Rubra domus

Un tempo le chiamavano Feste dell'Unità

Il braciere fumante.

Il vociare dei ragazzi in coda.

Panini e salsicce.

Birra.

Odore di brace.

Odore di sugo.

Odore di sudore.

Odore di bombe calde.

Musica.

Frastuono.

Musica.

Latinoamericani i ritmi.

Mi inoltro.

Altra musica.

Altri ritmi.

Altro frastuono.

Ridono i rgazzi liberi dalla scuola.

In frotta.

Parlano, i vecchi, caracollando in bilico tra gli umori della folla ondeggiante.

Le coppie di mezza età cercano in giro.

Non si sa cosa.

Cercano.

Mille corpi sciamano allegri

tra le onde della folla.

Mi urtano.

Cammino incerta.

Mi urtano più volte.

Osservo la merce in vendita.

Orecchini vestiti bracciali vestiti copricapo.

Costumi.

Osservo.

Libri.

Libri nuovi. Nuovissimi.

Osservo.

Libri già scaduti dall'attenzione dei lettori.

Libri in svendita.

Osservo.

Libri. Vestiti. Costumi.

Osservo.

Birra, salsicce, l'amatriciana, la pescatora.

Bombe calde.

Osservo.

I camerieri chiedono ordinazioni.

Un cucciolo chiede attenzione.

Lo guardo.

Mi guarda.

Mi lecca le dita.

Mi sento così simile a lui.

Così diversa.

Frastornati entrambi.

Lui dalle troppe attenzioni che riceve, che non riesce a mettere a fuoco in un

senso  di attaccamento stabile.

Certo.

Biunivoco.

Anch'io frastornata.

I sensi aggrediti da una moltitudine di stimoli visivi, uditivi, olfattivi, chiedono alla notte

di farsi avanti.

Voglio tornare a casa.

E ritrovare la notte.

E ritrovare me.

In quella che non sono più.

E non sono ancora.