrale della personalità. E’ interessante che in tempi di psicologismo imperante, la lobby omosessualista fa tutto il possibile affinché non si sappia in giro che i tre grandi pionieri della psicanalisi e della psichiatria- Freud, Jung e Adler- erano concordi nel considerare l’omosessualità come una grave patologia comportamentale. E’ interessante quello che scrive sull’omosessualità Osho (1931-1987) che certamente non può essere accusato di simpatie clericali. Osho dice: “ L’omosessualità è una fase anteriore alla pienezza sessuale, ma in Occidente si sta diffondendo sempre più. E questo fenomeno ha delle motivazioni che desidero illustrarti. Gli animali allo stato naturale, non sono mai omosessuali. Ma lo diventano negli zoo. Negli zoo, dove gli animali non sono liberi, non hanno spazio a sufficienza e vivono ammassati, si stabiliscono fra loro rapporti omosessuali. Il mondo sta diventando troppo affollato; diventa sempre più simile a uno zoo. La crescita e lo sviluppo naturali stanno scomparendo, si è schiacciati dalla tensione, dalla repressione. E’ questa la prima causa della crescente omosessualità. La seconda causa è rapportabile al fatto che in occidente il sesso è vissuto più come un divertimento che come un impegno. Si desiderano incontri occasionali, poiché impegnarsi con una donna significa crearsi dei problemi, il coinvolgimento è totalizzante –bambini, famiglia, lavoro, e mille altre cose- quando una donna entra nella tua vita, il mondo intero la segue! L’occidentale sta sviluppando una mentalità sempre più timorosa d’impegnarsi, di farsi coinvolgere. Ed è più facile non rimanere coinvolti in una relazione omosessuale che in una eterosessuale. Nessun figlio, nessun dovere, nessun impegno. La terza ragione dell’omosessualità, in questo caso femminile, si può far risalire al fatto che molte donne in occidente sono legate al movimento di liberazione femminile, all’idea che l’uomo le abbia sempre oppresse, nessun’altra classe è stata tanto oppressa quanto quella femminile. Ed ecco la rivolta, la reazione. Sono dunque sorte in Occidente organizzazioni di donne che professano il lesbismo, l’omosessualità. Il maschio è il nemico, e l’imperativo è quello di fuggire ogni forma di relazione con lui: è preferibile amare una donna. Le donne stanno diventando aggressive, sempre più aggressive. E l’uomo sta diventando timoroso, sempre più timoroso di impegnarsi in una relazione. Sono queste le situazioni favorevoli al sorgere dell’omosessualità , che comunque resta una perversione” ( Osho, segreti e misteri dell’eros, editrice Es, Milano, 1991, pp.74-75). Chiedo al ministro Mara Carfagna e a tutti i cittadini italiani che non vogliono il declino dell’Italia di non finanziare o sostenere  campagne a favore della lobby omosessualista. Grazie. - don Marcello Stanzione - Pontifex -

 
 
 

BATTESIMO DEL SIGNORE

Post n°2909 pubblicato il 11 Gennaio 2010 da diglilaverita
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Nell’atto battesimale cui si sottopose Gesù, c’è tutto il simbolismo della dottrina del cristianesimo, che allacciandosi alla Tradizione del Vecchio Testamento, apre la strada della nuova concezione di “figli di Dio” e quindi compartecipi con Cristo della gioia del Padre, attraverso lo Spirito Santo. Lo Spirito Santo giunge ad attestare in modo solenne la divinità di Gesù nel momento in cui ha compiuto, come un uomo qualsiasi, il gesto penitenziale, essendosi sottoposto al battesimo di Giovanni. Durante la sua vita terrena, Gesù non si mostrerà mai tanto grande come nell'umiltà dei gesti e delle parole. Importante lezione questa, per noi che vediamo le cose in modo tanto diverso. Seguire Cristo significa intraprendere questo cammino di umiltà, cioè di verità. Cristo, vero Dio e vero uomo, ci insegna la verità del nostro essere. Feriti dal peccato, purificati dal battesimo, noi oscilliamo fra i due estremi, entrambi attraenti, del male e della santità. E questo si vive nella quotidianeità più umile. Ad ogni passo possiamo scegliere Dio e il suo amore, o, viceversa, rifiutarlo. Seguire le orme di Gesù, significa assicurarsi un cammino che, nonostante sia stretto e sassoso, conduce alla vita eterna, alla vera beatitudine. Anche gli antichi profeti avevano ricevuto un'investitura divina in vista di una determinata opera. I cieli si aprono; e non è per lasciar cadere un fulmine: ma una colomba bianca, il simbolo prescelto dello Spirito di Dio, che scende con volo rapido. Essa si posa per sempre sul Signore. Dopo il battesimo di Giovanni vi è quello dello Spirito, e il Signore si immerge completamente nelle sue acque vive. Bisogna ancora notare che questa teofania non fa che rendere manifesto in modo più sensibile uno stato che esiste in Cristo dal primo istante della sua incarnazione. E, al fine di raggiungere tutti, una voce lascia cadere dal cielo dischiuso queste parole, che noi sentiremo ancora il giorno della Trasfigurazione: "Tu sei il mio figlio prediletto, in te mi sono compiaciuto".
La profezia descritta da Isaia (Ecco il nostro Dio! Ecco, il Signore Dio viene con potenza, con il braccio egli detiene il dominio. Ecco, egli ha con sé il premio e i suoi trofei lo precedono. Come un pastore eli fa pascolare il gregge e con il suo braccio lo raduna; porta gli agnelli ni sul petto e conduce pian piano le pecore madri) si è realizzata per noi nel giorno del battesimo. Dio ha fatto irruzione nella nostra storia, ha portato con sé il premio dell'adozione filiale e l'ha consegnato a noi. Siamo entrati a far parte ufficialmente di quel popolo che Dio stesso conduce con amore verso i pascoli della vita eterna. Il battesimo ha impresso in noi il carattere. Si tratta di un sigillo, di un segno indelebile che ci accompagna e ci caratterizza per sempre come figli di Dio e membri della Chiesa. Come ricorda l'apostolo Giovanni, in quel giorno Dio ci ha dato il "potere" di diventare i suoi figli; tocca a noi portare a compimento, nel corso di tutta la nostra esistenza, quello che lui ha iniziato. Compito non certamente facile. Dio ha provveduto anche ad aiutarci in questa difficoltà, facendoci dono dell'eucaristia. Anche al popolo di Israele sembrava cosa impossibile sopravvivere per quarant'anni nel deserto, ma Dio provvede con la manna. I sacramenti dell'iniziazione cristiana prevedono come primo il battesimo, seconda la cresima e come complemento l'eucaristia. Usciti dalle acque battesimali e incamminati verso la terra promessa, attraverso il deserto, Dio ci sostenta con il pane del cielo che è la carne del suo figlio Gesù. Nel Vangelo leggiamo: "Giovanni rispose a tutti dicendo: "Io vi battezzo con acqua; ma viene uno che è più forte di me, al quale io non sono degno di sciogliere neppure il legaccio dei sandali: costui vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco."
Il cristiano non riceve semplicemente un battesimo di penitenza e purificazione, come quello amministrato da Giovanni, ma soprattutto infusione dello Spirito Santo che è fuoco e dinamismo. Il fuoco è simbolo dell'amore che il battezzato deve esercitare nei riguardi di Dio e del prossimo; il dinamismo non gli permette di adagiarsi e vivere di rendita, ma lo sollecita a lanciarsi continuamente verso un futuro immenso come è immenso il Dio che lo ha creato a sua immagine e somiglianza. Nel giorno del nostro battesimo, i genitori e i padrini a nostro nome hanno accettato il dono di Dio e si sono impegnati per noi presso di lui e la comunità ecclesiale. Ora, divenuti adulti, dobbiamo riappropriarci del nostro battesimo, non deludere la fiducia che Dio ha riposto in noi, onorare gli impegni che i padrini hanno sottoscritto a nostro nome. Nell'antichità il battesimo era conferito per triplice immersione: tre volte il soggetto era immerso completamente nell'acqua dalla quale poi riemergeva, per significare la morte, la sepoltura e la risurrezione di Cristo. Il battesimo ci ha configurati a Gesù e come lui dobbiamo prima soffrire e morire, poi con lui risorgeremo. Sarebbe pretesa senza fondamento il volere godere il dono della risurrezione, senza prima essere morti al peccato. Nemmeno Dio nella sua onnipotenza può operare l'assurdo, di risuscitare alla gloria eterna uno che non è voluto morire al peccato e ha tenuto bene vive le sue passioni malsane. - Innamorati di Maria -

 
 
 
 
 

INFO


Un blog di: diglilaverita
Data di creazione: 16/02/2008
 

 

LE LACRIME DI MARIA

 

MESSAGGIO PER L’ITALIA

 

Civitavecchia la Madonna piange lì dove il cristianesimo è fiorito: la nostra nazione, l'Italia!  Dov'è nato uno fra i più grandi mistici santi dell'era moderna? In Italia! Padre Pio!
E per chi si è immolato Padre Pio come vittima di espiazione? Per i peccatori, certamente. Ma c'è di più. In alcune sue epistole si legge che egli ha espressamente richiesto al proprio direttore spirituale l'autorizzazione ad espiare i peccati per la nostra povera nazione. Un caso anche questo? O tutto un disegno divino di provvidenza e amore? Un disegno che da Padre Pio agli eventi di Siracusa e Civitavecchia fino a Marja Pavlovic racchiude un messaggio preciso per noi italiani? Quale? L'Italia è a rischio? Quale rischio? Il rischio di aver smarrito, come nazione, la fede cristiana non è forse immensamente più grave di qualsiasi cosa? Aggrappiamoci alla preghiera, è l'unica arma che abbiamo per salvarci dal naufragio morale in cui è caduto il nostro Paese... da La Verità vi Farà Liberi

 

 

 
 

SAN GIUSEPPE PROTETTORE

  A TE, O BEATO GIUSEPPE

A te, o beato Giuseppe, stretti dalla tribolazione ricorriamo, e fiduciosi invochiamo il tuo patrocinio dopo quello della tua santissima Sposa.
Per quel sacro vincolo di carità, che ti strinse all’Immacolata Vergine Madre di Dio, e per l’amore paterno che portasti al fanciullo Gesù, riguarda, te ne preghiamo, con occhio benigno la cara eredità, che Gesù Cristo acquistò col suo sangue, e col tuo potere ed aiuto sovvieni ai nostri bisogni.
Proteggi, o provvido custode della divina Famiglia, l’eletta prole di Gesù Cristo: allontana da noi, o Padre amatissimo, gli errori e i vizi, che ammorbano il mondo; assistici propizio dal cielo in questa lotta col potere delle tenebre, o nostro fortissimo protettore; e come un tempo salvasti dalla morte la minacciata vita del pargoletto Gesù, così ora difendi la santa Chiesa di Dio dalle ostili insidie e da ogni avversità; e stendi ognora ciascuno di noi il tuo patrocinio, affinché a tuo esempio e mediante il tuo soccorso, possiamo virtuosamente vivere, piamente morire e conseguire l’eterna beatitudine in cielo.
Amen
San Giuseppe proteggi questo blog da ogni male errore e inganno.

 
 
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