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Stilla di Natale

Post n°2224 pubblicato il 23 Dicembre 2014 da gratiasalavida

L'animazione della serata prenatalizia non lo toccava più di tanto.

La folla, soggiacente a a un moto di corrente continua che si diramava da un passante all'altro, in un'onda nervosa priva di interruzione, non lo toccava più di tanto.

L'impulso, il medesimo, animava una corsa frenetica e disordinata verso gli ultimi acquisti prima del festeggiamento di rito.

Centinaia di passanti frettolosi, simili a  sinapsi pronte a recepire l'impulso elettrico in grado di scatenare l'onda lunga che dal cervello si propaga sino alle terminazioni nervose periferiche, allo scopo di determinarne la risposta.

Unica, la risposta.

Acquistare.

Guanti. Sciarpe. Scarpe. Maglioni. Dopobarba. Giocattoli. Cellulari. Orecchini. Borse.

Porzioni di salmone affumicato. Porzioni di capitone bagnate nell'aceto. Tonno. Tagliatelle fresche. Conserva di pomodoro. Tanta conserva di pomodoro. Per la vigilia.

Agnello, manzo, tortellini, cannelloni, lasagne, vino, ananas, prosciutto, salame, formaggio, vitello. Arrosto di vitello. Manzo macinato. Pollo. Patate. Noci. Carciofi. Insalata. Cavolfiore. Besciamella. Besciamella. Besciamella. Conserva di pomodoro. Tanta. Tanta conserva di pomodoro. Per il ragù. Per il pranzo di Natale.

Tanto. Di tutto. Di più.

Anche se i soldi sono pochi.

Si risparmia sulle marche.

Si cerca il tre per due. Il due per uno.

Si cerca. 

Si corre.

Si acquista.

La cena è servita.

I regali sono pronti.

Gli auguri. Gli auguri.

Mgliaia di auguri.

Milioni di auguri porti l'un l'altro a voce, per telefono, digitati sulle tastiere.

Sulle tastiere. 

Di cellulari, di portatili, di ipad, di smartphone.

Tutti a digitare auguri.

Auguri!

Auguri!.

Ogni tanto si sporgeva oltre la spalla di un anonimo passante per sbirciare il display del cellulare ove stava freneticamente digitado parole.

Si sporgeva quel tanto che poteva bastare a scorgere il messaggio compiuto, per leggerlo.

Tutti uguali, tutti diversi, i messaggi di buon Natale.

C'erano quelli elaborati, cesellati come l'oro, percorsi da una sottile  vena di poesia.

C'erano quelli frettolosi.

Quelli intimi.

Quelli stereotipati.

Quelli sgrammaticati.

Quelli lunghi. Lunghi. Lunghissimi.

Quelli telegrafici. Auguri. Basta.

Lui non possedeva un cellulare. Neanche un computer.

Se anche avesse potuto  acquistarne uno, non avrebbe saputo a chi scrivere.

Se lo chiese. A chi scriverei un messaggio?

Non seppe rispondere.

Cominciò a osservare i volti dei passanti che si muovevano lungo la via cittadina.

Gli piacque, tra tanti, una bimba di pochi anni, riccioluta, con le gote paffute come tutti i bambini di due anni, poco più, poco meno. Il naso piccolo. Gli occhi grandi e azzurri. I riccioli bruni. Gli piacque.

Le sembrava un minuto barlume di grazia in un ammasso informe di anonime siluette ondeggianti in una piena animata e troppo veloce per non travolgere quanti, come lui, fossero fermi.

Pensò che se avesse avuto una tastiera su cui digitare un messaggio di auguri, lo avrebbe dedicato a quella graziosa bimbetta dai riccioli bruni.

Lei non avrebbe potuto leggerlo, tuttavia. A due anni non si posside ancora l'abilità di decodificare le parole.

Si guardò intorno, in cerca di un altro essere cui dedicare il messaggio di auguri che non avrebbe scritto.

Poi la scorse.

Una donna dal volto sgraziato. Brutta. Le labbra serrate in una piega di amarezza.

Si disse che avrebbe dedicato a lei il suo augurio, perché lei ne aveva bisogno.

Poi lo scorse. Un uomo che camminava fissando lo sguardo oltre le teste dei passanti, come irretito da una propria immagine interiore, da essa catturato, estraneo a quanto lo circondava, tacitamente assorto nella proria beatitudine. Un uomo innamorato, probablmente. Lo si poteva intuire dalla luce che trapelava dai tratti del volto, rilassati in una espressione fissa ma priva di rigidezza.

Potrei dedicare a lui i miei auguri. Si disse.

Poi si guardò intorno ancora una volta.

E scorse lei, dalla risata argentina e dagli occhi pien d'amore mentre sussurrava parole senza senso alla piccola che teneva in braccio.

E scorse lui, che stringeva saldamente tra le braccia un enorme pupazzo di peluche, con l'aria grave di chi deve svolgere un compito impegnativo: nel caso specifico, quello di portare a casa il pupazzo senza rovinarlo.

E scorse lei. E lei. E lei. E lui. E lei. E lui e lui. E lui.

Smarrito, si chiese ancora una volta a chi avrebbe dedicato il messaggio di auguri che non avrebbe scritto.

E scorse un mendicante dagli abiti sporchi e dagl occhi cisposi, che chiedeva la grazia di uno spicciolo dalle mani infreddolite di quanti gli passavano accanto senza neanche guardarlo.

Poi scorse un cane malandato e anziano, che si trascinava in mezzo alla folla con gli occhi rassegnati che sono propri di chi non spera più di trovare una casa e un po' di cibo e un po' di conforto alla durezza del vivere.

Non lo avrebbe mai scritto quel messaggio di auguri, si disse.

Non possedeva un computer, né un cellulare su cui scriverlo.

Non possedeva neppure un foglio di carta. E una penna. E una matita.

Neanche la voce, possedeva, per rivolgere a qualcuno le sue parole di augurio.

E se anche avesse posseduto ciò che non possedeva, non avrebbe saputo scegliere chi, tra i tanti che si muovevano lungo l'affollata via cittadina, avrebbe ricevuto quel messaggio di augurio.

Chiuse gli occhi.

Sorrise.

Sentiva di amare quelle persone.

Non la folla.

Non la massa bruta che ondeggiando correva in direzione obbligata.

Amava tutte le piccole esistenze racchiuse in quella corrente animata.

Ne poteva sentire il respiro silenzioso, oltre il frastuono della strada.

Ne poteva percepire l'odore.

Il respiro silenzioso.

L'odore.

L'estro impercettibile che sempre emana da un'anima.

Li amava, benché fossero fatalmente distratti da tutto quello che meno possa servire a un'anima per raggiungere il proprio appagamento, sentiva di amre ogni singola piega di quelle esistenze mimetizzate nel frastuono del superfluo.

Gli venne da piangere.

Di gioia.

Pianse, e piangendo si sciolse.

E sciogliendosi si fece piccolo.

Piccolo.

Piccolo.

Fino a restringersi in una lacrima.

Una pozzanghera ne accolse la stilla minuta.

Erano solo le cinque del pomeriggio.

C'era ancora tempo in abbondanza per preparare la festa della Vigilia.

 

 

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Commenti al Post:
Roberta_dgl8
Roberta_dgl8 il 23/12/14 alle 23:22 via WEB
grazie, per aver dato "voce", a questa lacrima.. e aver provato a raccontare, chi sente le cose, in modo diverso. Roberta
 
 
gratiasalavida
gratiasalavida il 25/12/14 alle 18:02 via WEB
Grazie a te per aver ascoltato questa voce. Auguri! Cinzia
 
red67ag
red67ag il 24/12/14 alle 12:55 via WEB
"Un'anima nel frastuono del superfluo"....che sia l'anima che ci salverà Cinzia? Grazie un abbraccio buone feste :) Bello il racconto!
 
 
gratiasalavida
gratiasalavida il 25/12/14 alle 18:03 via WEB
Grazie, Red... :-)
 
i_melotti
i_melotti il 25/12/14 alle 15:39 via WEB
Bel racconto. Ma che te lo dico a fare. E' sempre così. Sarebbe bello che la massa riuscisse a farsi amare dalla pozzanghera. Dovrebbero però cambiare completamente i comportamenti collettivi. Auguri ancora, Cinzia. Gianni
 
 
gratiasalavida
gratiasalavida il 25/12/14 alle 18:04 via WEB
Felice di sapere che a qualcuno piacciano le cose che scrivo. Ovunque le presenti mi boicottano, ma posso sempre contare sui miei fedelissimi "quindici lettori". Un abbraccio e di nuovo auguri. Cinzia
 
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sono esclusivo frutto della mia creatività. Cinzia M.

Tutti i diritti sono riservati.

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di questo blog e dei testi che vi sono quotidianamente

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