ASCOLTA TUA MADRE

LE LACRIME DI UNA MADRE NON ASCOLTATA

 

FERMIAMO LA LEGGE CONTRO L'OMOFOBIA

 

TELEFONO VERDE "SOS VITA" 800813000

CHE COSA E' IL TELEFONO "SOS VITA"?
 
È un telefono “salva-vite”, che aspetta soltanto la tua chiamata. E' un telefono verde, come la speranza la telefonata non ti costa nulla,
Vuole salvare le mamme in difficoltà e, con loro, salvare la vita dei figli che ancora esse portano in grembo.
E quasi sempre ci riesce, perché con lui lavorano 250 Centri di aiuto alla vita.
 
Il Movimento per la vita lo ha pensato per te
 
Puoi parlare con questo telefono da qualsiasi luogo d’Italia: componi sempre lo stesso numero: 800813000.
 
Risponde un piccolo gruppo di persone di provata maturità e capacità, fortemente motivate e dotate di una consolidata esperienza di lavoro nei Centri di aiuto alla vita (Cav) e di una approfondita conoscenza delle strutture di sostegno a livello nazionale. La risposta, infatti, non è soltanto telefonica.
 
Questo telefono non ti dà soltanto ascolto, incoraggiamento, amicizia, ma attiva immediatamente un concreto sostegno di pronto intervento attraverso una rete di 250 Centri di aiuto alla vita e di oltre 260 Movimenti per la vita sparsi in tutta Italia.

 
DUE MINUTI PER LA VITA

Due minuti al giorno è il tempo che invitiamo ad offrire per aderire alla grande iniziativa di
preghiera per la vita nascente che si sta diffondendo in Italia dal 7 ottobre 2005 in
occasione della festa e sotto la protezione della Beata Vergine Maria, Regina del Santo Rosario.
Nella preghiera vengono ricordati ed affidati a Dio:
 i milioni di bambini uccisi nel mondo con l’aborto,
 le donne che hanno abortito e quelle che sono ancora in tempo per cambiare idea,
 i padri che hanno favorito o subito un aborto volontario o che attualmente si trovano accanto ad
una donna che sta pensando di abortire,
 i medici che praticano aborti ed il personale sanitario coinvolto, i farmacisti che vendono i
prodotti abortivi e tutti coloro che provocano la diffusione nella società della mentalità abortista,
 tutte le persone che, a qualsiasi livello, si spendono per la difesa della vita fin dal concepimento.
Le preghiere da recitarsi, secondo queste intenzioni, sono:
 Salve Regina,
 Preghiera finale della Lettera Enciclica Evangelium Vitae di Giovanni Paolo II
 Angelo di Dio,
 Eterno riposo.
Il progetto è quello di trovare 150.000 persone, che ogni giorno recitino le preghiere. Il numero corrisponde a quello - leggermente approssimato per eccesso – degli aborti accertati che vengono compiuti ogni giorno nel mondo, senza poter conteggiare quelli clandestini e quelli avvenuti tramite pillola del giorno dopo. Per raggiungere tale obiettivo occorre l’aiuto generoso di tutti coloro che hanno a cuore la difesa della vita.

“Con iniziative straordinarie e nella preghiera abituale,
da ogni comunità cristiana, da ogni gruppo o associazione,
da ogni famiglia e dal cuore di ogni credente,
si elevi una supplica appassionata a Dio,
Creatore e amante della vita.”
(Giovanni Paolo II, Evangelium Vitae, n. 100)

Ulteriori informazioni su: www.dueminutiperlavita.info
 

PREGHIERA A MARIA PER LA VITA GIOVANNI PAOLO II

O Maria, aurora del mondo nuovo, Madre dei viventi,
affidiamo a Te la causa della vita:
guarda, o Madre, al numero sconfinato di bimbi cui viene impedito di nascere,
di poveri cui è reso difficile vivere, di uomini e donne vittime di disumana violenza, di anziani e malati uccisi dall'indifferenza o da una presunta pietà.
Fà che quanti credono nel tuo Figlio sappiano annunciare con franchezza e amore agli uomini del nostro tempo il Vangelo della vita.
Ottieni loro la grazia di accoglierlo come dono sempre nuovo,
la gioia di celebrarlo con gratitudine in tutta la loro esistenza
e il coraggio di testimoniarlo con tenacia operosa, per costruire,
insieme con tutti gli uomini di buona volontà, la civiltà della verità e dell'amore
a lode e gloria di Dio creatore e amante della vita.
Giovanni Paolo II


 

AREA PERSONALE

 

Messaggi del 22/01/2010

IL NUOVO SOTTOSEGRETARIO DI GIUSTIZIA E PACE E' UNA DONNA

Post n°2975 pubblicato il 22 Gennaio 2010 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Il giorno dopo essere stata nominata sottosegretario del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, Flaminia Giovanelli ha interrotto per un momento il trasferimento nel suo nuovo ufficio per parlare con ZENIT del suo incarico nel dicastero, in cui lavora dal 1974. Ha ricevuto la nomina, confessa, “con senso di gratitudine verso il Santo Padre, che ha detto che noi donne dobbiamo assumere un certo ruolo nella Chiesa”. La Giovanelli, 61 anni, sostituirà monsignor Frank Dewane. E' nubile, vive sola con il suo gatto e ama andare in ufficio in bicicletta. Dopo il liceo alla Scuola Europea di Bruxelles si è laureata in Scienze Politiche a Roma, ed è diplomata in Biblioteconomia e Scienze Religiose. Parla quattro lingue: italiano, inglese, francese e spagnolo. L'idea di creare il Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace è nata durante il Concilio Vaticano II per promuovere lo sviluppo dei Paesi poveri e la giustizia sociale internazionale come indica la Costituzione Gaudium et spes. Papa Paolo VI lo ha istituito formalmente con il Motu Proprio Catholicam Christi Ecclesiam del 1967.
Sono trascorsi 36 anni da quando Flaminia è entrata a far parte del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace. Ha iniziato a lavorarvi con l'obiettivo di organizzare un po' questo dicastero: sia il personale che l'abbondante documentazione. Questo primo compito che le hanno assegnato, afferma, è stato una specie di “straordinaria finestra sul mondo”. Nel 1989, alla fine della Guerra Fredda, iniziò un rapporto più stretto con le Chiese particolari dei Paesi dell'ex blocco comunista. Si occupò poi delle varie commissioni Giustizia e Pace delle Diocesi europee, molte delle quali vennero create dopo il crollo del Muro di Berlino. Guardando all'America Latina, Flaminia ricorda che negli anni Ottanta non c'era alcun Paese del continente che non le chiedesse aiuto per pagare o far ridurre il debito estero. Il nuovo sottosegretario afferma che nel suo lavoro al dicastero ha affrontato anche la “molteplicità dei carismi” che arricchiscono la vita ecclesiale. Ha visto come chi vi lavora si è sforzato di non cadere né nell'estremo dell'attivismo privo di preghiera né in un falso spiritualismo senza impegno sociale. Del Cardinale africano Bernardin Gantin, presidente del Pontificio Consiglio tra il 1976 e il 1984, dice che è stato “una persona straordinaria da un punto di vista umano”. “Aveva un'anima straordinaria da pastore”. Gantin è stato sostituito nel suo incarico dal Cardinale Roger Etchegaray dal 1984 al 1998. “Era un momento molto agitato perché era stato inviato dal Papa in Yugoslavia, dove c'era la guerra”, ha riconosciuto, sottolineando “la capacità di mediazione a livello politico e a livello di testimonianza” del porporato. E come dimenticare il Cardinale vietnamita François Xavier Nguyen Van Thuan, presidente del dicastero dal 1998 al 2002, in carcere per 13 anni perché arrestato dal regime comunista del suo Paese? Morto otto anni fa, è in corso la sua causa di beatificazione. Flaminia Giovanelli lo definisce “un'icona dei diritti umani”, ricordando che “aveva un'umanità straordinaria” ed era “pieno di spirito di umorismo”. Del Cardinale Renato Raffaele Martino, che ha guidato il dicastero fino all'anno scorso, ricorda che “è stato un promotore del compendio della Dottrina Sociale della Chiesa” e come pochi altri “è andato in giro per il mondo”. “Ho imparato da lui il servizio disinteressato alla Chiesa. Quando doveva andarsene, le valigie erano già fatte e lui continuava a lavorare”. L'attuale presidente, l'africano Peter Kodwo Appiah Turkson, proveniente dal Ghana, è per Flaminia “un uomo molto dinamico, un grande personaggio”, che “non per niente ha avuto questa responsabilità”. “Penso che sicuramente per l' Africa sarà un aiuto notevole”, ha aggiunto. Per la Giovanelli, uno dei compiti attuali più importanti per il dicastero è continuare a riflettere sull'ultima Enciclica di Benedetto XVI, la Caritas in Veritate. E', inoltre, importante intervenire per salvaguardare la libertà religiosa, soprattutto in Paesi in cui tanti cristiani subiscono persecuzioni, come Israele, Libano e India.
Allo stesso modo, sostiene che il Pontificio Consiglio deve affrontare sempre più la sfida delle migrazioni nel mondo. “A settembre ho partecipato all'assemblea generale delle commissione di Giustizia e Pace in Europa e abbiamo parlato dei problemi delle migrazioni, con i giovani che venivano dal Centro Europa e facevano dei viaggi pazzeschi per arrivare a destinazione”, ha ricordato. Con questa nomina, Flaminia è entrata di diritto nella ristretta lista di donne che nella storia della Chiesa hanno ricoperto l'incarico di sottosegretario in Vaticano. La laica australiana Rosemary Goldie è stata sottosegretario del Pontificio Consiglio per i Laici dal 1966 al 1976. E attualmente suor Enrica Rosanna, F.M.A, è sottosegretario della Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica. La Giovanelli afferma che il suo lavoro, più che un incarico, è una vocazione, “perché è un servizio all'uomo e alla persona. E' un servizio alla Chiesa e al rapporto lavorativo”. E' anche convinta che il ruolo della donna nella Chiesa sia fondamentale anche se non sempre visibile. “La donna esprime una prospettiva particolare. Il suo giudizio è diverso e può essere complementare a quello che si vede in modo più evidente”, ha concluso. - Zenit -

 
 
 

ABORTISTA & PRESIDENTE: LA STORIA DI EMMA BONINO

Post n°2974 pubblicato il 22 Gennaio 2010 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

La candidata del Pd nel Lazio, Emma Bonino, negli anni ’70 aspirava i feti con la pompa delle biciclette e li gettava nella spazzatura. Si fece pure fotografare mentre aspirava un feto. La Bonino praticava aborti e se ne vantava. Per questo fu arrestata. E oggi pur di prendere voti si accredita come amica del Vaticano. La storia che nessuno vuol ricordare…Leggi la storia che non è da rimuovere.

Aborti, non parole. Gli elettori laziali possono sciogliere i loro eventuali dubbi: Emma Bonino mantiene le promesse elettorali. Lo testimonia la sua storia personale, anche quella dimenticata nei ritratti ufficiali, che ora la esaltano come paladina dei diritti umani. Solo raramente invece spunta una fotografia, pubblicata da Oggi nel 1975, che la ritrae curva davanti a una donna a gambe divaricate nell’atto - vero o messo in scena per il servizio - di strappare la vita a un bambino. Ma l’attuale candidata radicale, appoggiata dal Pd alla presidenza della Regione Lazio, a quei tempi, combatteva una battaglia per il «diritto a una maternità scelta», dirà nel 2006 a Grazia. Da militante radicale, agiva, infilando il tubo di una pompa da bicicletta nell’utero delle donne che si rivolgevano a lei per uccidere il figlio che portavano in grembo. Era l’attuale vicepresidente del Senato ad aspirare personalmente il «contenuto dell’utero». Poi lo depositava in un vaso da marmellata. È lei stessa a ricostruire il macabro procedimento, tralasciando soltanto un particolare: i feti finivano fra i rifiuti. A Neera Fallaci, di Oggi, confidava però la propria e altrui indifferenza: «Alle donne non importa nulla che io non usi un vaso acquistato in un negozio di sanitari, anzi, è un buon motivo per farsi quattro risate». Le aveva insegnato a riderci sopra Adele Faccio, con cui nel 1974 aveva fondato a Milano il Centro Informazioni Sterilizzazione e Aborto, che vanta il record di 10.141 aborti procurati, all’epoca clandestinamente, cioè contro la legge che li considerava infanticidi. La Bonino finì anche in galera per qualche giorno, autodenunciandosi. Siccome - allora come oggi - le leggi venivano fatte e disfatte dai magistrati, se la cavò con un’assoluzione che le spalancò le porte del Parlamento, anticipando politicamente la legge 194 del 1978, che ha stabilito le regole per la cosiddetta interruzione di gravidanza. Attualmente si sopprimono circa oltre 120mila l’anno. In trentadue anni di vigenza, senza contare gli eccidi compiuti con mezzi di fortuna, sono milioni gli italiani che l’anagrafe non ha nemmeno potuto registrare. Tanto, mica votano. Eppure, da qualche giorno, la Bonino si mostra tranquilla anche a proposito dei suoi rapporti con il Vaticano: «Sia sui carcerati che sugli immigrati e i malati, il mio rapporto con le associazioni cattoliche è sempre stato ottimo », rispondeva l’altro ieri a Maurizio Belpietro, a Mattino Cinque, dicendosi sicura che «i cattolici, come tutti, ragioneranno sulle candidature, sui percorsi di vita, sui programmi». Fra i cristiani che con lei non intrattengono buoni rapporti, vi è Cesare Cavalleri, che sul mensile che dirige, Studi Cattolici, nell’ottobre 1976 scrive che Marco Pannella, Adele Faccio ed Emma Bonino, istigatori dell’aborto, sono «oggettivamente assassini», in quanto «chi pratica l’aborto è un assassino, e chi istiga gli assassini o con loro collabora si macchia moralmente dello stesso delitto». I tre lo querelano, e il 7 luglio 1980 il Tribunale di Milano lo assolve perché «il fatto non costituisce reato ». Un precedente giuridico importante, che consentirà al centrodestra di propagandare liberamente la verità anche durante la prossima campagna elettorale, toghe rosse permettendo. Del resto, della libertà d’opinione, la Bonino si è fatta sempre fatta paladina. In occasione del FamilyDay, il 12 maggio 2007, si era unita alla contro-manifestazione di piazza Navona, Coraggio Laico, indetta per ricordare la vittoria referendaria per il divorzio. In effetti Romano Prodi, il cattolico adulto, l’aveva nominata ministro per il commercio internazionale e le politiche europee. E anche per questo si era inimicato la Santa Sede e l’elettorato cattolico. Non ne tenne conto nemmeno Silvio Berlusconi quando, da presidente del Consiglio, nel 1995 la nominò commissario europeo. Subito dopo, caduto il suo primo governo, lasciò le chiavi di Palazzo Chigi a Lamberto Dini - Andrea Morigi. - fattisentire -

 
 
 

PROVETTA PER TUTTI: UN MONDO DI BEBE' SELEZIONATI

Post n°2973 pubblicato il 22 Gennaio 2010 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Violando platealmente la legge 40 sulla procreazione assistita, la recente sentenza del Tribunale di Salerno ha stabilito che – almeno limitatamente al caso in esame – le tecniche di fecondazione in vitro possono essere utilizzate per selezionare embrioni su base genetica, a prescindere dalla fertilità delle coppie. In altre parole, secondo il giudice che ha firmato la sentenza, le tecniche di fecondazione in laboratorio possono essere considerate un’alternativa al concepimento naturale per le coppie portatrici di malattie genetiche, per consentire loro di generare un gran numero di embrioni fra i quali scegliere quelli sani da trasferire in utero, e scartare quelli malati. Se la diagnosi embrionale preimpianto fosse solamente una sofisticata tecnica biomedica di frontiera, una forma di tutela della salute della donna o addirittura – come detto da alcuni – il segno di un senso di responsabilità nell’evitare di mettere al mondo figli malati, allora dovrebbe essere una procedura liberamente accessibile a tutti, anzi: incoraggiata e sostenuta pure economicamente, così come lo sono, ad esempio, l’assunzione di acido folico per prevenire la spina bifida, o il corso di preparazione al parto naturale. Ma non è così: il fatto stesso che nella maggior parte dei Paesi la diagnosi preimpianto non sia di routine ma si possa eseguire solo per individuare certe patologie, e che si paragoni all’aborto eseguito per motivi eugenetici, e cioè quando il nascituro mostra gravi malformazioni, dimostra che si tratta di qualcosa di molto più problematico di una procedura medica, tanto che di solito è regolata da leggi apposite. Per eseguire la diagnosi preimpianto si deve creare un elevato numero di embrioni in provetta, per essere sicuri di averne abbastanza. Fra dieciventi embrioni generati, solo uno o due potranno svilupparsi: gli altri saranno lasciati morire in laboratorio o verranno destinati a una crioconservazione in azoto liquido, per un tempo difficilmente prevedibile. L’errore può essere elevato, sia per il metodo in sé, sia per i falsi positivi e negativi; e d’altra parte, anche ipotizzando che l’embrione non venga danneggiato dalla manipolazione, nessuno garantisce che poi il figlio nasca sano, visto che escludere tutte le possibili malattie è evidentemente impossibile. La distruzione di un numero elevato di embrioni umani, però, è la tragica, ma logica conseguenza di un atteggiamento a monte, quello di chi vuole assolutamente un figlio in qualche modo legato biologicamente a sé, e per il quale dire 'mio' significa esprimere un possesso assoluto. E se un figlio viene percepito solamente come il frutto tanto atteso del proprio 'diritto a procreare' (espressione usata dal giudice di Salerno) allora deve nascere, e nascere sano: se il figlio è dovuto, se è un diritto che posso esigere addirittura dalle leggi dello Stato, allora non può essere malato. E si arriva a dire che l’infertilità di una coppia non va intesa come impossibilità di procreare ma mera difficoltà di procreare, pericolo di procreare un figlio malato: affermazione che, presa alla lettera, significa che i genitori di un figlio gravemente disabile sono per definizione infertili, e che essere fecondi implica automaticamente avere figli sani. La diagnosi preimpianto è sempre usata per selezionare embrioni sani, ed è quindi una pratica intrinsecamente eugenetica: è illusorio pensare di poterla regolare circoscrivendola a casi estremi, a malattie mortali, gravissime. Se si ammette di avere un figlio solo a condizione che sia sano, allora l’elenco delle malattie da individuare sarà sempre più ampio: da quelle gravissime e certe fin dalla nascita si passerà a quelle che si svilupperanno da adulti, e solo con una certa probabilità, e che magari si possono anche curare. Potendo scegliere, perché far nascere qualcuno predisposto a una malattia? Su una ventina di embrioni a disposizione, perché cercare solo le malattie mortali, e non anche disabilità meno gravose, come la sindrome di Down? Oppure si ammetterà, come avviene in Gran Bretagna, di creare embrioni geneticamente compatibili con fratellini già nati e malati, in modo da utilizzarne cellule e tessuti come farmaco salvavita. Dal 2001 il 'bambino-farmaco' è stato creato in questo modo per 24 volte e l’Hfea, l’authority inglese sull’embriologia, ha ammesso che solo per pochissimi casi si è arrivati alla guarigione del malato: in questi giorni si sta comunque discutendo se, anziché valutare caso per caso come fatto finora, non sia meglio estendere la pratica a un elenco preciso di condizioni patologiche. Ma può succedere anche il contrario. Qualche anno fa, in un’indagine della John Hopkins University, negli Usa, è emerso che il 3% delle cliniche ha effettuato diagnosi preimpianto per selezionare embrioni con disabilità, su richiesta dei genitori. Se la priorità è il desiderio di papà e mamma, chi è legittimato a giudicare la bontà del desiderio? E di scelta in scelta, si arriva a una discussione degli ultimi mesi, sempre in Gran Bretagna, sulla liceità o meno di sottoporre a test genetici i bambini che stanno per essere adottati: lo scorso luglio sulla rivista Familial Cancer, due studiosi di Bristol riferivano di un aumento di richieste, da parte di coppie nella fase di pre-adozione, di sottoporre a test genetici i possibili futuri figli adottivi non per determinare lo stato attuale di salute, ma per avere informazioni sulla loro possibile salute futura. Non si tratta di voler mettere al mondo bambini destinati a soffrire; la scelta di responsabilità non significa scegliere di chi essere genitore, ma scoprire cosa significa essere genitore. È questa la posta in gioco nelle tecniche di procreazione medicalmente assistita, e di questo dovremmo cominciare a parlare, senza scambiare le proprie aspirazioni con i propri diritti. - Assuntina Morresi - mascellaro -

 
 
 

GIOVANI: APRITE LA PORTA DEL CUORE A DIO

Post n°2972 pubblicato il 22 Gennaio 2010 da diglilaverita
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A volte incontro tra i giovani qualcuno che mi dice: "Ma io non lo vedo e non lo sento quel Dio vivo, quel Risorto di cui ci parli". Me lo dicono con aria di sfida, ma soprattutto con un misto di tristezza e desiderio sul volto, quasi coscienti che hanno bisogno di vedere, di toccare e di sentire quel Dio vivo, per tornare a vivere anche loro. Io rispondo loro: "Ma tu gli hai aperto la porta? Hai provato a dire per un momento: Signore, ho bisogno di te!". La porta del cuore ha una maniglia sola, quella di dentro, e solo noi possiamo nella libertà aprire a Lui che bussa, che desidera entrare per farci felici, perché la nostra gioia sia piena. E se entra Lui, dopo un lungo inverno ricomincia la primavera: il cuore si spalanca in un bel sorriso. Dico sempre ai ragazzi che la prima cosa che dobbiamo fare quando ci svegliamo al mattino è un bel sorriso alla nostra vita, a quello stupendo dono del quale dobbiamo essere innamorati: la vita che ti è regalata per un nuovo giorno. E così il sole entra dalla parete del tuo cuore, e di lì illumina tutto. Perché piangere allora? è finito il tempo del buio, della tristezza, della disperazione, della paura: Gesù è risorto e non ci lascia soli, ci dona lo Spirito Santo, l’Amore con cui il Padre lo ama e con cui Lui ci ha amato. Spesso ci domandiamo: "Ma l’amore dov’è? Cos’è?" L’amore è un cammino con tanti passi che coinvolge tutto il nostro essere: dobbiamo entrare in questo sentiero dell’amore e cominciare a camminare nel perdono, nella bontà, nella misericordia, nella pazienza…
L’amore deve cominciare dalla testa, da un pensiero limpido, fresco e pulito; poi ci sono gli occhi che devono parlare di speranza, di gioia, di positivo; poi le orecchie che devono ascoltare in modo nuovo; poi la bocca per sorridere e infondere coraggio al dono della vita, per vivere un silenzio di pace che guarisce le nostre reazioni istintive e che parla più di tante parole… e poi tutta la nostra vita impara la novità di un linguaggio fatto di gesti autentici, veri e gratuiti. Quanti santi hanno avuto il coraggio di cambiare: persone con una violenza interiore senza fine ad un certo momento sono diventate dolcissime, miti, silenziose, perché hanno lasciato lavorare lo Spirito Santo in loro. Guardando a loro possiamo dire che l’amore esiste, che lo Spirito Santo non è un fantasma ma una presenza viva che ci trasforma realmente. Ho sempre pensato allo Spirito Santo come a un bambino buono e vivace, pieno di fantasia e di vita, che inventa sempre tante cose belle, nuove e vere, una dopo l’altra: questo è l’Amore. E per incontrare questo bambino è necessario chinarci, farci bambini anche noi: ecco perché ai nostri giovani proponiamo di "piegare" le ginocchia nella preghiera, di riconoscersi piccoli e bisognosi, per incontrare la Verità dell’Amore. Senza quell’incontro non siamo capaci di gesti umani autentici: né di sorridere, né di piangere, né di gesti di bontà, di misericordia, di pazienza, di pace.
Per questo lasciamoci invadere da questa luce, da questo fuoco, da questo amore, dalla sua presenza: tutto quello di cui abbiamo bisogno è lo Spirito Santo. Lui è il datore dei doni e desidera farci dei regali straordinari: vuole operare la trasformazione del nostro cuore, del nostro passato, vuole guarire le radici profonde dalle quali veniamo per donarci la pace con noi stessi. Invochiamolo in questo tempo con insistenza: Lui, che è sceso su Maria e sugli Apostoli, scenda su di noi e ci renda uomini e donne nuovi, risorti con Cristo. -

di Suor Elvira Petrozzi - atempodiblog -

 
 
 

"DIO ESISTE": IL VESCOVO SFIDA LA SCIENZIATA MARGHERITA HACK

Post n°2971 pubblicato il 22 Gennaio 2010 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Faccia a faccia tra Margherita Hack, atea di ferro e presidente onorario dell’Uaar, l’Unione degli atei e degli agnostici razionalisti, e monsignor Giuseppe Zenti, vescovo di Verona, che attacca: "Il vero ateo è l'egoista". L'astrofisica ribatte: "I cristiani dovrebbero essere più cristiani". Ma alla fine né vincitori né vinti…

Il vescovo e la scienziata atea, un uomo in tonaca e una donna in pantaloni. Un faccia a faccia davanti a un’intera città, un migliaio di persone stipate in un auditorium, 400 all’aperto e chissà quante davanti alle tv che hanno trasmesso il dibattito via satellite. Un confronto cercato e voluto dal monsignore, ansioso di sfidare lo spauracchio che aveva paragonato Dio a Babbo Natale. Un tema, «Dialogo su fede e scienza», che fino a qualche anno fa non avrebbe suscitato tutto questo interesse. Il vescovo è quello di Verona, Giuseppe Zenti. La scienziata è Margherita Hack. Monsignore non ha particolari incarichi nella Cei; la studiosa invece è conosciutissima, astronoma, astrofisica, accademica dei Lincei, eccetera. E soprattutto atea di ferro, presidente onorario dell’Uaar, l’Unione degli atei e degli agnostici razionalisti, quelli dello sbattezzo e delle scritte sugli autobus di Genova («La cattiva notizia è che Dio non esiste, quella buona è che non ne hai bisogno»). Un incontro ad alto rischio fortissimamente voluto dal presule, uno che ama le grandi sfide: quand’era vescovo di Vittorio Veneto scrisse due lettere a Romano Prodi perorando la causa delle famiglie tartassate e dei precari. Zenti e la Hack si sono fronteggiati a viso aperto, lealmente, menando fendenti ma senza colpi bassi. Dovevano essere tenuti sotto controllo come nei duelli televisivi americani, tipo Obama e McCain: venti minuti a testa per sintetizzare le proprie idee, quattro domande di esperti (un industriale biomedico, un docente universitario, un preside, un prete-giornalista), infine un dialogo diretto. Brevi intermezzi musicali. E niente applausi fino alla fine. Invece sono state subito scintille appena il vescovo ha chiuso il suo primo intervento dicendo che «il vero ateo è l’egoista». La Hack è saltata su: «I cristiani dovrebbero essere più cristiani». «Quando entrambi ci ritroveremo in paradiso continueremo a discorrere». «No monsignore, il suo è stato un bel discorso ma privo di razionalità». «Io sono credente, non credulone». «Lei porta suggestioni, non ragioni». «La mia ragione sta nell’esperienza quotidiana, dove Dio è presente anche se non lo vedo». «Comunque io in paradiso non ci andrò, le mie molecole svolazzeranno libere nell’aria senza un perché». «Cara signora, come fa a esserne così convinta? Anche questo è un atto di fede». La tesi della Hack è che scienza e fede convivono perché non si parlano, lavorano su piani diversi. «Dio è la più comoda delle risposte per spiegare il mistero che ci circonda. È l’invenzione con cui l’uomo spiega quello che la scienza non chiarisce. Siccome dispiace morire, fa piacere credere in un aldilà. Nell’antichità non si conosceva nulla dell’universo e lo si popolava di dei. Ora che la scienza ha scoperto grandissime verità, lo spazio di Dio si restringe. Com’è possibile che una zuppa di particelle elementari si sviluppi fino a diventare un organo come il cervello umano, più complesso di qualsiasi galassia? Non lo so, ne resto meravigliata ma non voglio spiegarmelo con la scorciatoia di un dio. Io non credo perché non ne ho ragioni scientifiche. Mi sembra un’idea assurda». Zenti invece ha portato esperienze personali. Ha detto che le domande profonde sul senso della vita sono la prova della grandezza dell'animo umano. «La fede è uno strumento per conoscere. C’entra profondamente con la scienza. A occhio nudo vedo certe cose; ma se uso strumenti come il microscopio o il telescopio vedo più in profondità: la fede opera nello stesso modo, mi fa entrare nel profondo delle cose e perciò è pienamente razionale. Dio c’è perché lo vivo, è la ragione d’essere di tutto l'universo. Mi ha svelato perché sono al mondo, perché vivo e dove approderò da morto. Toglietemi Dio e diventerò una larva». Si parla di amore e dolore, di vita e morte, del mistero e del destino. La Hack batte sempre gli stessi tasti: «Voi spiegate la complessità della materia con l’azione di un dio, io credo che la materia si sviluppa da se stessa. Sono posizioni equivalenti, entrambe plausibili e indimostrabili. Quella di Dio però mi sembra una soluzione infantile». «Non è una bella incensata», replica il vescovo. E perché Dio non si manifesta di più?, domanda il moderatore, il giornalista Michele Brambilla. «Perché rispetta la nostra libertà, altrimenti sarebbe un marionettista». E la Hack, preferirebbe sapere che esiste un aldilà o il nulla dopo la morte? «Mah, sarebbe bello ritrovarsi con tutte le persone cui ho voluto bene, anche con i miei animali, sarebbe una bella favola. Ma alle favole non credo». È finita senza né vincitori né vinti: come ha riconosciuto la Hack, «ognuno è rimasto della sua idea». - di Stefano Filippi - fattisentire -

 
 
 

QUANDO I SOLDI NON DANNO LA FELICITA'

Post n°2970 pubblicato il 22 Gennaio 2010 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Mentre impazza la corsa ai numeri del Superenalotto, leggo su un quotidiano londinese una notizia su cui riflettere.
Stuard Donnelly, uno dei più giovani vincitori della lotteria britannica, è stato trovato morto nella sua casa dove viveva ormai da recluso. Stuard aveva 17 anni quando, nel 1997, vinse 2 milioni di sterline. Talmente giovane da dover festeggiare la vittoria con un brindisi a base di coca cola.
Il ricco jakpot cambiò davvero la sua vita. Nonostante fosse uno studente modello alla facoltà di farmacia, abbandonò gli studi per dedicarsi anima e corpo alla gestione della nuova fortuna. Così come abbandonò amici e parenti. Tagliato ogni contatto sociale, si è letteralmente chiuso in casa lasciandosi andare ad una sorta di compulsione maniacale per il denaro, che degenerò quando, tre anni dopo, il padre morì lasciandolo solo. Da quel momento divenne un misantropo ossessionato dalla gente che continuava a bussare alla sua porta in cerca di un aiuto finanziario. Da una recente ricerca effettuata tra i trenta maggiori vincitori della lotteria britannica è emerso, tra l’altro, come quel gioco rappresenti un vero "sfasciafamiglie". Un terzo dei vincitori, infatti, ha ammesso di essere rimasto single proprio a causa della dea bendata. La ricerca mostra uno scenario drammatico: famiglie distrutte, matrimoni rovinati, stress, depressione, alcolismo, invidia ed amicizie spezzate. Per non parlare di quelli che da una situazione esistenziale dignitosa si sono trovati, proprio a causa della vincita, letteralmente in miseria. Impressiona il numero e le storie di queste esistenze devastate dalla National Lottery.
E’ noto, ad esempio, il caso della ventiduenne Callie Rogers, vincitrice di 1,9 milioni quando era una teenager nel 2003, che ha recentemente rivelato di essere ora sul lastrico e di essere diventata infelice proprio a causa dei soldi. Oggi è costretta a fare tre lavori per mantenere i suoi due figli piccoli e conduce un’esistenza che ha definito "scombussolata". Nel 2005, dopo un tentato suicidio, Callie ha spiegato che «nessuno può rendersi conto, se non lo prova di persona, delle devastanti conseguenza psicologiche che una vincita milionaria determina, soprattutto quando si ha una giovane età». Un altro caso sintomatico è quello di Michael Carroll, un ex spazzino che vinse nel 2002 9,7 milioni, somma che lo ha portato dritto alla depressione. Dopo la vittoria, infatti, sua moglie Sandra l’ha lasciato, portandosi via la figlia, e Michael si è ritrovato cocainomane e in prigione.
Anche Stephanie Powell, che nel 1999 vinse 7,32 milioni, ha perso la sua famiglia a seguito dello stress che la vincita aveva portato in casa. Lo stesso anno Phil Kitchen, un carpentiere disoccupato, vinse 1.8 milioni. Fu trovato, due anni dopo, cadavere nella sua splendida casa da 500.000 sterline, dopo essersi ubriacato fino alla morte.
Queste dolorose esperienze mi hanno fatto venire in mente l’insolita ma lodevole iniziativa dell’Arcidiocesi di Trento per la scorsa quaresima: la proposta di un digiuno da gratta e vinci, enalotto e Superenalotto. L’intento dichiarato era evitare «lo specchio di un desiderio per molti irresistibile e molte volte illusorio, ovvero guadagnare velocemente e senza lavorare». Sappiamo che per la dottrina cattolica giochi d'azzardo, scommesse e lotterie non sono in se stessi contrari alla giustizia, a condizione che non privino il giocatore del necessario per far fronte ai bisogni propri e altrui. E, comunque, sempre nell’ottica evangelica di non cercare tesori per sé, ma di «arricchire davanti a Dio» (Lc12,21).
Il caso di Stuard Donelly dimostra, però, come possa diventare assai pericoloso avventurarsi nel mondo dell’alea se non si ha un corretto rapporto con il denaro.
Se il jakpot milionario si trasforma in un idolo da adorare, rischia di essere soltanto farina del diavolo destinata a diventare crusca, secondo un celebre detto popolare.
Senza amore non resta che il rapporto morboso e disperato di Mastro Don Gesualdo e la sua "roba". - Gianfranco Amato, Presidente di Scienza e Vita di Grosseto - culturacattolica

 
 
 

SETTIMANA DI PREGHIERA PER L'UNITA' DEI CRISTIANI

Post n°2969 pubblicato il 22 Gennaio 2010 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

QUINTO GIORNO (22.1.)

"Testimoniare nella sofferenza"
"Il Messia non doveva forse soffrire queste cose prima di entrare nella sua gloria?" (Lc 24, 26)

Isaia 50, 5-9 Il Signore mi è vicino, egli mi difenderà

Salmo 124(123), 1-8 Il nostro aiuto viene dal Signore

Romani 8, 35-39 L’amore di Dio si è rivelato in Cristo Gesù

Luca 24, 25-27 Gesù spiegò ai due discepoli i passi della Bibbia che lo riguardavano

Commento:

Negli ultimi anni sono accaduti in Scozia due eventi che hanno portato questo piccolo paese all’attenzione dei media in tutto il mondo: l’attacco bomba sull’aereo sopra Lockerbie e il massacro dei bambini nella scuola di Dunblane, tragedie che hanno catturato l’attenzione dell’intera nazione, che sempre ricorderà questa terribile perdita di vite umane. I due eventi hanno causato dolore e indescrivibile amarezza a moltissime persone, e le conseguenze si sono sentite ben oltre i confini fisici dei due luoghi. Persone innocenti hanno trovato la morte in circostanze orribili.

La sofferenza è una realtà di cui il profeta Isaia parla con forza nella lettura di oggi, ricordandoci che Dio non si rassegna mai a vedere l’umanità che soffre. Il salmo, in risposta, proclama la fiducia che i credenti devono avere nel loro Salvatore. La lettera ai Romani afferma la certezza che l’amore sarà sempre più forte, e che il dolore e la pena non prevarranno mai, giacché prima di offrire la resurrezione al mondo, Cristo ha affrontato una morte terribile e ha conosciuto l’oscura profondità della tomba, per poter essere sempre accanto a noi, anche nei momenti bui.

Sulle orme del Signore, i cristiani che desiderano la piena unità sono chiamati a mostrare la loro solidarietà a quanti sono provati, nella propria vita, da tragiche situazioni di sofferenza, per confessare che l’amore è più forte della morte. È dall’estrema umiliazione della tomba che la resurrezione è giunta come un sole per l’umanità; un’annunciazione festosa di vita, perdono e immortalità.

Preghiera:

O Dio nostro Padre,
guarda con compassione alla nostra situazione di povertà, sofferenza, peccato e morte,
ti chiediamo perdono, guarigione, conforto e sostegno nelle nostre prove.
Ti rendiamo grazie per tutti coloro che riescono a vedere la luce nella loro afflizione.
Possa il tuo Spirito divino insegnarci la grandezza della tua compassione
ed aiutarci a rimanere accanto alle nostre sorelle e ai nostri fratelli in difficoltà.
Ricolmi della sua benedizione, fa’ che possiamo proclamare in unità
e condividere con il mondo la vittoria del tuo Figlio sulla nostra vita, per sempre. Amen.

Domande per la riflessione personale

1. In quale modo puoi immedesimarti in coloro che soffrono e sono in difficoltà?

2. In quale modo, attraverso la sofferenza sperimentata nella tua vita, hai raggiunto una saggezza e una comprensione più profonde?

3. Come esprimi la solidarietà verso la sofferenza e l’oppressione sofferta da molte persone che vivono in povertà, e qual è la tua esperienza a riguardo?

4. Come renderesti testimonianza alla misericordia di Dio e alla speranza che trovi alla luce della croce di Cristo?

 
 
 
 
 

INFO


Un blog di: diglilaverita
Data di creazione: 16/02/2008
 

 

LE LACRIME DI MARIA

 

MESSAGGIO PER L’ITALIA

 

Civitavecchia la Madonna piange lì dove il cristianesimo è fiorito: la nostra nazione, l'Italia!  Dov'è nato uno fra i più grandi mistici santi dell'era moderna? In Italia! Padre Pio!
E per chi si è immolato Padre Pio come vittima di espiazione? Per i peccatori, certamente. Ma c'è di più. In alcune sue epistole si legge che egli ha espressamente richiesto al proprio direttore spirituale l'autorizzazione ad espiare i peccati per la nostra povera nazione. Un caso anche questo? O tutto un disegno divino di provvidenza e amore? Un disegno che da Padre Pio agli eventi di Siracusa e Civitavecchia fino a Marja Pavlovic racchiude un messaggio preciso per noi italiani? Quale? L'Italia è a rischio? Quale rischio? Il rischio di aver smarrito, come nazione, la fede cristiana non è forse immensamente più grave di qualsiasi cosa? Aggrappiamoci alla preghiera, è l'unica arma che abbiamo per salvarci dal naufragio morale in cui è caduto il nostro Paese... da La Verità vi Farà Liberi

 

 

 
 

SAN GIUSEPPE PROTETTORE

  A TE, O BEATO GIUSEPPE

A te, o beato Giuseppe, stretti dalla tribolazione ricorriamo, e fiduciosi invochiamo il tuo patrocinio dopo quello della tua santissima Sposa.
Per quel sacro vincolo di carità, che ti strinse all’Immacolata Vergine Madre di Dio, e per l’amore paterno che portasti al fanciullo Gesù, riguarda, te ne preghiamo, con occhio benigno la cara eredità, che Gesù Cristo acquistò col suo sangue, e col tuo potere ed aiuto sovvieni ai nostri bisogni.
Proteggi, o provvido custode della divina Famiglia, l’eletta prole di Gesù Cristo: allontana da noi, o Padre amatissimo, gli errori e i vizi, che ammorbano il mondo; assistici propizio dal cielo in questa lotta col potere delle tenebre, o nostro fortissimo protettore; e come un tempo salvasti dalla morte la minacciata vita del pargoletto Gesù, così ora difendi la santa Chiesa di Dio dalle ostili insidie e da ogni avversità; e stendi ognora ciascuno di noi il tuo patrocinio, affinché a tuo esempio e mediante il tuo soccorso, possiamo virtuosamente vivere, piamente morire e conseguire l’eterna beatitudine in cielo.
Amen
San Giuseppe proteggi questo blog da ogni male errore e inganno.

 
 
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